I meme: le istruzioni per un utilizzo corretto

Eleonora Muru

I meme: tutti ne visto almeno uno, tutti ne saprebbero identificare altri, ma nessuno saprebbe ricordare il momento esatto in cui hanno davvero fatto ingresso nell’uso quotidiano. Probabilmente chiunque avrebbe, inoltre, un po’ di difficoltà nel descrivere un meme, perché il primo modo che verrebbe in mente per spiegarlo sarebbe, molto semplicemente, quello di mostrarne uno. Eppure non tutti avrebbero la stessa reazione. Nati con lo scopo di intrattenere, divertire e coinvolgere i figli dell’era digitale nel tempo libero, i meme sono successivamente sbarcati anche nell’industria del marketing grazie alla loro immediatezza nella trasmissione dei messaggi. Tra i nuovi utenti della rete - i cosiddetti boomers, la generazione nata negli anni ‘60 - invece, questa novità comunicativa non ha avuto ampio successo: anzi, assume l’aspetto di un elemento di divisione piuttosto che di avvicinamento.

Tutte queste considerazioni dovrebbero bastare a dare un’idea di quanto questo format linguistico, per quanto semplice possa sembrare, sia in realtà un contenuto molto più complesso e tutt’altro che scontato.

 

1. Definizione, origine, caratteristiche

2. L’evoluzione dei meme

3. Il segreto del successo dei meme

4. Il gap generazionale

5. I meme e il marketing: quando funzionano?

6. Conclusioni

7.Sitografia

 

1. Definizione, origine, caratteristiche

Se dovessimo scegliere una definizione esaustiva del termine, potremmo definire il meme come un prodotto culturale. Si tratta infatti di una rielaborazione creativa di un qualsiasi contenuto della cultura di massa (scene di film, serie o programmi TV, video, opere artistiche) che mira a suscitare il divertimento dell’osservatore, permettendogli di immedesimarsi nell’immagine attraverso una breve contestualizzazione che si ricollega al suo vissuto personale e quotidiano. Nel DNA dei meme, dunque, ci sono un testo, un elemento audio e/o visivo, un intento ironico e la condivisione di un’esperienza. Nello specifico, il testo si basa su fatti noti, mentre l’immagine fornisce una rappresentazione proprio di questi fatti. I due elementi sono così strettamente collegati che, non appena posiamo lo sguardo sul primo angolo dell’immagine, il nostro cervello si prepara a completare l’informazione e a prevedere il senso finale del meme. L’unione dei due elementi crea situazioni paradossali o in cui ci riconosciamo: proprio questo processo dà vita all’ironia. Tuttavia, i fatti noti spesso si basano su un bagaglio culturale che non tutti condividono: questo spiega perché non tutti ridiamo di fronte agli stessi meme. La condivisione di un’esperienza, elemento cardine del meme, consente di parlare di un’altra caratteristica fondamentale dei meme: la viralità. I meme, infatti, presentando delle esperienze comuni, stimolano la condivisione e generano un fenomeno virale.

Meme1 Eleonora Muru CanadaUsa

La caratteristica della viralità, appartenente al mondo scientifico, spiega anche l’etimologia del termine. Infatti, la prima volta in cui è apparsa la parola “meme” è stata nel 1976, in un libro di genetica intitolato Il gene egoista scritto dallo scienziato Richard DawkinsDawkins ricorre alla parola “meme” per spiegare il modo in cui si diffondono le informazioni culturali. Il meme viene definito come un’ informazione che risiede nel cervello di un individuo e che si propaga attraverso la comunicazione, e si basa dunque su un meccanismo a cavallo tra l’imitazione e la mutazione. Il meme funziona quindi esattamente come il gene, la cui caratteristica fondamentale è quella di replicarsi in organismi diversi, generando inevitabilmente una mutazione.  Non è perciò una coincidenza che le due parole siano simili: Dawkins ha infatti coniato il termine “meme” partendo dalla radice greca mimeme, che significa “imitazione”, e ha volutamente accorciato la parola in “meme” per assonanza con la parola “gene”, evidenziando fin da subito le loro somiglianze. La sola differenza tra i due termini, infatti, è che i geni sono l’unità base dell’evoluzione biologica e quindi consentono l’evoluzione umana, mentre potremmo definire i meme come l’unità base dell’evoluzione culturale.

2. L’evoluzione dei meme

Nonostante il termine appaia per la prima volta nel 1976, in realtà il primo meme risale al 1919 ed è stato pubblicato sulla rivista satirica dell’Università dell’Iowa Wisconsin Octopus. Si tratta di un vero e proprio meme moderno, in cui avviene un parallelismo tra due versioni della stessa situazione (le aspettative e la realtà sulla fotogenicità mediante l’uso del flash) con l’intento di suscitare il divertimento dell’osservatore, che si riconosce nell’immagine contestualizzata. Poi, nel corso degli anni, i meme sono approdati su internet, più precisamente su blog e forum. La prima culla dei meme è stato infatti il forum 4chan, costituito da una bacheca in cui ogni utente poteva prendere parte a un ramo della discussione (detto thread, ndr) che ruotava su un argomento specifico del tema madre. Alcuni utenti del forum, con l’obiettivo di creare un senso di condivisione, hanno iniziato a cristallizzare episodi e concetti chiave del forum in vignette che ne riassumevano il senso.

Meme2 Eleonora Muru Canadausa

Queste vignette, con l’avvento dei social, si sono trasformate nei famosissimi e primi veri meme riconosciuti: quelli della categoria “rage comics”, ovvero dei disegni stilizzati e minimali dalle sembianze umane, talvolta accompagnati da una parola e di carattere satirico.L’era dei rage comics è stata poi sostituita da quella dei “top text/bottom text”, che sono dei meme poco lontani dal meme della rivista satirica e molto vicini a quelli prevalentemente usati al momento. Questi meme infatti presentano due testi (uno sopra e uno sotto) e un’immagine centrale, che si poteva modificare attraverso l’uso di un’app specifica. Per un periodo, dunque, era possibile creare meme solo con le immagini più famose raccolte in questa app. Dopo le app, la possibilità di creare screenshots di video e film ha reso la realizzazione dei meme una capacità alla portata di tutti, molto più libera e creativa, in quanto ogni istantanea del video poteva diventare potenzialmente un meme. I memi più recenti, infine, sono la perfetta combinazione di quelli sopracitati, infatti presentano i frame di film/video/serie tv (con le frasi pronunciate dai protagonisti stessi) all’interno di uno sfondo bianco e preceduti da una frase che contestualizza l’immagine. Nonostante queste categorizzazioni, le caratteristiche grafiche dei meme possono assumere aspetti molto diversi, perciò non esistono delle classificazioni rigide all’interno delle quali collocarli.

 

3. Il segreto del successo dei meme 

I meme, da semplici vignette, sono diventati sempre più realistici. Si sono dunque evoluti in modo naturale, adattando la loro forma ai cambiamenti del processo culturale, senza mai perdere l’intenzione di ironizzare sulle esperienze condivise. Tuttavia, queste ultime sono il loro unico elemento variabile. Questo spiega il motivo per il quale non tutti ridono davanti allo stesso meme. Questa caratteristica potrebbe essere interpretata come un limite dei meme ma in realtà è proprio in essa che risiede il segreto del loro successo.Secondo la storica dell’arte Valentina Tanni, infatti, quando un meme viene creato per essere condiviso e collocato dentro a una specifica catena di soggetti crea un senso di comunità, di partecipazione e di piacere nell’appartenenza alla comunità stessa. 

Meme3, Eleonora Muru, Canadausa

All’interno di questo gruppo, i meme risultano di grande efficacia in quanto da una parte sono in grado di esprimere un sentimento del singolo e dall’altra creano un senso di appartenenza e di connessione tra il singolo e gli altri membri che hanno condiviso quell’esperienza. I meme danno una rappresentazione grafica a sensazioni, pensieri, idee ed emozioni, consentendo di esprimere in modo sintetico e semplice anche i messaggi più complessi. In questo senso, i meme annullano il senso di solitudine e aumentano, invece, la sensazione di appartenenza a una comunità con cui si condividono caratteristiche comuni. Inoltre, la possibilità di poterli personalizzare e di restringere ulteriormente il cerchio, stimola la creatività e rende l’attività una sorta di gioco collettivo con un linguaggio in codice condiviso. Si vengono così a creare delle cerchie ristrette ma molto unite attraverso una delle strategie di inclusione migliori: l’ironia. L’ironia è, in generale, un ottimo modo per conquistare l’attenzione, la fiducia e l’approvazione di qualcuno. Si tratta infatti di una strategia comunicativa estremamente efficace in quanto consente immediatamente di ridurre le distanze ed evidenziare il terreno condiviso tra i partecipanti alla conversazione, ponendoli inevitabilmente sullo stesso livello e creando così un legame di fratellanza e di solidarietà. L’ironia è, in breve, molto umana. Questo lo ha capito bene il mondo del marketing soprattutto nel momento in cui, per differenziarsi nella saturazione del pubblico di fronte ai messaggi pubblicitari, il singolo spot ha dovuto puntare sulle connessioni emotive, sullo storytelling e sul fattore esperienziale. Di fronte a questa esigenza, l’uso dei meme è stato strategico.

 

4. Il gap generazionale

Nonostante differiscano per contenuto e dunque non possano essere compresi da tutti, i meme sono dei prodotti comunicativi nati dalle nuove generazioni per le nuove generazioni. Questo significa che, al di là delle esperienze condivise o dell’appartenenza a una cerchia, i giovani sono sempre in grado di identificare un meme -magari non ne colgono l’ironia poiché non conoscono il linguaggio e gli scherzi sottintesi condivisi da quello specifico gruppo, ma riescono a distinguerlo come tale. Le generazioni più mature, invece, non vedono i meme in quanto tali ma li concepiscono come delle semplici immaginiQuante volte capita che si trovi un meme basato su episodi familiari o quotidiani, ma i genitori non sembrano coglierne il messaggio? Anzi, spesso si soffermano su dettagli assolutamente inutili e superficiali, e improvvisamente, il meme si trasforma, come la solita battuta al momento meno opportuno, in un discorso polemico sulla vita.

Meme4, Eleonora Muru CanadaUsa

In questo caso, l’esperienza condivisa (elemento cardine dei meme) è presente, così come anche l’ironia, ma il messaggio non riesce a essere veicolato. Questo si verifica perché i meme sono una moda, uno slang giovanile caratteristico delle nuove generazioni digitali che riflette un modo di metabolizzare la realtà ormai inaccessibile a chi appartiene alle generazioni più avanti con l’età.Inoltre, nonostante siano un prodotto di questa specifica epoca, i meme possono anche ironizzare su periodi diversi (basti pensare ai meme di carattere storico o filosofico) ma riflettono sempre un modo di vedere la realtà tipico dei giovani di ogni epoca: la ricerca della leggerezza e dell’ironia. Il gap generazionale è dunque trasversale, poiché da una parte i meme riflettono una caratteristica dei giovani di ogni epoca (la capacità di guardare al mondo con leggerezza) presentandosi come uno strumento inaccessibile alle generazioni più adulte per questioni di maturità. Dall’altra parte sono uno strumento specifico dei giovani di questa epoca.

 

5. I meme e il marketing: quando funzionano?

L'efficacia dei meme, dunque, non è sempre garantita. A volte questo si verifica quando la grafica e lo stile dei meme ampiamente riconosciuti dal pubblico non vengono rispettati. Di conseguenza, il meme perde di efficacia. Questo è un errore comune anche nel mondo del marketing, sedotto dal fascino dei meme da ormai diversi anni, e che se ne vuole impossessare, cogliendone le potenzialità, per giungere in maniera più capillare a quante più persone possibili. I meme, infatti, hanno delle caratteristiche che si sono rivelate estremamente utili ai brand, come l’immediatezza e l’ironia. Inoltre, si tratta di prodotti creati per essere condivisi e diffusi sulla base di esperienze umane, perfetti dunque per dimostrare al cliente le proprie affinità e somiglianze, mostrandosi come un amico di cui potersi fidare. I meme, perciò, consentono una vera e propria umanizzazione dei brand, traguardo ambito in ogni campagna di marketing per permettere al pubblico di immedesimarsi con un marchio, sentirlo vicino e sentirsi rappresentato da questo. Di riflesso, il marchio, se ben inserito nella cornice ironica e di successo del meme, si configura come un marchio al passo coi tempi, ironico, potenzialmente divulgabile e quindi in grado di aumentare la propria visibilità. 

Tuttavia, il meme funziona se è naturale, minimale, semplice. Deve dare l’impressione di aver fotografato l’osservatore in un momento qualsiasi della sua giornata o di saper ripetere le parole che direbbe in una determinata situazione, rivelando di conoscerlo bene e generando quindi lo stupore che innesca l’immedesimazione. Inoltre è necessario non snaturare il meme, bisogna riuscire  ad adattarlo all’interno del proprio contesto rispettando le sue regole specifiche. Solo in questo modo i meme riescono a creare un legame con l’utente e un senso di familiarità, mentre un pesante ritocco alla grafica e all’organizzazione dei contenuti corre il rischio di distaccare il meme dal proprio senso e penalizzarne l’efficacia.

Meme5 Eleonora Muru CanadaUsa

Un esempio può essere il caso della campagna di Spotify costruita sul meme “me, also me”, ovvero un parallelismo tra due foto che rappresentano l’intenzione ideale e poi l’azione reale dell’utente, che si rivela essere il suo completo opposto. L’utilizzo dello strumento dell’iperbole è proprio ciò che spezza il flusso narrativo e consente al lettore di auto-ironizzare sul suo difetto, ma per ottenere il risultato è necessario che il format sia adeguato. Spotify, nel tentativo di rimanere fedele all’identità visuale del brand, ha perso l’adesione alle caratteristiche proprie del meme: ha mantenuto un orientamento verticale tipico della sua piattaforma (mentre il meme si sviluppa in orizzontale) e ha utilizzato un’immagine professionale e glamour, mentre i meme riescono a raggiungere il loro risultato attraverso la semplicità, colpiscono se vengono direttamente dal quotidiano anche nell’aspetto, perciò risultano perfetti solo se sono imperfetti. 

 

6. Conclusioni 

I meme, perciò, sono degli strumenti potenzialmente molto potenti, un aggancio che può funzionare in modo liscio, rapido e senza intoppi arrivando immediatamente al destinatario. La buona riuscita di un meme non è un’impresa semplice, anzi è molto pericoloso ricorrere all’utilizzo di questo strumento, poiché è facile che risulti forzato, perda la sua naturalezza e venga perciò respinto dal gruppo che in realtà voleva conquistare. Le leggi del meme sono apparentemente semplici ma in realtà abbastanza complesse: si basano su un meccanismo di funzionamento molto sottile, quasi impercettibile, ed è questo lavoro di sottofondo a renderli così efficaci e tutt’altro che superficiali. Per crearli in modo giusto è necessario essere ben consapevoli della cerchia che si vuole raggiungere, conoscerla dall’interno, condividerne i linguaggi e il bagaglio culturale. Solo così l’uso di un meme può essere uno strumento efficace.

 

7. Sitografia

Meme Story: vi raccontiamo la storia dei meme, da drcommodore.it (data di ultima consultazione: 29/12/21) 

Cos’ è un meme? Definizione, significato, esempi, da studiosamo.it (data di ultima consultazione: 29/12/21)

I meme: cosa sono e perché divertono i giovani, da www.lasud.eu (data di ultima consultazione: 29/12/21)

Meme: nascita e maturità di un fenomeno che ha cambiato le regole della comunicazione, da rbhq.it (data di ultima consultazione: 29/12/21)

Meme marketing: come e perché usare i meme nella strategia di contenuti, da www.mediabuzz.it/ (data di ultima consultazione: 29/12/21) 

 

Foto 1 da wikimedia.org (data di ultima consultazione 27/12/2021)

Foto 2 da allpostersimages.com (data di ultima consultazione 27/12/2021)

Foto 3 da pxhere.com (data di ultima consultazione 29/12/21)

Foto 4 da acpcpsychology.com (data di ultima consultazione 29/12/2021)

Foto 5 da musebycl.io (data di ultima consultazione 27/12/2021)