L’erudizione antica offre qualche elemento per ricostruire la foggia della maschera scenica della Vecchia, sebbene vada rilevato che la documentazione sembra riferirsi principalmente alla commedia nuova: ad ogni modo, secondo Polluce (IV 150 s.), tra le maschere di anziane si possono annoverare la vecchietta magra (γρᾴδιον ἰσχνόν) o lupetta [λυκαίνιον, cfr. Brea (2001, fig. 327)], la vecchia grassa [παχεῖα, cfr. Brea (2001, fig. 329)] e quella che custodisce la casa (οἰκουρός): costei, che è una serva nata in casa, ha un carattere vivace [cfr. Brea (2001, figg. 330-334)]. Per quanto concerne la foggia delle maschere, sembra che la lupetta fosse abbastanza alta, con rughe sottili e spesse: canuta e dall’incarnato pallido e giallastro, ella era caratterizzata da un occhio storto. La vecchia grassa, invece, aveva rughe spesse che solcavano le sue fattezze piene, con una fascetta che le cingeva i capelli. La vecchietta che custodisce la casa, infine, aveva il naso camuso: su ogni mascella spuntavano due denti molari per ciascun lato.
Che tale fosse anche la foggia delle maschere aristofanee e, più in generale, della commedia antica è dubbio, né pare vi siano indicazioni al riguardo negli scoli. Essi, nella sostanza, non si interessano alla figura della Vecchia in sé, ma alla spiegazione di singole scene, specialmente importante per chi fruiva di esse per mezzo della lettura: in alcuni casi, del resto, vengono chiariti per esteso alcuni giochi di parole. Una delle poche notazioni sulla caratterizzazione della Vecchia è presente in una glossa esichiana (γ 914): essa fa riferimento all’espressione omerica (Od. XVIII 27) γρηῒ καμινοῖ, usata da Iro per accusare Odisseo – camuffato da vecchio – di parlare spedito come una vecchia fornaia. Ora, Esichio spiega che le vecchie sono loquaci, per il fatto che frequentano uomini di ogni tipo (διὰ τὸ παντοδαποῖς ἀνδράσιν ὁμιλεῖν). Al riguardo, è arduo stabilire se tale caratterizzazione abbia una relazione – magari remota – con l’omonima maschera comica: si noti, comunque, che l’interpretamentum ricorda alcune scene aristofanee, soprattutto se si intende ὁμιλεῖν con valore erotico, a cui potrebbe far pensare il connotato ἀνδράσιν, al posto di un più neutro (e.g.) ἀνθρώποις.
Come è ovvio, la figura della γραῦς ricorre principalmente negli scoli alle Ecclesiazuse e al Pluto, sebbene sia interessante notare la spiegazione di Tzetzes al v. 555 delle Nuvole (cfr. scholia anonyma recentiora 555a): tale verso fa parte della parabasi di questa commedia, dove si accusa Eupoli di aver stravolto i Cavalieri nel suo Maricante [test. i. K.-A.; cfr. Storey (2011, 148-150)], aggiungendovi una vecchia ubriaca intenta a fare una danza licenziosa. Se Aristofane dichiara di rifuggire simili mezzi per provocare il riso, Tzetzes (cfr. scholia recentiora), anche sulla base dei vv. 551 s., identifica la vecchia con la madre di Iperbolo, aggiungendo che ella era una panettiera.
Se i commenti antichi alle Ecclesiazuse non forniscono notazioni di rilievo, riguardo alla lunga scena che conclude il Pluto (vv. 959-1209), in cui la maschera della Vecchia è assoluta protagonista, alcuni scoli sono di qualche interesse. È il caso dello scholium recentius al v. 1004, dove si spiega il doppio senso di φακῆ: esso paragona la consistenza della lenticchia, porosa e molle, alle fattezze della Vecchia, che del resto sarà usa mangiare la passata di legumi, perché oramai sdentata; il fatto che il Giovane non mangi più la passata di lenticchie come un tempo, quando la povertà lo costringeva a ingurgitare qualsiasi cosa, allude chiaramente al rifiuto che il Giovane ora oppone a unirsi alla sua ‘amante’, una volta venuto meno l’interesse economico.
Dello stesso tono è il commento vetus al v. 1050: riguardo all’invocazione del giovane amante riottoso nei confronti degli dei πρεσβυτικοί, «vecchi», affinché siano testimoni delle rughe che solcano il viso della sua anziana amante, lo scolio nota come tale appello sia strettamente legato all’età della Vecchia.
Il passo che ha maggiormente attratto l’interesse dei commentatori antichi è rappresentato dai vv. 1204-1207, quelli con cui si chiude la commedia. Cremilo e la Vecchia si apprestano a compiere una cerimonia in onore del dio Pluto, con la Vecchia che deve camminare solennemente con delle pentole (χύτραι) sul capo. Cremilo commenta la scena, dicendo che tali pentole sono l’opposto del solito: la γραῦς (nel senso di «schiuma che si forma sulla superficie dei liquidi scaldati»; cfr. LSJ9 s.v.) si trova solitamente in alto, ma in questo caso le pentole sono sopra la γραῦς (nel senso di «vecchia»). Gli scholia vetera al passo (1206abc) connettono tale schiuma alla zuppa di lenticchie del v. 1004 (cfr. Suda σ 428), in particolare all’olio raggrumato che si forma in superficie dopo la cottura. In ogni caso, Esichio, che per γραῦς («schiuma, pellicola») offre anche il sinonimo ἐπίπαγος (ε 5037), connette tale spuma alla panna del latte, quando esso viene bollito (γ 907), piuttosto che alla zuppa di legumi (cfr. ζ 223): la ragione per cui tale fenomeno viene detto γραῦς è dovuto verosimilmente alla forma della pellicola schiumosa, che ricorda le rughe di un’anziana (cfr. schol. rec. 1206d e schol. Nic. Al. 91g), e al suo colore biancastro, che fa pensare – secondo lo schol. rec. 1206a – alla vecchiaia.
Se suscitava un qualche interesse la flessione di γραῦς (cfr. e.g. Et.Gud. 321, EM 240,28-31, Ps.-Zonar. γ 453, Ep.Hom. γ 19), l’erudizione antica sembra essere andata alla ricerca del senso etimologico di γραῦς e derivati. L’Etymologicum Magnum (239,23-28) fa derivare il termine dal verbo γράειν, che significa «mangiare» o «raschiare»: la Vecchia, infatti, sarebbe corrosa dalle rughe. Un’altra possibile etimologia connetterebbe la γραῦς a ῥαῦς, dal verbo ραίω, «fracassare, distruggere»: la Vecchia, in sostanza, sarebbe distrutta dal tempo. Una terza etimologia farebbe derivare γραῦς da γράφεσθαι, «essere inciso», per cui la Vecchia sarebbe incisa nel corpo a causa della vecchiaia: simile etimologia sembra adottata da Esichio (γ 901), per il quale γραῦς deriverebbe dal fatto che la Vecchia rugosa ha il viso solcato da linee (γραμμαί), ossia da rughe (ῥυτίδες). L’Etymologicum Gudianum (321,7 ss.), il Magnum (240,26-31) e gli Epimerismi omerici (γ 19) riportano infine una derivazione di γραῦς da ῥέω, con aggiunta di gamma e mutamento di epsylon in alpha: un’anziana, in sostanza, sarebbe una donna che è «scorsa via».
Stefano Caciagli @ 2016