"Tomorrow belongs to me": "Cabaret" e lo spettro del Nazismo

Valeria Pezzini

Approdato per la prima volta nel febbraio 1972 nelle sale cinematografiche americane, Cabaret, diretto da Bob Fosse, è diventato immediatamente un classico. 

Vincitore di ben otto Oscar (tra cui Miglior regia, miglior attrice protagonista a Liza Minnelli e miglior attore non protagonista a Joel Gray) e tre Golden Globes, è incluso nella classifica stilata dall’American Film Institute dei cento migliori film americani di tutti i tempi. 

Oltre a un grande successo di pubblico e critica, il film ha contribuito a innovare notevolmente il genere del musical, puntando su grande originalità di temi ed espedienti artistici e sfatando per la prima volta il cliché del film musicale come frivola (e spesso mediocre) forma di intrattenimento. 

 

1. Dal romanzo al film

2. Le innovazioni di Cabaret

3. Lo spettro del Nazismo in Cabaret

4. Il master of ceremonies: l’oppositore silenzioso

5. Conclusioni

6. Bibliografia / Sitografia

 

1. Dal romanzo al film

Prima di diventare un film, infatti, Cabaret è stato un grande successo di Broadway, rappresentato dal 1966 per più di mille serate e vincitore di numerosi Tony Awards.

Il musical, con musiche di John Kander, testi di Fred Ebb e libretto di Joe Masteroff, era basato sulla commedia teatrale I Am a Camera, di John Van Druten, a sua volta ispirato dal romanzo pseudo-autobiografico Addio a Berlino (1939) di Christopher Isherwood.

Il film è ambientato nella Berlino del 1931, poco prima della caduta della Repubblica di Weimar, e intreccia le vite e le storie di diversi personaggi.Tra i protagonisti, l’affascinante performer di cabaret americana Sally Bowles (Liza Minnelli), che intratterrà una relazione con Brian (Michael York), studente inglese appena giunto a Berlino e l’amico (e amante) di entrambi, il barone tedesco Max (Helmut Grien). 

L’azione si svolge quasi totalmente all’interno del Kit Kat Club, un cabaret frequentato da intellettuali e artisti, luogo di lavoro di Sally e rifugio (per niente sicuro) dagli eventi storici e politici che stanno cambiando la Germania e che di lì a poco cambieranno il mondo intero. Fuori, infatti, aleggia lo spettro del Nazismo, che inevitabilmente colpirà il piccolo cabaret e i suoi frequentatori.

Il ’padrone di casa’ è l’ambiguo e misterioso master of ceremonies interpretato da Joel Gray, che non ha un ruolo all’interno della storia, ma appare solo durante le serate al Kit Kat e non interagisce mai con i personaggi: si rivolge solo al pubblico (del cabaret e del film) e canta molte delle canzoni.

 

2. Le innovazioni di Cabaret

La prima delle storiche innovazioni di Cabaret riguarda proprio il ruolo completamente diegetico della musica. Per la prima volta nella storia del musical le canzoni non vengono semplicemente cantate dai personaggi come una forma di soliloquio o dialogo, ma sono vere e proprie performance anche all’interno della vicenda a cui lo spettatore assiste.

Ogni canzone è infatti un numero musicale rappresentato al Kit Kat Club, con una sola eccezione, Tomorrow Belongs To Me, cantata davanti ai clienti di un Biergarten. Questo espediente artistico si affermerà, grazie a Cabaret, nella gran parte dei musical degli anni Settanta fino ad oggi, si pensi ad esempio a Chicago, anch’esso ambientato nel mondo dello spettacolo.

Cabaret rifiuta poi un ulteriore tratto fino ad allora caratteristico del musical: l’ottimismo e l’innocente frivolezza che hanno reso popolare il genere come forma di intrattenimento per la società del dopoguerra e del boom economico. Cabaret e il suo clima non sono spensierati, sono anzi oscuri e bui come il piccolo Kit Kat Club e come gli anni Trenta a Berlino, di cui il film si propone di tracciare un ritratto non realistico, ma contraddittorio. O almeno è ciò che suggeriscono le prime scene del film, in cui il master of ceremonies, ambiguo personaggio senza nome, forse vero protagonista dell’opera, canta Willkommen per dare il benvenuto ai clienti del cabaret e agli spettatori del film e appare riflesso in un gioco di specchi deformanti.

Molte delle scene, soprattutto durante le performance, sono caratterizzate da un’atmosfera grottesca, che spesso evolve dall’apparente leggerezza all’evidente tragicità e violenza, continuamente suggerite nel film. Da leggersi in questo senso l’inquadratura sull’androgina spettatrice del Kit Kat, omaggio al Ritratto della giornalista Sylvia von Harden di Otto Dix, perseguitato e messo a tacere dal regime nazista come “artista degenerato” e inquietante preludio all’immediato futuro della libertà d’espressione, rappresentata dal piccolo club del film. 

Cabaret prova a seguire l’ombra del Nazismo che già comincia a minacciare i suoi abitanti aleggiando sulla Berlino delle luci, dell’arte e della molteplicità. 

Il film lavora sulla discrepanza tra quello che sa il personaggio, ancora ignaro e incosciente, e quello che sa lo spettatore contemporaneo, che può facilmente cogliere e interpretare i segnali di pericolo sempre più evidenti nella vicenda. 

 

3. Lo spettro del Nazismo in Cabaret

La rappresentazione del Nazismo in Cabaret si realizza soprattutto attraverso le canzoni: succede, infatti, che nelle performance al Kit Kat il partito nazista venga ridicolizzato

Sono presenti però anche scene di violenza da parte dei soldati nazisti nei confronti dei personaggi del film. Tali scene non sono mai indipendenti, ma sono giustapposte a esibizioni musicali che nel frattempo si svolgono al club. 

Ciò succede per esempio durante il pestaggio del proprietario del locale da parte di due camicie brune, inframmezzato da un numero di Schuhplatterl, tipica danza folkloristica bavarese in cui i danzatori si schiaffeggiano, interpretato dal master of ceremonies accompagnato da ballerine. La performance, quasi comica, stride fastidiosamente con la crudeltà a cui si alterna, raggiungendo il punto più inquietante nella risata finale del master

Un simile procedimento caratterizza l’esibizione di Tiller Girls, un numero di ballo apparentemente spensierato. Parallelamente si assiste a una tragedia: i soldati nazisti perseguitano Natalia Landauer, una giovane donna ebrea conoscente dei protagonisti, gridando e uccidendole il cane. Proprio in questo momento l’atmosfera sul palco cambia: le ballerine si sistemano il cappello a mo’ di elmetto e impugnano il bastone come un fucile, lasciando il palco in marcia militare.

La prepotenza nazista non è mai mostrata come fine a se stessa e il regista opera di proposito questa scelta, lo spettatore lo intuisce nel momento in cui Brian si scontra e viene malmenato da un soldato nazista che distribuisce volantini propagandistici. La scena di violenza non si vede, ma in un rapido cambio di scena Brian è ferito, sdraiato su un letto e assistito da Sally. 

Un ruolo particolare ricopre Tomorrow Belongs To Me, l’unica canzone cantata all’aperto e da un personaggio che appare solo in quest’occasione: un adolescente della Gioventù hitleriana. Il testo della canzone fa riferimento a un paesaggio bucolico ed esprime fiducia nel futuro e nel patriottismo. A questo punto il pubblico presente, ad eccezione di Brian, Max e un anziano signore, si unisce al canto del ragazzo, che conclude con il saluto nazista. Il senso della canzone si ribalta quindi completamente, da inno fiducioso e positivo si trasforma in spia di una minaccia incombente, il ragazzo infatti intona: “somewhere a glory awaits unseen/tomorrow belongs to me”. 

Se queste performance sono intrise di significato politico e sociale, quelle di Sally Bowles sono il contrario: i testi delle sue canzoni e i numeri che realizza sembrano completamente staccati dalla realtà, così come lo stesso personaggio, che appare spesso indifferente e poco interessato a tutto ciò che accade attorno a lei, che ha come unico obiettivo il successo. Sally è infatti assente ogni volta che il master of ceremonies si prende gioco del partito nazista

 

4. Il master of ceremonies: l’oppositore silenzioso

La chiave di lettura del film non sono i suoi protagonisti, per cui non si può che simpatizzare, umani a tutto tondo, così diversi dai personaggi piatti e senza evoluzione del musical tradizionale. 

Questo ruolo spetta piuttosto all’ambiguo e inquietante master of ceremonies. Il master è stato più volte interpretato come incarnazione del Nazismo: le performance in cui compare ridicolizzano e paiono minimizzare la situazione politica, mentre il suo ruolo enigmatico confonde lo spettatore.

 In realtà sarebbe fin troppo semplice leggere il master come un collaborazionista, il suo aspetto misterioso e le sue canzoni dovrebbero suggerirne la problematicità: egli è l’anima del cabaret e l’incarnazione di tutto ciò che è sgradito al Nazismo, rappresenta il mondo della notte berlinese e le sue contraddizioni, è l’arte, la libertà, l’originalità che prova a sopravvivere in tempi storici che vorrebbero morta qualsiasi forma di disallineamento rispetto al dogma.

Il master non parla mai, ma dice molto: le sue canzoni sono basate sull’ironia e trattano spesso temi scomodi, talvolta con prese di posizione chiarissime, che la retorica nazista non tollera.

Molto interessante è If You Could See Her, brano d’amore in cui il master invita il pubblico a guardare più in là dell’immagine quando si tratta d’amore. Nella performance la donna amata che affianca il master è un enorme gorilla, alla vista del quale il pubblico ride divertito. Il significato della canzone, però, è molto più profondo, il master chiede rivolgendosi al pubblico se è un crimine innamorarsi e infine conclude la canzone con: “If you could see her through my eyes/she wouldn’t look Jewish at all”. Il gorilla diventa quindi una metafora della percezione della popolazione ebraica da parte della società nel 1931, dopo anni di propaganda antisemita portata avanti dal partito Nazista.

Il messaggio è chiaro: non è l’amore a essere sbagliato, ma come questo è visto dalla società. A un livello più profondo, la critica è anche all’idea fascista della ‘razza’ come insieme di caratteristiche fisiche, oltre che culturali, sfatata dall’ultimo verso della canzone. Nella Germania degli anni Trenta la componente ebraica era talmente assimilata e diffusa da risultare di fatto completamente indistinguibile dal resto dei cittadini, quella del “sembrare” (o del “non sembrare”) ebrei, quindi, è pura retorica nazista

La bellezza e la normalità nel club seguono regole diverse da quelle fissate nella società, o meglio, non seguono regole: le figure che frequentano le serate del cabaret sono anime libere e diversificate, opposte al modello di unità solenne propugnato dal Nazismo e simboleggiato da Tomorrow Belongs To Me. 

In un altro momento il master si disegna sopra alle labbra dei baffi neri e fa il saluto nazista, apparendo di fatto molto ridicolo, un omaggio, probabilmente, al film Il grande dittatore (1940) di Charlie Chaplin, uno dei più celebri esempi di propaganda antinazista

Attraverso gli occhi del master, infine, lo spettatore intuisce il futuro del cabaret: nell’ultima scena tra il pubblico si intravedono soldati con svastiche al braccio, segno che ormai il mondo della notte e della libertà è contaminato da chi cerca di snaturarlo e poi annientarlo definitivamente e il master ci congeda con un Auf Wiedersehen.

 

5. Conclusioni

Cabaret ha rivoluzionato il musical: in un’epoca di benessere e modernità ha puntato a narrare di eventi dolorosi e indimenticabili dalla prospettiva del mondo dell’arte, che presto ne sarebbe stato spazzato via. 

Con ironia e intelligenza, ma sempre con tatto, rappresenta l’incipit di uno dei capitoli più oscuri della vicenda umana e mostra i passi dell’instaurarsi di una dittatura, che penetra negli angoli più remoti della società e la colonizza. Il master assicurava al suo pubblico: “Outside it is winter, but in here it is so hot!”, ma, alla fine, non esiste riparo che possa proteggere dalla Storia

 

6. Bibliografia / Sitografia

Belletto, S., "Cabaret” and antifascist aesthetics, in: “Criticism” Vol. 50, No. 4, (2008), pp. 609-630

Carter, G., Willkommen, Bienvenue, Welcome: The Emcee and the Master of Metaphors in Bob Fosse’s Cabaret, in: “Miranda” Vol. 19 (2019), pp. 2-5

Castells Molina, I., War is a cabaret. Reflejos de la Alemania de entreguerras desde la literatura hasta el cine musical, in: “Revista de Filología Románica” Vol. 33, No. Especial, (2016), pp. 89-100

Faeti, A., Cabaret, treccani.it (data di ultima consultazione 21/04/2021)

 

Immagini

Foto 1 da movieplayer.it

Foto 2 e foto 3 da historynet.com