Pubblicazioni divulgative per il pubblico a cura del Punto Europa
A partire dal 2000, ogni anno il Punto Europa - Europe Direct di Forlì pubblica un diario sull'Unione Europea. Si tratta di un diario giornaliero in cui vengono affrontati in maniera chiara e comprensibile e al tempo stesso approfondita e precisa aspetti, temi, politiche e curiosità dell'Ue.
L'Agenda Europea, è uno strumento che risponde all'esigenza di informazione dei cittadini, fornendo loro notizie utili sull'Unione Europea. È uno strumento agile e simpatico che li accompagna nel corso di tutto l'anno. Particolare importanza riveste la possibilità, tramite l'agenda, di informare e sensibilizzare sulla realtà dell'Unione Europea le giovani generazioni, attraverso la distribuzione nelle scuole e agli studenti universitari.
In distribuzione gratuita in 6000 copie presso le ultime classi delle scuole superiori della Provincia di Forlì-Cesena, presso l'ufficio del Punto Europa nonché presso l'Università degli Studi di Bologna, Sede di Forlì.
Ogni mese rappresenta una tematica, che viene affrontata giorno per giorno e che accompagna la vita quotidiana arricchendola di informazioni.
Parti complesse e importanti, come le politiche e le istituzioni, vengono alternate a momenti più leggeri (es. musica, poesia, ricette, curiosità..)rendendo l'agenda uno strumento utile e formativo che condurrà alla scoperta dell'Unione Europea.
La pubblicazione è stata realizzata in occasione del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea (luglio-dicembre 2014). Affronta attraverso un excursus storico le presidenze italiane dal 1959 al 2014.
Autore: Prof.ssa Lorenza Sebesta (storica e Cattedra Jean Monnet ad personam presso l'Università di Bologna sede nella Repubblica Argentina.)
Edizione in italiano a cura di:
Prof.ssa Giuliana Laschi (Cattedra Jean Monnet ad personam presso l'Università di Bologna, Campus di Forlì)
Dott. Fabio Casini (Responsabile Europe Direct Punto Europa di Forlì)
Nel 2014 si svolgeranno le elezioni per la VIII legislatura del Parlamento europeo (Pe): i cittadini europei si recheranno alle urne per eleggere a suffragio diretto l'unico Parlamento transnazionale e multilingue al mondo e l'unica istituzione dell'Unione europea eletta direttamente. Dalla prima elezione diretta nel 1979 ad oggi, il peso del Parlamento europeo è notevolmente cresciuto: la sua azione plasma la legislazione europea che influisce su moltissimi aspetti del vivere quotidiano, che si tratti del cibo che mangiamo, del costo della spesa, della qualità dell'aria o della sicurezza dei giocattoli dei bambini. Inoltre, la maggior parte delle leggi promulgate in ognuno dei 27 Paesi membri dell’Ue recepisce atti europei votati dagli eurodeputati. Votare alle elezioni europee significa, dunque, scegliere chi influenzerà l’avvenire di circa 500 milioni di cittadini europei per i prossimi 5 anni.
Sebbene le elezioni europee siano un appuntamento importante, sono sempre meno i cittadini europei che esercitano il diritto fondamentale al voto. L’ultima tornata elettorale, nel 2009, ha infatti registrato una partecipazione al voto pari a poco più del 43% degli aventi diritto: si tratta del peggior risultato dalla prima consultazione del 1979. La scarsa conoscenza dei temi europei è molto probabilmente una delle cause della disaffezione dei cittadini nei confronti dell’Ue e del conseguente astensionismo. E’ per questa ragione che lo Europe Direct Punto Europa di Forlì propone una ricostruzione del ruolo del Parlamento europeo in prospettiva storica, soffermandosi - in particolare - sul travagliato cammino per ottenere l’elezione diretta.
La vicinanza delle elezioni è l’occasione per interrogarsi sui progressi che il Pe ha compiuto e sulle sfide che lo attendono.
La prima parte di questo opuscolo è dedicata ad una breve ricostruzione storica del Parlamento europeo, dall’Assemblea comune della CECA ad oggi, passando in rassegna gli “appuntamenti elettorali” dal 1979 al 2009. In seguito si fornirà una panoramica dei gruppi politici e della presenza femminile nel Pe. L’ultima parte riguarda le principali disposizioni di diritto comunitario in materia di elezioni europee, dal difficile cammino verso una procedura elettorale uniforme alla legge elettorale italiana per il Pe.
Presentazione
La sempre più numerosa comunità di extracomunitari presente nella provincia di Forlì-Cesena (n. 10517 stranieri regolari presenti al 28 febbraio 2001) esige,da parte delle istruzioni locali, un progetto di accoglienza che sia capace di coniugare le esigenze immediate di inserimento degli immigrati medesimi nel tessuto produttivo locale con quella, di più lungo termine e più complessa, di integrazione socio-culturale.
Nell'ottica di promuovere le condizioni per una più agevole integrazione degli immigrati si è mosso, fin dalla sua costituzione, il Consiglio territoriale per l'immigrazione che, in questa provincia, ha perseguito coerentemente l'obbiettivo di affrontare quelle problematiche meritevoli di una più sollecita risoluzione: l'accesso al mercato delle abitazioni, notoriamente difficile per gli emigranti; l'accesso a quelle informazioni essenziali che possono agevolare i cittadini extracomunitari nella comprensione delle intrigate normative che li riguardano e nella fruizione di quei beni (diritto alla salute, all'istruzione ecc…) che sono le precondizioni per una reale integrazione socio-culturale.
Si inserisce in tale contesto la proficua collaborazione avviata con il Punto Europa di Forlì allo scopo di realizzare una guida nella quale far confluire dette informazioni.
Informazioni che, allo scopo di favorire la più efficace e diffusa conoscenza, si è pensato di tradurre nelle lingue delle etnie più presenti sul nostro territorio.
Si è così realizzato il Passepartout, uno strumento di facile lettura, recante, in forma sintetica, indicazioni utili per meglio orientarsi tra le molteplici disposizioni normative che regolano la condizione dello straniero e per cogliere le opportunità offerte dalla legge per l'accesso ai diversi e fondamentali servizi socio-sanitari.
Non resta dunque che prendere atto con soddisfazione dello sforzo compiuto e ringraziare tutti coloro che si sono impegnati nella redazione del Passepartout nell'auspicio che esso possa realizzare gli obbiettivi che si sono prefissati.
IL PREFETTO
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO TERRITORIALE PER L'IMMIGRAZIONE
( Cesare Ferri )
Prefazione
Perché il Punto Europa di Forlì decide di dedicare una guida agli immigrati o, come si dice correntemente con un brutto neologismo, agli "extracomunitari"? Che rapporto c'è tra la Comunità europea e coloro che si caratterizzano proprio per il loro essere "non comunitari", esclusi dunque da quella relazione che la Comunità stabilisce con i propri cittadini e che si concretizza nell'attribuzione di diritti e nella previsione di doveri?
Innegabilmente il rapporto è oggi labile. Tuttavia, il momento di evoluzione che la Comunità sta attraversando, pur con tutti i suoi limiti, la spinge a interessarsi sempre di più di coloro che, pur non essendo cittadini europei, vivono e lavorano sul suo stesso territorio dando un contributo alla crescita economica, sociale e culturale dell'Unione Europea.
E', forse, una verità scontata che fra i doveri di civiltà che appartengono al comune sentire vi siano anche quelli dell'accoglienza, in particolare di coloro che provengono da realtà di estremo disagio o da situazioni di pericolo. A questo tipo di ospitalità si affianca generalmente, in tutti i Paesi industrializzati, quella, più fisiologica, nei confronti di coloro che lasciano la terra di origine semplicemente per migliorare le proprie condizioni di vita e, magari, contribuire con le proprie rimesse al sostentamento della famiglia in patria. Sono le due categorie dei beneficiari del diritto di asilo e degli immigrati.
La Comunità europea si è interessata poco, finora, di queste due categorie di persone. Sin dalle origini e tuttora, il Trattato CE è espressamente rivolto ai cittadini dei Paesi membri. Dal 1992, con la firma del trattato di Maastricht, il riferimento è ai cittadini europei: ancora, con un altro nome, i cittadini dei Paesi membri.
Il motivo di tale esclusione risale indietro nel tempo: anzitutto, il fenomeno migratorio era, negli anni cinquanta e anche dopo, essenzialmente intraeuropeo. Bisognava che gli Stati comunitari imparassero ad accogliere i cittadini dei Paesi partner, a non discriminarli, ad offrire loro opportunità e condizioni di vita parificate a quelle dei propri cittadini. Il processo che ha condotto alla libera circolazione delle persone è stato lungo e difficoltoso e si è svolto sull'onda di una giurisprudenza che dimostra come progressivamente gli europei abbiano imparato ad impiegare i mezzi di ricorso offerti dal nuovo contesto istituzionale. Al diritto per i cittadini comunitari di accettare offerte di lavoro in un altro Stato membro sono seguiti progressivamente: il diritto di farsi raggiungere dal coniuge nello Stato ospite, di farvi studiare i propri figli, di non essere discriminati nelle prestazioni sociali, e poi ancora il diritto a vedere riconosciuto il proprio titolo di studio e, solo in tempi recentissimi, il diritto di eleggere e di candidarsi alle elezioni amministrative ed europee. Sulla composizione di questa categoria di destinatari delle proprie norme la Comunità non poteva ne può intervenire, giacché gli Stati sono estremamente gelosi del potere di attribuire o negare la propria cittadinanza, né avrebbero accettato la creazione di una cittadinanza europea se questa non fosse stata, come certamente rimarrà, una cittadinanza di secondo grado che si somma a quella nazionale senza sostituirla. Dunque è, indirettamente, compito di ogni Stati membro disciplinare l'acquisto o la perdita della cittadinanza europea che consegue alla propria.
Le norme dei Trattati comunitari sono quindi scritte per i cittadini, e si riassumono nel diritto di circolare e stabilirsi liberamente in un qualunque Stato membro, mentre ogni Paese si riserva di disciplinare autonomamente lo status ed i diritti dei cittadini di paesi terzi. Questi vengono in rilievo e sono equiparati ai cittadini europei, ai fini della libera circolazione, solo in casi circoscritti, ad esempio se coniugi di cittadini o se provenienti da Paesi con i quali la Comunità abbia stretto accordi di associazione che prevedano, tra l'altro, la libera circolazione dei lavoratori (ad esempio la Turchia).
L'assenza nel Trattato CE della categoria dei lavoratori migranti, però, se pure aveva una ragion d'essere al tempo della sua prima stesura, si è rivelata, successivamente, una grave lacuna, sotto due diversi punti di vista.
Anzitutto, si è posto il problema della necessità di una competenza comunitaria a disciplinare il fenomeno immigrazione. Com'è noto la Comunità non ha competenza universale e può occuparsi di una materia solo qualora il suo trattato istitutivo espressamente lo consenta. La mancata previsione di poteri in materia si era dimostrata una grave lacuna particolarmente a partire dai primi anni Novanta. Infatti, con l'entrata in vigore del Trattato di Schengen che eliminava i controlli alle frontiere interne della Comunità, si veniva a determinare una sorta di solidarietà di fatto tra gli Stati membri, tutti chiamati a partecipare degli effetti delle decisioni dei partner in tema di accoglienza (e, purtroppo, anche degli effetti delle loro negligenze in tema di controllo alle frontiere per prevenire fenomeni di immigrazione clandestina).
Di conseguenza, con il Trattato di Maastricht (1992) e con il Trattato di Amsterdam (1997), si è, dapprima, inserita la materia dei visti, dell'asilo e dell'immigrazione sotto l'ombrello dei poteri dell'Unione, affidandola alla cooperazione intergovernativa tra gli Stati membri, poi la si è resa competenza comunitaria a tutti gli effetti (art. 63 TCE). Non è stata che la presa d'atto del fatto che gli Stati sono ormai sedi inadeguate per una disciplina efficace della materia. Scopo dichiarato delle nuove competenze comunitarie è garantire la libera circolazione delle persone, siano esse cittadini europei o provenienti da Paesi terzi, garantendo al contempo la sicurezza dello spazio europeo.
Indubbiamente una cosa è la previsione di strumenti istituzionali e competenze, un'altra è disporre di una disciplina completa in materia, ciò che richiederà, naturalmente, tempi tecnici. Il valore aggiunto della nuova normativa, quando sarà in vigore, consisterà nel consentire ai lavoratori migranti di spostarsi liberamente sul territorio comunitario per rispondere, ad esempio ad offerte di lavoro, una volta entrati in uno degli Stati membri.
Ma, se questa è la prospettiva, qual è lo status oggi degli immigrati nei Paesi europei?
Il diritto di non subire trattamenti discriminatori è previsto dalle leggi fondamentali di tutti i Paesi membri (in Italia vedi anche Legge 40/98), come dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ratificata da tutti i Paesi comunitari e fonte a cui attinge la Corte di Giustizia CE per colmare le lacune del diritto comunitario. Agli strumenti menzionati si è aggiunta la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, proclamata solennemente a Nizza nel dicembre 2000 (il cui articolo 21 è espressamente dedicato alla non-discriminazione).
Tra le novità vanno altresì segnalate la competenza del Consiglio dell'Unione ad adottare provvedimenti per combattere le discriminazioni basate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la religione, le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali (art.13 TCE), e la possibilità di impiegare la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale per combattere il razzismo e la xenofobia.
Se, per la categoria dei diritti dell'uomo, compresi quelli connessi allo status di lavoratore, non si può dire che oggi manchino gli strumenti di tutela dei cittadini provenienti dai Paesi non comunitari, ancora scarsi sono però i diritti politici o di partecipazione. Se i diritti di associazione e di manifestazione del pensiero possono ben essere dati per scontati nell'ambito di sistemi democratici, raramente si esercitano nei canali della democrazia rappresentativa. E', infatti, competenza degli Stati ospitanti decidere di ammettere al voto nelle elezioni amministrative chi vive e lavora nel proprio territorio, sia pure a determinate condizioni, ovvero di predisporre altri strumenti di partecipazione diretta o rappresentativa, né si potrebbe configurare al momento alcuna competenza comunitaria in materia. Si spiegano così realtà molto diverse da Stato a Stato e addirittura, alle volte, da una realtà locale all'altra. Nel febbraio 1992 il Parlamento europeo ha raccomandato i paesi membri della Comunità di operare per permettere ai cittadini stranieri la partecipazione alla vita pubblica a livello locale, questa raccomandazione è stata accolta dall'Italia e tradotta in legge nel 1994 (legge 203/94).
Ancora più labili sono i contatti diretti tra la Comunità e gli extracomunitari residenti sul proprio territorio: questi si riducono, fondamentalmente al diritto di presentare petizioni al Parlamento europeo, su qualsiasi materia rientri nel campo d'azione della Comunità o la concerna, e al diritto di rivolgersi al Mediatore, sorta di difensore civico nominato dal Parlamento europeo, al quale è possibile presentare denunce riguardanti casi di cattiva amministrazione da parte degli organi europei.
Questi, in estrema sintesi, i motivi per cui è inevitabile che quanti siano interessati di questioni comunitarie trovino oggi di estremo interesse e attualità il tema immigrazione. Vi è, anzitutto, un dato oggettivo: una competenza comunitaria in formazione. Conseguentemente, come in ogni realtà politica e giuridica in evoluzione, anche questa stimola il dibattito, richiede prese di posizione.
Un'Europa fortezza, intesa come isola di benessere indifferente ai problemi fuori delle sue porte è oggi difficilmente ipotizzabile. E' sempre più palese, oggi, la consapevolezza che ogni modello di sviluppo deve fare i conti con ciò che è fuori da sé e che può vincere la sfida del tempo (e oggi anche quella della globalizzazione) solo essendo società aperta, che accetta il dialogo e il confronto con le altre culture. Elemento irrinunciabile di tale modello è un sistema di frontiere aperte, ma nel diritto, perché se è dovere della società che accoglie offrire condizioni di vita dignitose, occasioni di integrazione socioculturale e strumenti di partecipazione alla vita democratica, è dovere di chi accede al Paese ospite accettarne in toto le regole. Non sempre, però, risulta facile per un ospite straniero orientarsi nella giungla di normative che riguardano la sua "regolarizzazione"; né è agevole cogliere a pieno la portata degli obblighi, ma anche dei diritti di cui può godere. Ciò accade non solo per una questione linguistica, ma burocratica, legata cioè alla dispersione di competenze locali in materia di immigrazione e alla pluralità dei luoghi entro cui vengono garantiti certi diritti (alla salute, all'informazione, all'educazione...).
Quella che si presenta alla Comunità è dunque, a mio avviso una scelta obbligata. Vi è costretta dalle circostanze, ma anche dalla sua storia, dalla sua filosofia. I suoi valori fondanti si incontrano sul punto: non solo la solidarietà tra Stati membri e verso l'esterno, la tradizione di multiculturalità, ma anche i principi liberali che la impregnano: il diritto di concorrenza, la libera circolazione intesa come fattore di crescita e di sviluppo, il suo essere, come più volte ribadito dalla Corte di Giustizia, "Comunità di diritto".
Autori: Matteo Stocchetti e Milad Basir
La guida è una fotografia del Parlamento nel momento del suo rinnovo (2004). Con l'allargamento a 10 paesi nuovi, cambiera il numero dei parlamentari e la ripartizione nazionale dei seggi, nonché, quasi certamente, il numero e la composizione dei gruppi politici.
Giuliana Laschi e Fabio Casini (a cura di)
■Introduzione
■Parte I - The background: Origine e sviluppo delle relazioni britanniche con la Comunità Europea
■Parte II - Margaret Tahtcher e la politica estera inglese
■Parte III - Le tentazioni europee di Tony Blair
■Epilogo
■Bibliografia
Presentazione
La scena politica britannica dell'ultimo ventennio è stata caratterizzata dall'affermarsi di due personaggi politici di particolare rilievo, due premier in grado di imporre significativamente la propria personalità sia a livello nazionale che internazionale: Margaret Thatcher e Tony Blair.
Margaret Thatcher, leader incontrastato del partito conservatore per quindici lunghi anni, ha guidato il governo britannico dal 1979 al 1990. E' stata definita da molti "an extraordinary phenomenon", in quanto unica donna primo ministro nella storia politica britannica ed unico leader di partito in grado di vincere tre elezioni politiche consecutive. Secondo lo studioso italiano Sergio Allaix, Margaret Thatcher è stata il premier più innovativo che la Gran Bretagna abbia avuto nel secolo scorso, "forse l'unico grande primo ministro della storia inglese a fondare la sua indiscussa reputazione internazionale sui propri successi interni". Allo stesso tempo, ha restituito alla Gran Bretagna il ruolo di protagonista nei maggiori avvenimenti mondiali, portando ovunque e in ogni occasione chiarezza di idee e di politiche.
Tony Blair, leader del partito laburista da quasi otto anni, è stato eletto alla guida del governo britannico nel 1997 e ricopre attualmente la carica di primo ministro, dopo una seconda vittoria elettorale nel giugno 2001. In questi pochi anni di governo, Blair ha dimostrato di essere un coraggioso leader partitico ed un abile premier per il popolo britannico, capace di trasformare e modernizzare la struttura e l'azione politica del proprio partito all'interno di un contesto già forgiato dal conservatorismo della signora Thatcher, alla quale non nasconde di riconoscere molti meriti politici. E proprio come Margaret Thatcher, il nuovo premier laburista si è distinto per il suo impegno a favore di un ruolo di primo piano della Gran Bretagna nel contesto internazionale.
Nonostante i maggiori successi di entrambi i primi ministri riguardino la politica interna britannica, oggetto di questa trattazione è la politica estera adottata da Margaret Thatcher e Tony Blair durante i rispettivi mandati elettorali, le iniziative concrete dei loro governi ed eventuali tematiche ideologiche emerse dai discorsi relativi a questo argomento. Questa analisi si concentra su una delle tre sfere d'influenza di cui parlava Churchill nel suo "three circles approach to British policy", nella prima metà del secolo scorso: le relazioni britanniche con la Comunità Europea.
Si vuole analizzare se la diversa appartenenza politica, nonché il diverso periodo e contesto internazionale in cui i due premier hanno operato, abbiano modificato le priorità che secondo Churchill avrebbero costantemente caratterizzato la politica estera britannica nel tempo. In particolar modo, si vuole verificare se con Margaret Thatcher e Tony Blair sia ancora possibile affermare la validità della tesi in base alla quale il partito conservatore si era sempre distinto da quello laburista per un approccio decisamente positivo nei confronti del processo di integrazione europea.
Questa pubblicazione raccoglie alcuni spunti di riflessione sull'insegnamento di materie relative all'integrazione europea emersi dagli incontri di Beretinoro (seminari di studio aperti ai professori Jean Monnet, ai colleghi forlivesi e bolognesi e a chi condivide con noi la passione per l'Europa) svoltisi il 15-16 marzo 2002 e il 16-17 maggio 2003 e organizzati dal Punto Europa di Forlì e dall'Istituto di Studi per l'Unione europea (IREU), in collaborazione con la Facoltà di Scienze Politiche di Bologna, sede di Forlì e la regione Emilia Romagna.
La nuova pubblicazione della collana Materiali di lavoro dell'IREU contiene, oltre al testo di alcuni interventi presentati in occasione delle prime due edizioni del workshop, anche una serie di materiali che, in linea con i contenuti e le finalità di tali incontri, ci è sembrato opportuno, e si spera anche utile, inserire. Si tratta, prima di tutto, di una selezione bibliografica, senza nessuna velleità di completezza, di testi pubblicati in Italia in tutte quelle discipline -storica, giuridica, economica e politologica- in cui si articola l'insegnamento dell'integrazione europea. Inoltre riportiamo una scheda sintetica, ma esaustiva, dell'Action Jean Monnet, tratta dalla sezione ad essa dedicata nel sito dell'Unione europea, sezione che vi invitiamo a consultare.
Piano dell'opera
Prefazione
Presentazione, di Lorenza Sebesta
Hanno detto di... (riflessioni sul tema dell'insegnamento)
■Jorge Luis Borges
■Italo Calvino
■Richard P. Feynman
Gli interventi
■Riflessioni sul legame tra teoria e prassi dell'insegnamento
■Marco Balboni, Verso l'affermazione dei principi dello stato di diritto nella comunità internazionale: il contributo dell'Unione europea - Spunti di riflessione e possibili percorsi di studio
■Daniela Piana, L'insegnamento delle teorie dell'integrazione europea. Principi metodologici e conseguenze pratiche
■Insegnare/imparare l'Europa
■Elisabetta Bergamini, La scelta dei testi di diritto comunitario: manuali, raccolte di giurisprudenza e letture integrative
■Olga Bombardelli, Imparare l'Europa con un progetto per il futuro
■Proposte di nuovi insegnamenti
■Mauro Martini, Modesta proposta di istituzione di cattedre dedicate al "romanzo europeo"
■Piero Ravaioli, Alcuni spunti di riflessione sull'insegnamento del patrimonio culturale europeo
■Metodi didattici alternativi
■Jan van der Harst, Simulazioni di gestione della politica ordinaria europea: il caso del Consiglio dell'Unione
Gli immancabili
Gli autori
Appendice
■Che cos'è l'Action Jean Monnet?
■Intervista al prof. Luigi Vittorio Majocchi
di Filippo Pigliacelli
La pubblicazione, curata da un gruppo di studentesse della Facoltà di Scienze Politiche di Forlì, si basa su una giornata di riflessione svolta presso il Punto Europa di Forlì sulla questione della riforma istituzionale dell'UE e, al suo interno, su quella specifica dell'informazione come premessa indispensabile di rafforzamento della legittimità democratica dell'UE e dell'efficacia delle sue politiche. Nella pubblicazione sono riportati i principali documenti dell'Unione Europea riguardanti questo tema, un contributo originale del Punto Europa e alcuni interventi effettuati nel corso dell'omonimo Workshop svoltosi a Forlì nel novembre 2001.
Piano dell'opera
■Prefazione
■Introduzione
■Fonti prime
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■Libro bianco "La governance europea"
■Comunicazione della Commissione "Un nuovo quadro di ooperazione per le attività di politica dell'informazione e della comunicazione nell'Unione Europea"
■Cenni bibliografici
■Memorandum del Punto Europa
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■Message for the Jean Monnet Professors from Mr Prodi and Mrs Reding
■L'informazione come elemento per rafforzare la partecipazione politica dei cittadini al governo dell'Europa
■Commento al memorandum del Punto Europa
■Interventi dal Workshop
■
■Partecipazione dei cittadini ed efficienza nell'UE (Mario Telò)
■Europa, Italia e informazione. Conflitto di poteri o dovere di comunicare? (Pietro Caruso)
Giulia Capacci
Laura Di Pietro
Cinzia Ermini
Veronica Fanchini
Stefania Macchioni
Gioia Maria Rossi
Sonia Santucci
Annamaria Sorresso
Piano dell'opera
■La politica estera nella transizione
■La corsa alla Comunità Europea, da Suárez all'adesione
■La Spagna nell'Organizzazione del Trattato Nord Atlantico: dagli ostacoli dell'isolamento alla conversione all'atlantismo
■Bibliografia
Autore:Carmelo Barber
Piano dell'opera
■Prefazione
■Centri di Documentazione Europea
■Info Point Europa
■Euro Info Centres
■Centri di Informazione e Animazione rurale
■Centri d'Innovazione Imprenditoriale
■Punti Europa
■Business Cooperation Network
■Bureaux de Rapprochement des Entreprises
■Eures
■Eurodesk
■Innovation Relay Centres
■Organizzazioni per la promozione delle tecnologie energetiche
■Comitati Provinciali per l'euro
■Osservatori Provinciali Eurologo
■Altri Centri
■Pubbliche Amministrazioni
■Glossario delle istituzioni europee
■Links utili
Presentazione
Dal punto di vista teorico, esiste oggi un rinnovato fermento nel settore dell'informazione europea. Nel corso degli anni '90, infatti, la Commissione, promotrice originaria delle tipologie più diffuse di centri informativi, aveva diluito il suo impegno sul fronte della creazione di tali centri, nell'attesa che altri attori assumessero in questo ambito responsabilità di rilievo sulla scorta del nuovo concetto di sussidiarietà.
In questo contesto erano da inserirsi le iniziative di Francia, Portogallo e Italia che portavano alla creazione di tre centri informativi europei a livello nazionale (Sources d'Europe a Parigi, il Centro Jacques Delors a Lisbona e il Centro di Informazione e Documentazione sull'Europa a Roma). Allo stesso tempo, a seguito del Trattato di Maastricht, l'Unione Europea approfondiva il suo impegno sul fronte della trasparenza delle proprie attività e dell'accessibilità dei propri atti, considerando questi aspetti come elementi cruciali di un auspicato aumento di democraticità del proprio sistema di governo.
Dopo un lungo periodo di silenzio, la Commissione ha reso pubblico nel giugno del 2001 un Libro Bianco sull'informazione europea dove questa era descritta come strumento strategico della governance europea. In poche parole, sulla scorta delle più avanzate analisi politologiche, la Commissione riteneva che l'informazione fosse uno snodo cruciale del processo di legittimazione democratica dell'Unione. L'informazione, si diceva, è il primo passo della partecipazione politica dei cittadini alla vita della Comunità. La necessità di una "educazione civica europea", finalizzata alla diffusione capillare della conoscenza dell'Unione Europea in tutti i suoi aspetti è stata ribadita dalla Rappresentanza italiana della Commissione europea nel "Rapporto Italia", reso pubblico nell'ottobre del 2001.
In presenza di un materiale documentario di difficile lettura a causa della sua (sterminata) mole e dei suoi tecnicismi, la trasparenza che le istituzioni comunitarie si sono sforzate di perseguire non sembra bastare da sola a favorire questa "educazione". Occorrono dei luoghi di riferimento (materiale e simbolico) per rendere leggibile l'Unione, dando l'opportunità, a tutti coloro che lo vogliano, di partecipare concretamente al processo di integrazione.
Da un punto di vista pratico, siamo stati spinti da un "impeto classificatorio". Volevamo dar conto in un'unica brochure dell'ormai ampia gamma di servizi di informazione europea presenti in regione evidenziando, nel far ciò, che il loro obiettivo comune di fondo non era ed è solo quello di informare i cittadini sulle opportunità di finanziamento offerte dall'UE, ma anche, e soprattutto, quello di portare l'Europa in regione, rendendola una realtà non solo accessibile, ma viva e palpitante.
Ci pareva che, da questo punto di vista, l'indagine avviata nel 1999, con rigore formale e intelligenza d'analisi, dal Ministero per le Politiche comunitarie, non rendesse giustizia della complessa realtà dell'Emilia Romagna, che vi era rappresentata con un numero assai esiguo di centri informativi.
Il desiderio di fotografare in modo quanto più possibile aderente alla realtà la situazione, dando la possibilità ad ogni centro informativo di esprimere anche ciò che non potesse essere racchiuso in griglie determinate, ci ha spinto a imboccare una strada inconsueta e "pericolosa", quella dell'autodefinizione. Abbiamo, cioè, preferito lasciare ad ognuno la libertà di definire, informalmente, le proprie funzioni e le proprie attività. Sarebbe poi stata premura del curatore omogeneizzare le risposte fornite sulla base di semplici criteri formali. Questa impostazione ha rappresentato, come accennato, un punto di forza e, al tempo stesso, una debolezza della ricerca condotta. Ci ha permesso, infatti, di recensire oltre cinquanta centri, cogliendo una inattesa ricchezza regionale, ma ci ha posto, d'altra parte, davanti alla frequente necessità di intervenire (pesantemente), e ce ne scusiamo fin d'ora, con i responsabili dei centri, nelle autodefinizioni inviateci, al fine di evitare un' eccessiva difformità all'interno delle singole categorie.
Nell'unire la pratica alla teoria, ci auguriamo che questa prima ricognizione sia l'occasione non solo per tracciare una mappa dei centri divisi per tipologia, così da renderli più accessibili ai cittadini, ma per favorirne la specializzazione e la complementarietà, sulla base di un obiettivo comune: avvicinare l'Europa ai cittadini.
di Ciro Avolio
Presentazione
Indagine preliminare sull'atteggiamento verso l'Europa degli studenti delle scuole superiori nella Provincia di Forlì-Cesena
L'idea di "tastare il polso" dei giovani forlivesi-cesenati rispetto alle questioni europee è nata in occasione della distribuzione dell'agenda europea 2000 (l'agenda prodotta annualmente dal Punto Europa) alle scuole superiori della Provincia di Forlì-Cesena. Allora, il Punto Europa si attivò per distribuire dei questionari a tutte le classi superiori degli istituti secondari della Provincia. A fronte di un ritorno di circa 600 questionari, decidemmo che la cifra era tale da giustificare un'analisi approfondita delle risposte.
Autore: Punto Europa Forlì
L'ipotesi sulla quale si basava l'indagine è la seguente: che una corretta informazione sia l'indispensabile premessa per conoscere l'Unione Europea e, di conseguenza, per partecipare efficacemente al suo sviluppo. Da questo punto di vista, quindi, l'informazione è interpretata come snodo cruciale per poter aumentare la democraticità dell'Unione stessa, ancor prima che come elemento importante per poter accedere alle risorse economiche offerte dall'Unione (aspetto meno rilevante in questo contesto). Solo chi conosce il campo d'azione entro cui vuole agire può riuscire ad utilizzare gli strumenti messi a sua disposizione e, nel caso specifico, può diventare un cittadino europeo attivo e consapevole.
I questionari sono stati quindi impostati in modo da fornire elementi di valutazione:
- sul tipo di informazione cui gli studenti fanno ricorso in materia europea e sulla loro valutazione circa la bontà delle fonti informative impiegate, nonché sul grado di conoscenza oggettivo della realtà europea (capitolo primo dell'indagine)
- sull'atteggiamento degli studenti di fronte all'Europa, sul loro sentirsi "cittadini europei", sulla loro opinione nei confronti dei valori che l'Unione europea persegue e di quelli che loro vorrebbero veder perseguiti (capitolo secondo dell'indagine).
L'indagine offre alcune comparazioni con Eurobarometro, una rilevazione condotta in Italia e negli altri paesi europei dalla Commissione Europea. In particolare si prende a riferimento la rilevazione della primavera del 2000, effettuata nello stesso periodo in cui è stato somministrato nelle scuole il nostro questionario. Questo ci permetterà quindi di verificare se e quanto la situazione del territorio forlivese e cesenate si discosti dalla media italiana e europea.
Distribuzione, raccolta e primo trattamento dei questionari sono stati effettuati da Maurizio Stracci, obbiettore di coscienza presso il Punto Europa nell'anno 2000. La costruzione delle tabelle e delle figure e l'analisi preliminare dei dati è stata curata da Nicola De Luigi e Alessandro Martelli, della Facoltà di Scienze Politiche di Forlì. Non possiamo dimenticare, infine, gli studenti delle scuole che hanno risposto alla nostra iniziativa e i loro professori, senza la cui collaborazione questa "impresa" sarebbe stata impossibile.
A tutti va dunque il nostro ringraziamento.
Vengono qui proposti i brani di prosa e poesia che saranno recitati nella serata del 9 maggio 2001 (Festa dell'Europa)dagli attori della Cooperativa Mercuzio e con l'accompagnamento musicale dei Bevano Est.
Punto Europa Forlì (a cura di)
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