"I giorni e gli anni": l’America secondo Uwe Johnson

Valeria Pezzini

Conosciuto come “scrittore delle due Germanie” e celeberrimo in patria, Uwe Johnson è quasi sconosciuto in Italia e in America. La sua produzione letteraria, infatti, tematizza perlopiù la vita e le difficoltà della Germania est, così come il conflitto politico, sociale e culturale tra le due Germanie. Il suo capolavoro I giorni e gli anni, però, è molto di più: è un ambizioso progetto che con le sue 2000 pagine, 500 personaggi e 125 luoghi d’ambientazione mira a restituire al lettore uno spaccato della Storia tedesca del Novecento e dell’America (e del mondo) contemporanei.

 

1. Uwe Johnson

2. Jahrestage: anniversari, giorni, anni
3. La vecchia zia: il New York Times
4. Welcome a Stranger: il razzismo ne I giorni e gli anni
5. L’identità ebraica e il confronto con il passato
6. La politica americana ne I giorni e gli anni
7. La New York di Jahrestage
8. Conclusioni
9. Bibliografia e Sitografia

 

1. Uwe Johnson

Uwe Johnson è originario di un paesino della Pomerania, oggi parte della Polonia, ma è cresciuto nella Germania est, allora Repubblica democratica tedesca (DDR). Fin dai tempi degli studi entra in conflitto con le autorità e, seppur convintamente socialista, è restio a conformarsi ai dettami del partito. All’università studia letteratura anglo-americana e tedesca, con l’obiettivo di diventare uno scrittore, e completa a soli 20 anni il suo primo romanzo: la storia di una classe di maturandi della DDR intitolata Ingrid Babendererde. Il romanzo viene proposto a numerose case editrici tedesche-orientali, ma viene rifiutato a causa del suo contenuto critico nei confronti del sistema educativo della Germania est.

Dopo la laurea, Johnson lavora a un nuovo romanzo: Congetture su Jakob (1959). I suoi protagonisti, i giovani fidanzati Jakob e Gesine, si ritrovano irrimediabilmente separati dopo la fuga di lei nell’ovest e le rimostranze di lui nel seguirla. Il tema scottante rende impossibile la pubblicazione nella DDR, quindi Johnson decide di offrire il romanzo a una casa editrice tedesca-occidentale, che finalmente lo pubblica. Dopo l’uscita del libro, Johnson scappa nella Germania ovest con pochi oggetti, definendo per tutta la vita la sua fuga un Umzug (trasloco) (Leuchtenberger, 2010:26).

Poco dopo Johnson compie un viaggio negli Stati Uniti e conosce il suo autore preferito, William Faulkner. Al ritorno dall’America niente è più come prima: nel frattempo è stato eretto il muro di Berlino, evento che carica Congetture su Jakob di un’attualità inaspettata e profetica e consacra Johnson come “scrittore della due Germanie”. 

Nel 1965 gli viene offerta una grande opportunità: un contratto di un anno presso una casa editrice newyorkese, la Harcourt. Johnson accetta e si stabilisce nell’Upper West Side a Manhattan con moglie e figlia. Prolungherà ancora di un anno il suo soggiorno con una borsa di studio della Rockfeller Foundation, ottenuta con il sostegno della filosofa Hannah Arendt.

Al ritorno in Germania ovest, nel 1968 Johnson firma un contratto per la stesura di un romanzo in due volumi: I giorni e gli anni (in tedesco Jahrestage), pubblicati nel 1970 e 1971. Grazie alle proposte del cancelliere Willy Brandt di una politica di avvicinamento alla Germania est, Johnson ottiene di poter viaggiare nella DDR, dove si recherà periodicamente dopo anni di divieti.

La morte improvvisa e tragica dell’amica scrittrice Ingeborg Bachmann lo getta nello sconforto e gli impedisce di continuare il romanzo. Si complicano anche i rapporti con la Germania est, dove Johnson è evidentemente sgradito e inizia a perdere sempre più contatti e amicizie. Decide quindi di ritirarsi in Inghilterra, su una piccola isola nel Kent, dove gli abitanti lo conoscono semplicemente come “Charlie”. Johnson continua comunque a recarsi periodicamente in Germania per alcune letture pubbliche ed eventi culturali, ma nel 1975 un infarto e una profonda depressione aggravano le sue condizioni e gli impediscono di continuare a scrivere. 

La crisi matrimoniale, culminata nel divorzio dalla moglie e nella rottura definitiva dei rapporti con la figlia quindicenne, gioca un ruolo fondamentale nel suo blocco creativo. Nel 1983, dopo dieci anni dal terzo volume, viene pubblicata anche la parte conclusiva dei Giorni e gli anni. Intanto Johnson ha nuovi progetti letterari, si reca nuovamente nella Germania est e in America, ma si ammala frequentemente e sviluppa una dipendenza dall’alcool. Nel febbraio 1984 gli amici del pub che frequentava sull’isoletta di Sheppey nel Kent denunciano la sua scomparsa: il corpo di Johnson viene rinvenuto nella sua casa, con accanto bottiglie di vino e sonniferi. 

 

2. Jahrestage: anniversari, giorni, anni

Jahrestage (1970-1983) è il capolavoro di Uwe Johnson, cominciato durante il soggiorno a New York e completato tredici anni dopo il suo concepimento e poco prima della morte dell’autore.

L’opera, pubblicata in quattro volumi, non è una tetralogia ma un unico monumentale romanzo con un obiettivo grandioso: narrare la Storia politica, sociale e culturale del Novecento da molteplici punti di vista.

La trama è costruita su due filoni narrativi, congiunti nella figura della protagonista, Gesine Cresspahl (la fidanzata di Jakob, protagonista del secondo romanzo di Johnson) e presentati al lettore da un narratore onnisciente.

ll primo filone racconta un anno (dal 21 agosto 1968 al 20 agosto 1969) nella vita di Gesine, che emigra dalla Germania negli Stati Uniti con la figlia Marie di dieci anni. Le due si stabiliscono a New York, dove Gesine lavora e si costruisce una nuova vita.

Contemporaneamente, Gesine racconta a Marie la storia della sua famiglia e delle sue radici. La storia parte dall’incontro dei suoi genitori negli anni Venti, passando per l’occupazione nazista della Germania, il difficoltoso dopoguerra, l’infanzia e l’adolescenza nella DDR, fino all’incontro con Jakob, il padre di sua figlia, la fuga di Gesine nella Germania ovest e la misteriosa morte di Jakob. Le storie di Gesine danno vita al secondo filone del romanzo.

Il romanzo è diviso in capitoli di lunghezza variabile che non recano un titolo, ma solo una data. Da qui il titolo dell’opera: l’originale tedesco Jahrestage significa infatti “anniversari”, (in lingua inglese è tradotto Anniversaries) ma anche “i giorni degli anni, alludendo alla precisione della narrazione del filone ad ambientazione americana, narrato giorno per giorno, e allo stesso tempo all’estensione del filone tedesco, che copre all’incirca 50 anni.

Anche all’interno della narrazione al presente, comunque, il romanzo è intriso di riflessioni, resoconti, invettive sulla politica, la società e la cultura contemporanee, soprattutto per quel che riguarda gli Stati Uniti, la nuova patria di Gesine. L’espediente a cui ricorre Johnson per proporre tali contributi è peculiare: la lettura di Gesine del New York Times.

 

3. La vecchia zia: il New York Times

Ogni mattina Gesine, prima del lavoro, compra il Times e lo legge sui mezzi pubblici. Il quotidiano è talmente citato nelle pagine del romanzo da divenire un vero e proprio protagonista, addirittura personificato dal narratore nella figura di una vecchia zia un po’ snob, “Tante Times” appunto (la parola “giornale” in tedesco è femminile, ndr.).

A questo proposito, durante il suo soggiorno americano, Johnson aveva raccolto personalmente articoli interessanti del quotidiano e li aveva archiviati secondo le tematiche che trattavano, progettando di usarli nel suo romanzo.

Il rituale di lettura del quotidiano è il pretesto per Gesine o il narratore per lasciarsi andare a considerazioni sugli eventi e le notizie riportate e, per analogia, giungere a parlare di questioni fondamentali.

Uno tra i numerosissimi esempi è il capitolo dedicato al 3 novembre 1968. Il Times propone un articolo sull’allora cancelliere tedesco Kurt Georg Kiesinger e sulla sua discutibile posizione politica: era stato membro del partito nazista per tutta la durata del regime. L’articolo è il pretesto per raccontare a Marie di Horst e Robert, zii di Gesine, convinti nazisti e in seguito membri delle SS e criminali di guerra.

Un altro esempio fondamentale è l’articolo del 14 febbraio 1968, in cui il Times scrive del processo in cui sono imputati i responsabili del massacro di Babij Jar, una delle più grandi stragi naziste, consumatasi nel settembre 1941 vicino Kiev. Gesine associa istintivamente la tragedia a un giorno particolare della sua vita, alla Notte dei cristalli (1938), teatro di terribili pogrom antisemiti e, tra l’altro, del suicidio di sua madre, esasperata dal dolore per le angherie subite da vicini e amici ebrei.

Il Times è l’impalcatura fondamentale dei Giorni e gli anni, da esso prendono avvio i flashback dedicati al passato della famiglia di Gesine, ma anche le più rilevanti riflessioni sul presente e le sue contraddizioni. Tra le questioni più scottanti per Johnson nella società americana il razzismo, l’antisemitismo e alcuni eventi politici.

 

4. Welcome a Stranger: il razzismo ne I giorni e gli anni

La tematica del razzismo è trattata innumerevoli volte nel corso del romanzo: sia nel filone del presente, che in quello del passato. Non è solo il Times con i suoi articoli a fornire spunti sull’argomento al lettore e alla protagonista, ma anche la stessa vita quotidiana nella New York degli anni Sessanta.

A tale proposito il personaggio fondamentale è quello di Francine, una bambina afroamericana compagna di classe di Marie.  È proprio la piccola Marie a mostrare i primi comportamenti razzisti nei confronti di Francine, giunta da una scuola di Harlem e con una situazione familiare complicata. Marie si vergogna ad aiutare Francine, la definisce brutta e stupida perché “non sa dov’è Montreal” (Johnson, vol.2, 2014:210). Gesine, spiegando delle condizioni economiche disastrose in cui si trovano molte famiglie afroamericane, esorta sua figlia (e il lettore) a riflettere sulle enormi disparità sociali che dividono il Nord America. Una di esse riguarda proprio l’educazione: Marie frequenta un istituto privato cattolico diretto da suore e, riferendosi a Francine come “nera-alibi” (210), allude al fatto che la bambina sia stata accettata a scuola solo perché in questo modo è possibile mantenere e incrementare le sovvenzioni federali destinate all’istituto stesso. Una deduzione tanto specifica non è presumibilmente opera di una bambina come Marie ma, sembrerebbe suggerire Gesine, frutto di un condizionamento esterno e adulto, a testimonianza del fatto che gli allievi afroamericani sono discriminati dallo stesso corpo docente o direttivo.

 

Gesine cerca di distruggere ogni traccia di razzismo in sua figlia, correggendole il linguaggio e invitandola a non usare termini dispregiativi, oltre che a cogliere il messaggio di uno slogan pubblicitario che Marie legge ogni giorno prendendo la metropolitana: “Welcome a Stranger (211). Il discorso tra le due si conclude con un impegno di Marie a cambiare atteggiamento e a invitare Francine alla sua festa di Halloween.

Le due bambine diventeranno amiche ma il loro rapporto non sarà privo di difficoltà: Francine viene esclusa dalle feste e pomeriggi di gioco a casa delle compagne, perché queste non sono autorizzate dai genitori a frequentare bambini neri. Gesine stessa si rende conto della soggezione che Francine prova in sua presenza (è infatti abituata a inchinarsi ogni volta che conversa con una persona bianca, ndr.). Prendendo confidenza con lei, Marie scopre che Francine sta spesso fuori casa e che ha un fratello tossicodipendente. Quando la madre di Francine verrà accoltellata e gravemente ferita da un ex-fidanzato, la bambina trascorrerà due settimane a casa di Gesine e Marie, che per questo subirà bullismo dalle compagne.

I personaggi di colore che appaiono nel romanzo, seppur secondari o comparse, sono di norma positivamente connotati e destinati a imprimersi nella memoria del lettore per le loro storie, spesso commoventi. Merita una citazione anche Mr. Robinson, rifugiato cubano negli Stati Uniti, un uomo triste e generoso a cui Marie vuole bene e che rappresenta all’interno del romanzo un esempio di integrazione fallita: durante la sua vita, infatti, ha subito svariati episodi di discriminazione, sfociati addirittura nella violenza fisica. 

 

 

5. L’identità ebraica e il confronto con il passato

Anche il tema dell’identità ebraica è centrale nel romanzo di Johnson, particolarmente attento alla rappresentazione delle difficoltà e dei conflitti incontrati dalle comunità ebraiche americane o di immigrati da vari Paesi d’Europa e del mondo.

Non solo i frequenti articoli dedicati dal Times ai processi contro i criminali di guerra o ai perpetratori della Shoah o i flashback del passato di Gesine nella Germania nazista, ma anche una cerchia di personaggi ebrei residenti a New York contribuisce alla trattazione di questa tematica.

Tra di loro la signora Ferwalter, una conoscente di Gesine a New York e sua figlia Rebecca, amica di Marie. La signora Ferwalter è emigrata nel 1958 a New York ma ha un passato tragico alle spalle: proviene da un paesino della Slovacchia e, durante l’occupazione nazista, è stata deportata nei campi di concentramento di Auschwitz e Mauthausen; dopo l’occupazione comunista della Slovacchia è costretta a fuggire attraverso Turchia, Israele e Canada per scampare alla persecuzione.

Il filone narrativo del passato, naturalmente, è ricco di episodi che narrano di discriminazione o violenza antisemita: dai primi giorni di potere del Partito nazista, fino al consolidamento del regime e l’inizio delle deportazioni verso i campi di sterminio. Attraverso Mrs Ferwalter, personaggio del filone del presente, viene messa in luce non solo la tragedia della persecuzione, ma anche quella della sopravvivenza. La donna viene facilmente riconosciuta come vittima dal numero tatuato sul braccio e convive con i ricordi del dramma vissuto e con una cronica e diagnosticata sindrome del sopravvissuto, caratterizzata da disturbi di ansia, insonnia e incubi frequenti. Alla sua prima apparizione associamo a lei un’emozione che proverà spesso anche Gesine: la nostalgia di casa e dell’Europa, identificata dal pane fresco, che ne rappresenta la semplicità e la genuinità, a contrasto con gli Stati Uniti già totalmente avanzati e consumistici.

 

Aveva nostalgia del sapore del pane a Budweis e forse è andata avanti tutti questi sei anni con Gesine in telefonate, passeggiate e conversazioni al Riverside Park, proprio perché questa tedesca conosce il sapore del pane che a lei manca. (Johnson, vol.1, 2000:46)

 

Il tema dell’ebraismo e della persecuzione antisemita sembra ossessionare Gesine che, infatti, pur lontana dalla Germania, piomba spesso in lunghe riflessioni e prova un forte senso di colpa: nell’incipit del romanzo la protagonista sta trascorrendo qualche giorno di vacanza al mare e nello stabilimento balneare è vietato l’ingresso a persone nere. Per Gesine è spontaneo associare questo fatto alle discriminazioni antisemite che ricorda dalla sua infanzia. In più punti del romanzo emergono parallelismi tra il razzismo dell’America del dopoguerra e l’antisemitismo della Germania nazista, esasperati dalla propaganda americana che aveva sempre dipinto in generale i tedeschi (e non specificamente i nazisti) come i responsabili dell’Olocausto.  

In quanto tedesco, Johnson sente una responsabilità nei confronti della tragedia della Shoah: raccontarne l’orrore non è sufficiente, il suo imperativo morale è denunciarne le conseguenze a lungo termine e gettare luce sulla tragedia dei sopravvissuti, oltre che delle vittime, per favorire una cultura della memoria efficace, che eviti per sempre il ripetersi della Storia. 

 

6. La politica americana ne I giorni e gli anni

Le questioni e i dibattiti che hanno animato la politica americana negli anni Sessanta sono una parte fondamentale del romanzo di Johnson. Gesine, fuggita dal proprio Paese perché delusa dal socialismo in cui ancora crede, segue attentamente ogni sviluppo legato alla politica e ne informa sua figlia Marie.

Gesine è innanzitutto contraria alla guerra nel Vietnam e legge con interesse sul New York Times le notizie che riguardano il conflitto. Le descrizioni delle fotografie pubblicate sul giornale che raffigurano i combattenti viet cong o le vittime vietnamite del conflitto, tradiscono il suo orrore. La donna coinvolge spesso la figlia anche in azioni politiche: in ottobre si svolge una manifestazione a sostegno dei soldati americani stanziati in Vietnam ma Gesine e Marie decidono di partecipare alla contromanifestazione pacifista.

Il rifiuto di Gesine per molte delle azioni politiche del governo americano tradisce in realtà una componente problematica nel suo trasferimento definitivo negli Stati Uniti. La situazione della guerra la preoccupa non personalmente ma ideologicamente: è per lei una questione di principio non accettare il conflitto, che viene associato per analogia all’invasione nazista dell’Europa e in generale alla violenza inaccettabile di ogni guerra.

L’unica speranza di Gesine è riposta nel candidato presidente Bob Kennedy, di cui è sostenitrice insieme alla piccola Marie. Il programma politico di Kennedy viene sintetizzato dalle letture del Times e proposto come un’utopia che migliorerebbe il Paese. Comunque Johnson tiene anche a mostrare quanto gli Stati Uniti non siano pronti all’avvento di un presidente come Kennedy e quanto i valori predicati di libertà e fratellanza siano di facciata: la scuola di Marie la punisce quando la bambina si esprime contro la guerra (e in particolare contro quella in Vietnam) e quando scrive alla lavagna uno slogan a sostegno di Kennedy.

Marie mostra altrettanto entusiasmo anche nei confronti di Martin Luther King, che inizia ad ammirare dopo aver consolidato la sua amicizia con Francine e aver preso coscienza delle difficoltà delle persone nere in America. L’assassinio di King (5 aprile 1968) getta Marie in un profondo sconforto: la bambina vorrebbe possedere un televisore per seguire in diretta i funerali, ma la madre è contraria. Marie scende quindi nel gabbiotto del portinaio Bill, che ha un televisore, e si arrabbia con Gesine per avere consapevolmente scelto di vivere in un Paese razzista, dopo tentato più volte di scrivere una lettera di condoglianze alla vedova King. Segue un dialogo immaginario tra Gesine e Bill, dove quest’ultimo la accusa di non poter comprendere la sofferenza perché bianca e privilegiata.

Marie, come succede spesso, si dimostra un personaggio irrealistico per il suo interesse politico e la sua lucidità, quasi un prolungamento dell’istanza narratoriale o dello stesso Johnson. Nel suo insistere con la madre per avere un televisore, Marie prelude a un’altra imminente tragedia:

 

Se tu ora non compri un televisore, me lo faccio regalare, da D.E., da Mr Robinson, uguale, ma lo voglio!

– No. Possiamo prenderlo a noleggio.

– Quanto meno!

– Però, a questo punto: a che ci serve? Il funerale di King tanto è quasi finito.

– Per il prossimo, Gesine. Per il prossimo che ammazzano a revolverate. Per il prossimo! (Johnson, vol. 3, 2014:474)

 

Due mesi dopo, infatti, il 5 giugno 1968, Gesine e Marie apprendono dell’attentato a Bob Kennedy, che pone fine a tutte le speranze di rinnovamento e cambiamento nutrite da Gesine stessa che, infatti, di lì a poco pianificherà di lasciare l’America per accettare un lavoro a Praga.

 

 

7. La New York di Jahrestage

Nonostante il rapporto di Gesine con gli Stati Uniti sia conflittuale e ambiguo e la sua nostalgia verso la Germania sia molto dolorosa, l’immagine dell’America che Uwe Johnson vuole dare ai suoi lettori è quella di un Paese tutto sommato accogliente, che permette a chi vi approda in situazioni disperate di vivere finalmente una vita libera e dignitosa. Infatti, sembra suggerire il narratore, gli ideali di Gesine di una società giusta e socialista sono stati delusi ma il trasferimento negli Stati Uniti le permette, perlomeno, di realizzarsi come individuo.

Il ritratto di un’America idilliaca emerge soprattutto attraverso gli occhi della piccola Marie che si percepisce ormai come statunitense e newyorkese. La bambina dimostra spesso e chiaramente l’affetto per il Paese in cui è cresciuta: dall’interesse per la sua politica e per i suoi personaggi, alla partecipazione sentita alle manifestazioni culturali e alle festività nazionali, come il 4 luglio o il Ringraziamento.

Non solo: Marie manifesta un vero e proprio amore anche per la vita quotidiana e la normalità di New York, come testimoniano le pagine del 26 novembre 1968 dedicate a un’approfondita descrizione della metropolitana di cui la bambina ha una mappa appesa in camera.

L’amore per la città di New York emerge soprattutto dai resoconti delle gite che quasi ogni sabato (ribattezzato nel romanzo “giorno del south ferry) Marie e Gesine si concedono: raggiungere Staten Island con il traghetto passando accanto alla Statua della Libertà. Questo rituale familiare è lo stesso che compiva Uwe Johnson con sua figlia Katharina durante il soggiorno oltreoceano. Nel capitolo di sabato 26 maggio 1968 la descrizione del panorama si intreccia con i ricordi della patria perduta di Gesine (e di Johnson), il Meclemburgo e, più in generale, la Germania, scaturiti da un numero letto sui convogli di un vecchio treno, 1933, anno di nascita di Gesine e della presa di potere di Hitler.

 

Volevano essere le vie veloci di Staten Island, affiliate alla ferrovia Baltimora & Ohio (…) Scampanellio nervoso a ogni passaggio a livello, e prima della stazione un lamento senza spessore; ma il trenino locale continua la sua corsa imperterrito, quasi volesse arrivare così fino al Golfo del Messico. Su una stretta casa di pontile lo sguardo cattura l’anno impresso anche troppo solennemente in una longherina di cemento: 1933. Cespugli inselvatichiti molto vicini alle rotaie elettrificate. Comincia di qui, Gesine; rimani qui. (Johnson, vol. 3, 2000:208)

 

La ricercata ambiguità di questi passaggi suggerisce l’incolmabile nostalgia provata da Gesine e da Johnson stesso per il Paese natale, esacerbata dall’impossibilità del ritorno e dal ricordo del dolore che ha motivato l’emigrazione. Non è chiaro, infatti, se il “qui” si riferisca agli Stati Uniti o alla Germania, sempre coesistenti nella mente della protagonista e nelle pagine del romanzo.

Osservare il panorama di New York da Staten Island significa per Gesine allo stesso tempo la possibilità di un futuro più sereno per sé e la propria figlia, ma anche l’impossibilità di dimenticare le proprie radici e la propria storia, è la sintesi dell’intero romanzo e dei suoi due filoni, continuamente intrecciati e interdipendenti.

8. Conclusioni

I giorni e gli anni è un sorprendente capolavoro ingiustamente poco conosciuto, un lucido ritratto della storia del “secolo breve” in prospettiva, non solo tedesca, ma globale. 

 La sua accurata ricostruzione del clima sociale, politico e culturale dell’America del boom e del mondo del dopoguerra invita a staccare dal suo autore l’etichetta di “scrittore delle due Germanie” e riflettere sul suo ruolo di osservatore, commentatore e coscienza intellettuale del mondo di oggi, risultato di chi eravamo e fondamenta di chi saremo

 

9. Bibliografia e sitografia 

Johnson, Uwe, I giorni e gli anni (vol 1- vol. 4), L’Orma, Milano, 2014

Johnson, Uwe, Jahrestage. Aus dem Leben von Gesine Cresspahl (Bd. 1-4), Suhrkamp, Berlin, 2017

Leuchtenberger, Katja, Uwe Johnson, Suhrkamp, Berlin, 2010

 

Kommentar zu Uwe Johnsons Roman »Jahrestage«, da philfak.uni-rostock.de (data di ultima consultazione: 13/08/2022)

 

Fonte Immagini

Foto 1 da lithub.com (data di ultima consultazione: 18/08/2022)

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Foto 4 da tittelbach.tv (data di ultima consultazione: 18/08/2022)

Foto 5 da jazzhostels.com (data di ultima consultazione: 18/08/2022)