INCIDENTE RILEVANTE

 

 Si parla di “rischio da incidente rilevante” (o “rischio industriale”) quando ci troviamo in presenza di stabilimenti che producono o trattano sostanze pericolose e presentano quindi una probabilità (anche bassa) di generare un incidente di grande impatto sulla popolazione, le cose e l’ambiente.

 

 

Le industrie che presentano questo tipo di rischio sono principalmente quelle del comparto chimico e petrolifero, le ditte produttrici di fitofarmaci (per la cura e protezione delle piante), le distillerie e le ditte galvaniche. Le sostanze coinvolte possono essere anche molto comuni (come la benzina o l’ammoniaca), ma la loro elevata concentrazione in questi impianti può provocare, in caso di incidenti, conseguenze di elevata entità. La necessità di mappare le ditte che producono, manipolano e trasformano sostanze nocive o pericolose ed esplorarne i possibili scenari di rischio si pose già nel 1976, con il cosiddetto “Disastro di Seveso”.

Il 10 luglio 1976, a causa di una procedura di spegnimento non corretta dell’impianto, si registrò un aumento incontrollato della temperatura interna al reattore A-101 dello stabilimento ICMESA di Meda (Lombardia), ditta specializzata nella produzione di sostanze diserbanti, fungicidi e battericidi. L’aumento del calore e della pressione provocarono la trasformazione chimica del triclorofenolo (uno dei componenti diserbanti prodotti dallo stabilimento) in diossina (o TCDD). Il reattore non resse all’aumento della pressione ed esplose, rilasciando il proprio contenuto. Un operaio decise quindi di entrare nel reparto e azionare manualmente il sistema di raffreddamento, prevenendo così ulteriori esplosioni, ma consentendo l’inevitabile fuoriuscita del gas tossico all’esterno. La nube tossica, caratterizzata da un forte odore acre, fu portata dal vento verso sud, investendo i Comuni di Seveso, Meda, Cesano Maderno, Limbiate e Desio. Nei giorni seguenti, la popolazione cominciò a denunciare forti infiammazioni agli occhi e ustioni cutanee.  Il 15 luglio le autorità locali proibirono il consumo di ortaggi e prodotti animali provenienti dalle aree inquinate e, dal 24 luglio al 2 agosto, fu ordinata l’evacuazione di 676 cittadini di Seveso e 60 di Meda. La bonifica degli edifici richiese più di un anno e alcune abitazioni furono completamente distrutte perché troppo contaminate. Gli effetti sanitari sulla popolazione locale sono ancora oggi oggetto di studi.

Colpita dall’evento, nel 1982 l’Unione Europea adottò la Direttiva 82/501/CEE, nota come “Direttiva Seveso”, con la quale si chiedeva agli Stati Membri di identificare gli stabilimenti a rischio e promuoveva una linea comune per la prevenzione e l’intervento in caso di incidenti. La Direttiva è stata modificata nel 1996 (Direttiva Seveso II), e nel 2012 (Direttiva Seveso III).

Nella normativa italiana il “rischio di incidente rilevante” (o RIR) fece il suo ingresso nel 1999, con il Decreto Legislativo 17 agosto del 1999, n. 334 (“Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”), sostituito poi dal D. Lgs 26 giugno 2005, n. 105 (“Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose.”).

La norma distingue gli stabilimenti industriali in due gruppi a seconda della quantità delle sostanze pericolose contenute. I valori di riferimento sono stabiliti secondo i criteri enunciati già dal D. Lgs 334/99 e distinguono gli stabilimenti tra:

  • a soglia inferiore (con un contenuto di sostanze pericolose più basso rispetto al valore-soglia);
  • a soglia superiore (con contenuti più alti di sostanze pericolose rispetto al valore-soglia).

La competenza di controllo è a carico delle Regioni, per il primo gruppo, e del Ministero degli Interni per il secondo; mentre il Ministero dell’Ambiente è incaricato del monitoraggio continuo e scambio di informazioni con l‘Unione Europea.

Il Ministero dell’Ambiente, attraverso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (ISPRA), ha anche il compito di stilare e aggiornare un inventario di tutti gli stabilimenti a rischio rilevante presenti sul territorio nazionale: attualmente l’inventario conta 985 record.

La provincia di Ravenna ha 36 stabilimenti soggetti a RIR, 27 nel solo territorio del Comune di Ravenna (2 di soglia inferiore e 24 di soglia superiore).

La normativa prevede che ogni stabilimento (sia esso a soglia inferiore o superiore) debba dotarsi di un documento con informazioni dettagliate sullo stabilimento stesso, sulle sostanze pericolose che tratta o produce, sugli eventi incidentali probabili e i possibili effetti. Questo documento è chiamato Rapporto di Sicurezza per gli impianti a soglia superiore e Scheda Tecnica per quelli a soglia inferiore.

Il Rapporto e la Scheda sono soggetti a valutazione tecnica da parte di specifici Comitati di verifica, distinti in base alle due categorie di stabilimenti:

  • per gli stabilimenti a soglia inferiore, la cui competenza è attribuita alle Regioni, l’istruttoria è aperta presso il Comitato tecnico di Valutazione del Rischio (C.V.R.), presieduto da Arpae, e che coinvolge il Dipartimento regionale e quello provinciale dei Vigili del fuoco, il Comune interessato, l’INAIL, l’Azienda sanitaria locale e diversi esperti in materia di stabilimenti RIR e urbanistica;
  • per gli stabilimenti a soglia superiore, la cui competenza è attribuita al Ministero degli Interni o suoi delegati, l’istruttoria è aperta presso il Comitato Tecnico Regionale (C.T.R.), presieduto dalla Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco e vi partecipano Arpae, INAIL, Regione, Province, Comuni e AUSL.

Recepite le valutazioni tecniche dei Comitati, la locale Prefettura predispone quindi degli appositi Piani di Emergenza Esterna (PEE). Il monitoraggio avviene attraverso verifiche ispettive con criteri di pianificazione e programmazione annuali stabilite dal D. Lgs 105/2015.

 L’impatto del rischio da incidente rilevante sul patrimonio culturale è stato recentemente preso in considerazione nell’ambito del progetto ArTeK, a cui ha partecipato l’ISPRA. Il progetto ArTeK (Satellite enabled Services for Preservation and Valorisation of Cultural Heritage) è stato finanziato nell’ambito dei programmi ARTES (Advanced Research in Telecommunication Systems) dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), che ha dedicato una specifica linea di ricerca allo sviluppo di nuove applicazioni integrate degli asset spaziali esistenti. Nello specifico, il progetto voleva fornire uno strumento (una piattaforma informatica) a supporto della salvaguardia dei siti di interesse culturale che necessitano di particolari controlli se minacciati da fattori ambientali (naturali o antropici). Tra i rischi antropici, fu considerato anche il RIR. Le valutazioni tecniche sull’impatto di questo specifico rischio furono svolte da ISPRA su casi studio selezionati e sono ora accessibili attraverso un accurato report, disponibile sul sito dell’Istituto Superiore. Benché gli studi condotti non abbiano riscontrato impatti rilevanti per il patrimonio culturale, questa ricerca ha il pregio di averlo considerato come una parte integrante del territorio (assieme alla popolazione e all’ambiente) e, quindi, soggetto a tutti i possibili rischi.