Insulto, Personaggi
Graus | Γραῦς
Tra i molteplici modi nei quali è possibile declinare la rappresentazione letteraria della donna di età avanzata, dalla nutrice alla mezzana, alla popolana venditrice, alla saggia consigliera delle giovani eroine, l’Archaia sceglie per la graus un ruolo ben delineato: la Vecchia in preda all’innaturale desiderio sessuale per il Giovane. Quando la graus diviene personaggio sulla scena di Aristofane, nelle Ecclesiazuse e nel Pluto, infatti, i tratti fisici che la contraddistinguono sono tutti rivolti a renderne manifesto il carattere decrepito, la saprotes. La rovina fisica della graus permette il gioco comico fondato sul contrasto tra l’acceso desiderio sessuale della Vecchia per il Giovane e la repulsione che il suo aspetto suscita. L’innaturale desiderio della graus diviene poi, pur con dinamiche differenti tra Ecclesiazuse e Pluto, un’occasione privilegiata per mostrare gli effetti comici che il progetto utopico promosso dai protagonisti produce. Nelle Ecclesiazuse, le tre Vecchie beneficiano del programma egualitario di Prassagora, mentre nel Pluto la graus, che grazie al suo denaro aveva un Giovane al suo servizio d’amore, è vittima dello stratagemma di Cremilo: ora che Pluto ha recuperato la vista, il Giovane non è più costretto dal bisogno economico a concedersi alla Vecchia. Pur con scopi opposti, sia nelle Ecclesiazuse sia nel Pluto Aristofane quindi costruisce una maschera al servizio del consueto rovesciamento comico della realtà: il desiderio della Vecchia, di norma negato, trova uno spazio libero sulla scena della commedia. Il carattere della graus come declinato dall’Archaia trova certamente una chiara risonanza nel mimo di Eronda, con il carattere di Bitinna nel mimo V, e nel romanzo, con le Storie efesie di Senofonte, dove il personaggio di Cinò incarna la graus mossa dalla passione insana per il giovane Abrocome. Gli elementi scoptici che accompagnavano la maschera della graus nell’Archaia sopravvivono nell’epigramma, come mostra Marco Argentario (VII 384), che intreccia il motivo dell’insano amore senile con il tema dell’amore per il vino. L’interesse dell’erudizione antica si focalizza sull’aspetto decrepito della graus, in particolare nella scena finale del Pluto (vv. 1204-1207), dove la Vecchia procede sulla scena con delle pentole sulla testa. La pointe della scena poggia sul significato traslato di graus come «schiuma che si forma sulla superficie dei liquidi scaldati»: di norma la schiuma si trova sulla superficie delle pentole, mentre nella scena del Pluto le posizioni sono invertite. Discutendo del significato traslato di graus, Esichio coglie l’aspetto della saprotes che caratterizza la maschera: graus è da connettere alla pellicola schiumosa che si forma sulla superficie del latte perché ricorda la pelle bianca e grinzosa della Vecchia. Ancora l’aspetto decrepito della graus, che ne rende ridicolo l’innaturale desiderio per il Giovane, è al centro dell’interesse dei traduttori. Per il termine-chiave σαπρά sono chiaramente rivolte a suscitare repulsione nel pubblico le rese di Cantarella («vecchia fracida») e Capra («carogna»). Allo stesso modo, le messe in scena recenti colgono le chiare e numerose indicazioni presenti nel testo di Aristofane: dalla mostruosità ‘progressiva’ nell’avvicendarsi delle tre Vecchie delle Ecclesiazuse nella messa in scena di Serena Sinigaglia (2006/2007), alla cura dei dettagli estetici con la quale la maschera del Pluto è resa da Popolizio (2008), cura funzionale a rappresentare anche sul piano visivo il contrasto tra l’età avanzata e il desiderio per il Giovane.
Mario Regali © 2016