Verso una nuova sensibilità eco-logica: Janice Kulyk Keefer e la denuncia di The Waste Zone

Gemma Granetto

Nel 2015, durante il suo appuntamento annuale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato un insieme di provvedimenti che dovrebbero vedere la luce entro il 2030. La nuova agenda si compone di diciassette obiettivi detti Sustainable Development Goals (obiettivi per lo sviluppo sostenibile, SGDs) che richiedono uno sforzo e un impegno di portata globale, chiamando alla cooperazione la pluralità e l’eterogeneità degli attori. Governi, istituzioni, imprese e anche i cittadini stessi sono invitati ad adoperarsi per rinnovare la comunità globale, in una direzione sempre più sostenibile. Tra i diciassette punti si trovano sfide come la riduzione delle disuguaglianze, il raggiungimento della parità di genere, la lotta contro la povertà e lo sviluppo di piani concreti per la protezione e la salvaguardia dell’ambiente. 

Il 2030 è l’anno di scadenza per sfide molto ambiziose, tutte volte al miglioramento politico, economico, sociale e culturale, dirigendosi verso traguardi più etici e sostenibili. È chiaro che tutti questi progetti non hanno possibilità di realizzazione se intesi come circuiti chiusi e a compartimento stagno: è dunque necessario che si integrino l’uno con l’altro, che siano adoperati trasversalmente per il progresso tangibile delle nostre comunità globali.

1. L’importanza della letteratura per lo sviluppo di una nuova coscienza eco-logica

2. The Waste Zone: la denuncia alle ingiustizie portate avanti su scala globale
3. Avance, recule, défends, repose et recommence
4. Bibliografia

1. L’importanza della letteratura per lo sviluppo di una nuova coscienza eco-logica

Allontanandosi da una sua concezione puramente decorativa, anche la letteratura si adopera in modo determinante per lo sviluppo di una nuova sensibilità, di una nuova attitudine che si vuole forzatamente eco-logica, confluendo in un vero e proprio genere a sé noto come Cli-fi o Climate Fiction. Infatti, ben oltre la percezione della letteratura come mera conoscenza ornamentale, essa offre, attraverso il suo storytelling, nuove strategie che possono diffondere consapevolezza nei cittadini del mondo e dare forma a società più giuste, tolleranti e inclusive.

Proprio in questo panorama si inserisce anche tutta la produzione letteraria di Janice Kulyk Keefer. La sua scrittura si mostra particolarmente significativa nello scenario contemporaneo e globale poiché in essa si incontrano in modo intersezionale alcune delle tematiche incluse nell’agenda degli obiettivi delle Nazioni Unite.

Nello scenario globale Keefer si mostra come una figura fortemente poliedrica, con una profondità tale da far dialogare nello stesso testo anche le tematiche più disparate, ma tutte ugualmente necessarie per costruire una nuova etica del nostro essere cittadini del mondo. La sensibilità di Keefer sembra captare le necessità – ma soprattutto l’urgenza – di approcciarsi a nuove abitudini di vita, risanando, grazie anche alla letteratura, quel vuoto eco-logico che si nutre ancora oggi di molte buone intenzioni ma di manovre pratiche ancora molto impacciate.

L’adozione di questo nuovo approccio forzatamente eco-logico è sostenuto e incentivato dalla letteratura e dal suo soft power, e, in tal senso, la scrittura di Keefer rappresenta uno snodo cruciale davanti a questa combinazione. 

La letteratura in questo senso si configura come una risorsa politica in grado di persuadere i cittadini nell’elaborazione di una nuova coscienza. Perfettamente in linea con l’eco-critica, la scrittura per Keefer consente di mettere in luce l’importanza della letteratura e dei messaggi che può veicolare per la cura e la protezione dell’ambiente. L’eco-coscienza della scrittrice non si riversa su un circuito chiuso ma si apre alla scrittura perché la consapevolezza immobile, se mai è stata sufficiente, ora necessita di un agire pratico, coinvolto e consapevole

 

“La letteratura può giocare un ruolo importante nel preservare un approccio ecologicamente corretto al nostro essere cittadini del mondo, per esempio iscrivendo l’idea di ‘verde’ nel più ampio contesto politico, economico, giuridico e sociale. Non solo natura e paesaggio, non solo vita all’aria aperta e riciclo dei materiali, ma anche e soprattutto la relazione rispettosa tra gli organismi viventi e il loro ambiente naturale. […] Il rispetto dell’ambiente è diventato un imperativo e un fattore che dobbiamo apprendere e difendere a dispetto di concezioni più o meno mitizzate di ‘progresso tecnologico’, espansione economica o sfruttamento delle risorse naturali. […] In questo scenario la letteratura può aiutarci ad andare oltre ciò che appare, a vedere meglio e al di là.” (Lamberti, 2016:8-11)

 

 Nel 2002 Janice Kulyk Keefer pubblica The Waste Zone, un’aperta denuncia al Terzo Summit delle Americhe tenutosi a Quebec City nell’aprile del 2001. Questo incontro, a cui hanno partecipato tutti i capi di governo nordamericani e sudamericani tranne Cuba, riguardava l’apertura di un’area di libero scambio commerciale tra le Americhe e si è impresso come evento iconico per le misure di sicurezza adottate per proteggere la zona in cui avevano luogo gli incontri.

Come racconta Keefer, questi giorni si sono rimangono nella memoria e nell’immaginario collettivo perché caratterizzati da un eccessivo impiego di forza e di violenza da parte della polizia sui manifestanti. Agli orsacchiotti di peluche lanciati dai civili in protesta ha fatto seguito l’utilizzo intensivo di gas lacrimogeni e pallottole di gomma da parte della polizia, anche contro protestanti pacifici e disarmati, contrastando la possibilità di dissentire civilmente, diritto che contraddistingue le società democratiche. 

È a partire dalla tragicità di questi eventi che Keefer scrive The Waste Zone, in collaborazione con Goran Petrowski, che combina al testo di Keefer un fotoreportage di quei giorni. Influenzata dalla disobbedienza civile di Thoreau, Keefer rivisita in chiave contemporanea un classico di T.S. Eliot: The Waste Land (1922). La riscrittura rappresenta un grido di denuncia verso la violenza della polizia e verso come questa stessa violenza abbia ingiustamente disonorato uno dei più sacri diritti civili. Allo stesso tempo vuole onorare tutti coloro che hanno preso parte alle proteste, sacrificando anche la propria integrità fisica per contrastare le “ingiustizie portate avanti su scala globale.” (Lamberti, 2016:13) Attraverso la scrittura Keefer, infatti, non vuole manifestare il proprio dissenso solamente nei confronti della brutalità delle repressioni ma anche riguardo le tematiche oggetto dello stesso Summit.

Seguendo la struttura del poema eliotiano, anche per Keefer aprile (il mese in cui hanno luogo le proteste) sembra il mese più crudele. Così come la primavera eliotiana risveglia le radici addormentate dopo il lungo inverno, con la primavera di Keefer si risvegliano le coscienze dei cittadini che vogliono prendere attivamente parte alla vita democratica, mostrandosi disobbedienti.

 

April is the cruellest month, breeding
protest in the lulled land, mixing
tear gas and champagne, bruising
true patriot roots, with chain link, concrete.
Winter worried us, melting ice caps,
thawing permafrost, thwarting
migration patterns of the caribou.
Summer threatens now-predictable astonishments:
floods and tornados, forest fires, drought.
[...]
What are the roots that clutch, what branches grow
out of asphalt, out of grass
parched beneath
styrofoam cups and plastic bags? (Keefer, 2016:40)

 

2. The Waste Zone e la denuncia alle ingiustizie portate avanti su scala globale

Keefer apre il componimento raccontando di una famiglia che in auto si mette in viaggio per raggiungere Quebec City in vista delle proteste. Il panorama che riempie i finestrini è quello di uno scenario desolato in cui la natura soffre ed è sconvolta dall’agire umano lontano dall’etica sostenibile e guidato dal mero profitto economico. 

Keefer racconta nello specifico del Canada perché è la sua terra natale, l’entourage che le è familiare, sebbene il paesaggio descritto non sia strettamente circoscrivibile al nordamerica ma adatto alla maggior parte degli scenari: “a description that can be applied to the whole post-national Western, so-called civilization” (Gunilla, 2009:280). Questo perché è indubbio che nei paesi post-industriali la vita naturale è soffocata dalle stesse logiche di profitto.

Cosa succederà ora che i cittadini reagiscono alle politiche di sfruttamento attuate dalla classe dirigente per preservare il suo interesse? Proprio come in una città post-apocalittica, tutto è pronto. I muri sono innalzati, le forze di sicurezza schierate, i manifestanti distribuiti nelle tre diverse aree di protesta e la partita a scacchi, che dà il titolo alla seconda parte del poema, sta per giocarsi:

 

‘What am I thinking? What thinking. What?
I never know what I am thinking. Think’.
‘I think this planet’s up shit creek
without a paddle’.
‘What is that noise?’
Tear gas exploding.
‘What is that noise now? What are the protestors doing?’
Nothing again nothing.
‘Do
You know nothing? Do you see nothing? Do you remember
Nothing?’
I remember
Liberty, Democracy, Prosperity. Savings and Loan. (Keefer, 2016:50)

 

Questo pianeta è nei guai fino al collo” sostiene un manifestante, e uno dei personaggi più influenti di questo affossamento è proprio George W. Bush (Lamberti, 2016:58), l’allora presidente degli Stati Uniti e stratega a cui è riservato uno spazio privilegiato in questa sezione. Bush appare qui seduto su un trono, un presidente-celebrità che occupa la sua postazione in modo paradossale. È lo stesso paradosso, ad esempio, da cui parte il suo discorso pubblico, quando afferma che l’ambiente e i diritti dei lavoratori devono essere protetti, salvo ribadire poi anche che queste stesse protezioni non possono contenere punti che ostacolino lo spirito del libero commercio, lasciandosi corrompere dalla perversione delle multinazionali. (Lamberti, 2016:83)

gemma granetto Canadausa

La foschia dei gas lacrimogeni anticipa il capitolo successivo che viene proprio intitolato “Tear Gas Sermon”. Il terzo capitolo (e successivamente il quarto) si distingue per essere quello in cui Keefer racconta più nello specifico la violenza della polizia sui manifestanti, mancando il rispetto della divisione delle aree e colpendo la folla pacifica con proiettili di gomma. È di conseguenza anche quello in cui la denuncia di Keefer si fa sempre più assordante. I poliziotti in tenuta antisommossa avanzano contro i manifestanti armati di ciambelle, cuscini e orsacchiotti di peluche, violando il patto democratico:

 

But at our backs in rancid gusts we hear
Volley of tear gas, water cannons pulling near.
A boy crept softly from the street
bearing a box of donuts to the fence;
amid the laughter of the jeaned, tee-shirted crowd
he offered timbits to the plexy-glassed and armoured cops.
They fired tear gas, then, when he’d returned
To join his friends, lashed out with rubber bullets.
Farther along, Black Blocks were launching smoke bombs,
ball bearings, hockey pucks. (Keefer, 2016:58)

 

In questa caotica guerra di bombe fumogene e gas lacrimogeni, incontriamo la storia di Jaggi Singh (a cui è interamente dedicata la quarta parte), studente e manifestante arrestato per essere stato colto in possesso di una catapulta utilizzata per il lancio massivo di soffici orsacchiotti.

 

Jaggi the activist, three weeks in jail
For lobbing soft toys at police
(possession of dangerous weapons, they said.)
Columnists tried him
in newsprint courts. As he rose or fell,
lawyers for the Constitution found his basic rights
had all been violated.
Right or Left
O you who pay taxes, vote, and watch the evening news,
Consider Jaggi, captive and free as you. (Keefer, 2016:68)

 

Accusato di essere in possesso di un’arma, Singh ha trascorso tre settimane in prigione primadella sua scarcerazione. Quello che ha destato assoluta indignazione, in aggiunta alla sua ingiusta prigionia, sono stati i metodi attraverso cui essa si è perpetrata: per la sua cattura e detenzione sono infatti state applicate le direttive antiterrorismo. Jaggi è stato bendato e portato in carcere - destinazione che ha raggiunto per tenere fede ai propri ideali in maniera completamente pacifica - totalmente sottomesso alla sospensione delle sue libertà civili e democratiche.

In questa situazione, Jaggi diviene l’emblema della resistenza e la sua immagine viene affiancata in questa ultima parte dal titolo “What the Prime Minister Said” ad altre associazioni e organizzazioni che non si sono mai arrese, tenendo fede agli ideali su cui si sono costruite.

 

Ya basta!
Médecins sans Frontières: what have we given?
My friend, blood shaking our hearts,
stitching slashed flesh,
mass graves exhumed
to read scar-print of bones.
Ya basta!
Amnesty International: We have heard the key
turn in the door, once – almost forever.
We fight for keys,
all, in our prisons,
fighting for keys, each confirms the right
to jailbreak. Day and Night, rumours of
postcards, letters
– I respectfully request that you free this person
guilty of nothing but humanity –
revive, sustain
a Nelson Mandela
Ya basta!
World Literacy: Their tongues responded
Fluently to eyes expert with alphabet and ink. (Keefer, 2016:74)

 

Medici Senza Frontiere, Amnesty International e World Literacy diventano dunque un invito a non cedere alla rassegnazione, a preservare la responsabilità civile che non può prescindere dall’essere cittadinanza attiva, ritrovando in quest’ultima il canale privilegiato attraverso cui esprimersi nel mondo. (Lamberti, 2016: 36)

 

3. Avance, recule, défends, repose et recommence

Proprio quando lo scenario globale si presenta permeato dallo sfruttamento dei diritti umani così come delle risorse naturali e di tutti gli organismi viventi, Keefer lascia affiorare la possibilità di invertire la rotta

Così come i manifestanti, Jaggi e le associazioni anche Keefer rivela attraverso la letteratura la sua natura combattiva. Da “consumatori consumati” (Keefer, 2016:70), la potenza di Ya basta! lacera i confini della carta stampata e si innalza ad atto di coraggio verso la disobbedienza civile. Ya basta! è l’ultimo grande grido di disperazione da parte dei cittadini ma anche da parte della Terra:

 

la Résistance!
Cold winds blow about my bed,
There are no lamps
These struggles we have launched
Against our ruin.
Avance,
recule,… défends… repose
et recommence. (Lamberti, 2016:76)

 

Ora che aprile ha risvegliato le nostre coscienze, ora che siamo sopravvissuti anche al mese più crudele, è dalla desolazione di una terra maltrattata che, come un germoglio, recommence prepara il terreno per l’inizio di una nuova storia.

4.Bibliografia

Eliot T.S. (2019), The Waste Land, Good Press: Glasgow.
Gunilla Florby, Shackleton Mark, Suhonen Katri (2009), Canada: Images of a Post/National Society, Peter Lang: Brussels.
Lamberti Elena (2016), La zona desolata. La letteratura al confine tra cittadini e potere, Aras Edizioni: Fano.


Foto 1 da poetarumsilva.com (data di ultima consultazione: 22/04/2022)
Foto 2 da crimethinc.com (data di ultima consultazione: 22/04/2022)