Corrado Confalonieri - Il Gadda di Gifuni tra guerra, storia e filosofia della storia

 

In un’intervista seguita alla pubblicazione di Cuori intelligenti. Mille anni di letteratura, Claudio Giunta rispondeva a una domanda sulle strategie da lui adottate per proporre la letteratura agli studenti dicendo per prima cosa di aver voluto «scrivere in maniera chiara, diretta, non arzigogolata», e soprattutto di aver evitato quel particolare stile, lo «scuolese», in cui «non si dice che “Gadda scrive spesso in maniera complicata” ma che “i fattori di difficoltà posti dalla scrittura di Gadda sono numerosi”».[1]

L’esempio non era scelto a caso: se c’è un autore emblematico per difficoltà, addirittura «illeggibile»,[2] quell’autore è proprio Gadda. È il motivo per cui pensare di proporre Gadda a scuola ha l’aria della sfida: oltre a vincere l’angoscia di essere abbastanza «avanti col programma»[3] da potersi permettere scelte non dettate soltanto dai famigerati «vincoli temporali imposti dall’orario scolastico»,[4] serve la volontà – perché no, il coraggio – di misurarsi con un autore dalla scrittura «difficile, oscura»,[5] alla cui faticosa accessibilità sembra ora concorrere un «eccesso filologico» che ne ostacolerebbe persino l’insegnamento universitario.[6]

La proposta descritta qui ha l’obiettivo di presentare alcune soluzioni per chi voglia portare Gadda in classe, avvantaggiandosi dello straordinario punto di partenza offerto dallo spettacolo L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro di Fabrizio Gifuni con la regia di Giuseppe Bertolucci.[7] Come si vedrà, il lavoro di Gifuni consente non solo di affrontare alcuni testi di Gadda rendendoli più facilmente accessibili a un pubblico di non specialisti – pur senza per questo rinunciare a una lettura accurata dell’opera di Gadda, che non esclude il confronto diretto con varie questioni studiate dalla critica gaddiana – ma permette anche di soffermarsi su importanti concetti teorico-metodologici per lo studio della letteratura (uno su tutti, quello di “adattamento”)[8] e di indicare possibili percorsi interdisciplinari con i programmi di storia e di filosofia.

È proprio il lavoro di selezione e di adattamento condotto da Gifuni, anzi, a legittimare l’utilizzo per l’opera di Gadda di un’espressione come quella di “filosofia della storia” che si è voluta includere nel titolo: un’espressione per niente scontata, se si ripensa al celebre giudizio di Contini secondo cui la cultura di Gadda sarebbe sì «nobilmente liceale»[9] ma appunto non più che liceale, cioè certamente non quella di uno specialista. Per quanto riguarda gli interessi filosofici di Gadda,[10] anche chi ha provato a rivedere il giudizio di Contini esaminando gli studi compiuti nel quinquennio 1924-1929 col progetto poi non realizzato di una laurea in filosofia non ha davvero valorizzato il rapporto di Gadda con la disciplina:[11] le riflessioni di Gadda sarebbero talora «non prive di una loro genialità», e però di una genialità «forse preterintenzionale», quasi inconsapevole, tale comunque da far dire che in lui «il letterato (e l’ingegnere) prevale sempre sullo studente di filosofia».[12] Alla filosofia, insomma, parrebbe di dover ricorrere per spiegare magari l’«anomalia culturale» della formazione di Gadda, non per trovare nelle sue pagine spunti di vera originalità.

Il lavoro di Gifuni punta a rivedere radicalmente quest’ultima posizione. L’opera di Gadda è considerata nella sua dimensione di atto di conoscenza, meglio di «atto sacrale di conoscenza», secondo la definizione che lo stesso Gifuni dà nel titolo del breve testo di presentazione del progetto di cui L’ingegner Gadda va alla guerra fa parte, un progetto che comprende anche un precedente spettacolo su Pasolini sempre con la regia di Giuseppe Bertolucci (‘Na specie de cadavere lunghissimo del 2004) e che nell’insieme si chiama Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione:

 

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Più avanti si tornerà con esempi specifici da proporre in classe sul riferimento all’attualità e insieme alla volontà – esplicita e rivendicata – di “usare” i testi e non soltanto di interpretarli,[13] di servirsene cioè per capire il presente e per potervi agire con consapevolezza civile e politica. Prima può essere utile leggere con gli studenti un altro passo della breve introduzione di Gifuni, un brano in cui è manifesta la valorizzazione del carattere di analisi lucida, razionale (si parla della «forza del ragionamento», si usa il verbo «analizzare», si sottolinea la «precisione chirurgica» dell’osservazione) che viene riconosciuta ai discorsi di Gadda e di Pasolini:

 

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Gifuni inserisce Gadda in questo progetto di «antibiografia della nazione» individuando un rapporto di causa-effetto tra la «ferita originaria»[14] provocata dalla partecipazione di Gadda alla guerra mondiale e lo scatto analitico (e linguistico) di Eros e Priapo letto “seriamente” come «un autentico saggio di psicoanalisi sui legami erotici che uniscono il Potere alla masse e, allo stesso tempo, un vertiginoso viaggio all’interno dell’ineguagliata lingua del genio gaddiano».[15] È una lettura di Eros e Priapo come atto di conoscenza vicina a quella offerta da una parte della critica gaddiana,[16] ma in forte contrasto con quella di chi invece considera marginale Eros e Priapo rispetto alle stessa opera di Gadda.[17] Giuseppe Stellardi, in particolare, vede da un lato nella Meditazione milanese e dall’altro in Eros e Priapo due estremi opposti nel sistema-Gadda, rispettivamente «l’estremo filosofico (logico, razionale) e l’estremo umorale (illogico, irrazionale)»;[18] entrambi i testi sarebbero periferici nell’opera di Gadda perché troppo omogenei, la Meditazione nel «tentativo razionalistico» ed Eros e Priapo nello «sfogo bilioso».[19]

In questo sfogo, al contrario, Gifuni legge una «folle scommessa»[20] esito del trauma vissuto negli anni della guerra, una scommessa da interpretare come una strategia consapevole spiegata in una didascalia che si legge alla fine della terza parte delle cinque parti di cui si compone il testo – si tornerà tra poco sulla struttura, sia pure sinteticamente – al termine della sezione basata sul Giornale di guerra e di prigionia e prima di quella ricavata da Eros e Priapo. È un momento in cui gli spettatori vedono cambiare diverse cose su una scena comunque essenziale: la luce (che per qualche minuto è blu), l’abito, la voce, il modo di recitare, i movimenti. Il brano segue al silenzio in cui terminano i diari e introduce lo scarto della nuova sezione:

 

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L’ingegner Gadda va alla guerra si basa principalmente sul Giornale di guerra e di prigionia e su Eros e Priapo, tenuti insieme da un filone amletico – «a unire i due testi ci pensa Amleto»[21] –  che attraverso qualche citazione diretta dall’opera di Shakespeare, comunque poche rispetto al materiale gaddiano, richiama sulla scena l’universo emotivo e psichico della Cognizione del dolore (di cui nel testo è presente un solo piccolo frammento) e dà vita al personaggio di Amleto Pirobutirro, una identificazione a cui contribuisce anche la recensione scritta da Gadda per l’Amleto di Vittorio Gassmann e Luigi Squarzina messo in scena al Teatro Valle nel 1952 e della quale viene usata meta-teatralmente un’unica frase (quella contro l’idea che Amleto sia un eroe del dubbio: «In lui non si contorce il dubbio, chi mai ha inventato questa scemenza?»).[22] Sul palco l’attore ha con sé soltanto una sedia che trascina in scena al momento di iniziare lo spettacolo e che trascina di nuovo fuori alla fine; per il resto lo spazio è diviso da un effetto di luce che ritaglia una sorta di rettangolo al cui interno le parole sono sempre quelle di Gadda e all’esterno del quale – in una luce bluastra e più fredda – si “salta” di tanto in tanto per brevi momenti nello spazio amletico. Come già anticipato, i blocchi tematici in cui è organizzato il nuovo testo sono in tutto cinque:

 

1) Incipit, ricavato interamente da Amleto;

2) I diari, racconto della prima fase delle esperienze di guerra, a partire dalla nomina a sottotenente e dall’incarico presso il magazzino di Edolo;

3) La cattura e il ritorno, con la sconfitta di Caporetto, la prigionia e successivamente il ritorno a casa con la scoperta della morte del fratello;

 4) Eros e Priapo: da furore a cenere, una sezione recitata con grande impegno fisico, quella dove più intensamente la parola di Gadda si fa corpo attraverso i gesti del «buffone» che mette a nudo la natura del legame tra l’«aspirante tiranno o tyrannos» e il «pòppolo»;[23]

5) Il Finale, ancora preso da Eros e Priapo ma recitato come una lezione per il pubblico in sala, con la rottura della finzione scenica e la massima valorizzazione del discorso gaddiano in quanto lettura psicoanalitica del legame tra la figura del potere e le masse.

 

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Una volta proposta la visione dello spettacolo in classe (auspicabilmente nella sua interezza, ma se ne possono proporre brevi puntate sfruttando proprio la scansione in cinque blocchi), è possibile mostrare come ha lavorato Gifuni tralasciando l’operazione più vasta – quella di riduzione e selezione di un materiale che a stampa supera le seicento pagine in un testo di poche migliaia di parole recitato in meno di un’ora e mezza – e concentrandsi invece sugli interventi all’interno dei singoli brani selezionati, per così dire a livello di “microtesto”. Si tratta cioè di vedere che cosa Gifuni abbia scelto di eliminare di volta in volta nei singoli brani trascelti dal testo di partenza per ottenere un nuovo testo – che, bisogna ricordarlo, non prevede l’introduzione di parole originali, e che quindi con l’eccezione dei pochi inserti da Amleto è tutto fatto di parole di Gadda –, un testo di arrivo in grado di adattarsi all’Italia del 2010, quella, per intendersi, dell’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi (2008-2011).

Di seguito si propone una sintetica rassegna dei vari tipi di intervento di Gifuni, ciascuno accompagnato da una possibile spiegazione dell’effetto che un determinato taglio produce sull’interpretazione del testo di Gadda. Infine, si concluderà il discorso con qualche osservazione più generale sulla lettura di Gadda offerta da L’ingegner Gadda va alla guerra e con l’indicazione di qualche spunto interdisciplinare da approfondire insieme agli studenti.

1) Dal Giornale di guerra e di prigionia viene tolto ogni riferimento ai soldi inviati alla mamma a casa o a questioni di soldi che riguardino il fratello Enrico:

 

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2) Nel brano che segue, invece, cade l’accenno a un momento di svago con i compagni, un genere di intervento che spiega anche la scomparsa dal nuovo testo di una figura come quella di Stefano Castelli, compagno con cui nel Giornale Carlo Emilio sembra imbastire un rapporto di amicizia (restano altrove i nomi di alcuni altri commilitoni, ma sono figure tutte caratterizzate in senso negativo):

 

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I rapporti di Carlo Emilio sono così rivisti in modo da ridurre o eliminare l’ambiguità: dai contatti coi compagni scompaiono gli elementi che potrebbero lasciare intravedere qualcosa di positivo; per quanto riguarda gli affetti familiari – la mamma, il fratello –, le relazioni vengono depurate di ciò che potrebbe comprometterne il carattere per così dire puro, immune da questioni materiali come quella dei soldi.

3) Un altro tipo di intervento da mettere in luce riguarda la più netta distinzione che viene prodotta tra l’ambito della guerra e l’ambito della famiglia – tra il piano pubblico, si può dire, e quello privato. Nel brano che segue, per esempio, viene rimossa una frase su una voglia di riscatto impossibile da conseguire, uno slancio che in Carlo Emilio si manifesta nel corso di una rievocazione dell’ambiente familiare:

 

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La separazione di due ambiti originariamente mescolati come quello della famiglia e quello della guerra rende più chiara la distinzione tra “privato” e “pubblico” che a sua volta getta le basi per una lettura più nitidamente politica di Eros e Priapo: lì, infatti, la confusione tra i due livelli di pubblico e privato è un tratto che qualifica – e qualifica patologicamente – il tiranno. Prima di tornare su questo punto, centrale per la “filosofia della storia” e per l’indicazione di qualche possibile percorso interdisciplinare con cui sviluppare l’attività, si possono mostrare almeno due ulteriori tipi di intervento sul testo.

4) Alcuni di questi riguardano ciò che secondo la teoria degli adattamenti di Linda Hutcheon si può chiamare «indigenizzazione» del testo, indigenizzazione che in questo caso si riferisce al problema di adattare il testo non a un luogo ma a un tempo diverso da quello in cui l’opera è stato originariamente concepita. Per favorire l’adattabilità del discorso di Gadda a un’Italia il cui «tyrannos» non è più Benito Mussolini, Gifuni provvede a espungere dal testo ciò che porterebbe a un’identificazione troppo puntuale con una particolare figura ostacolando quindi la trasferibilità del testo a un contesto diverso:

 

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5) Vengono tralasciati poi alcuni riferimenti alla possibilità che il «folle narcissico» sia una «folle», cioè che la figura del potere sia femminile (è da credere che, in un quadro politico mutato, la scelta avrebbe potuto o potrebbe essere rimessa in discussione):

 

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6) Altri interventi ancora riguardano il rapporto col pubblico, che Gifuni si preoccupa di rendere meno aggressivo rispetto a quello che in Eros e Priapo Gadda ha col suo lettore:

 

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Il dettaglio della virgola sarebbe fuori luogo in un testo divenuto orale – né la citazione di Orazio (Odi III 6), pronunciata senza traduzione, sarebbe efficace allo stesso modo una volta portata in scena –, ma la caduta della frase «per poco che quattro scalmanati acconsentano» è da spiegare soprattutto con la volontà di scongiurare un possibile riferimento al consenso del pubblico, un pubblico che viene così mantenuto al riparo da ogni compromissione col «tyrannos». 

 

Per la conclusione dell’attività ci si può ulteriormente soffermare sulla parte finale del brano citato, un passo che già in Gadda, ma soprattutto per come il testo di Gadda è stato smontato e ricostruito da Gifuni, porta a pensare per analogia e insieme per contrasto alla famosa lettera del 13 ottobre 1806 in cui Hegel da Jena scrisse a Niethammer parlando di Napoleone come «anima del mondo»: «ho visto l’Imperatore, quest’anima del mondo (diese Weltseele), uscire dalla città per andare in ricognizione. È una sensazione meravigliosa vedere un tale individuo che qui, concentrato in un solo punto, seduto su un cavallo, si irradia sul mondo e lo domina».[24] Ma in classe sarà utile leggere i brani dei Lineamenti della filosofia del diritto e delle Lezioni sulla filosofia della storia in cui Hegel tratta degli «individui storico-mondiali» (die welthistorische Individuen, secondo altre traduzioni «individui cosmo-storici», «individui cosmico-storici»), individui che sono lo strumento di cui l’«astuzia della ragione» (List der Vernunft) si serve per portare avanti una volontà che è la volontà dello spirito del mondo. Quel fine apparentemente personale che questi individui perseguono è in realtà un fine che li trascende e che infatti, una volta realizzato per mezzo della loro azione, li porta a cadere come «baccelli svuotati del seme»:[25]

 

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Ora, i termini in gioco sono gli stessi della pagina gaddiana su cui lo spettacolo di Gifuni si avvia alla conclusione, ma la relazione tra questi termini cambia decisamente. Per Gadda, la «palla del mondo» rotola da sé e così fa la storia: certo, come si dice in un altro passo di Eros e Priapo utilizzato per il finale dello spettacolo, la storia «conosce le sue paludi, le more de’ sua processi, i ritorni, i riboboli inani, le stanche pause»,[26] eppure non è portata avanti da una figura di individuo eccezionale, fuori misura, “eroico”. La storia procede per «quanti d’energia», e le «gore del divenire»,[27] dice Gadda, sono i momenti in cui queste figure tornano in scena come «non-soluzione» e non come «soluzione»; sintomo di un ristagno, non strumento della storia per lasciare la momentanea palude.

La lettura comparata dei brani di Gadda (mediati dalla scelta di Gifuni) e di Hegel porta a pensare che nelle pagine di Eros e Priapo ci sia una ripresa polemica della filosofia della storia hegeliana, una ripresa in cui la posizione del (presunto) individuo storico-mondiale è invertita. È un aspetto che si può discutere in classe, magari – proprio sfruttando l’impressione di due posizioni antitetiche – a partire dalla domanda su quale tra le due “filosofie della storia” sembri più condivisibile o convincente. Ma questo è soltanto uno dei nodi che è possibile affrontare:[28] resta aperta, per esempio, la più ampia questione, rilevante anche per il programma di storia, del rapporto degli intellettuali col potere, in particolare durante il fascismo. Si può scegliere qui se allargare lo sguardo ad altri autori del Novecento o se proporre un approfondimento sul caso di Gadda, la cui posizione rispetto al fascismo fu in realtà più ambigua di quello che potrebbe apparire vedendo il solo spettacolo L’ingegner Gadda va alla guerra. Al di là di qualche lettura supplementare,[29] un metodo per studiare queste ambiguità consiste proprio nel lavorare sulle selezioni e sui tagli effettuati da Gifuni e illustrati qui: può darsi che il prezzo da pagare per adattare Gadda al contesto di arrivo – l’Italia del 2010, ma diciamo pure l’Italia di oggi – sia la riduzione di un’ambiguità del testo di partenza che comunque, una volta riscoperta, non pregiudica la sua forza straordinaria, in una parola la sua “attualità”.

 

 


[1] C. Giunta, Letteratura a scuola eccetera (intervista di Gloria Ghioni).

[2] R. Rinaldi, Gadda illeggibile, in Antinomie gaddiane, a cura di R. Donnarumma, «The Edinburgh Journal of Gadda Studies», Supplement 1, n. 3, 2003, ma nello stesso numero cfr. anche  il diverso punto di vista di C. Savettieri, Gadda leggibile.

[3] Su questa angoscia, particolarmente dannosa nel momento di maggiore emergenza dovuta alla pandemia di Covid-19 ma generalmente nociva per l’insegnamento della letteratura, cfr. C. Giunta, Lettera del Ministro dell’Istruzione agli insegnanti delle superiori prima del lockdown, in «Il Sole 24 Ore – Domenica», 17 maggio 2020.

[4] G. Langella, Introduzione, in Il Novecento a scuola, a cura di G. Langella, Pisa, ETS, 2011, pp. 5-9: 6.

[5] C. Savettieri, Gadda leggibile.

[6] Lo diceva Marco Belpoliti in occasione un’intervista di Frediano Sessi (Perché studiare Primo Levi) pubblicata su «Doppiozero».

[7] Vincitore di vari premi, tra cui il Premio UBU 2010 come miglior spettacolo dell’anno e il Premio UBU 2010 a Fabrizio Gifuni come miglior attore, lo spettacolo è disponibile ora in F. Gifuni, G. Bertolucci, Gadda e Pasolini: antibiografia di una nazione, Roma, Minimum fax, 2012. Oltre al DVD, l’edizione contiene anche il testo dello spettacolo.

[8] L. Hutcheon, Teoria degli adattamenti. I percorsi delle storie fra letteratura, cinema e nuovi media, trad. it. di G. V. Distefano, Roma, Armando, 2011 [ed. or. A Theory of Adaptation, New York and London, Routledge, 2006].

[9] G. Contini, Quarant’anni d’amicizia. Scritti su Carlo Emilio Gadda (1934-1988), Torino, Einaudi, 1989, p. 83.

[10] Il rapporto di Gadda con la filosofia è stato studiato soprattutto a partire da G. Roscioni, La disarmonia prestabilita. Studio su Gadda, Torino, Einaudi, 1969.

[11] Si veda G. Lucchini, Gli studi filosofici di Carlo Emilio Gadda (1924-1929), in «The Edinburgh Journal of Gadda Studies».

[12] Ibid.

[13] R. Felski, Uses of Literature, Malden and Oxford, Blackwell, 2008.

[14] Si veda l’intervista che Gifuni ha rilasciato al «Corriere della Sera» il 10 novembre 2014.

[15] Gifuni, Gadda, Pasolini e il teatro, un atto sacrale di conoscenza, cit., p. 9.

[16] P. Hainsworth, Fascism and Anti-Fascism in Gadda, in M. Bertone, R. S. Dombroski (eds.), Carlo Emilio Gadda: Contemporary Perspectives, Toronto-Buffalo-London, The University of Toronto Press, 1997, pp. 221-241.

[17] Si vedano per esempio A. Pecoraro, Gadda, Roma-Bari, Laterza, 1998 e G. Stellardi, Gadda: miseria e grandezza della letteratura, Firenze, Cesati, 2006.

[18] Stellardi, Gadda: miseria e grandezza della letteratura, cit., p. 46.

[19] Ibid.

[20] Gifuni, Gadda, Pasolini e il teatro, un atto sacrale di conoscenza, cit., p. 10.

[21] Gifuni, Gadda, Pasolini e il teatro, un atto sacrale di conoscenza, cit., p. 9.

[22] L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro, cit., p. 45.

[23] Ivi, p, 57.

[24] G. W. F. Hegel, Epistolario, a cura di P. Manganaro, Napoli, Guida, 1983, vol. I, p. 119.

[25] G. W. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. di G. Bonacina e L. Schirollo, Roma-Bari, Laterza, 2003, p. 28.

[26] L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro, cit., p. 67.

[27] Ivi, p. 66.

[28] Per un percorso che tocchi la storia della filosofia, per esempio, può essere utile la lettura di G. Bedeschi, Miti e ideologie. Il pensiero politico italiano dall’età giolittiana al fascismo, Firenze, Le Lettere, 2022.

[29] Un buon punto di partenza è la lettura delle voci P. Hainsworth, Gadda fascista e G. Stellardi, Gadda antifascista nella già citata sezione Antinomie gaddiane della rivista «The Edinburgh Journal of Gadda Studies».

 

 

28 ottobre 2022