East Coker: il linguaggio della purificazione

Andrea Vallone

East Coker è il secondo componimento dei Four Quartets. Eliot lo completa nel 1940, quando non ha ancora in mente di realizzare una serie di poemi, quindi lavora al testo come se fosse una poesia a se stante. Il testo indaga alcuni dei temi più cari all’autore, dall’inadeguatezza del linguaggio al viaggio dell’anima dell’uomo moderno verso la purificazioneDei quattro Quartetti, East Coker è quello dal tono più buio. La ragione di tale oscurità va ricercata in primis nel contesto storico in cui prende forma il testo.

 

1.     Un Quartetto Oscuro
2.     L’inadeguatezza del linguaggio e una conoscenza ingannevole  
3.     La notte dell’anima  
4.     Nei mari della poesia
5.     Conclusioni
6.     Bibliografia

 

1.    Un Quartetto oscuro

Dopo aver completato Burnt Norton (1936), Eliot volge la sua attenzione al teatro, a un attivismo di stampo cristiano e alla sua attività da editore presso la Faber and Faber. Il poeta, infatti, non aveva ancora in mente di realizzare quella serie di componimenti che sarebbero diventati i Four Quartets e aveva realizzato Burnt Norton come un testo indipendente. Con l’avvicinarsi della Seconda Guerra Mondiale comincia a diffondersi un rinnovato stato di profonda angoscia in Inghilterra e in Europa. 

Chamberlain illustra il Patto di Monaco, Andrea Vallone, Canadusa

Il patto di Monaco tra Chamberlain e Hitler, firmato nel settembre del 1938, non fa che peggiorare i presentimenti di una prossima catastrofe, percepiti anche da Eliot. Nel gennaio 1939, l’autore dichiara che le condizioni politiche internazionali non sono tali da permettere il proseguimento del lavoro sul Criterion, rivista letteraria di stampo europeista. 

East Coker, dunque, prende vita in un contesto di angoscia declino. Questo clima si riversa direttamente sul testo, che si apre con il tema della decadenza ideologica dell’aristocrazia inglese e del suo simbolo, quello del «estate» (tenuta). L’immagine della casa in rovina indica non soltanto un edificio in declino, ma un’intera tradizione inglese sull’orlo dell’estinzione, minacciata e distrutta dallo scorrere del tempo.

 

In my beginning is my end. In succession
Houses rise and fall, crumble, are extended,
Are removed, destroyed, restored, or in their place
Is an open field, or a factory, or a by-pass.
Old stone to new building, old timber to new fires,
Old fires to ashes, and ashes to the earth
Which is already flesh, fur and faeces,
Bone of man and beast, cornstalk and leaf.
Houses live and die: there is a time for building
And a time for living and for generation
And a time for the wind to break the loosened pane
And to shake the wainscot where the field-mouse trots
And to shake the tattered arras woven with a silent motto.

Nel mio principio è la mia fine. Una dopo l’altra
Case sorgono cadono crollano vengono
Ampliate vengono demolite distrutte restaurate o al loro posto
C’è un campo aperto o uno stabilimento o
Una via di circonvallazione. Vecchia pietra per costruzioni nuove vecchio legname Per nuovi fuochi, vecchi fuochi per cenere e cenere
Per terra che è carne e pelo escrementi, 
Ossa di uomo e di bestia stelo di grano e foglia.
Case vivono e muoiono: c’è un tempo per costruire
E un tempo per vivere e generare
E un tempo perché il vento infranga il vetro sconnesso e scuota il rivestimento di legno dove trotta il topo, e scuota
Il logoro arazzo ricamato con un motto silenzioso.
(Eliot, 1940: 185)

 

Eliot riflette sul ripetitivo ciclo di morte e nascita, apparentemente inutile, poiché nulla può resistere: tutto muta o viene distrutto. Il verso iniziale, «In my beginning is my end», che ribalta il famoso motto di Maria Stuarda, ha anche una valenza personale. East Coker è infatti il villaggio del Somerset dal quale Andrew Eliot parte per raggiungere le coste del New England nel 1669. Ora, tornato nel suo luogo d’origine nel 1937, Eliot chiude il cerchio. Allo stesso tempo, tale verso racchiude in sé il destino dell’uomo e di tutto ciò che vive, che non può far altro che morire («That which is only living / Can only die»). Un’ombra cala subito sul testo, con la consapevolezza, ripresa dall’Ecclesiaste (3, 1-9), che per ogni cosa vi è «tempo di nascere e tempo di morire». Da questa meditazione sul ciclo infinito della vita, il poeta ci porta oltre le case in rovina, in un campo aperto («open field»):

 

Now the light falls
Across the open field, leaving the deep lane
Shuttered with branches, dark in the afternoon,
Where you lean against a bank while a van passes,
And the deep lane insists on the direction
Into the village, in the electric heat
Hypnotised.

Ora la luce
Cade per il campo aperto, lasciando
La via incassata riparata dai rami, buia
Nel pomeriggio dove ci si appoggia contro una sponda
Mentre passa un carro e la via incassata
Insiste nella sua direzione fin dentro al villaggio nel caldo
Elettrico ipnotizzata.
(Eliot, 1940: 185)

 

Da qui, da un buio pomeriggio, siamo trasportati in una una mezzanotte d’estate. Cadiamo ipnotizzati in una vera e propria visione di un matrimonio e una danza passati:

 

On a summer midnight, you can hear the music
Of the weak pipe and the little drum
And see them dancing around the bonfire
The association of man and woman
In daunsinge, signifying matrimonie -
A dignified and commodiois sacrament.

In una mezzanotte estiva puoi ascoltare
La musica del piffero sottile e il tamburello
E vederli danzare intorno al fuoco
La società dell'uomo e della donna
Nel ballo figurante matrimonio

(Eliot, 1940: 185)

Iscrizione East Coker, Andrea Vallone, Canadausa

Il poeta invita noi lettori (tramite la ripetizione «you») in questa visione di una notte magica e primordiale, di riti e danze attorno al fuoco. Siamo improvvisamente catapultati in un’età arcaica, rappresentata anche dallo spelling. Dall’ambientazione notturna, rurale e quasi incantata sembra di essere in A Midsummer Night’s Dream, opera di Shakespeare in cui Eliot trova una straordinaria bellezza data dall’intreccio di vari piani del reale. Anche qui, ci troviamo trasportati su un diverso piano, in un tempo in cui non si è ancora consumata quella dissociazione di sensibilità («dissociation of sensibility») che tormenta l’uomo moderno, in un’era in cui la fede non ha bisogno di segni e non è intaccata dall’eccessiva razionalità. 

Il legame tra umanità e organicità della terra è ancora armonioso e indissolubile, insito nella rustica danza intorno al fuoco il cui ritmo è tutt’uno con quello delle stagioni. È una visione di un mondo primordiale, al quale l’uomo non ha più accesso a causa di quella frattura, postulata anche da Hegel, tra se stesso e il tutto. Per il filosofo idealista, così come per Lukács, tale scissione è alla base del romanzo, moderna epopea borghese ed espressione di questa spaccatura tra io e natura

Tale discorso, tuttavia, vale spesso anche per la poesia, specie romantica e modernista. La lirica moderna non può che esprimere il dramma di tale spaccatura e arrivare, nei suoi momenti più alti, a comunicare i lampi abbaglianti di quell’antica armonia irraggiungibile (o a raccontare la peregrinazione verso di essa). Anche la visione della notte d’estate di Eliot è fugace: l’alba indica il ritorno del giorno e dissipa la visione, lasciando poeta e lettore in uno stato di stordimento.  

 

2.   L’inadeguatezza del linguaggio e una conoscenza ingannevole

Il secondo movimento di East Coker ci permette di incontrare una tematica cara all’autore: linadeguatezza del linguaggio. La sezione si apre con una serie di versi brevi e dalla rima irregolare che articolano un conflitto tra le stagioni. Una disarmonia quasi apocalittica che porterà all’apparente distruzione del mondo, immerso in un fuoco distruttivo. A riportarci su un piano più terreno, rispetto a quello delle guerre tra costellazioni, è lo stesso poeta, il quale lamenta l’ardua impresa della lotta con le parole («intolerable wrestle / With words») e, allo stesso tempo, si prende quasi gioco della parte appena scritta:

 

That was a way of putting it – not very satisfactory:
A periphrastic study in a worn-out poetical fashion,
Leaving one still with the intolerable wrestle
With words and meanings. The poetry does not matter.
It was not (to start again) what one had expected.

Un modo di parlarne, poco soddisfacente:
Perifrastico studio in una voga poetica antiquata
Che ci lascia in balìa della guerra insostenibile
Con le parole e i significati. La poesia
Non ha importanza e (per ricominciare)
Ha deluso le attese.
(Eliot, 1940: 185)

 

Comunicare una visione poetica è un’impresa che implica una perenne e intollerabile lotta fisica con le parole e i loro significati ambigui, spesso imprecisi. La visione poetica può essere paragonata a una luce talmente intensa che acceca, impossibile da comunicare con semplici parole, e che rischia di lasciare, paradossalmente, nell’oscurità. Così, se Burnt Norton è illuminato spesso da lampi improvvisi di luce, East Coker resta dominato dal buio. Il poeta entra in una tenebra che ha ereditato dalle generazioni precedenti:

 

What was the value of the long looked forward to,
Long hoped for calm, the autumnal serenity
And the wisdom of age? Had they deceived us
Or deceived themselves, the quiet-voiced elders,
Bequeathing us merely a receipt for deceit?
The serenity only a deliberate hebetude,
The wisdom only the knowledge of dead secrets
Useless in the darkness into which they peered
Or from which they turned their eyes.

Era questo il valore di quanto si cercava,
La pace tanto sospirata, l'autunnale
Serenità, la saggezza che viene con il tempo?
Ci hanno ingannato forse quegli anziani
Dalla voce suadente, o si sono ingannati loro stessi,
E tutto quello che ci hanno lasciato
È un falso rendiconto? Volontaria
Ebetudine la serenità,
La saggezza soltanto conoscenza
Di segreti defunti di nessuna
Utilità nel buio in cui scrutavano
O da cui distoglievano lo sguardo.
(Eliot, 1940: 187)

Bombardamenti di Londra, Andrea Vallone, Canadausa

La conoscenza promossa dalla tradizione passata è messa in discussione. La saggezza a cui si ambiva arrivare si rivela vuota, ingannatrice e conduce solo all’apprendimento di «segreti defunti» (dead secrets) che non rischiarano l’oscurità in cui guarda l’uomo moderno, che scruta talmente tanto nell’abisso, da ritrovarsi immerso nel buio anche quando ne distoglie lo sguardo. 

Sembra di sentire in sottofondo il sussurro di Kurtz, personaggio di Heart of Darkness (1899) di Conrad, che riconosce l’orrore a cui lo ha condotto la sua sapienza occidentale: «The horror! The horror!». La conoscenza basata sull’esperienza (viene da dire, secondo il modello dell’empirismo) è molto limitata e ingannatrice poiché essa impone uno schema e lo fissa, uccidendo la novità insita in ogni momento della vita. A causa di tale esempio di sapienza, il poeta si trova perso in una selva oscura:

 

In the middle, not only in the middle of the way
But all the way, in a dark wood, in a bramble,
On the edge of a grimpen, where is no secure foothold,
and menaced by monsters, fancy lights,
Risking enchantment.

Nel mezzo, non soltanto nel mezzo del cammino,
Ma per tutto il cammino, per una selva oscura,
Nei rovi, sulla riva sdrucciolevole
D'un pantano, fra mostri minacciosi,
Luci spettrali, rischi d'incantesimo.
(Eliot, 1940: 188)

 

È sin troppo evidente il richiamo dei versi in apertura della Commedia di Dante, ma allo stesso tempo Eliot si trova «all the way» (non solo nel mezzo del cammino) nella selva oscura. La via per uscire da tale tenebra è quella indicata dalla vera saggezza, basata non sulla conoscenza, ma sull’umiltà:«Nostra unica speranza di saggezza / È la saggezza dell'umiltà, / Dell'umiltà che non conosce fine» (Eliot, 1940: 188). 

L’avanzare dell’età, storica e personale, non ha portato nessuna sapienza, nessuna maturazione, se non una falsa saggezza che ha allontanato ulteriormente l’uomo dal contatto con la dimensione naturale e divina – un rapporto recuperabile solo attraverso una pratica, quasi mistica, dell’umiltà. In chiusura di tale sequenza, troviamo due versi dall’intensità visionaria che presentano la fine di quel magico sogno arcaico in cui il poeta ci aveva condotto in precedenza e l’apatia del mondo moderno: «Tutte le case sono andate sotto il mare. I danzatori tutti sotto la collina.» (Eliot, 1940: 188).

 

3.   La notte dell’anima

Il terzo movimento di East Coker coincide forse con la parte più oscura del Quartetto. A partire dal primo verso, notiamo subito come l’immaginario della sezione sia immerso nel vuoto dello spazio stellare. Assistiamo quindi a un giudizio, alla visione profetica di un funerale silenzioso delle varie declinazioni dell’uomo moderno:

 

O dark dark dark. They all go into the dark,
The vacant interstellar spaces, the vacant into the vacant,
The captains, merchant bankers, eminent men of letters,
The generous patrons of art, the statesmen and the rulers,
Distinguished civil servants, chairmen of many committees,
Industrial lords and petty contractors, all go into the dark.

O buio buio buio. Tutti vanno nel buio,
Il vuoto fra le stelle, il vuoto dentro il vuoto,
Capitani, banchieri, illustri letterati,
Mecenati munifici, statisti e governanti,
Burocrati solerti, presidenti di molti comitati,
Magnati dell'industria e piccoli affaristi, nel buio tutti quanti.
(Eliot, 1940: 188)

Siamo di nuovo di fronte agli ignavi, ma in realtà questo destino di tenebra sembra comune a tutta l’umanità, come ricorda anche questa  sezione che assume quasi una funzione di memento mori: «E tutti noi con loro, nel muto funerale, / Le esequie di nessuno, perché nessuno c'è da seppellire.» (Eliot, 1940: 188). La sorte di tutti, autore incluso (come eminente uomo di lettere) è finire nell’ombra, un processo necessario per proseguire verso la rinascita

T.S. Eliot, Andrea Vallone, Canadausa

Entriamo a contatto col cuore del testo, con la tematica del rinnovamento spirituale che passa per un inabissamento ancora più profondo nell’oscurità. Una volta che ci si è inoltrati nel buio più fitto, si raggiunge quello stato di svuotamento e oblio necessario per purificare l’anima. Come Dante, che per risalire sino al regno dei cieli deve prima discendere nell’oscurità dell’Inferno, così l’animo del poeta deve perdersi nelle tenebre per venire finalmente salvato da Dio:

 

I said to my soul, be still, and let the dark come upon you
Which shall be the darkness of God. [...]
Or as, when an underground train, in the tube, stops too long between stations
And the conversation rises and slowly fades into silence
And you see behind every face the mental emptiness deepen
Leaving only the growing terror of nothing to think about […]
I said to my soul, be still, and wait without hope
For hope would be hope for the wrong thing; wait without love,
For love would be love of the wrong thing; there is yet faith
But the faith and the love and the hope are all in the waiting.
Wait without thought, for you are not ready for thought:
So the darkness shall be the light, and the stillness the dancing.
Whisper of running streams, and winter lighting.
The wild thyme unseen and the wild strawberry,
The laughter in the garden, echoed ecstasy
Not lost, but requiring, pointing to the agony
Of death and birth.

Ho detto alla mia anima: stai quieta e lascia che discenda su di te. […]
Il buio che sarà la tenebra di Dio.
Come quando, in metropolitana, un convoglio si arresta troppo a lungo
Fra due stazioni e si comincia a conversare, poi lentamente cala il silenzio
E al di là d'ogni volto si spalanca, l'abisso, si vede, del vuoto mentale:
Resta soltanto il terrore crescente di non avere nulla da pensare; [...]
Ho detto alla mia anima: stai quieta, resta in attesa ma senza sperare, Perché la speranza sarebbe speranza per la cosa sbagliata; attendi senza amare, perché l'amore sarebbe amore per la cosa sbagliata; rimane ancora fede ma la fede l'amore e la speranza sono soltanto nell'attesa.
Resta in attesa ma senza pensare perché non sei pronta per il pensiero:
Così diventerà luce la tenebra e l'immobilità sarà la danza.
Brusio fugace di ruscelli, e fulmine invernale. 
Il selvatico timo inosservato,
La fragola di bosco, risate nel giardino, eco d'un estasi
Non già perduta ma in ricerca, in direzione
Dell'agonia di nascita e di morte.

(Eliot, 1940: 188-189)

 

Ancora una volta un panorama urbano, in particolare quello della metro, che si trova spesso nell’immaginario di Eliot. Qui, esso è utilizzato per rappresentare uno stato di attesa, una fermata terribilmente lunga durante il procedimento della purificazione. Una sosta che svela volti nel terrore, impauriti di dover discendere in quel buio dal quale poter riemergere, come dalle acque dell’oceano più profondo, finalmente rinnovati

Tutti i Four Quartets, in questo senso, possono essere letti come l’attesa dell’anima di perdersi nell’ombra, di sprofondare nell’agonia, di purificarsi, nella speranza di rinascere. Un processo doloroso e tormentato, nonostante la fede del poeta.

East Coker, Andrea Vallone, Canadausa

Ci avviciniamo alla conclusione di East Coker osservando rapidamente la chiusura del terzo movimento, in cui Eliot riprende il filo dell’umiltà. Per arrivare all’unione con il divino, bisogna percorrere la via dell’ignoranza, dunque spogliarsi della propria conoscenza per accogliere il sovrumano.

Il quarto movimento di East Coker, composto di cinque stanze di cinque versi l’una che imitano la poesia metafisica di Donne e Crashaw, ribadisce il concetto di morte necessaria per poter giungere, tramite purificazione, a una rinascita. Così recitano la seconda e la quarta strofa:

 

Our only health is the disease
If we obey the dying nurse
Whose constant care is not to please
But to remind of our, and Adam’s curse,
And that, to be restored, our sickness must grow worse.
[…]
The chill ascends from feet to knees,
The fever sings in mental wires.
If to be warmed, then I must freeze
And quake in frigid purgatorial fires
Of which the flame is roses, and the smoke is briars.

Nostra sola salute è nella malattia,
Nell'obbedienza all'infermiera moribonda
Che indifferente al nostro gradimento
La condanna di Adamo, la nostra, ci rammenta
E che la guarigione segue l'aggravamento.
[...] 
Dai piedi alle ginocchia ascende il gelo,
La febbre canta nei circuiti cerebrali.
Per essere scaldato mi devo congelare,
Tremare dentro il freddo fuoco purgatoriale,
Fiamma fatta di rose, fumo fatto di spine.

(Eliot, 1940: 190)

 

Per rinascere e liberarsi finalmente dalla malattia, bisogna che le condizioni si aggravino: questo il destino al quale è costretto l’uomo; questa la maledizione di Adamo. Per poter arrivare alla fiamma purgatoriale (risuona qui il verso dantesco già citato in The Waste Land: «poi s’ascose al foco che li affina») è necessario prima cadere nella fredda oscurità. Da lì si verrà scossi dal fuoco e si giungerà, finalmente, alla visione della rosa del Paradiso. L’ultima stanza culmina con l'eucaristia, col good Friday che tramite la passione di Cristo ricorda la sofferenza che tuttavia si risolve con la salvezza.

 

4.   Nei mari della poesia

Nell’ultimo movimento di East Coker torna la tematica dell’inadeguatezza del linguaggio e della concezione della poesia. Ci troviamo di fronte a un immaginario fondato sull’esplorazione e sull’elemento del mare, che si impone in chiusura di sezione. 

Allo stesso tempo, si tratta di una sequenza dai toni privati (specie per un poeta che predica, almeno teoricamente, l’impersonalità) che richiama ancora Dante e che ripresenta, brevemente, anche il tempo nella sua dimensione storica della lunga durata:

 

So here I am, in the middle way, having had twenty years –
Twenty years largely wasted, the years of l’entre deux guerres
Trying to learn to use words, and every attempt
Is a wholly new start, and a different kind of failure
Because one has only learnt to get the better of words
For the thing one no longer has to say, or the way in which
One is no longer disposed to say it.

Io sono qui, nel mezzo del cammino,
È passato un ventennio ― ampiamente sprecato,
Gli anni entre deux guerres― tentando d'imparare
A usare le parole e ogni prova è un inizio
Del tutto nuovo e un altro modo di fallire
Perché s'impara solo a dire bene
Quello che non si vuole dire più
O in un modo che non importa più.

(Eliot, 1940: 191)

 

Le parole restano imprecise e il poeta ha sprecato venti lunghi anni nella ricerca di immagini adatte a comunicare la sua visione poetica. Tuttavia giunge a una conclusione: l’obiettivo lirico non si ottiene necessariamente arrivando alla meta, ma anche “semplicemente” tentando l’impresa tramite ripetute ripartenze. È nella vaghezza delle acque da navigare che si nasconde il fascino dell’esplorazione. Dunque, ogni tentativo di scrittura, di oltrepassare le “frontiere dello spirito”, è un nuovo inizio:

 

And so each venture
Is a new beginning, a raid on the inarticulate
With shabby equipment always deteriorating
In the general mess of imprecision of feeling,
Undisciplined squad of emotion. And what there is to conquer
By strength and submission, has already been discovered
Once or twice, or several times, by men whom one cannot hope
To emulate – but there is no competition –
There is only the fight to recover what has been lost
And found and lost again: and now, under conditions
That seem unpropitious. But perhaps neither gain nor loss.
For use, there is only the trying. The rest, is no tour business.

E ogni impresa è una partenza nuova,
Incursione nell'inarticolato
Con mezzi obsoleti, sempre più malridotti,
In un disordine di sensazioni informi,
Squadre indisciplinate di emozioni.
Tutto quello che c'è da conquistare
Con la violenza e la sottomissione
È stato già scoperto
Una volta, due volte o molte volte,
Da gente ch'è impossibile emulare
─ Però non c'è competizione ─ la guerra è solo per recuperare
Quanto è stato perduto e poi riconquistato
E poi perduto e poi perduto ancora:
E in condizioni adesso del tutto sfavorevoli.
Per noi nessuna perdita o guadagno,
C'è solo il tentativo. Altro non ci riguarda.

(Eliot, 1940: 191)

Navigazione, Dante, Andrea Vallone, Canadausa

Il compito del poeta è quello di esplorare le regioni del non detto, ma la missione è sempre più complicata perché ormai resta poco da scoprire. Si affaccia qui il grande tema dell’angoscia dell’influenza: il colosso della tradizione costruito dai grandi autori del passato che hanno già navigato e fatto ritorno dalle loro esplorazioni con novità incredibili. Ecco, dunque, che al poeta moderno resta un raggio d’azione limitato: scoprire nuovamente ciò che è andato dimenticato oppure navigare semplicemente per il gusto di farlo, per inseguire il fascino dell’onda o il proprio dovere di profeta. Egli dovrà partire da casa, che però non è più uno spazio unico e definito, ma qualunque luogo dal quale ha inizio l’avventura, qualunque porto. L’unica speranza per il poeta ora invecchiato è quella di continuare a navigare, una spedizione dopo l’altra, per giungere al divino che attende nell’inarticolato.

5.   Conclusioni

Questa è la fine e lo scopo (end) della navigazione, che è già scritto nell’inizio della spedizione: navigare verso la purificazione dell’anima a costo di far naufragio, o proprio tramite esso. Il poeta assume il ruolo di un nuovo Ulisse dantesco, che esorta i vecchi marinai a lasciare le loro case e a riprendere il mare. Tuttavia, il suo destino non corrisponde a quello del suo predecessore: non è la morte per acqua. 

Il viaggio è ora guidato dalla fede ritrovata dopo aver attraversato la terra desolata e, sebbene il processo di purificazione sia sempre doloroso, assume i tratti di un’odissea spirituale. All’orizzonte si apre, finalmente, l’oceano di The Dry Salvages (1941), con gli ultimi due versi che fanno da ponte per il Quartetto successivo.

 

Old men ought to be explorers
Here or there does not matter
We must be still and still moving
Into another intensity
For a further union, a deeper communion
Through the dark cold and the empty desolation,
The wave cry, the wind cry, the vast waters
Of the petrel and the porpoise. In my end is my beginning.

Compito degli anziani è di esplorare,
Non ha importanza se di qua o di là, nostro dovere
È avanzare e avanzare, in direzione
D'un'altra intensità, nella ricerca
D'una più stretta unione, di una comunione più profonda,
Per la tenebra fredda e il vuoto desolato.
Urlano l'onda e il vento, l'ampia marina della procellaria
E del delfino. Nella mia fine è il mio principio.

(Eliot, 1940: 192)

 

6. Bibliografia

Conrad, J., Heart of Darkness, New York, Norton Critical Edition, 2017.

Eliot, T.S., To Criticize the Critic and Other Writings: Eight Essays on Literature and Education, New York, Farrar, Straus and Giroux, 1965

The Poems of T. S. Eliot, Volume I, edited by Christopher Ricks and Jim McCue, London, Faber & Faber, 2015.

Kennedy, S., T. S. Eliot and the Dynamic Imagination, Cambridge, Cambridge University Press, 2018.

Kramer, R.P., Reediming Time: T.S. Eliot’s Four Quartets, Lanham, Cowley Publications, 2007.