Di pari passo con le attività di scavo e di studio della cultura materiale è stata avviata a partire dal 2018 l'analisi dei materiali osteologici, connessa ad attività laboratoriali di catalogazione, siglatura e restauro.
Non tutte le sepolture scavate conservavano al loro interno lo scheletro dell’inumato a causa di fenomeni diagenetici innescati dall’elevata acidità del terreno di giacitura, dall’azione delle radici che avevano trovato spazio per proliferare all’interno delle fosse di sepoltura ricavate direttamente nel banco roccioso e/o dai mezzi meccanici utilizzati nei decenni passati per finalità agricole e ancora a causa delle violazioni ad opera di scavatori abusivi.
Al 2016 sono stati analizzati i resti osteologici riferibili a 28 sepolture per un numero minimo di individui (NMI) pari a 50 inumati. I risultati preliminari ottenuti indicano la presenza di individui di sesso maschile maggiore rispetto a quelli di sesso femminile. La fascia di età più rappresentata è quella degli adulti (30-49 anni). Probabilmente, però, la bassa percentuale di infanti e bambini trovati, nonostante la presenza di numerose fosse di piccole dimensioni risultate nella maggior parte dei casi vuote, potrebbe essere il risultato della natura acida del terreno che può agire sulle ossa più fragili portandone talvolta anche alla completa distruzione.
Nel campione esaminato sono stati riscontrati diversi fenomeni cariosi e la diffusa perdita di denti in vita, in molti casi con riassorbimento e occlusione dell’alveolo. La perdita di denti può dipendere da vari fattori: degenerazione di carie, parodontopatie, estrazione volontaria.
Nel corso delle missioni archeologiche si è proceduto al campionamento degli inumati al fine di svolgere analisi sul DNA antico e sugli isotopi presso i laboratori dell'Università di Bologna.