Come spedire una confezione di sentimenti con corriere espresso

Giorgia Bosco

Come possono due città tanto diverse come Roma e Helsinki incontrarsi e gettare nuova luce l’una sull’altra? Come possono due visioni del mondo tanto lontane come quelle di Toronto e Santiago combaciare, anche solo il tempo di un incontro fugace? E come è possibile sentire il dolce rumore del mare che bagna Istanbul negli antichi vicoli di Parigi?

Angela Marino Targoni, calabrese di nascita, bolognese di adozione, e cittadina del mondo per vocazione, prova a rispondere a queste domande attraverso una serie di sei racconti in cui esplora curiose relazioni tra personaggi che condividono con la città di cui portano il nome le caratteristiche e i modi di essere e di pensare.

Come spedire una confezione di sentimenti con corriere espresso (2021) è una raccolta di sfumature di un sentimento comunemente definito amore, ma spoglio di qualunque luogo comune. In questo libro edito da Calibano editore, l’autrice restituisce la complessità di dinamiche ed equilibri emotivi precari ma non per questo meno autentici e meno forti. 

Se di storie d’amore ne sono state raccontate tante, poche hanno saputo risolvere la questione della comunicazione interculturale attraverso una soluzione narrativa così originale. Come spedire una confezione di sentimenti con corriere espresso mostra un funzionamento del sentimento amoroso anticonvenzionale e imprevedibile dove, alla difficoltà di abitare un territorio emotivo comune, si sommano le problematiche legate alle distanze dagli spazi di appartenenza, siano queste misurate in termini fisici o culturali

Come sia riuscita a catturare un’istantanea dell’umanità nei suoi istanti migliori, Angela Marino Targoni ce lo spiega in questa intervista che apre una serie d’incontri con l’autrice che si terranno a Bologna a partire da settembre.

 

Com’è nata l’idea di scrivere una fenomenologia di respiro internazionale dell’amore?

L’idea è nata dalla forte connessione che ho sentito con una città in cui sono stata, un legame con una città che sentivo mia, in un rapporto di reciprocità e simmetria. Da qui ho pensato di poter rappresentare storie e persone attraverso diverse città, ognuna con le sue caratteristiche uniche e intime, in una relazione fatta di simmetrie, parallelismi e corrispondenze.

 

Questo è il tuo primo libro, è la prima volta che ti approcci alla scrittura? Cosa rappresenta per te la scrittura? Come concili il carattere solitario di questa attività con quell’apertura all’altro che è il fulcro di ogni racconto?

Mi è sempre piaciuto scrivere perché per me la scrittura è da sempre stata un modo per riflettere, schiarirmi le idee, stare con me stessa e capirmi meglio. La scrittura mi permette di raccontare l’altro e il rapporto con l’altro e con il mondo. Non la vedo in contrapposizione all’apertura ma come un mezzo che, anzi, permette e facilita l’incontro con l’altro, mediato attraverso parole e descrizioni che poi ritrovo e rivivo nel rapporto con chi mi circonda.

 

Nel mondo di oggi, l’incontro con l’altro sembra possibile solo nello scontro. Il diverso solitamente genera polarizzazione, aggressività e rabbia. Il tuo libro racconta uno sguardo diverso, in cui le differenze culturali non si oppongono e non si cancellano, anzi, creano la sinergia di un sentimento positivo, forse il più positivo di tutti. Come pensi che potremmo mai arrivare a questo punto?

Penso che potremmo farlo riconoscendo le differenze come punto di partenza per un discorso nuovo, come elemento essenziale dell’incontro, aprendoci a più voci, a più modi di essere e di esprimerci, esaltando sfumature personali e culturali diverse. Potremmo farlo ascoltando il punto di vista di tutti, in una scoperta che ci arricchisce, ci aiuta a dare valore alla bellezza della diversità, che ci permette di scoprirci e capirci meglio insieme all’altro e attraverso l’altro.

 

Durante il lockdown dovuto alla pandemia Covid  abbiamo dovuto ridimensionare molto il nostro rapporto col mondo esterno, che è passato dall’essere potenzialmente il mondo intero a quattro strette mura. Questo libro disegna il sogno di evadere dalle barriere mentali e fisiche che ci limitano a uno spazio solo, un esercizio molto difficile per i tempi passati ma anche per quelli presenti. Tu come ci sei riuscita? Hai attinto alle tue fotografie mentali di queste immagini, a un bagaglio di ricordi ben nutrito, oppure hai dato voce a un desiderio e a una mancanza?

Durante questo periodo così difficile e inaspettato per tutti, ho cercato di trovare un equilibrio tra i ricordi dei momenti felici del passato e il desiderio, la speranza di poterli presto rivivere e crearne di nuovi. In questo contesto è stato per me fondamentale mantenere vivi i rapporti con le persone che, anche se a distanza, mi erano accanto, perché il nostro mondo esterno si nutre soprattutto di rapporti, relazioni e legami che abbiamo con chi ci circonda.

 

Nonostante ogni storia abbia le sue peculiarità, c’è un’evoluzione comune del sentimento: si creano quelle dinamiche uniche e peculiari per cui un equilibrio riesce a essere instaurato senza nessuno sforzo, quasi naturalmente, dai personaggi, e poi, altrettanto naturalmente, si disgrega. L’amore, quindi, per essere tale, deve durare il tempo di un colpo di fulmine? Per sopravvivere al tempo, deve necessariamente perdere di intensità?

Secondo me è importante non cadere nell’associazione tra tempo e intensità, tra tempo e valore quando si parla d’amore: l’amore è un sentimento che vive, che cambia nel corso del tempo perché è il tempo che cambia l’amore, lo fa evolvere, lo fa crescere ma non lo rende necessariamente meno intenso, semplicemente lo trasforma, gli permette di adattarsi all’evoluzione interiore e al cambiamento nella consapevolezza emotiva di chi lo vive.

Forse la differenza è che certi equilibri (per mantenerli nel tempo) è necessario sostenerli e questo implica una fatica che non tutti, per le ragioni più disparate, sono disposti a sostenere. Tra quali città pensi sia possibile un matrimonio lungo e felice?

Penso prima di tutto ad Accra e Hanoi, il cui rapporto è finito per cause non legate alla loro volontà. Ma mi piace pensare anche che sia Santiago e Toronto, sia Istanbul e Parigi, saprebbero sostenere e superare le difficoltà di un rapporto a lungo termine, incontrandosi di nuovo a distanza di tempo, per poter vivere in maniera diversa e più consapevole il loro percorso insieme.

 

Non è un grande spoiler, perché non è il senso delle storie. Tuttavia, è impossibile non notare che tutte le storie finiscono in un senso poco convenzionale di “male”. In un modo o nell’altro è sempre coinvolta una forma di sofferenza che porta a una rinascita. L’ultima storia, “Perdersi, attendersi e salvarsi nel tortuoso labirinto di strade serrate e pensieri intrecciati di Nablus”, in questo senso, è piuttosto emblematica. La sofferenza è una componente necessaria dell’amore? 

No, non credo sia necessaria. Ogni storia, ogni relazione, ogni legame è personale, unico, appartiene solo a chi lo vive ed è chi lo vive che ne stabilisce i termini. C’è chi ha la fortuna di vivere un rapporto senza troppa sofferenza. Ci sono però anche percorsi emotivi in cui invece la sofferenza è presente, è parte del viaggio e lo rende personale, permette una crescita, un’evoluzione, un cambiamento. Ogni legame è unico, non ci sono regole universali, ed è questo a generare bellezza.

 

In diverse storie, penso in particolare alla prima “Impreviste (a)simmetrie e aspettative disattese in viaggio in alta stagione da Roma a Helsinki”, oppure a “Testardi tentativi di connessioni in(in)terrotte di un telefono senza fili da Rabat a Jaipur, da Jaipur a Rabat” sono i personaggi femminili a rimanere più danneggiate da storie che abbiamo detto finire anticonvenzionalmente male. Tuttavia, l’impressione non è che ne rimangano schiacciate, anzi, che ne escano vincitrici. Come si spiega?

Roma e Rabat sono vincitrici perché, nonostante abbiano sofferto, è stato proprio ciò che hanno vissuto che ha permesso loro di capirsi e di ritrovarsi, di stabilire delle priorità nel modo di vivere le relazioni e di definire il tipo di persona che vorrebbero accanto. Nelle loro storie vedo la volontà di voler correre il rischio, di accettare l’eventualità di una delusione come parte del percorso, di permettersi di provare anche dolore quando questo è un modo per arrivare infine alla felicità.

 

Nonostante questo focus sui personaggi femminili, il cui genere è riconoscibile principalmente per una serie di inferenze linguistiche, l’impressione che si ha leggendo queste storie d’amore tra città è che il genere e l’orientamento sessuale abbiano poco a che vedere col sentimento e le dinamiche che descrivi. Infatti, “Corrispondenza quasi epistolare di cartoline e coincidenze sui binari di un treno da Santiago a Toronto” è una storia tra due ragazze, che si confonde con le altre, da questo punto di vista. Quanto pensi siano utili le categorie di genere e orientamento sessuale per scrivere di relazioni?

Attraverso il mio modo di scrivere di relazioni, vorrei che ogni lettore e ogni lettrice possa identificarsi con il personaggio che più sente vicino, riconoscersi in una simmetria di sentimenti ed emozioni, in un vissuto comune, senza un riferimento a categorie predefinite. Mi piacerebbe che ognuno possa trovare caratteristiche di sé in uno o più personaggi, nelle dinamiche di relazioni che più si sentono vicine, nei sentimenti di cui si ha avuto esperienza. 


E tu che città saresti?

Se dovessi scegliere una città che mi somiglia, sceglierei Lisbona per la delicatezza e la pazienza con cui si mostra, per i colori tenui e pastello dei suoi edifici, per i disegni simmetrici che caratterizzano le sue facciate. Ma anche per i diversi punti panoramici da cui è possibile ammirare la città, come luoghi interiori da cui è possibile osservarsi da prospettive diverse. 

 

Bologna, invece, che personaggio sarebbe?

Bologna sarebbe misteriosa, con un forte desiderio di vita, che emerge dalla vitalità delle sue strade, unito alla necessità di ritagliarsi spazi di riflessione e silenzio. Avrebbe una personalità a strati, in apparenza facile da decifrare ma la cui essenza è in realtà nascosta tra le sue strade, i suoi vicoli piccoli e stretti, sotto i suoi portici che fanno da protezione ma nello stesso tempo fungono da barriere che è necessario superare per arrivare al cuore della città, della persona.

 

Il libro è acquistabile dal sito dell’editore a questo link.