Memoria, celebrazione e sogni sospesi: riflessioni su "Juneteenth" di Ralph Ellison

Greta Luciani

Negli Stati Uniti, da quasi due secoli, la memoria della storia della comunità afroamericana si condensa nella data del 19 giugno, conosciuta come Juneteenth. Chiamata così perché è in questo giorno di metà giugno (June in inglese) che, nel 1865, la fine dello schiavismo legalizzato venne ufficializzata anche in Texas, ultimo baluardo del Sud conservatore. Proprio in Texas, a partire dall’anno seguente, gli ex schiavi diedero il via a una serie di festeggiamenti in onore della ricorrenza. 

Col tempo, poi, il mito di Juneteenth si è stabilito nell’immaginario dell’intera collettività afroamericana statunitense. Uno degli esempi più significativi di questa eredità è il romanzo Juneteenth di Ralph Waldo Ellison. Prendendo simbolicamente il nome della festività, affronta la questione della tormentata esperienza razziale che giace alla base dell’identità statunitense

 

1. La seconda indipendenza americana

2. Ralph Ellison

3. Juneteenth: storia di un progetto travagliato

4. Juneteenth: un romanzo americana

5. Juneteenth: violenza, memoria, sogno 

6. Fonti

 

1. La seconda indipendenza americana

Juneteenth è simbolo dell’indipendenza e del riscatto di una comunità privata della dignità e tagliata fuori da quella promessa al diritto alla felicità e all’autodeterminazione su cui gli Stati Uniti erano stati fondati. Una ricorrenza che potremmo definire un 4 luglio degli schiavi, citando inversamente Frederick Douglass. 

L’eredità di Juneteenth si è edificata sul contrasto fra due opposti sentimenti: da una parte, l’esplosione di gioia e celebrazione vitale di chi vedeva nella fine della sofferenza il preludio a una nuova esistenza; dall’altra, l’oscurantismo di chi, soprattutto negli stati del Sud, ha continuato a minacciare la serenità e la vita dei neri americani anche dopo l’abolizione della schiavitù. 

Ogni anno, dal 1865, Juneteenth viene celebrata con balli, canti, preghiere, ma anche con discorsi pubblici, riunioni di famiglia e festival di quartiere. Tuttavia, è diventata una festa federale solo nel 2021, sulla scia dell’impatto del movimento Black Lives Matter. Ossia, solo da pochi anni viene considerata una ricorrenza ufficiale, festeggiata equamente su tutto il territorio nazionale. 

La storia di Juneteenth, allora, ci racconta, forse meglio di qualsiasi altro avvenimento storico, quel gioco di illusioni e ipocrisia che è la questione razziale negli Stati Uniti. Una problematica complessa, di lunga durata e di ampio raggio, piena di contraddizioni, segreti e bugie rassicuranti urlate a piena voce. 

 

2. Ralph Ellison

Romanziere, saggista, critico musicale: Ralph Waldo Ellison è uno dei nomi di spicco della letteratura afroamericana del secolo scorso. È conosciuto principalmente per Invisible Man, romanzo pubblicato nel 1952 e vincitore del National Book Award l’anno seguente.

Tema centrale nell’opera di Ellison è il ruolo essenziale svolto dalla cultura afroamericana nella definizione dell’identità statunitense. Un ruolo a lungo rigettato e negato dalla società americana, ma rivendicato da Ellison a più riprese nei suoi scritti. 

Nella visione di Ellison – ampiamente argomentata nei numerosi saggi critici da lui redatti – l’identità americana si basa su quella che lui definisce “cultural appropriation” (appropriazione culturale, ndr.): non un fattore negativo, ma una pratica di creazione identitaria, che ha portato a un’emancipazione dalle radici europee e contemporaneamente all’assorbimento dei diversi elementi etnici che entravano in contatto con quelle radici europee.

Fra questi, la cultura afroamericana è stata quella che più di tutte ha avuto un impatto nel plasmare l’idea di “americanità”. La cultura bianca se ne è nutrita, l’ha riadattata e si è appunto appropriata di numerosi suoi elementi. Quindi, a dispetto di qualsiasi discriminazione ideologica e politica, per Ellison le radici nere diventano un tratto peculiare dell’americanità, di cui l’eredità della cultura afroamericana è fonte primaria e distintiva.

Per ciò che concerne l’aspetto stilistico, Ellison è un autore conosciuto universalmente per il suo sperimentalismo letterario. La sua è una prosa formalmente classica, ma che in alcuni frangenti si abbandona a uno stream of consciousness caratterizzato dal forte richiamo ai temi e agli elementi stilistici del jazz. Fra tutti, spicca la tecnica dell’improvvisazione, vera e propria cifra stilistica della sua penna. 

 

3. Juneteenth: storia di un progetto travagliato

La storia editoriale di Juneteenth (1999) è lunga, complessa, piena di colpi di scena. La gestazione del romanzo prende vie lunghe e tortuose, analoghe a quelle del percorso di emancipazione della comunità afroamericana.

Dopo aver vinto il National Book Award per Invisible Man nel 1953, per Ralph Ellison sembrano spalancarsi le porte del successo. Arriva non solo l’acclamazione pubblica, ma, con essa, anche la stabilità economica. In particolare, una borsa di studio lo porta a soggiornare per svariati mesi a Roma.

Nel biennio che va dal settembre 1955 al settembre 1957, infatti, Ellison diventa fellow presso l’American Academy della capitale italiana. Prende, allora, temporanea residenza sul colle del Gianicolo, con la moglie Fanny e le due figlie, con l’intenzione manifesta di lavorare a tempo pieno alla stesura del suo prossimo romanzo. Quello che, poi, sarebbe dovuto essere Juneteenth

Tuttavia, la Dolce Vita non sembra addirsi ai suoi gusti. Nelle lettere che scrive ai suoi amici, in particolare ad Albert Murray, rivela come secondo lui Roma sia una città ormai ancorata alla sua storia passata, il cui fascino non si è esteso alla contemporaneità. L’idiosincrasia rappresentata dal contrasto fra la decadenza dell’esilio – così lo definisce – e la vitalità che lui associa, invece, agli Stati Uniti, genera in lui un rinnovato interesse verso l’indagine della sua cultura di origine.

La tappa italiana si rivela, quindi, occasione per una ispirata esplorazione letteraria delle tematiche delle sue radici nere e americane – da citare insieme, sempre, in quanto identità secondo lui indissolubilmente legate. Tuttavia, è solo l’inizio di un travaglio che non porterà alla produzione di un’opera compiuta. 

Tornato in America, segue un decennio di lavoro sul manoscritto, alternato alla sua prolifica attività di saggista (è di quegli anni la raccolta Shadow and Act, precisamente del 1964). Dopo ulteriori sforzi, nel 1965, a dodici anni da Invisible Man, pubblica un racconto intitolato “Juneteenth”. Sembra essere il preludio alla successiva diffusione dell’opera completa, ma un nuovo colpo di scena è dietro l’angolo: nel 1967, un incendio distrugge parte della sua casa. Quasi tutto il manoscritto pare perduto

Nonostante Ellison si rimetta subito al lavoro per raccogliere dalla sua memoria i frammenti della storia e ricomporli, questo ulteriore impedimento finisce col trascinarlo ancora più a fondo nei suoi demoni letterari. Secondo il biografo Arnold Amperstard, Ellison avrebbe persino esagerato la portata della perdita dovuta all’incendio, forse in un tentativo di mascherare i dubbi e gli eccessi di zelo che lo divorano nell’assillante impegno di scrittura di Juneteenth

Lo sforzo creativo corrisponde, quindi, a un vortice di paranoia e perfezionismo. Un’ossessione che lo porterà a morire, nel 1994, senza aver mai pubblicato l’agognato e sofferto secondo romanzo. 

La moglie Fanny, allora, affida le quasi duemila pagine che rimangono a testimonianza del suo travaglio nelle mani dello studioso John Callahan, caro amico dello scrittore da lei nominato esecutore letterario. Alcuni estratti degli appunti lasciati da Ellison, revisionati, selezionati e ordinati da Callahan, verranno infine pubblicati nel 1999 sotto forma di un romanzo postumo con il nome, appunto, di Juneteenth. Successivamente, nel 2010, Callahan e Adam Bradley, critico letterario e accademico esperto dell’opera di Ellison, pubblicheranno la quasi interezza delle bozze lasciate dallo scrittore afroamericano con il titolo di Three Days Before the Shooting…

 

4. Juneteenth: un romanzo americano

 

Non ci informarono dell’Emancipazione prima di metà giugno, per questo lo chiamarono Juneteenth. E allora è lì che accadde, la notte della festa di Juneteenth, proseguì la sua mente. La celebrazione di una grossolana illusione.” (Ellison, 1999/2022: 166).

 

La fede e la politica emergono dall’intricata trama della vicenda come elementi simbolici caratterizzanti. Protagonisti sono, infatti, un predicatore nero e un politico bianco: rispettivamente, il reverendo Alonzo Hickman e Bliss/il senatore Adam Sunraider. Sono due figure che appaiono quasi come archetipi dei poli opposti nella dialettica fra leadership nera e bianca. Ma, nel corso del romanzo, si rivelano personaggi complessi, sfaccettati e anti-canonici. Ben presto il lettore si ritrova a navigare tra i confusi e proteiformi flussi di coscienza interiori dei due protagonisti, fino a scoprire che il loro è un destino incrociato

Hickman è un uomo di contrasti: reverendo, quindi si presupporrebbe individuo di fede e timorato di Dio. In realtà, ha alle spalle un passato da vagabondo musicista jazz, cioè quella che a lungo negli Stati Uniti è stata considerata “la musica del diavolo”. In quanto tale, è frequentatore di posti poco raccomandabili, bad boy per eccellenza e, addirittura, giocatore d’azzardo.

Bliss è suo figlio adottivo. Precisamente, è il figlio del fratello di Hickman, linciato per via di un’ingiusta accusa da parte di una donna bianca, che si scoprirà poi essere la madre di Bliss. Presentatasi partoriente alla porta di Hickman, la donna verrà aiutata da lui a far venire alla luce un bambino, che Hickman chiamerà Bliss (“felicità”, “estasi”, ndt.). Un nome che potrebbe avere il sapore di un nuovo inizio, caratterizzato da speranza e, appunto, felicità. Ma Hickman, piuttosto, ha in mente il vecchio adagio “ignorance is bliss”: la beata ignoranza. 

Bliss cresce guidato dagli insegnamenti del padre adottivo, il quale lo fa diventare un predicatore bambino per la chiesa afroamericana. In una sorta di paradossale gioco di specchi, il giovane da bianco diventa nero, attraverso l’appropriazione di elementi culturali tipici della religione e della performance afroamericana. Tuttavia, questa sintesi identitaria non è la celebrazione di un mito di fratellanza, in cui le barriere razziali sono talmente disgregate da poter essere attraversate con grande facilità. Si rivela, piuttosto, un’illusione

In occasione delle celebrazioni per Juneteenth, durante un sermone, una donna bianca dichiara che Bliss è suo figlio, strappatole dalle mani quando era ancora in fasce. Si tratta, ovviamente, di una menzogna: la donna viene scacciata e il tentativo di rapimento fallisce. Tuttavia, questo episodio fa nascere nel giovane l’idea fissa di ritrovare la sua madre bianca. Bliss abbandona quindi la sua identità afroamericana, la religione e Hickman

Inizialmente, cerca nel mondo del cinema un possibile terreno fertile dove affondare le sue radici bianche. Infine, sconfitto e disilluso, si reinventa come senatore Adam Sunraider. È in questa veste che lo incontriamo all’inizio del romanzo: un politico carismatico e dalla lingua tagliente, che ha preso la lezione retorica del suo passato nero e l’ha trasformata in abilità dialettica, capace di aprirgli le porte dell’ascesa politica. La sua propaganda è caratterizzata da violenza verbale e da un lucido e spietato razzismo, un atteggiamento che lo porterà a prendersi un proiettile in corpo durante un discorso pubblico. 

Tra il pubblico, è presente anche Alonzo Hickman, che aveva tentato invano di essere ricevuto da lui per avvertirlo del pericolo. Tuttavia, l’incendiario senatore, una volta trasportato in ospedale, chiede che proprio Hickman venga portato al suo capezzale. Inizia così la conversazione fra un uomo morente e suo padre. Il dialogo si snoda fra le loro memorie, ricostruendo una ingarbugliata linea temporale che rimane senza risoluzione. Il finale è aperto, come si addice a un manoscritto più e più volte rimaneggiato alla ricerca di una irraggiungibile perfezione. Non sappiamo, quindi, se Sunraider sopravviverà, né se l’inaspettata riconciliazione con Hickman porterà a un pentimento, o a un’autentica riconciliazione

Il legame vivo e profondo che unisce i due personaggi, prima intimo e poi segnato dalla distanza è il fil rouge attorno a cui riannodare le diverse diramazioni di una trama sfuggente e zeppa di cambi di direzione, tipici dello stile jazzistico dell’autore. Il racconto si costruisce su una serie di flashback che illustrano man mano impressioni ed episodi della vita di Hickman e Bliss. Il lettore si trova così incastrato in un labirintico sforzo di ricostruzione della loro storia condivisa.

Ellison utilizza Hickman e Bliss per raccontare non solo la loro peculiare vicenda, ma la storia di un’intera nazione. Una storia frammentata di indipendenza e codipendenza, in cui i confini razziali e razzializzati sono al contempo drasticamente rigidi e confusamente sfumati

Appare evidente, allora, il dilemma etico nascosto dietro questa parabola: Ellison ci invita a una riflessione sulla possibilità di un’America capace di riconciliare tutte le proprie anime, che metta alle spalle un passato caratterizzato dalla fusione delle questioni di classe e di razza, per riuscire a realizzare quel sogno di fratellanza e uguaglianza tanto proclamato, ma mai raggiunto.  

 

5. Juneteenth: violenza, memoria, sogno

Attraverso la storia di Alonzo Hickman e Adam Sunraider, il romanzo si focalizza sulle relazioni interetniche che stanno a fondamento dell’identità statunitense. Come spesso accade nella sua opera, Ellison gioca con gli stereotipi: li ribalta, li ricalca, li smentisce, fino a operare una risemantizzazione che porta alla luce il vero nascosto fra le pieghe della narrazione.   

L’episodio del tentato omicidio del senatore Sunraider e il successivo servono da cornice narrativa per tematizzare la questione richiamata dal titolo del romanzo. Il rapporto fra violenza e memoria è, infatti, il presupposto dal quale vengono illustrate le coordinate spazio-temporali di una lotta che dura nel tempo e attraversa generazioni. A questo scopo, il testo pullula di allusioni bibliche – richiamo al rapporto dialettico fra l’idea di sofferenza e quella di rinascita e cambiamento. Il risultato è un racconto fortemente frammentato, onirico, evocativo.

Una delle primissime scene del romanzo ritrae un gruppo di donne e uomini afroamericani mentre contemplano la statua di Abraham Lincoln, il grande emancipatore, a Washington, D.C. Nella mente del lettore viene così evocata in maniera inequivocabile l’idea di libertà incarnata dalle celebrazioni di Juneteenth. Ma non solo. Anche se la data in cui si svolgono i fatti non viene esplicitata, il simbolismo della scena richiama anche le lotte del Movimento per i diritti civili: proprio a Washington, nel 1963, Martin Luther King Jr. pronunciò il celebre discorso “I Have a Dream”. 

Il sogno della lotta per i diritti civili, per l’affermazione della dignità e della validità degli afroamericani, diventa il sottotesto latente dell’intera vicenda. Un sogno che risponde a un passato di violenza, che nasce dal desiderio di edificare un futuro migliore e, insieme, di restituire voce a una memoria collettiva a lungo soppressa.

Juneteenth, come la festività da cui prende il nome, è un’opera densa di significato, che guarda al passato, alla memoria, per comprendere quali domande porre al presente. In entrambi i casi, abbiamo a che fare con un sogno rimasto in sospeso.

Proprio sul tema dei sogni si interrogò anche Langston Hughes, celebre figura del Rinascimento di Harlem

 

What happens to a dream deferred?

Does it dry up
like a raisin in the sun?
Or fester like a sore—
And then run?
Does it stink like rotten meat?
Or crust and sugar over—
like a syrupy sweet?

Maybe it just sags
like a heavy load.

Or does it explode?"

(Hughes, 1990: 268)

 

La poesia, intitolata “Harlem”, si chiede cosa succede ai sogni quando vengono rimandati. Si prosciugano? Marciscono? Si sgonfiano? Oppure, esplodono? 

Curiosamente, all’inizio del romanzo Juneteenth di Ralph Ellison c’è proprio un’esplosione: quella di un colpo di pistola. Eppure, come la poesia di Hughes, Juneteenth non offre una risposta definitiva sulle conseguenze di quell’esplosione. Ciò che Ellison sembra suggerire è che, per il sogno sospeso dell’emancipazione afroamericana, il verdetto sia ancora da scrivere

 

6. Fonti

Devlin, Paul. Why Did Ralph Ellison Never Publish His Second Novel? A new theory., su Slate, 2013 (data ultima consultazione: 04/05/2025).

Douglass, Frederick.What, To The Slave, Is The Fourth Of July, su Black Past (data ultima consultazione: 04/05/2025).

Ellison, Ralph W. (2021) Juneteenth. New York, Modern Library, 2021.

—. Juneteenth. Roma, Fandango Libri, 2022.

—. The Collected Essays of Ralph Ellison, New York, Modern Library, 2003.

Ellison, Ralph e Murray, Albert. Trading Twelves: The Selected Letters of Ralph Ellison and Albert Murray, a cura di Albert Murray e John F. Callahan, New York, Vintage, 2010.

Hill, Lena. Sanctuary: When in Rome, do as Ralph Ellison did, su Miami Herald, 2022 (data ultima consultazione: 04/05/2025). 

Hughes, Langston. “Harlem”, The Selected Poems of Langston Hughes, New York, Vintage, 1990.

Saul, Scott. A Groove of History. On Ralph Ellison’s Juneteenth, su Boston Review, 1999 (data ultima consultazione: 04/05/2025). 

Juneetenth, su Britannica (data ultima consultazione: 04/05/2025).

Ralph Ellison’s Juneteenth, su Library of Congress Blogs, 2020 (data ultima consultazione: 04/05/2025).

 

Foto

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