Mattia Arioli
Kamala Khan è la prima supereroina musulmana ad apparire come protagonista di una propria testata, Ms. Marvel (2014). Questa serie, pubblicata dalla Marvel, ha fatto il suo debutto a febbraio del 2014 ottenendo un immediato riscontro da parte del pubblico ed eccedendo le aspettative del gruppo creativo che si cela dietro il progetto.
Il personaggio nasce da un’idea dell’editrice Sana Amanat durante un confronto con Stephen Wacker. Dopo aver ascoltato alcuni aneddoti riguardanti le difficoltà incontrate da Amanat in quanto donna pakistana residente nel New Jersey, Wacker la incoraggia a creare un personaggio che rispecchi il suo background etnico. Come riportato da Amanat, Wacker le chiese: “Wouldn't it be nice if we had a superhero for all those girls that are growing up the way that you did?” (Files, 2013).
Presa la decisione di creare un’eroina musulmana, i due editori si sono affidati alla penna di Gwendolyn Willow Wilson, una sceneggiatrice di fumetti residente a Seattle e convertitasi all’Islam nel 2003. I disegni, invece, sono stati affidati agli artisti Adrian Alphona e Jamie McKelvie. La diversità del gruppo creativo è probabilmente alla base del successo ottenuto dal fumetto che è riuscito a dare un ritratto complesso della comunità islamica, mostrandone sfaccettature diverse. Infatti, Ms Marvel presenta una particolare attenzione per i dettagli che permettono all’opera di trattare argomenti potenzialmente sensibili (genere, etnia e religione) senza cedere a stereotipi o a un ritratto della comunità musulmana eccessivamente politically correct attraverso personaggi piatti e generici.
Kamala Khan, la protagonista della serie, è un’adolescente pakistana inserita nel contesto statunitense post 11 settembre. Seguendo l’esempio dei personaggi creati da Jack Kirby e Stan Lee, Kamala è un personaggio in cui è facile riconoscersi. Il sentimento di inadeguatezza e il desiderio di essere accettati e appartenere a un gruppo rappresenta un cliché narrativo della coming-of-age-story. Tuttavia, il successo di questo genere testimonia un determinato grado di identificazione da parte del pubblico che non si stanca di vedere la reiterazione dello stesso archetipo (incontro-scontro con il mondo degli adulti, la ricerca di una propria identità, la presenza di riti di passaggio), declinato in questo caso secondo i canoni del genere supereroistico (Wolverine svolgerà il ruolo di mentore). Ms. Marvel non ripete soltanto una formula collaudata, ma riesce a reinventare una storia di formazione dando un tocco femminista e moderno. Una scelta che fatto guadagnare all’opera nomine a vari premi di settore e la vittoria di uno Hugo Award nel 2015.
Nella storia dei fumetti Marvel, il titolo di Ms. Marvel è originariamente appartenuto al personaggio di Carol Danvers, un personaggio tornato alla ribalta a partire dal 2006 dopo anni di cattiva scrittura. Durante la sua storia editoriale, Carol “had run into many obstacles that prevented her from reaching her full potential—rape, amnesia, sexism, alcoholism, and worst of all, bad writing” (Madrid, 2009: 315). Il processo di riabilitazione del personaggio ha raggiunto il suo apice solo nel 2012 quando ha abbracciato l’identità di “Captain Marvel” abbandonando definitivamente il titolo di “Ms”.
Nel 2014, la sceneggiatrice Kelly Sue Deconnick e gli artisti David Lopez e Lee Loughridge danno vita alla nuova serie Captain Marvel. Come osservato da Osvaldo Oyola (2014), DeConnick ha cercato nel suo lavoro di riscrittura di rendere manifesto il presunto sottotesto femminista del personaggio. Infatti, all’epoca della sua pubblicazione il “Ms.” presente davanti il nome del personaggio suggeriva una presa di posizione ideologica precisa. Il titolo di Ms. indicava la volontà da parte delle femministe dell’epoca di non essere identificate attraverso il loro stato civile: il titolo di Miss si applica soltanto alle donne nubili, mentre Mrs. è usato soltanto per le donne sposate che assumono il cognome del marito. Questo tipo di distinzione non si applica all’uomo per cui è usato indistintamente il termine Mr. A questo proposito è interessante notare come negli stessi anni in cui apparve la testata Ms. Marvel, l’attivista e femminista Gloria Steinem fondava il giornale Ms. (1972).
Tuttavia, nonostante le premesse femministe contenute nel titolo della serie, il personaggio continuò a presentare stereotipi di genere (dovuti probabilmente al fatto che all’epoca gli autori erano uomini). Il corpo di Carol continua a essere ipersessualizzato e l’eroina è spesso ritratta in pose improbabili atte soltanto a metterne in evidenza le curve come se l’unico mezzo per ottenere potere e visibilità fosse la riduzione della donna a oggetto del desiderio. Allo stesso modo il costume indossato lascia esposto buona parte del corpo.
Oltre al cambio di appellativo, il rilancio del personaggio nel 2014 ha comportato un cambio di outfit. Questa scelta è stata dettata dalla duplice volontà di valorizzare il personaggio femminile e rendere omaggio al passato militare della protagonista. Non stupisce dunque la volontà di DeConnick di riscrivere la storia del personaggio focalizzandosi sul contributo femminile all’esercito americano, sfatando così l’immagine della guerra come prettamente maschile. Le donne si dimostrano capaci della stessa determinazione degli uomini. In contrasto con i cliché del genere, in quest’opera i personaggi femminili non sono definiti dai loro interessi romantici, ma dalla propria forza di volontà e ambizione.
Conseguente all’assunzione del titolo di “Captain”, il titolo di “Ms.” rimane vacante per due anni, quando la Marvel decide di far ricoprire questo ruolo all’adolescente Kamala Khan. Un passaggio di testimone reso evidente già dal primo numero della nuova Ms Marvel. Fin dall’inizio il lettore è invitato a vedere elementi di continuità e discontinuità tra i due personaggi.
Kamala è introdotta come un’adolescente comune che ama scrivere fanfictions e idolatra Carol Danvers e gli Avengers. Questi personaggi popolano la sua fantasia e la accompagnano fino al momento della sua transizione in supereroina. Infatti, quando scoppiano le bombe Terrigene, che attiveranno i suoi super poteri, Kamala ha un’allucinazione che le permette di vedere Iron Man, Carol Danvers e Capitan America, i quali le preannunciano la sua trasformazione.
La nuova incarnazione del personaggio di Ms. Marvel porta avanti istanze femministe facendo fare loro un passo in avanti rispetto alla versione originale del personaggio. Da un punto di vista narrativo, Kamala Khan non è stata introdotta né come interesse amoroso di un eroe maschile né come membro femminile di una squadra. Il fumetto lascia intuire una possibile cotta di Bruno (un amico di Kamala) verso la protagonista, ma questo sentimento non è corrisposto. La mancanza di reciprocità testimonia come l’eroina principale non sia definita attraverso le sue relazioni, ma attraverso processi di autodeterminazione. Infatti, i nuclei centrali del racconto sono l’indagine della propria identità e la volontà di soddisfare le aspettative dei propri genitori. Ed è proprio la ricerca di normalità (e la sua eventuale esistenza) a essere il focus della prima parte della serie, intitolata appunto Ms. Marvel Volume 1: No Normal (2014).
I fumetti hanno spesso prodotto immagini ipersessualizzate delle proprie eroine rendendole oggetti per il consumo del lettore. L’opera creata da Wilson si discosta da questo stereotipo disegnando la propria protagonista sedicenne come una ragazzina priva di curve. Anzi, il fumetto sembra cogliere le critiche riguardo questo tipo di rappresentazione attraverso dialoghi dal contenuto metanarrativo.
Durante l’allucinazione dovuta alle Nebbie Terrigene provocate dalla bomba, Captain Marvel chiede a Kamala chi vuole essere e lei risponde: “I want to be you... Except I would wear the politically incorrect costume and kick butt in giant wedge heels” (Wilson, 2014:20). Il desiderio viene magicamente esaudito (Kamala ha il potere di assumere l’aspetto di altre persone e modificare il proprio corpo a piacimento). Tuttavia, dopo qualche vignetta la ragazza capisce l’errore commesso e di aver scambiato l’ipersessualizzazione del personaggio con l’empowerment femminile. Infastidita dalla scomodità dell’abbigliamento assunto subito dopo la trasformazione, Kamala commenta “This is what I asked for, right? So why don’t I feel strong and confident and beautiful? Why do I just feel freaked out and underdressed?” (Wilson, 2014:26)
Il desiderio di Kamala di essere attraente ha anche connotati etnici: la propria insicurezza la porta sempre a trasformarsi in una donna bionda con gli occhi azzurri, tradendo un probabile desiderio di assimilazione. Tuttavia, dopo alcune trasformazioni, l’eroina comprende che l’attenzione data al proprio aspetto fisico le impedisce di usare al meglio i propri poteri. Questa consapevolezza la porterà a rigettare il vecchio costume indossato da Carol Danvers e crearsene uno nuovo, capace di adattarsi ai suoi nuovi poteri. Il nuovo costume diventa quindi un mezzo per esprimere una rinnovata consapevolezza nelle proprie potenzialità e non più un mezzo per raggiungere uno status. Il costume creato da Kamala è anche un riferimento alla propria cultura, essendo stato creato usando un burkini come base.
Attraverso l’appropriazione del costume, appare evidente come Ms. Marvel diventi un titolo di cui potersi fregiare. L’appellativo si discosta così dalla persona fisica di Carol Danvers. Questo passaggio è importante in quanto apre la strada a un concetto di femminilità diverso e adattabile ai diversi contesti. L’empowerment femminile è qui mediato attraverso nuovi filtri : l’etnia e la religione.
Considerato il ruolo giocato dal costume nella storia principale, è interessante notare la scelta di Gwendolyn Willow Wilson di non far indossare al suo personaggio un hijab. Come discusso dall’autrice in una intervista: “I’ve been wearing hijab for ten years, but I wanted to make her representative of Muslim woman at large, and the majority does not wear hijab” (Ali, 2013: web) Al contrario, Nakia, la migliore amica di Kamala, decide di indossare il velo nonostante la contrarietà dei genitori di origine turca che non vedono quel simbolo come appartenente alla propria cultura. L’hijab non è mai al centro del racconto, tuttavia diventa uno strumento per mostrare la fluidità dell’identità musulmana e confutare la percezione del velo come frutto di una imposizione patriarcale.
Il potere di cambiare forma diventa anche una “visual metaphor” (Rifkind et al., 2019) capace di veicolare i disagi provati dagli adolescenti nei confronti del proprio corpo. Queste sproporzioni di parti anatomiche ricordano gli espedienti visivi utilizzati da Marjane Satrapi in Persepolis (2000) per indicare la pubertà. Ancora una volta il corpo diventa un elemento fondamentale per riflessioni identitarie.
Un altro aspetto fondamentale di questo fumetto è l’elemento religioso. L’Islam e i suoi precetti fanno percepire i musulmani come Altro rispetto alla presunta norma cristiana mainstream. Questo appare evidente attraverso il desiderio di normalità di Kamala che, osservando della carne di maiale, ironicamente commenta: “delicious, delicious infidel meat” (Wilson, 2014:1). Un sentimento riaffermato qualche pagina successiva: “Who was I kidding? I can never be one of them, no matter how hard I try I’ll always be poor Kamala with the weird food rules and crazy family” (Wilson, 2014: 13).
Come osservato da Shenila Khoja-Moolji e Alyssa Niccolini (2015), sebbene durante l’allucinazione di Kamala Captain Marvel parli Urdu, l’identità di Carol Danvers continua ad avere forti legami con la cristianità. Infatti, durante la sua apparizione, la raffigurazione dell’eroina richiama l’iconologia sacra cristiana, ricordando dipinti sulla Trasfigurazione di Gesù (ancora una volta è presente il tema della metamorfosi). Questa scelta serve a mostrare come la presunta “Americanness” di molti degli eroi mainstream sia connotata da un punto di vista razziale e religioso. Appare quindi evidente la sfida raccolta dalla serie Ms. Marvel che tenta di declinare il concetto di eroismo e identità americana a nuovi contesti etnici e religiosi.
Se il ruolo degli Avengers nella formazione di Kamala è innegabile, la religione gioca una parte altrettanto importante. Quando la situazione necessita un gesto eroico da parte di Kamala dei versetti del corano le tornano in mente: “Whoever kills one person, it is as if he has killed all of mankind... And whoever saves one person, it is as if he has saved all of mankind” (Wilson, 2014:26). L’opera cerca quindi di mostrare come la nobiltà d’animo e il coraggio siano parte della religione musulmana.
Il fumetto cerca anche di decostruire il ritratto del musulmano come irrazionale, irascibile e patriarcale attraverso la figura del padre di Kamala. Infatti, il genitore della protagonista alterna momenti di fermezza e autorità ad attimi di dolcezza e protezione nei confronti della figlia. Atteggiamenti dicotomici che cercano di restituire al lettore la complessità psicologica del personaggio (del padre). Si cerca di mostrare una varietà di atteggiamenti diversi nei confronti della fede evitando ogni forma di stereotipizzazione e omogeneizzazione dei personaggi.
Il fumetto sembra, inoltre, evidenziare l’islamofobia presente nella società americana dopo l’11 settembre. Ad esempio, durante uno scontro a fuoco in cui Kamala risulta ferita, l’eroina rifiuta l’arrivo del soccorso medico dicendo: “I have to hide. The police can’t know it’s me. My parents will freak, the NSA will wiretap our mosque or something, and then they will sell me to science!” (Wilson, 2014:70). Anche la scelta di ambientare il fumetto a Jersey City sembra andare in questa direzione. Infatti, dalla città è possibile vedere lo skyline di New York. La connessione tra le due città è resa evidente anche dal memoriale “Empty Sky” costituito da due muri gemelli orientati verso “Ground Zero”.
Infine, nel 2015, Kamala Khan è stata utilizzata anche come testimonial per campagne contro l’islamofobia a San Francisco dove uno street artist ha utilizzato l’immagine dell’eroina per coprire inserti pubblicitari razzisti affissi su alcuni autobus della città (NBC, 2015).
La nuova serie Ms. Marvel riconfigura il ruolo delle donne all’interno del fumetto andando contro alcuni stereotipi e cliché narrativi del genere. Infatti, il personaggio di Kamala Khan sembra aderire alle linee guida scritte da Anna Jorgensen e Arianna Lechan (2013) per una corretta rappresentazione del genere femminile: il personaggio è tridimensionale, indipendente, non ipersessualizzato per il solo consumo dello spettatore e la violenza fisica non è usata come mero strumento per far progredire la trama. Non solo la serie evita di riprodurre tutti questi cliché sessisti, ma riesce anche a complicare la nozione di empowerment femminile declinandola in un nuovo contesto etnico e religioso.
Ali, Dilshad D. (2013). Interview: G. Willow Wilson On the Creation of the Newest Muslim-American Comic Superhero. Patheos. Testo completo https://www.patheos.com/blogs/altmuslim/2013/11/interview-g-willow-wilson-on-the-creation-of-the-newest-muslim-american-comic-superhero/ (ultimo accesso 24/09/19).
Files, Emily (2013). Meet the new Ms. Marvel - a female, Muslim, Pakistani superhero. PRI. Testo completo https://www.pri.org/stories/2013-11-11/meet-new-ms-marvel-female-muslim-pakistani-superhero (ultimo accesso 18/10/19)
Jorgensen, Anna e Lechan Arianna (2013) "Not Your Mom's Graphic Novels:Giving Girls a Choice Beyond Wonder Woman." Technical Services Quarterly, 30:3, 266-284.
Khoja-Moolji, Shenila S. e Niccolini, Alyssa D. (2015). "Comics as public pedagogy: Reading Muslim masculinities through Muslim femininities in Ms. Marvel." Girlhood Studies, 8(3), 23-39.
Madrid, Mike (2009). The supergirls: Fashion, feminism, and the history of comic book heroines. Minneapolis: Exterminating Angel Press.
NBC (2015). Comic Heroine Ms. Marvel Saves San Francisco From Anti-Islam Ads. Testo completo: https://www.nbcnews.com/news/asian-america/comic-heroine-ms-marvel-saves-san-francisco-anti-islam-ads-n294751 (ultimo accesso 24/09/19).
Oyola, Osvaldo (2014). “Let’s Rewrite Some History”: Captain Marvel & Feminist Revisionism. The middle spaces. Testo completo https://themiddlespaces.com/2014/01/21/captain-marvel-feminist-revisionism/ (ultimo accesso 23/09/19)
Rifkind, Candida, Jamie Michaels, and Keegan Steele (2019). “Graphic Content: A Conversation on Comic Biography and History.” Sequentials, vol. 1, no. 3.
Wilson, Gwendolyn Willow e Alphona, Adrian (2014). Ms. Marvel Volume 1: No Normal. New York: Marvel Worldwide, Inc.
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