Eleonora Muru
Il 21 Giugno 1985, a New York, nasceva Lana Del Rey, pseudonimo di una delle cantanti più controverse del panorama musicale contemporaneo. Nel corso della sua carriera, infatti, la malinconica cantante è stata spesso oggetto di numerose critiche: l’accusa di appropriazione culturale, la rappresentazione romanticizzata degli abusi domestici e il ricorso ai finanziamenti del padre nel periodo del suo esordio sono solo alcuni dei tanti esempi che si possono citare.
Recentemente, Lana Del Rey è stata nuovamente sottoposta al tribunale mediatico a causa di alcune apparenti giustificazioni nei confronti delle incitazioni alla rivolta da parte dell’ex presidente repubblicano Donald Trump.
Elizabeth Woolridge Grant, vero nome dell’artista, è cresciuta a Lake Placid, New York, fino ai 15 anni. Dopo tre anni si è trasferita nel Bronx, dove ha vissuto tutte le esperienze di cui ha parlato per due interi album: Born To Die e Born To Die – The Paradise Edition. È proprio a seguito di questi primi due album ufficiali che Lana Del Rey ha iniziato a ricevere le critiche che hanno contraddistinto il periodo iniziale della sua carriera.
Uno dei singoli più emblematici della prima era è stato sicuramente Video Games, traccia che la cantante stessa, durante un'intervista per Telekom Electronic Beats (2013), ha riconosciuto come madre di tutte le critiche da lei ricevute. Da quel momento in poi, infatti, sono stati scritti numerosi articoli sul suo conto con informazioni false o inesatte:
"The first day that anyone ever wrote about me, as soon as I put “Video Games” up. Everything they wrote was fucking crazy. Like about my dad, about me, like having millions of dollars, and all this shit. (...) Everything was not true."
La canzone, di fatto, è stata velocemente sommersa da una valanga di critiche - sia positive che negative. Tra quelle negative, che sono il leitmotiv di questa riflessione, quella principale riguardava la romanticizzazione delle relazioni abusive e violente, accusa che è stata ripetuta anche per il singolo Ultraviolence dell'omonimo album del 2014.
Effettivamente, sia Ultraviolence - con il suo discutibile "He hurt me and it felt like true love" - che Video Games non propongono l'immagine di una donna forte, indipendente e in una posizione di parità con il suo partner. La figura femminile evocata dalla poetica di Lana del Rey è subordinata e sottomessa a quella maschile, a cui è legata da una relazione di dipendenza affettiva, più che sentimentale e romantica.
D’altronde, sempre nell’album in cui è possibile trovare Video Games, è presente anche Lolita, traccia che rimanda immediatamente al romanzo di Vladimir Nabokov incentrato sulla storia di pedofilia tra il professore Humbert e la giovane Dolores. La cantautrice si è oltretutto definita una Lolita lost in the hood e nel pre-chorus del brano Off to the races riporta alcune parole pronunciate dal protagonista del romanzo: “Light of my life, fire of my loins”.
Così come la storia di Nabokov è stata fortemente accusata di indurre a una romanticizzazione della pedofilia, anche Lana Del Rey è stata accusata di romanticizzare un tipo di relazione tossica e sbagliata.
Tuttavia, così come la storia tra l’audace Dolores e il controverso Humbert era semplicemente il racconto di una realtà tristemente esistente, anche le canzoni di Lana Del Rey sono, allo stesso modo, i racconti di alcune esperienze – discutibili, questo è certo - ma personali e, perciò, esistenti. Non si tratta di una visione universale ed è per questo liberamente non condivisibile.
Si potrebbe dire che le narrazioni dello scrittore e della cantante siano due casi di «studio della follia vista attraverso la mente del folle» (Nabokov, 2011:5): quella di un pedofilo e quella di una donna affetta dalla cosiddetta sindrome di Wendy (o da crocerossina).
La sindrome di Wendy è una forma indiretta di dipendenza, non è attualmente inclusa nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e riguarda principalmente le donne. I soggetti che soffrono della sindrome di Wendy tendono ad accudire, proteggere, soddisfare e gratificare l’altro.
La crocerossina tende a presentare una personalità dipendente da quella del compagno, indice perciò di profonda insicurezza e scarsa autostima. Il compagno, solitamente una persona problematica e inafferrabile, viene idealizzato, aiutato e soccorso anche a discapito del proprio benessere.
In entrambi i casi, i protagonisti sono controversi, mentalmente instabili e dunque difficili da capire e compatire. Il tentativo di creare un rapporto di empatia con questi personaggi, da parte degli autori delle storie, non implica necessariamente la condivisione dei loro principi e valori: ciò dipende solamente dagli ideali del ricevente.
È perciò importante non confondere lo stile dell’autore e il suo approccio estetico ai temi trattati con l’empatia per i personaggi, ed è qui che risiede la sottile differenza tra lo scrittore a cui si ispira la cantante e la cantante stessa. Nabokov infatti non concede giudizi di natura morale ed etica espliciti ma non giustifica nemmeno le azioni o il pensiero di individui moralmente deviati; Lana Del Rey, invece, propone il punto di vista di una mente problematica dalla stessa mente problematica, consapevole dei suoi errori ma disposta a giustificarli in nome di quel sentimento che identifica – erroneamente – con l’amore.
Sebbene durante l’intervista del 2013 la cantante abbia affermato che niente di tutto quello che ha scritto abbia mai avuto un messaggio, ribadendo che si è sempre trattato della sua esperienza personale accanto ad altri uomini, effettivamente all’epoca dei primi due album non aveva ancora la maturità per poter parlare delle sue esperienze in modo critico, e il risultato è stata una rappresentazione malata delle relazioni amorose, quasi antifemminista.
La parte dell’intervista sopracitata può facilmente ricollegarsi a un’altra serie di accuse ricevute dalla cantante di Summertime Sadness: il razzismo nei confronti delle donne di colore, la loro conseguente assenza nei brani della cantante e, perciò, una concezione che appare lontana dai principi del femminismo.
A seguito di un post su Instagram datato 21 Maggio 2020, Lana del Rey è stata infatti accusata di non essere abbastanza inclusiva. Il post, intitolato Question for the Culture, era costituito da una lunga riflessione sulle caratteristiche del panorama musicale contemporaneo, in cui solo le artiste più emancipate e con personalità più forti sembrano riuscire a raggiungere i primi posti in classifica.
Tra le colleghe che sono riuscite a raggiungere questi risultati, la cantautrice ha citato esplicitamente Doja Cat, Ariana Grande, Camila Cabello, Cardi B, Kehlani, Nicki Minaj e Beyoncé.
Naturalmente, agli utenti della piattaforma non è passato inosservato il fatto che Del Rey avesse scelto di nominare solamente colleghe appartenenti alle varie minoranze etniche degli States, e il post ha ricevuto così tante accuse di razzismo e anti-femminisimo che la cantante è stata costretta a disattivare il permesso alla pubblicazione di ulteriori commenti.
Nella produzione discografica della newyorkese, inoltre, sono assenti delle collaborazioni con artiste di altre etnie oltre a quella bianca e questa particolarità è stata osservata e giudicata con disappunto.
Tuttavia, il punto centrale della questione non era l’etnia delle cantanti, bensì la difficoltà, per le donne fragili come l’autrice, di trovare il proprio posto all’interno del mondo della musica.
Più che una riflessione razzista e anti-femminista, dunque, l’intento di Lana Del Rey era quello di fornire degli spunti di riflessione e discussione molto più femministi e inclusivi di quelli realmente percepiti dal pubblico. Secondo il punto di vista della cantautrice, infatti, sarebbe più inclusivo se i suoi lavori venissero giudicati da un punto di vista musicale e non morale, o perlomeno se venissero riconosciuti semplicemente per quello che sono: racconti provenienti da una voce diversa dal resto del coro, ma ugualmente validi poiché portatori di realtà esistenti, seppur meno felici e/o sane.
Le sue storie sono il racconto della faccia più sporca di una medaglia, della fragilità femminile, di una sensualità crepuscolare; di realtà che esistono ma che spesso non trovano una loro rappresentanza poiché socialmente scomode.
Dopo il post incriminato, la cantante ha tentato di spiegare meglio il suo punto di vista per poi chiudere la questione e lavorare al suo album successivo, Chemstrails Over The Countryclub. Quest’ultimo – forse per la prima volta dall’inizio della carriera di Lana del Rey – non ha ricevuto alcuna critica relativa ai contenuti delle sue otto tracce; la copertina dell’album, invece, ha generato una nuova ondata di polemiche.
La cantautrice, in una intervista per BBC radio, ha dichiarato che aveva pensato alla copertina dell’album proprio con l’obiettivo di evitare le polemiche. Di fatto, all’interno della parte frontale del disco è stata inserita una foto monocromatica in cui la del Rey appare in compagnia delle sue più care amiche, perlopiù di colore.
Quest’ultimo aspetto è stato sottolineato anche dalla cantante stessa che, nel momento della pubblicazione del post, ha aggiunto un commento sull'inclusività, ora cancellato, in cui spiegava appunto che nel corso della sua carriera è sempre stata una persona inclusiva in maniera del tutto spontanea, e le persone che la circondano nella vita quotidiana -amiche e fidanzati- ne sono la dimostrazione:
"I have always been extremely inclusive without even trying to. My best friends are rappers, my boyfriends have been rappers. My dearest friends have been from all over the place, so before you make comments again about a WOC/POC [Women of Color/Person of Color, ndr] issue, I’m not the one storming the capital, I’m literally changing the world by putting my life and thoughts and love out there 24/7."
Il fatto che la cantante abbia sottolineato la presenza delle sue amiche di colore è stato interpretato come un peccato di ostentazione, sintomo di una probabile insicurezza o effettiva mancanza.
Tuttavia, nel corso dell’intervista per la BBC Radio, si è discussa una questione ancora più degna di attenzione. La cantante, infatti, ha espresso un'opinione politica che è immediatamente finita nei titoli di svariate testate giornalistiche in quanto, senza la dovuta contestualizzazione, la collocava improvvisamente tra i sostenitori del repubblicano Donald Trump.
La parte problematica e discutibile dell’intervista è racchiusa in un’unica frase, nella quale la cantante ha affermato che per lei l’ex presidente non era consapevole delle sue azioni o, più precisamente, “he doesn’t know that he’s inciting a riot”, dove la rivolta citata era quella di Capital Hill del Gennaio 2021.
Questa è stata la frase utilizzata come titolo di numerosi articoli i quali, inevitabilmente, hanno dipinto attorno al personaggio di Lana Del Rey un’ombra negativa, alludendo a una identificazione con il partito di destra del panorama politico statunitense. Tuttavia, le testate giornalistiche - il Washington Post in primis - non hanno riportato il resto dell’intervista, in cui era evidente che la posizione politica della cantante fosse tutt’altro che repubblicana.
Secondo la cantautrice, infatti, Donald Trump più che inconsapevole di incitare i suoi seguaci alla rivolta, era inconsapevole del male che stava facendo loro. Dunque, di fatto, l’intenzione c’era ma non la capacità di riconoscere la potenzialità distruttiva che tale rivolta avrebbe potuto causare.
E nonostante i disordini che l’attacco a Capital Hill di Gennaio 2021 abbia causato, secondo la cantante la “pazzia” di Trump doveva manifestarsi. All’intervistatrice della BBC Radio, Lana Del Rey ha infatti affermato che l’attacco si sarebbe potuto definire come un enorme campanello d’allarme di cui il mondo aveva bisogno per dibattere del problema della sociopatia e del narcisismo, più gravi del capitalismo in sé:
"We really needed a reflection of our world’s greatest problem, which is not climate change but the problem of sociopathy and narcissism, especially in America. It’s going to kill the world. It’s not capitalism, it’s narcissism."
Non si tratta del primo episodio a seguito del quale la cantante newyorkese è stata accusata di simpatizzare per il partito repubblicano, il più conservatore e tradizionalista degli States. Fin dall’esordio, infatti, la sua condizione di donna bianca e benestante – caratteristica che generalmente contraddistingue l’elettorato repubblicano - è sempre stato uno dei motivi per cui la sua fama non veniva considerata guadagnata, bensì costruita sul capitale paterno.
Tuttavia, l’imprenditore di domini internet Rob Grant e padre della cantante, ha supportato la figlia più come genitore che come manager e il proprietario della 5 Points Records, prima etichetta discografica con la quale Lana Del Rey ha firmato un contratto, lo ha confermato.
Ai tempi del suo primo EP (Kill Kill, firmato Lizzy Grant) la cantautrice si è di fatto sostenuta solamente con l’assegno che la sua piccola etichetta discografica le aveva offerto, vivendo in un parco vicino a Manhattan e costruendo da sola la propria carriera, senza i soldi della famiglia. Tuttavia, la provenienza sociale della cantante è innegabile e perciò l’aspetto prettamente contenutistico della sua discografia non potrebbe essere effettivamente diverso.
Infine, è innegabile anche l’enigmatica scelta delle parole durante l’intervista, ma attraverso un’analisi più consapevole dei suoi testi è evidente che la vita di Lana Del Rey è quella di una ragazza benestante e fatta di eccessi; ma anche ribelle e amante della libertà in tutte le sue forme.
Proprio quest’ultima particolarità le consente di distaccarsi dalle accuse di appartenenza al partito che a partire dagli anni ’60 si è battuto per l’abolizione di ogni libertà: quello Repubblicano.
L’aspetto più interessante dell’intervista, e quello sul quale è opportuno riflettere è la descrizione del continente americano fornita dalla cantante, secondo la quale i problemi principali sono il narcisismo, la sociopatia e la rabbia, che durante il periodo di pandemia sono aumentati in quanto amplificati dall’obbligo di permanenza all’interno delle mura domestiche.
Le incitazioni alla rivolta da parte di Trump sono state l’occasione perfetta per liberare questa rabbia e gli americani ne hanno approfittato, non tanto per le ragioni promosse dal repubblicano, quanto più per il “semplice” – quanto irrazionale – desiderio di sfogare tutta la rabbia repressa.
Il fatto che gli americani siano pericolosi non è di certo una novità - basti pensare all’arsenale militare di cui dispone il continente, in cui risiedono le prime cinque aziende produttrici di armi del pianeta - ma è sempre utile che il resto del mondo se lo ricordi, in modo tale da cancellare quel sogno americano idilliaco che è stato perpetuato dalla stessa Hollywood per decenni.
Iman Sultan, “Lana Del Rey Can't Qualify Her Way Out of Being Held Accountable”, in “Harper's Bazaar”, 26.01.21 (data di ultima consultazione: 04/06/21)
Lewis Corner, “Lana Del Rey's millionaire father 'never funded her music career”, in DigitalSpy, 02.02.12 (data di ultima consultazione: 04/06/21)
Nabokov Dimitri, nota del curatore in L'incantatore, Adelphi Edizioni, 2013 (consultabile online su Google Books - data di ultima consultazione 04/06/2021)
Nabokov Dimitri – L’Incantatore, labottegadihamlin.it (data di ultima consultazione: 15/05/2021)
“The Wendy Syndrome: Caring for Others and Neglecting Yourself”, in SteptoHealth, 30/11/19 (data di ultima consultazione: 05/06/21)
Ryan Dombal, “Rising”, in Pitchfork, 30.11.11 (data di ultima consultazione: 05/06/21)
Foto 1 da Flickr (data di ultima consultazione: 05/06/21)
Foto 2 da WikimediaCommons (data di ultima consultazione: 05/06/21)
Foto 3 da WikimediaCommons (data di ultima consultazione: 05/06/21)