American Horror Story, per una contro-storia della nazione statunitense

Giorgia Bosco

Nonostante il gotico sia nato in Europa, negli Stati Uniti si è subito affermata una declinazione nazionale di questo genere che non ha mai smesso di avere una forte presa sull’immaginario collettivo

 

Un indicatore piuttosto significativo dell’importanza che la tradizione orrorifica continua a esercitare sul panorama mediale contemporaneo è la presenza di un numero incalcolabile di serie TV che si rifanno alla grammatica del gotico e dei suoi sottogeneri. Di queste, American Horror Story è probabilmente una delle più emblematiche.

 

1. American Dream vs American Gothic

2. Schermi infestati: l’American Gothic al cinema e in TV 

3. La galleria degli orrori American Horror Story 

4. Conclusioni

 

1. American Dream vs American Gothic

Una delle chiavi di accesso alla complessità dell’identità statunitense è probabilmente rappresentata da tutti quei prodotti culturali ascrivibili in varia misura al genere gotico e horror. Nonostante l’apparente contraddizione, il ruolo che mostri e orrori reali e immaginari occupano all’interno dell’immaginario d’oltreoceano è tanto fondamentale quanto quello dell’American Dream e degli ideali democratici di libertà e uguaglianza a esso associati. 

 

Non è un caso che la comparsa dei primi romanzi dalle atmosfere gotiche risalga al periodo a cavallo tra Settecento e Ottocento, quando politici, pensatori e artisti hanno cominciato a lavorare attivamente alla creazione di un’identità che distinguesse il nuovo dal vecchio continente

 

Nato in risposta a questa narrazione eccessivamente enfatica e autocelebrativa, il gotico, genere già in voga in Europa, ha assunto immediatamente una connotazione nazionale, prendendo così il nome di American Gothic. Attraverso la rappresentazione degli incubi, della violenza e degli orrori che hanno segnato le pagine più buie della storia statunitense, gli autori d’oltreoceano hanno operato così contro gli occultamenti della mitologia nazionale ufficiale, restituendo un ritratto degli Stati Uniti più completo e controverso.

 

Tra i primi a usare la loro penna come arma di critica sociale e politica, spiccano i nomi di William Hawthorne, Herman Melville e Edgar Allan Poe, che, esplorando recessi e anfratti dell’inconscio collettivo statunitense, sono stati in grado di far riemergere il lato oscuro dei miti identitari su cui il Nuovo Mondo si è edificato. 

Accomunate dalla tendenza a rappresentare il male come una presenza attiva e tangibile nella società statunitense, le produzioni dei tre autori si sono spesso confrontate con molte delle questioni legate alla classe, al genere e all’etnia che ancora oggi sembrano irrisolte. Mentre i romanzi e i racconti brevi di Hawthorne si presentano come una contronarrazione del puritanesimo e dei suoi principi, concentrandosi in particolar modo sul processo alle streghe di Salem (ricordiamo Alice Doan's Appeal e Young Goodman Brown, entrambe del 1835) molti dei testi di Melville e Poe hanno mostrato l’ambiguità dei valori a cui si rifacevano le strutture un tempo alla base della società statunitense, tra cui l’istituzione familiare e la schiavitù (emblematici sono, rispettivamente, Benito Cereno del 1855, The Narrative of Arthur Gordon Pym of Nantucket, del 1838)

 

Per misurare l’impatto che questi autori hanno avuto sull’immaginario collettivo statunitense, basta guardare alle dimensioni che la tradizione dell’American Gothic ha assunto nelle epoche successive, soprattutto in quella contemporanea. Oltre a diventare uno dei generi di punta del sistema letterario statunitense con autori del calibro di Cormac McCarthy, Stephen King e Joyce Carol Oates, il gotico si è spostato dai margini al centro del panorama mediale contemporaneo, in particolare nell’ambito audiovisivo.

 

2. Schermi infestati: l’American Gothic al cinema e in TV

Dopo un lungo periodo di presenza instabile, a partire dagli anni Ottanta e Novanta l’American Gothic ha cominciato a diffondersi sempre più rapidamente anche all’interno degli schermi statunitensi, fino a conoscere un vero e proprio boom negli anni Duemila. Nonostante la centralità della dimensione visiva nella tradizione del genere, anche nelle sue manifestazioni scritte, è necessario aspettare il successo di saghe cinematografiche come Halloween (1978), Nightmare on Elm Street (1984) e Scream (1996), o di serie televisive come Twin Peaks (1990-1991) e X-Files (1993-2002), perché l’interesse per le ansie e gli incubi della nazione si affermi anche all’interno di media come cinema e televisione.

In particolar modo, negli ultimi vent’anni, la serialità televisiva è diventata uno dei principali laboratori di sperimentazione creativa dell’American Gothic e dei suoi sottogeneri. Da un lato, la nascita delle emittenti via cavo a pagamento come FX, AMC e HBO ha segnato la fine di quelle restrizioni stringenti su temi e contenuti in vigore dagli anni Quaranta sulle reti nazionali, e ha aperto i confini della televisione statunitense anche ai temi controversi al limite del tabù tipici del gotico. Dall’altro, da sempre tecnologia legata alla sfera domestico-familiare, la televisione si presenta come un medium particolarmente compatibile con i meccanismi stranianti e destabilizzanti dell’American Gothic. Per non parlare poi della qualità fantasmatica intrinseca all’apparecchio televisivo: al pari dei protagonisti degli scatti fotografici, i personaggi che si muovono all’interno del piccolo schermo non sono altro che figure immateriali simili a quei fantasmi e a quegli spiriti che caratterizzano il repertorio gotico.

 

Il racconto televisivo seriale contemporaneo, dunque, è diventato uno dei luoghi più frequentati del panorama mediale statunitense per leggere tra le righe della narrazione ufficiale del passato e per individuare limiti e contraddizioni in quella del presente. 

 

L’elenco di serie TV che intercettano le logiche dell’American Gothic è tanto variegato quanto numeroso, ma soprattutto abbonda di titoli così celebri da essere al centro di quelle imponenti impalcature mediali che prendono il nome di franchise. Basti pensare a The Walking Dead (2010-2022) che, nel corso di undici stagioni, innumerevoli spin-off, videogiochi e talk show, per citarne solo alcuni, ha utilizzato l’espediente dell’apocalisse zombie per esplorare le ansie e i timori della società statunitense in seguito agli eventi traumatici dell’11 settembre. O ancora al merchandising interattivo delle sette stagioni di True Blood (2008-2014), di cui è stato recentemente annunciato un reboot, dove la lotta per i diritti civili dei vampiri diventa un’occasione per riflettere sulle discriminazioni e sui torti subiti dalla comunità afroamericana e da quella LGBTQ+, sia nella storia passata che in quella più recente.

 

3. La galleria degli orrori American Horror Story

Tra le serie TV che negli ultimi anni hanno costruito il loro successo facendo riemergere quel sottobosco di paure e orrori su cui si erige la società statunitense, American Horror Story (2011-) è probabilmente una delle più innovative e sperimentali. Adottando il formato televisivo dell’antologia stagionale, oggi così in voga sul piccolo schermo, i produttori Ryan Murphy e Brad Falchuck hanno sfruttato il repertorio di topoi, personaggi e situazioni del gotico per indagare molti dei traumi e delle colpe che hanno segnato la storia statunitense. Strutturate attorno a un set di storie, personaggi e ambientazioni diverse, le dieci stagioni della serie formano, nella loro totalità, un mosaico complesso e articolato che funge da vera e propria contro-storia della mitologia nazionale ufficiale.

Tra le stagioni più emblematiche spicca Murder House, ambientata nel 2011 in una haunted house di Los Angeles, dove la disfunzionale famiglia Harmon si trasferisce nella speranza di ricomporre un’armonia familiare da tempo perduta. I veri protagonisti della prima stagione di American Horror Story, però, sono la casa (che da luogo tradizionalmente sicuro e confortante diventa un teatro degli orrori) e i fantasmi (spiriti imprigionati degli abitanti precedenti, tutti vittime di efferati omicidi che si consumano ininterrottamente dagli anni Venti). Con Murder House, Ryan Murphy e Brad Falchuck hanno sondato paure e preoccupazioni della società statunitense afflitta dalla crisi del 2008, proponendo così la decostruzione di uno dei miti alla base dell’American Dream, la casa familiare.

 

Anche la seconda stagione, Asylum, incentrata sulle vicende di un istituto psichiatrico religioso del New England nei primi anni Sessanta, propone una critica della società statunitense, qui ritratta in una dimensione rurale, retrograda e afflitta dal razzismo e dal conservatorismo. A loro volta vittime di un luogo in apparenza di protezione e di cura, i protagonisti della seconda stagione della serie sono i pazienti, reietti della società sottoposti a terapie al limite della tortura da un personale sadico ed esaltato. Sempre ai freak, poi, tornerà a parlare la quarta stagione della serie, intitolata appunto Freak Show, dove i corpi grotteschi ed eccessivi del Cabinet of Curiositiesdi Elsa Mars, come la donna barbuta e le sorelle siamesi, si presentano come personaggi sovversivi dell’ordine costituito, dal momento che rendono la linea di demarcazione tra “normalmente accettato” e “devianza” meno netta.

Un’altra stagione piuttosto significativa è Coven, la terza, in cui riemergono i peccati originali della storia statunitense: il processo alle streghe di Salem e la schiavitù. Ambientata nel 2013 a New Orleans, la stagione ha per protagoniste le streghe di due congreghe, quella delle discendenti delle vittime di Salem, e quella guidata da Marie Laveau, che invece pratica il vudù. Le streghe sono rappresentate come una specie in via d’estinzione che, nonostante i tentativi di opporre resistenza, sono ancora vittime di repressione da parte della società patriarcale.

 

Queste dinamiche di potere sono rappresentate ancora più chiaramente nell’ottava stagione, Apocalypse, crossover tra Murder House e Coven, che vede scontrarsi le discendenti di Salem con il figlio di satana in un conflitto emblematico dell’eterna lotta tra l’universo maschile e femminile. Anche la sesta stagione della serie è incentrata sulle streghe e su creature soprannaturali malevole. Ambientata nella colonia perduta di Roanoke tra il 2014 e il 2016, Roanoke ha per protagonisti una coppia che, come la famiglia Harmon, cerca di restaurare la sintonia perduta, trasferendosi in una casa infestata dai fantasmi dei vecchi proprietari, e circondata da minacce e orrori (come la famiglia Polk, dedita al cannibalismo, e Scathach, strega della mitologia irlandese, presentata dalla serie come l’antenata delle streghe di Coven).

 

La serie, inoltre, arriva a intercettare timori e orrori della storia più recente con la settima stagione, dedicata allo scenario post elettorale seguito alla vittoria di Donald Trump. Ambientata nel Michigan, stato che negli ultimi anni ha visto nascere alcune delle frange più estreme del movimento pro Trump, Cult ha come protagonista Kai, trumpiano esaltato a capo di una setta che ricorda per teorie e modus operandi il gruppo complottista QAnon, che in seguito all’elezione del presidente tenta di entrare in politica adottando a sua volta una strategia basata sulla paura come strumento di manipolazione e di controllo. Target principale di Kai e dalla sua setta è Ally Mayfair-Richards, donna lesbica grande sostenitrice di Hillary Clinton, attanagliata da fobie che negli anni aveva imparato a controllare ma che, con il clima di terrore e caos, riemergono irrimediabilmente.

4. Conclusioni

Raccogliendo l’eredità della lunga e ricca tradizione dell’American Gothic, negli ultimi vent’anni la televisione statunitense ha assunto le sembianze di uno dei media più infestati del panorama mediale contemporaneo. Attraverso un bagaglio consolidato di mostri, creature soprannaturali e altri orrori reali e fittizi, il racconto televisivo seriale si presenta come spazio di discussione e di riflessione in grado di intercettare questioni politiche e sociali irrisolte e urgenti, del presente e del passato. Nonostante le serie TV gotiche e dell’orrore capaci di imprimersi nell’immaginario collettivo siano molte, la galleria degli orrori costruita da American Horror Story costituisce una delle riscritture della narrazione nazionale ufficiale più esaustive e più complesse prodotte dal medium televisivo negli ultimi anni.

 

Bibliografia

Abbott Stacey, Jowett Lorna, TV Horror: Investigating the Dark Side of the Small Screen, Londra, Bloomsbury Publishing, 2013.

Boni Federico, American Horror Story. Una cartografia postmoderna del gotico americano, Milano, Mimesis, 2016.

Crow L. Charles, American Gothic, Cardiff, University of Wales Press, 2009.

Grignaffini Giorgio, I generi televisivi, Roma, Carocci editore, 2021

Iannuzzi Giulia, ‘Umani postumi, moderni vampiri. Riuso, serialità, coralità dell'orrore  in True Blood’, Between, 11, 2016.

Mittel Jason, Complex Tv. Teoria e tecnica dello storytelling delle serie TV, Roma, minimum fax, 2018. 

 

Sitografia

American Horror Story: Cult Is a Fascinating Take On Our Political Moment, da vulture.com (data di ultima consultazione: 25/09/22)

American Horror Story 6, da nocturno.it (data di ultima consultazione: 25/09/22)

American Horror Story: 10 Reasons Why Murder House Was The Series' Best Season, da screenrant.com (data di ultima consultazione: 25/09/22)

American Horror Story: Cult's Angry Women, da theatlantic.com (data di ultima consultazione: 25/09/22)

American Horror Story: Apocalypse, da nocturno.it (data di ultima consultazione: 25/09/22)

American Horror Story Oltre Ogni Limite, da nocturno.it (data di ultima consultazione: 25/09/22)

 

Foto 1 da historyextra.com (data di ultima consultazione: 04/20/2022)

Foto 2 da gamespot.com (data di ultima consultazione: 04/20/2022)

Foto 3 da rottentomatoes.com (data di ultima consultazione: 04/20/2022)

Foto 4 da hotcorn.com (data di ultima consultazione: 04/20/2022)