Audre Lorde: decostruire l'immaginario attraverso la lotta intersezionale

Gemma Granetto

Audre Lorde (1934-1992), pensatrice, scrittrice e poeta nera statunitense si inserisce nell’immaginario collettivo come una delle figure più determinanti e carismatiche dei movimenti femministi degli anni Settanta. 

Fortemente convinta della necessità di una lotta intersezionale per la rimozione delle molteplici forme di oppressione, Lorde lascia in eredità uno spirito di resistenza che ancora oggi anima molti movimenti transfemministi. In forza di questa sua influenza, il vuoto traduttivo di Audre Lorde viene colmato nel 2014, quando con un progetto autofinanziato portato avanti dalla casa editrice Il dito e la Luna, vengono tradotti in italiano i suoi scritti più politici. Margherita Giacobino e Marta Giannello Guida che sono le traduttrici e le curatrici del lavoro intitolato Sorella Outsider, raccolgono in una sola opera The Cancer Journal (1980), Sister Outsider (1984) e A Burst of Light (1988), portando in Italia circa dieci anni di vita e azione politica della poeta.

 

1. La vita di Audre Lorde 

2. “A Litany for the Survival” e la lucida rappresentazione delle donne nere 3. Il femminismo intersezionale e la scrittura politica di Lorde 

4. Conclusione 

5. Bibliografia 

6. Sitografia 

 

1. La vita di Audre Lorde 

I am a Black, Lesbian, Feminist, warrior, poet, mother doing my work. (Lorde, 1990:61) 

Audre Lorde nasce ad Harlem nel 1934, in un momento molto denso della storia statunitense: sono gli anni che seguono il grande crollo economico del 1928, il periodo della Seconda Guerra Mondiale e, successivamente, il momento in cui il maccartismo si affermerà in modo progressivamente più marcato negli atteggiamenti della società americana. Minore di tre sorelle, è figlia di genitori che negli anni Venti sono emigrati dai Caraibi per trasferirsi, appunto, negli Stati Uniti. 

Forte e sensibile allo stesso tempo (come Lorde ha sempre descritto se stessa) fin dall’adolescenza cerca di farsi spazio all’interno di una società chiusa, elitaria e fortemente razzista. Ė proprio quella determinazione, unita al sostegno dei genitori che la aiutano durante gli studi, che la porterà a laurearsi all’Hunter College e a iscriversi nel 1959 al master in Amministrazione Libraria alla Columbia University, trovando lavoro come libraia. A ventisette anni sposa Edwin Rollins, un professore di legge omosessuale dal quale avrà due figli e divorzierà otto anni più tardi per poter vivere più liberamente e apertamente la propria sessualità.

Audre Lorde_ decostruire l'immaginario attraverso la lotta intersezionale. audre lorde

Intorno alla fine degli anni Sessanta Lorde scopre la passione per l’insegnamento e per la scrittura, alla quale seguirà la pubblicazione della sua prima raccolta intitolata Cables to Rage (1968) e la fondazione di una casa editrice femminista, la Kitchen Table: Women of Color Press che collabora a stretta intesa con la National Black Feminist Association (NBFO). Durante gli anni di insegnamento al John Jay College of Criminal Justice si dedica, insieme ad altri accademici afrodiscendenti, alla creazione di un dipartimento per i black studies, evento che sancirà il suo risoluto impegno per il riconoscimento della cultura e delle storie degli afrodiscendenti e delle loro precedenti generazioni. 

Nel 1977 a Lorde viene diagnosticato il cancro e inizia qui la sua altra e nuova battaglia che avrà termine nel 1992 con la sua morte. Da quest'anno fino al decennio successivo si concentra quasi tutta la sua produzione, sia in prosa che in versi, perché gli anni della malattia sono per l’autrice momenti di profonda introspezione che la mente sola non può contenere. Pubblica infatti in questi anni The Black Unicorn (1978), The Cancer Journals (1980), Uses of the Erotic: the erotic as power (1981) e Zami: A New Spelling of my Name (1983).

Sempre in questi anni la voce di Lorde raggiunge la sua eco più grande, diventando una delle presenze più forti e ingombranti del movimento femminista nero degli Stati Uniti e ispirando manifestazioni in tutto il mondo. 

Sono sempre l’impegno verso la scrittura e la dedizione all’insegnamento che la porteranno, nel 1984, a ottenere un contratto da visiting professor a Berlino, città in cui matureranno progressivamente le sue convinzioni e la sua soggettività politica; il contatto con le attiviste nere della capitale tedesca la porta alla creazione del termine Afro-German, dando così vita al Black Movement in Germania di cui nel 2012 è stato realizzato un documentario intitolato Audre Lorde: The Berlin Years 1984–1992 e diretto da Dagmar Schultz. 
Insieme a Gloria Joseph, Audre Lorde trascorre gli ultimi anni nei Caraibi, nell’isola di Saint Croix, dove morirà il 17 novembre del 1992. 

 

 

2. “A Litany for the Survival” e la lucida rappresentazione delle donne nere 

Per Audre Lorde la (sua) scrittura è sempre politica: rappresenta infatti “la necessità di superare il silenzio dettato dalla paura, di prendere la parola e di agire nel sociale (Giacobino, 2021) e una potentissima arma di denuncia nei confronti della condizione delle donne afrodiscendenti negli Stati Uniti e in tutto il mondo.

La scrittura di Lorde arriva, ovviamente, dall’esperienza soggettiva ma parte da questa per elevarsi al politico, ricongiungendosi in un secondo momento con il vissuto dei soggetti minoritari, perché portavoce di trascorsi simili e ugualmente validi. 

Pur rimanendo privilegiate dalle pagine dell’autrice, le donne nere non sono le uniche destinatarie della penna di Lorde poiché essa tende a coinvolgere tutti coloro che sono vittime di discriminazioni sulla base di sesso, razza e/o classe. Lorde, da donna nera e omosessuale, riesce dunque nell’impresa di spezzare ogni confine abbracciando e coinvolgendo in un’unica lotta i movimenti antirazzisti, femministi e omosessuali. 

The Black Unicorn (1978) è forse il testo più rappresentativo del suo impegno politico. Questa raccolta di poesie fornisce infatti uno spaccato della natura intersezionale dell’oppressione, sottolineando come il femminismo debba concentrarsi contemporaneamente sul sessismo e sul razzismo che l’oppressione stessa provoca. 

The Black Unicorn explores Lorde’s relationship with womanhood as she provides insight on the interwoven nature of oppression, sexism, African culture, sexual and spiritual awakening, and race, affirming that feminism necessitates focus on each element. 

In “A Litany for the Survival”, uno dei testi più densi ed emblematici della raccolta, Lorde ci immerge immediatamente nella dimensione del confine attraverso l’utilizzo di coordinate spaziali e temporali come “shorelines” e “doorways” (Lorde, 1978), precisando che “noi [donne nere] siamo outsider, e abbiamo bisogno l’una dell’altra, di essere unite e sostenerci in tutte le necessità del nostro vivere sui confini.

Questa visione lucida permette a Lorde di descrivere chiaramente la condizione delle donne nere che, relegate ai margini, vengono presentate come “imprinted with fear” (Lorde, 1978), una paura che porta a nascondere ogni espressione ed esperienza personale proprio come le donne costrette alla schiavitù, assoggettate e private della possibilità di autodeterminarsi. Infatti, come durante la schiavitù, il bersaglio principale di queste oppressioni multiple è sempre il corpo che, mortificato e umiliato, diventa territorio di conquista politica e culturale. Lorde riesce così a creare un parallelismo, a ricostruire una genealogia femminile, riconoscendo la pluralità delle esperienze e sviscerando allo stesso tempo come il potere e la gerarchia che esso impone si riproduca con sembianze diverse ma sempre attraverso gli stessi meccanismi. 

Rintracciare le radici dell’oppressione razziale e di genere e ritrovarle nella schiavitù americana consente a Lorde di focalizzarsi su un punto cruciale: nello sciogliersi della poesia, come a scandirne il ritmo, incontriamo spesso “We were never meant to survive” (Lorde, 1978): non era previsto che sopravvivessimo perché non era previsto che resistessimo, afferma Lorde, ma il poter essere qui a raccontare e a scrivere è un privilegio accompagnato dal dovere di portare avanti la lotta. Il testo della raccolta trova dunque la sua forza politica nel suo essere senza tempo, poiché le parole che lo compongono legano indissolubilmente la violenza e la marginalizzazione che i soggetti minoritari hanno vissuto e che continuano a sperimentare nella società bianca, eteronormativa e capitalista.

Private di tutto, anche dell’amore, Lorde ci dice al chiudersi dei versi che comunque it is better to speak” (Lorde, 1978) facendo della resistenza un grido al coraggio la cui risonanza raggiunge la forza che anima tutte le lotte alle disuguaglianze. 

 

 

3. Il femminismo intersezionale e la scrittura politica di Lorde 

Sebbene il concetto di femminismo intersezionale nasca con Kimberlé Crenshaw, che ne fornisce una definizione teorica, Lorde è stata una delle prime femministe a focalizzare la lotta alle disuguaglianze intorno al concetto di intersezionalità. 

Pur essendo un termine che viene accostato al femminismo solo dal 1989, Lorde è sempre molto lucida nel riconoscere il sovrapporsi di più forme di oppressione, non solo quelle derivanti dalle dinamiche patriarcali denunciate dalle femministe occidentali. Il femminismo intersezionale, così come lo pensavano Crenshaw e Lorde, si dava dunque l’obiettivo di considerare e validare la totalità e la diversità di tutte le esperienze femminili. 

Oggetto privilegiato delle oppressioni multiple è da sempre il corpo, terreno che può essere invaso in ogni momento. Svuotato di ogni soggettività e intenzionalità, esso si riduce a funzione per la perpetuazione del sistema stesso. Non a caso, “A Litany for the Survival”, così come anche tutta la poetica di Lorde, è molto attenta al corpo femminile in quanto laboratorio di indagine identitaria. È dal corpo che è necessario partire per liberare la soggettività femminile dalle varie forme di oppressione e violenza di cui è vittima, restituendole così l'autonomia a lungo negata. 

La parola diventa allora una forma di resistenza che non può non essere presa in considerazione: raccontare è una necessità che nasce dal bisogno di ri-visitare dai margini l’ordine simbolico in cui sono coloro in cima alle gerarchie di potere a definire l’alterità. Così perseverando, l’altro sarà sempre definito in termini di differenza e non sarà mai inteso come parte attiva nella rappresentazione della realtà. 

Quella della rappresentazione è una questione che Lorde pone al centro di tutta la sua poetica e politica. L’autrice denuncia, con particolare riferimento alle femministe bianche, che l’Occidente non è mai disposto a decentrarsi lasciando all’altro la possibilità di far sentire la propria voce. Il racconto è sempre filtrato da occhi eurocentrici che, anche con le migliori intenzioni, non sono in grado di restituire la complessità e il dolore di un’esperienza vissuta da un soggetto minoritario.

 

 

4. Conclusione 

Perseverare nel tentativo di raccontare, proprio come per Lorde, continua a essere decisivo per denaturalizzare concetti e parole che si sono affermati nell’immaginario e nella realtà attraverso la ripetizione. Il perpetuarsi di questo atteggiamento ha rinchiuso l’altro in una universale e univoca figurazione che si è fossilizzata in una realtà imposta. L’altro si trova dunque intrappolato in immaginari e definizioni che non ha scelto e che continuano a relegarlo entro confini che non lo rappresentano e che delegittimano l’esperienza vissuta. 

Raccontare, come per tutti i soggetti minoritari, rappresenta l’apertura di una nuova strada per scrivere un nuovo linguaggio in cui le parole non portano più il peso dell’oppressione. 

 

 

5. Bibliografia 

Giacobino Margherita e Giannello Guida Marta, Sorella Outsider. Gli scritti politici di Audre Lorde, 2014. 

Lorde Audre, Cables to Rage, 1970.

Lorde Audre, The Black Unicorn, 1978.

Lorde Audre, The Cancer Journals, 1980.

Lorde Audre, Uses of the Erotic: the erotic as power, 1981.

Lorde Audre (1983), Zami: A New Spelling of my Name, 1983.

Lorde Audre (1984), Sister Outsider: Essays and Speeches, 1984.

Lorde Audre (1988), A Burst of Light, 1988.

 

 

6. Sitografia

Intersectionality as the Feminist Aesthetic in Audre Lorde’s The Black Unicorn: Poems, journalwomenwriters.wordpress.com (data di ultima consultazione 16/08/2021) 

Audre Lorde, enciclopediadelledonne.it (data di ultima consultazione 9/08/2021). 

Audre Lorde – The Berlin Years 1984 to 1992, audrelordetheberlinyears.com (data di ultima consultazione 20/08/2021). 

 

 

Foto 1 da ecointernazionale.it (data di ultima consultazione 31/08/2021)

Foto 2 da amazon.it (data di ultima consultazione 31/08/2021)