Mattia Arioli
American Born Chinese (2006) è un graphic novel scritto da Gene Luen Yang e pubblicato dalla casa editrice First Second Books. Questo fumetto è stato scelto come finalista del National Book Awards nel 2006, concorrendo nella categoria Young People's Literature. Un anno dopo la sua uscita, l’opera di Gene Luen Yang ha ricevuto molti premi di settore (un Michael L. Printz Award, un Eisner Award per la categoria Best Graphic Album – New e un Best Book Award rilasciato da The Chinese American Librarians Association) diventando un caso letterario a tutti gli effetti.
American Born Chinese presenta tre storie parallele destinate fatalmente a congiungersi. Il primo racconto è un libero adattamento della storia di Sun Wukong (conosciuto anche come Re Scimmiotto), un personaggio de Il viaggio in Occidente, un classico della letteratura cinese, pubblicato anonimo nel XVI secolo.
Nato da una roccia, lo scimmiotto Sun Wukong guida e governa il popolo delle scimmie della Montagna dei Fiori e dei Frutti, diventandone di fatto il re. Nonostante il riconoscimento e il rispetto dei suoi sudditi e le abilità acquisite nel campo delle arti marziali, il Re Scimmiotto desidera essere accettato dalle altre divinità, avendo appreso “the four major heavenly disciplines, prerequisites to immortality” (Yang, 2006:10). Venuto a conoscenza di una festa a cui partecipano diverse divinità, il Re Scimmiotto cerca di introdurvisi pur non essendo stato invitato. Tuttavia, quando le divinità scoprono la presenza di un imbucato, tentano di cacciarlo, non riconoscendolo come un loro pari. Imbarazzato e adirato, Sun Wukong attacca gli altri dèi sconfiggendoli.
A causa di questa azione, la divinità Ao-Kuang decide di condannare Sun Wukong a morte. Eppure, lo scimmiotto è diventato immortale e il suo corpo è indistruttibile avendo egli appreso le “four disciplines of invulnerability” (Yang, 2006:51). Dopo aver sconfitto il dio dragone, il Re Scimmiotto cerca vendetta nei confronti delle altre divinità che lo avevano deriso e sfidato.
Terrorizzate, varie divinità si rivolgono agli emissari (l’aquila, l’uomo, il toro e il leone) del dio Tze-yo-Tzuh (trad. colui che è) per richiedere il suo intervento. Tze-yo-Tzuh si palesa e sfida il Re delle Scimmie affermando che egli non può sfuggire al suo controllo. Infatti, nel momento in cui lo scimmiotto prova a scappare dalla mano del dio, questa diventa sempre più grande. Infine, quando Sun Wukong crede di essere finalmente sfuggito alla mano del dio, essendo arrivato al confine dell'universo, in realtà, egli non ha raggiunto che le dita della mano della divinità. Conseguentemente alle sue azioni, Tze-yo-Tzuh decide di punirlo per la sua tracotanza, seppellendolo sotto una montagna di sassi.
Il Re Scimmiotto torna a essere libero soltanto dopo l’incontro con un monaco che gli insegna l’umiltà e l’accettazione della propria natura. Infatti, il sigillo posto sulla montagna può essere rotto soltanto attraverso l’apprendimento di queste lezioni.
Il secondo racconto narra la storia di un ragazzo di origine cinese di nome Jin Wang, il quale si è appena trasferito dalla Chinatown di San Francisco a una comunità prevalentemente bianca. Jin Wang è vittima di bullismo da parte di alcuni suoi compagni di scuola a causa delle sue origini etniche. L’isolamento del ragazzo finisce nel momento in cui arriva un nuovo ragazzo da Taiwan. Jin svilupperà anche dei sentimenti per Amelia Harris, una ragazza bianca, ma la possibilità concretizzare questo legame è troncato sul nascere da Greg, un compagno di classe, che non approva questa relazione interetnica. Questo episodio porterà Jin a desiderare di essere bianco.
Il terzo racconto narra la storia di Danny, un ragazzo americano bianco, infastidito dalla visita annuale del cugino cinese, Chin-Kee, la cui presenza gli rovina la reputazione. Danny è un ottimo giocatore di basket, un ragazzo molto popolare, ma ogni anno, dopo la visita di Chin-Kee, è costretto a cambiare scuola per sfuggire alla vergogna, perché il cugino incarna una serie di stereotipi razziali legati ai cinesi (accento, abbigliamento, apparenza fisica, abitudini alimentari, performance accademiche e passatempi).
Nonostante i tre racconti siano inizialmente separati, alla fine del graphic novel si scopre che Danny è in realtà Jin. Una notte, dopo che il colore della sua pelle gli ha impedito di stare con la ragazza dei suoi sogni, Jin esprime il desiderio di diventare bianco e il mattino successivo questo sogno è esaudito. Allo stesso modo, Chin-Kee è in realtà il Re Scimmiotto, venuto sulla terra per ricordare a Jin le proprie origini. Come il Re Scimmiotto, Jin impara ad accettare la propria identità abbandonando l’alter ego di Danny e abbracciando la propria eredità etnica e culturale.
Il graphic novel di Yang richiama il mito dell’“immigrant narrative” (Sollors, 1986) per mostrarne i limiti. La scuola frequentata da Jin si chiama Mayflower come la nave inglese che trasportò i primi puritani, conosciuti oggi come Padri Pellegrini, da Plymouth al Nuovo Mondo nel 1620. Questo elemento è importante in quanto ricorda come l’identità americana sia retoricamente fondata sull’idea di consenso e adesione a determinati valori e non sull’ereditarietà. Tuttavia, questa narrazione è in contrasto con l’esperienza vissuta da Jin (e molti altri Asian American). Nonostante egli sia nato negli Stati Uniti, i suoi compagni avvertono la sua presenza come aliena.
Inoltre, il graphic novel riscrive anche un altro topos della letteratura etnica: il desiderio da parte del protagonista maschile di conquistare una donna bianca. Questo gesto può essere facilmente letto come una forma sublimata di assimilazione. Tuttavia, in American Born Chinese, il desiderio di Jin di conquistare Amelia non si realizza a causa dell’origine etnica del protagonista.
American Born Chinese non riprende soltanto i miti fondativi degli Stati Uniti, ma adatta e riappropria classici della letteratura cinese, come la leggenda cinese del Re Scimmiotto. Come nel romanzo Woman Warrior (1989[1975]) della scrittrice Maxine Hong Kingston, le storie popolari e la loro trasmissione orale sembrano offrire uno strumento di resistenza contro l’assimilazione (o americanizzazione) della comunità cinese. In entrambi i casi, le leggende hanno una funzione educativa, in quanto ricordano alle nuove generazioni (American Born) i valori su cui si fonda il loro gruppo etnico. Infatti, la funzione di Chin-Kee/Re Scimmiotto è quella di “conscience – […] a signpost to [Jin’s] soul” (Yang, 2006:221).
Tuttavia, la figura di Chin-Kee/Re Scimmiotto non è un semplice invito alla riscoperta delle proprie origini (“going native”). Come discusso da James Lu (1998:87), “A typical metaphor of change, the Asian American Monkey, like his African American counterpart, is expert at playing rhetorical games to repeat, revise, and subvert existing forms, norms, utterances, and meanings”. La scimmia diventa quindi un simbolo di rivalsa contro l’oppressore in quanto possiede la capacità di sovvertire gli stereotipi creati dalla cultura dominante.
La leggenda del Re Scimmiotto sembra dunque fornire un argine alle immagini prodotte dalla cultura pop americana. Come i racconti popolari, anche la cultura pop possiede la capacità di formare un immaginario collettivo, tuttavia le narrazioni prodotte da queste due modalità sono di segno opposto. Il graphic novel riflette quindi su come la cultura pop crei immagini stereotipate che vengono internalizzate dalla minoranza etnica. L’identità etnica è quindi il frutto di una “double consciousness” che W.E.B. Dubois definisce come “sense of always looking at one's self through the eyes of others, of measuring one's soul by the tape of a world that looks on in amused contempt and pity”.
Yang costruisce la sua critica verso gli stereotipi creati dalla cultura pop attraverso il personaggio di Chin-kee (il nome stesso del personaggio richiama il termine derogatorio inglese usato per riferirsi agli asiatici), che nella narrazione viene sempre accompagnato da ‘didascalie’ contenenti risate e applausi, imitando le sit-com americane. Inoltre, il lettore non sa se queste didascalie siano un invito a deridere il personaggio o la costruzione che si cela dietro di lui. Simbolicamente, le risate che caratterizzano il personaggio terminano nel momento in cui il lettore scopre la vera identità di Chin-kee, “Ha Ha H-*” (Yang, 2006: 212).
Tuttavia, questa maschera non è stata scelta, ma imposta da fonti esterne. Infatti, l’immagine di Chin-kee rispecchia i cliché che l’America ha dei cinesi. Una rappresentazione spesso rinforzata dai media e che affonda le proprie radici nel Minstrels show (una forma teatrale che consisteva in una miscela di sketch comici e spettacoli di varietà, interpretati da attori bianchi con la faccia dipinta di diversi colori, aventi il fine di presentare un’immagine caricaturale delle minoranze etniche). Un elemento di continuità sottolineato tramite una non troppo velata allusione alla performance di William Hung.
Durante le audizioni per American Idol, l’esibizione di Hung risultò controversa per alcuni membri della comunità Asian American: se, da un lato, essa mostrava il desiderio di un ragazzo di esibirsi, dall’altro, l’accento e la personalità del giovane rinforzavano involontariamente (almeno da parte del giovane) determinati stereotipi negativi. Inoltre, è interessante notare come la maschera di Chin-kee non sia l’unica presente nel graphic novel. Infatti, dopo aver subito esperienze di discriminazione, Jin decide di assumere l’identità di Danny per integrarsi e allontanare da sé i cliché legati alla sua comunità etnica.
Il graphic novel ci ricorda anche come la cultura pop e la società americana si nutrano di miti trasformativi. I transformer con cui gioca Jin simboleggiano il percorso che il migrante compie per essere accettato dalla cultura mainstream. Tuttavia, come l’erborista ammonisce Jin, quando questo manifesta il desiderio di essere un transformer, “it’s easy to become anything you wish… so long as you’re willing to forfeit your soul” (Yang, 2006:29).
American Born Chinese può essere considerata come una parabola sull’accettazione della propria identità, un percorso che può essere compiuto attraverso il riconoscimento e il superamento di maschere atte a fissare l’identità dell’individuo. Infatti, Jin si trova ingabbiato da forze assimilatrici (rappresentate dalla maschera di Danny) e dagli stereotipi razziali prodotti dai media (rappresentati da Chin-Kee).
Tuttavia, la riconciliazione e l’accettazione della propria identità cinese (simboleggiata dal Re Scimmiotto) non sono altro se non il risultato di una contrapposizione tra due identità essenzializzate (quella cinese e quella americana). Infatti, l’identità rappresentata dal Re Scimmiotto è il prodotto di fenomeni sincretici: nel graphic novel di Yang, la storia del Re Scimmiotto è visibilmente alterata rispetto all’originale in quanto assorbe elementi della cristianità occidentale. Mentre Il viaggio in Occidente scritto nel XVI secolo aderisce alla filosofia buddista, questo adattamento include al suo interno una rappresentazione della Natività.
Questa scelta ha il fine di evidenziare come le identità etniche siano fluide e soggette a sincretismo. La cristianizzazione di un racconto buddista non deve essere interpretata come una forma di assimilazione o un tentativo di compiacere la cultura dominante, ma come un riflesso dell’identità religiosa dell’autore. Come asserito da Yang in alcune interviste, “the two biggest pieces of my identity are my ethnicity and my religion” (Cong-Huyen & Hong, 2012:82). In particolar modo Yang è attratto da “an idea within Christianity of intention behind your identity, that there is this outside agency that actually attended you to be who you are. Asian Americans tend to be caught in a place where we don’t fit in our culture of origin and we don’t fit into the culture we find ourselves in. thus this idea of intention is very powerful” (Woan, 2007:80). Ecco che appare evidente come l’identità personale sia sempre oggetto di mediazione.
La mancanza di confini chiari tra identità etniche distinte è evidenziata anche a livello grafico nel momento in cui Jin assume l’identità di Danny, ‘the All-American boy’. La trasfigurazione avviene all’interno della stessa vignetta. Questa soluzione grafica permette di evidenziare diverse fasi di transizione, sottolineando gli elementi di continuità tra Jin e Danny. L’identità cinese e quella americana vengono quindi rappresentate come parte di un continuum. Infatti, se l’autore avesse voluto rimarcare una separazione tra le due identità avrebbe potuto optare per una rappresentazione “subject-to-subject transition” (McCloud, 1993:71).
Pertanto, l’identità a cui il graphic novel fa riferimento non è una nozione statica o reificata, ma fluida, ibrida e in continuo divenire attraverso il contatto con altre culture. L’accettazione di sé non è quindi un ripiegamento identitario, frutto di visioni essenzialiste, ma parte di un processo complesso di mediazione. La trasformazione non è più dunque un fine da perseguire, ma un mezzo per la scoperta di se stessi.
American Born Chinese presenta l’identità etnica come una nozione fluida e soggetta al cambiamento e alla mediazione. Attraverso allusioni alla tradizione cinese e alla cultura pop americana, Yang crea spazi narrativi di trasformazione. La storia di Jin ha una funzione morale, essendo un invito ad accettare la propria natura e le proprie origini (cinesi). Tuttavia, il fumetto evita consapevolmente di fornire una definizione degli elementi che compongono l’identità di un individuo. In particolar modo, la comunità Asian American è qui costruita come intrinsecamente ibrida e capace di attraversare confini.
Cong-Huyen, Anne & Hong, Caroline Kyungah Hong (2012). “Teaching Asian American Graphic Narratives in a ‘Post-Race’ Era”. In Dong, Lan (eds.) Teaching Comics and Graphic Narratives. Essays on Theory, Strategy and Practice, 80-93
Kingston, Maxine Hong (1989[1975]). Woman Warrior. New York: Random House.
Lu, Lames (1998). “Enacting Asian American Transformations: An Inter-Ethnic Perspective”. MELUS, 23(4), 85-99.
McCloud, Scott (1993). Understanding Comics. The Invisible Art. New York: Harper Collins.
Sollors, Werner (1986). Beyond Ethnicity: Consent and Descent in American Culture. New York, Oxford University Press.
Woan, Sunny (2007). “Interview with Gene Luen Yang.” Kartika Review. 1, 77-88.
Yang, Gene Luen (2006). American Born Chinese. New York: First Second Books.
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