“Il sole sta fermo e la Terra si muove”: Brecht in America e il "Galileo"

Valeria Pezzini

La Vita di Galileo di Bertolt Brecht è senza dubbio uno dei drammi fondamentali del Novecento. La sua genesi lunga e complicata, il suo protagonista Galileo Galilei e i numerosi spunti di riflessione che ancora oggi suscita, hanno reso l’opera un vero e proprio classico contemporaneo, ancora oggi frequentemente in scena nei più importanti teatri del mondo.  

La seconda versione del dramma, cosiddetta americana, scritta durante l’esilio dell’autore negli Stati Uniti, è stata fondamentale per determinarne il successo e la forza, caricando l’abiura di Galileo di un significato attuale ed etico che conduce a riflettere sui limiti del progresso umano.

 

Indice

1. Esordi di un genio: Bertolt Brecht
2. L’esilio danese
3. “Un maestro senza allievi”: l’esilio americano
4. “Il sole sta fermo e la Terra si muove”: Vita di Galileo
5. Il Galileo americano
6. Conclusioni
7. Bibliografia / Sitografia

 

1. Esordi di un genio: Bertolt Brecht

Bertolt Brecht, uno dei grandi protagonisti della letteratura novecentesca e antifascista, nasce ad Augusta, una piccola città della Baviera, ed è educato fin da piccolissimo dalla madre, di fede protestante, alla lettura della Bibbia, che rimarrà sempre fonte di grande ispirazione. Fin da adolescente scrive poesie e drammi per il suo teatro di burattini e ha una solida formazione letteraria: le sue letture preferite sono i poeti maledetti e Shakespeare.
L’esperienza come infermiere militare nel 1918 rafforzerà il suo pacifismo, che rende esplicito anche nei suoi testi. Emblematica la Leggenda del soldato morto (1918), una ballata in versi fortemente ironica in cui il Kaiser Guglielmo II arriva a far resuscitare i propri soldati soltanto per mandarli nuovamente a morire al fronte. Il componimento finisce pochi anni dopo sulla lista nera del Partito nazionalsocialista.

Nei primi anni Venti Brecht si avvicina al movimento rivoluzionario e si interessa più direttamente alla politica, convinto che sia necessario un rinnovamento economico e sociale nel mondo contemporaneo. La notorietà arriva già con le prime opere, di atmosfera espressionista.

Monaco è troppo provinciale per le ambizioni di Brecht, che nel 1924 si stabilisce con la futura moglie, l’attrice e musa Helene Weigel, a Berlino, vivace capitale anche culturale della giovane Repubblica di Weimar. Il trasferimento a Berlino ha anche una ragione politica: il partito nazionalsocialista di Adolf Hitler stava acquisendo in Baviera sempre più consensi e dopo il putsch di Monaco la situazione era diventata preoccupante. La vivacità del clima berlinese convince ulteriormente Brecht della necessità di una riforma nel teatro, che reputa strumento imprescindibile per la comprensione della realtà da parte dello spettatore.

Così, elabora la teoria del “teatro epico”, che, a differenza di quello tradizionale, definito “aristotelico”, mira a mostrare la finzione teatrale e a scoraggiare l’immedesimazione dello spettatore mediante il cosiddetto “straniamento”, raggiunto con una serie di espedienti (musica, cartelli con scritte, modalità di recitazione) e a favorire piuttosto una riflessione del pubblico sulla propria società e sulle possibilità di cambiarla. Brecht teorizza quindi una forma di teatro spiccatamente politica, improntata alla rivoluzione economica e sociale.

Mentre la sua poetica si delinea in maniera sempre più precisa, Brecht approda al marxismo, passo decisivo anche nell’elaborazione della sua estetica teatrale. Il 1928 è l’anno del grande successo: viene portata in scena L’opera da tre soldi, adattamento della Beggar’s Opera del britannico John Gay. L’opera presenta numerose caratteristiche che saranno tipiche brechtiane e le sue canzoni, scritte in collaborazione con il geniale Kurt Weill, diventano celeberrime.

Il successo dell’opera spinge Brecht a una serie di riflessioni ed esperimenti finalizzati alla realizzazione della sua grande ambizione: stimolare la nascita di una coscienza collettiva nello spettatore e di conseguenza nella società. Lo strumento privilegiato per giungervi è il dramma definito da Brecht “didattico”, a cui si dedica all’inizio degli anni Trenta. 

Il dramma didattico senza dubbio più conosciuto e riuscito è Santa Giovanna dei Macelli (1930) ambientato a Chicago e con protagonisti i magnati delle industrie di carne in scatola, che, ironicamente, sfruttano i propri operai trattandoli come carne da macello. Una giovane donna, Giovanna, vorrebbe portare giustizia e mediare tra le parti, ma viene ingannata e tradita dai propri compagni e, morente, viene “santificata” dallo stesso potere contro cui ha combattuto. Il dramma propone una lettura fortemente critica del capitalismo americano, portato all’esasperazione e in profonda crisi dopo la Great depression.  

L’atmosfera in Germania non è delle migliori per Brecht: il partito nazista ha ottenuto la maggioranza alle elezioni e lui viene percepito come un nemico temibile, tanto da proibire la rappresentazione delle sue opere. Il 28 febbraio 1933, il giorno dopo l’incendio del Parlamento, Brecht fugge da Berlino con la moglie e il figlio e si rifugia a Praga. Qualche mese dopo, i nazisti bruceranno le opere dei nemici del regime, tra cui le sue.  

Inizia un lungo e doloroso esilio, che terminerà solo nel 1947.

2. L’esilio danese

Brecht, ancora incerto, si sposta inizialmente tra Francia, Svizzera e Austria. Nell’agosto del 1933 giunge a Skovsbostrand, in Danimarca. Nell’isolamento si dedica a poesie, trasmissioni radiofoniche e articoli per riviste. Presto è animato da una nuova missione: interrogarsi e ottenere risposte sull’origine del nazismo e sul suo consenso e trovare il modo di opporvisi e combatterlo con i mezzi dell’arte.

Proprio per questo nel 1935 si reca al Congresso degli scrittori antifascisti a Parigi, ma torna sconsolato e dubbioso sulla possibilità di una letteratura antifascista. In questo periodo scrive Terrore e miseria del Terzo Reich, 24 brevi scene che smascherano la crudeltà della dittatura hitleriana. Una delle chiavi di lettura di questo particolare periodo della produzione brechtiana è il saggio Cinque difficoltà per chi scrive la verità, in cui vengono esplorate le doti necessarie per sopravvivere a tempi duri come quelli contemporanei e per continuare a trasmettere e raccontare. Questo principio sarà fondamentale per l’elaborazione di numerosi personaggi brechtiani dell’esilio, tra tutti il Galileo, personificazione del conflitto morale tra potere e verità.
Temendo l’occupazione nazista della Danimarca, Brecht è preparato a fuggire in Svezia, ma prima, come annota nel suo diario il 23 novembre 1938, ha completato in sole tre settimane un nuovo dramma: Vita di Galileo (Leben des Galilei). Il Galileo verrà rielaborato più volte fino a poco tempo prima della morte.
Per circa un anno Brecht si stabilisce in Svezia e poi in Finlandia, ma è ormai intenzionato a scappare oltreoceano: le tappe nel Nord Europa sono motivate solo dalle difficoltà che incontra a farsi rilasciare un visto per gli Stati Uniti, dove sbarca finalmente nel 1941.

3. “Un maestro senza allievi”: l’esilio americano

Brecht si trasferisce in una casetta a Santa Monica, in California, come avevano fatto molti altri illustri immigrati tedeschi prima di lui: il premio Nobel Thomas Mann e suo fratello Heinrich, ma anche Theodor Adorno, che avrà la possibilità di incontrare nuovamente.

L’esilio americano è un periodo complicato e tragico per Brecht, che deve farsi spazio in America, dov’era praticamente sconosciuto, così come lo era il teatro epico. Molte delle opere brechtiane, infatti, non sono state tradotte in inglese o pubblicate in America fino agli anni Sessanta, quando l’autore era già scomparso. Ulrich Weisstein osserva, inoltre, che, ai tempi dell’esilio di Brecht, l’America si trovava in una situazione culturale molto diversa rispetto a quella tedesca dello stesso periodo e questa sarebbe la ragione del poco interesse del panorama teatrale statunitense nei confronti del genio tedesco. Brecht stesso ne era consapevole ed era solito definirsi un “maestro senza allievi” (Knopf, 2002; 363).

Per potersi dedicare in serenità ai suoi drammi e per ovviare alle difficoltà economiche, cerca di lavorare come sceneggiatore per il cinema, ma i rapporti con l’industria cinematografica non sono mai semplici. Ciononostante, riesce a ottenere qualche collaborazione sufficiente a provvedere alla famiglia. Il più importante contributo è quello con il regista Fritz Lang, con cui lavora al film di Hollywood Hangmen Also Die (1943), che racconta dell’attentato organizzato da partigiani cecoslovacchi in cui morì il capo delle SS Reinhard Heydrich. Il nome di Brecht non figura però tra i titoli di coda del film perché John Wexley pretese di apparire come unico sceneggiatore. Negli anni dell’esilio americano lavora a drammi che hanno a che fare con i recenti eventi legati alla Guerra Mondiale.

Ovviamente anche l’aspetto politico gioca un ruolo fondamentale nell’atteggiamento di Brecht nei confronti degli Stati Uniti e viceversa. Lo scrittore considerava l’America un mondo estraneo, pregno di puritanesimo, poco stimolante e poco vivace culturalmente e, soprattutto, un ambiente non accogliente per un intellettuale risaputamente marxista come lui. Infatti l’FBI lo sorvegliava fin dall’ingresso degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Anche nel dopoguerra la situazione è la stessa: nel 1947 Brecht viene accusato di essere un “enemy alien” dal House Committee on Un-American Activities. L’autore era sospettato di aver scritto testi rivoluzionari e di intrattenere contatti con il partito comunista. Il 30 ottobre 1947 viene convocato per un interrogatorio che passerà alla Storia. Brecht mette in atto una vera e propria messa in scena davanti alla commissione: finge di non capire le domande, di confondersi sulla sua propria data di nascita e risponde ironico alle domande del pubblico ministero. Ad esempio, gli viene citata in traduzione inglese una canzone tratta dal film Kuhle Wampe, il cui testo ha un evidente contenuto rivoluzionario:

 

Workers of the world, uniting/ That’s the way to lose your chains. / Mighty regiments now are fighting / That no tyranny remains!

 

Il pubblico ministero chiede a Brecht se sia opera sua ed egli risponde di non aver scritto questo ma a German poem che suonava molto diverso.  

Con una serie di altri espedienti simili, Brecht riesce a divincolarsi dall’incresciosa situazione e all’indomani dell’interrogatorio è pronto a lasciare gli Stati Uniti per sempre.  

Tornerà a Berlino, di cui sceglierà il settore orientale, e lì fonderà il suo teatro, il Berliner Ensemble, a cui si dedica fino alla sua morte, avvenuta nel 1956

 

 4. "Il sole sta fermo e la Terra si muove": Vita di Galileo

Una delle più importanti tappe dell’esilio americano è la rielaborazione della Vita di Galileo, stesa per la prima volta in Danimarca. Del Galileo, infatti, esistono tre principali versioni, cosiddette ‘danese’ (la prima), ‘americana’ e ‘berlinese’, rimaneggiata dopo il rientro in Germania e prima della morte.
Il dramma ripercorre la storia di Galileo Galilei e il suo difficile rapporto con le autorità ecclesiastiche, che lo spinsero all’abiura delle sue più sorprendenti scoperte scientifiche. Vita di Galileo si concentra proprio sul rapporto tra la scienza e il potere e indaga sulle ragioni della rinuncia dello scienziato. L’interpretazione di tale evento, infatti, costituisce la differenza fondamentale tra le versioni dell’opera.
La versione danese, composta da sole 13 scene, o, come Brecht preferiva, “quadri”, ha per protagonista un Galileo fortemente positivo, un uomo di scienza che combatte per la verità che ha finalmente portato alla luce. L’abiura di Galileo è in questa prima versione un sottile gioco d’astuzia elaborato dallo scienziato per poter continuare a lavorare sui propri studi clandestinamente e proteggere quanto già dimostrato.
Il Galileo ‘danese’ non è stato sconfitto dalla violenza del potere: ha ceduto, ma continua a lavorare per la difesa della verità, sperando ancora nel trionfo della scienza. La storia dello scienziato, ambientata nel Seicento, non può che sollevare analogie con il contesto storico contemporaneo, lo stesso Brecht è un intellettuale emigrato perché oppositore di un regime che soffoca non solo la libertà d’espressione, ma anche la stessa verità. L’atteggiamento di Galileo è giustificabile considerando l’anno di stesura dell’opera, il 1938, quando la Guerra Mondiale non era ancora scoppiata e la sua devastazione non era nemmeno immaginabile. Brecht al tempo conservava un’attitudine positiva nei confronti della scienza, che sarebbe progredita anche in tempi bui come quelli della dittatura nazista, nonostante molte personalità illustri del mondo scientifico avessero accettato di collaborare con il regime. Mentre Brecht compie le ultime modifiche di questa versione del dramma, nel febbraio del 1939 viene annunciata la notizia della scissione dell’atomo di uranio e, a mano, annota sul manoscritto del Galileo un’ultima frase, che il protagonista rivolge al suo allievo:

 


Galileo: “Ci sono posti in cui vengono attuate scoperte importantissime che accresceranno a dismisura gli agi dell’umanità, mentre ci sono enormi zone di questo mondo che giacciono avvolte nel buio. Abbiti riguardo quando attraversi la Germania con la verità riposta sotto al mantello” (Brecht, 1994: XVIII)



Il dramma in questa versione viene portato in scena nella neutrale Svizzera. Nella Zurigo del 1943 il pubblico è positivamente colpito dalla figura di Galileo e applaude al termine di ogni scena, come a sostenere a ogni scroscio l’ammirazione per il protagonista.

 

5. Il Galileo americano 

Nel 1944 il regista-produttore americano Jed Harris si interessa al Galileo e dopo cinque anni dalla prima stesura, Brecht decide di rimettervi mano, criticando egli stesso la prima versione. Brecht nel 1944 sostiene che, abiurando, Galileo abbia non solo perso la sua credibilità come uomo, ma abbia anche sminuito il valore del proprio lavoro. La versione americana del dramma viene scritta ed elaborata in lingua inglese da Brecht insieme all’attore cinematografico britannico Charles Laughton, che sarà l’interprete di Galileo.  

Anche la versione americana comprende 13 scene, ma si presenta molto più breve e sintetica. Per questa rielaborazione Brecht si allontana dalla figura storica di Galileo, che aveva studiato con attenzione durante il periodo danese, per renderlo a tutti gli effetti un personaggio di finzione.  

Il Galileo americano interpreta l’abiura come un atto di tradimento e di codardia da parte dello scienziato, che alla fine dell’opera pronuncia un’autoaccusa. Galileo ha trascurato la responsabilità individuale nei confronti delle proprie scoperte e per questo è colpevole di fronte alla società:

 

Galileo: A man who doesn't know the truth is just an idiot, but a man who knows the truth and calls it a lie is a crook.” (Bentley, 1994:25) 

 

La questione della responsabilità individuale è una novità della versione americana, che esplora i vincoli a cui Galileo è sottoposto, in relazione alle possibilità di liberarvisi. Lo scienziato, infatti, sembra suggerire il dramma, aveva un’alternativa all’abiura, ossia difendere il proprio lavoro anche a costo della vita e diventare un modello da imitare nel suo combattere per la rivendicazione della verità.  

Galileo si macchia di un vero e proprio crimine di fronte alla società e il suo pentimento si pone come un’ammonizione allo spettatore dell’epoca, che è inevitabilmente portato a riflettere sul difficile ruolo dello scienziato in un mondo in guerra, dilaniato da conflitti e piegato da totalitarismi.  

La versione americana, intitolata semplicemente Galileo, va in scena nel 1947 a Los Angeles e New York e registra una grande affluenza di pubblico, anche motivata dalla presenza del celeberrimo Laughton nei panni del protagonista.  

La critica non si dimostra entusiasta: il contenuto desta sospetti, Brecht non è particolarmente amato e la forma teatrale epica non è totalmente compresa e apprezzata.  

A distanza di più settant’anni, comunque, la versione americana è quella maggiormente rappresentata nei Paesi anglofoni.  

Il sostanziale punto di forza della versione americana del Galileo e la rielaborazione del protagonista, che da eroe positivo si trasforma in un antieroe da condannare, è da individuare nella sua sorprendente attinenza alle circostanze storiche e culturali del periodo della sua genesi.
Il tema della responsabilità individuale dello scienziato nei confronti delle proprie scoperte riporta alla mente una tragedia che di lì a poco avrebbe colpito l’umanità: Il 6 agosto 1945 viene sganciata la bomba atomica su Hiroshima e tre giorni dopo è la volta di quella su Nagasaki.
Brecht aveva, a dire il vero, già deciso circa un anno prima di far pentire Galileo della sua abiura, ma dopo Hiroshima, ammette, la vicenda si può leggere sotto una luce nuova e potente. Il crimine di Galileo, sostiene Brecht, è interpretabile come un peccato originale di cui la scienza moderna si è macchiata. La bomba atomica, in questo senso, è il prodotto finale di una scienza borghese assoldata ai potenti che non si cura delle conseguenze e dell’applicazione delle sue scoperte e ignora il suo stesso principio fondante: servire l’umanità per condurla al progresso, mai alla distruzione.

L’atteggiamento brechtiano che emerge da questa conclusione è estremamente pessimista e critico nei confronti della scienza moderna, che sembra non saper sopravvivere alle minacce dei potenti e non saper combattere per la pace in un mondo malvagio. 

 

6. Conclusioni 

Brecht si dedicherà nuovamente, negli anni Cinquanta, al Galileo, occupandosi della realizzazione della prima messa in scena in Germania, nel suo stesso teatro. In quest’occasione modificherà nuovamente il testo includendo anche alcuni elementi della prima versione danese. Ciononostante, anche nella versione finale i presupposti morali ed etici rimarranno quelli introdotti nella versione americana, che, così ha voluto Brecht, è stata quella tradotta per prima in diverse lingue, tra cui l’italiano. Pur non essendo quella definitiva, quella americana è una redazione particolarmente affascinante, intrisa di un pessimismo doloroso, che spinge a riflettere anche sul futuro.  

Le parole finali del Galileo americano, in effetti suonano al lettore/spettatore come un’inquietante profezia:

 

Galileo: Se avessi resistito i naturalisti avrebbero potuto sviluppare qualcosa di simile a ciò che per i medici è il giuramento di Ippocrate: il voto solenne di far uso della scienza ad esclusivo vantaggio dell’umanità. Così stando le cose, il massimo in cui si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo. (Brecht, 1994:241)

 

7. Bibliografia / Sitografia 

Brecht, Bertolt, Leben des Galilei, Suhrkamp Verlag, Berlin, 1967

Brecht, Bertolt, Vita di Galileo, Einaudi, Torino, 1994

Castellari, Marco, “Sia lodato il dubbio!”. Figure di scienziati in Bertolt Brecht in: Marco Castellari (a cura di), Formula e metafora. Figure di scienziati nelle letterature e culture contemporanee, Di/segni, Milano, 2014, pp. 289-314

Knopf, Jan, Brecht-Handbuch: Theater, Lyrik, Prosa, Schriften, J.B. Metzler Verlag, Stoccarda, 2002

Weisstein, Ulrich, Brecht in America: A Preliminary Survey, MLN , Oct., 1963, Vol. 78, No. 4, German Issue (Oct., 1963), pp. 373-39

 

Bertolt Brecht vor dem „Komitee für unamerikanische Umtriebe”, da deutschlandfunk.de (data di ultima consultazione: 03/11/2021)

Und er verändert sich, da grin.com (data di ultima consultazione: 03/11/2021)

 

Immagini

Foto 1 da wikipedia.org (data di ultima consultazione 03/11/2021) 

Foto 2 da engramma.it  (data di ultima consultazione 03/11/2021)

Foto 3 da wikipedia.org (data di ultima consultazione 03/11/2021)