Intersecare gli assi
Il percorso didattico che si intende proporre e illustrare attraverso questo contributo è pensato per inserirsi nell’offerta formativa della scuola italiana, che, dal 2007, opera affinché gli studenti si accostino e raggiungano, tramite le proprie abilità e conoscenze, gli obiettivi fissati per i quattro assi culturali che troviamo nel Decreto sull’obbligo di istruzione e nelle sue Indicazioni nazionali. L’asse dei linguaggi, perno attorno al quale ruota la didattica delle ore di Lingua e letteratura italiana, per il secondo ciclo di istruzione incontra le aree disciplinari di linguistica e comunicazione, che si pongono come obiettivo per lo studente l’acquisizione e la padronanza della lingua italiana nella sua ricezione e produzione, sia scritta che orale, oltre che la conoscenza e la fruizione consapevole di molteplici forme espressive non verbali, spesso veicolate da un adeguato utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’asse storico-sociale completa il terreno d’azione delle discipline umanistiche, arruolando le materie di storia e geografia nella secondaria di primo grado e storia (o geostoria, in alcuni indirizzi previsti negli istituti tecnico-professionali) nel secondo grado d’istruzione. A queste due macroaree si affiancano quella matematica e quella scientifico-tecnologica, che, naturalmente, coinvolgono in maniera più marginale le materie umanistiche.
Laddove possibile, però, si rileva una notevole proficuità nell’intersecare gli assi, creando convergenze e punti d’incontro dai quali osservare e affrontare lo studio e, soprattutto, la comprensione dei contenuti di disciplina con occhi nuovi. L’interdisciplinarità è quindi alla base di questa proposta, che chi scrive ha elaborato a partire dalla propria tesi di laurea in Geografia culturale; si perderà quindi il tratto compilativo del lavoro originale, in favore di un percorso di didattica attiva e, dove possibile, multidisciplinare e multimediale; le interconnessioni e i collegamenti privilegeranno i concetti e gli aspetti di rilevanza didattica per una classe quinta di un liceo o un istituto tecnico e, come già ampiamente dichiarato, l’obiettivo sarà tracciare un cammino condiviso, in cui docente e discenti possano mettere in campo le proprie abilità e competenze, relative non solo a una delle discipline afferenti alla sfera cosiddetta “umanistica”, ma alla loro totalità. Le caratteristiche che verranno date al percorso, a partire da questa traccia, dovranno tenere conto del suo inserimento all’interno di quelle che sono le più aggiornate indicazioni ministeriali in relazione al programma da svolgere durante il quinto anno di scuola secondaria di secondo grado e confrontarsi con il «canone» degli autori che solitamente vengono affrontati. Per la sua collocazione cronologica esso dovrebbe essere trattato nel secondo periodo dell’anno, quando godrebbe anche della sinergia con il programma di Storia, che esamina il Secondo Dopoguerra. Ovviamente, il singolo docente potrà e dovrà considerare attentamente la sua posizione all’interno del programma di Lingua e Letteratura Italiana. Si intende, inoltre, proporre la lettura dei testi proposti, da svolgersi progressivamente nella prima parte dell’anno scolastico e culminare nel commento in classe all’altezza della seconda metà, dopo aver affrontato la stagione letteraria che va dal 1945 al 1960: potrà avvenire sui romanzi nella loro versione integrale oppure, in alternativa, se si volesse un approccio meno esaustivo e più tematico, sarebbe possibile approntare una dispensa di brani da leggere sempre nella seconda metà dell’anno scolastico, magari in concomitanza di argomenti paralleli di Storia, come l’emigrazione interna Sud-Nord o il boom economico. Si proporrà quindi una selezione di testi, che potrà fungere da spunto alla creazione di altre dispense o utilizzata come base per seguire questo percorso didattico.
Premessa geocentrata
La teoria geocritica di Bertrand Westphal è il punto di partenza che consentirà, attraverso l’analisi di opere letterarie, la comprensione del momento storico che queste raccontano e del luogo in cui si svolge la storia: la lettura di opere di finzione sarà veicolo per avvicinare gli studenti anche al segmento storico in cui esse sono collocate dall’autore, darà inoltre l’idea di uno spaccato non solo temporale ma anche, e soprattutto, spaziale, mostrando come un luogo viene presentato da diversi punti di vista. Infine, offrirà l’occasione di approcciare un testo letterario mettendo in campo le competenze già sviluppate nella gestione dei contenuti storico-geografici.
La geocritica manifesta la propria natura già a partire dal nome, composto da un suffissoide, geo, che non lascia possibilità di fraintendimento, e dalla parola critica, legata a doppio filo all’ambito letterario e alla sua indagine; così, all’analisi letteraria egocentrata[1] sul punto di vista di un ego (che può essere quello di un personaggio, del narratore o dell’autore stesso), Westphal preferisce un altro approccio, quello geocentrato, che pone il luogo al centro del dibattito e basa l’indagine letteraria sul referente spaziale (un paese, un territorio, uno stato o addirittura un continente). Per avvicinare gli studenti alla metodologia teorizzata da Westphal, sarà sufficiente proporre di raccontare o descrivere il proprio paese[2]: è molto probabile che all’interno della stessa classe vi siano ragazzi residenti nella stessa zona, o al massimo in un comune limitrofo, che però tratteggeranno il medesimo territorio in modo differente, sottolineando i dettagli più cari a ognuno, i luoghi significativi per le loro storie personali e i vari sentimenti e le diverse emozioni che anche lo stesso posto può suscitare (ad esempio l’ingresso della scuola: punto d’incontro e di divertimento per qualcuno, terribile porta dell’inferno per altri). Con questo semplice spunto sarà immediatamente evidente per loro la possibilità di studiare le opere letterarie non a partire dal momento storico in cui sono state scritte – come sono abituati a fare nelle ore di storia della letteratura, secondo la preponderante impostazione storicistica – e nemmeno ponendo come nucleo centrale la visione di un autore in particolare (altra declinazione che spesso viene data allo studio dei testi: “l’opera del Manzoni”), ma mediante la focalizzazione spaziale, la fotografia di un luogo che viene raccontato attraverso le epoche e la storia da autori diversi. Con la multifocalizzazione, l’intento della geocritica appare quindi chiaro: «smettere di privilegiare un punto di vista dato e portare avanti una completa, o almeno una vasta, possibilità di sguardi su uno stesso posto»[3]; la metodologia che scegliamo di seguire ha quindi una connotazione stratigrafica e ci dà la possibilità di immergerci diacronicamente nelle opere: si può condurre un percorso di analisi geocentrata attraverso opere appartenenti allo stesso segmento temporale o attraverso opere molto lontane in termini di anni, addirittura di secoli, cosa che la rende applicabile a percorsi didattici potenzialmente infiniti.
Il percorso pluridisciplinare per le strade della Lombardia degli anni ‘60
Una volta chiarito il punto di partenza geocritico, la proposta didattica si prefigge di catapultare gli studenti nell’Italia del boom economico e quindi nel momento storico a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Per farlo in ottica geocentrata, viene circoscritto il referente geografico-spaziale da prendere in esame al territorio lombardo con un significativo focus sulla città di Milano e la sua periferia, emblema della prepotente industrializzazione e del consumismo di quegli anni; non si trascurerà però un altro interessante spunto spaziale: quello dato dalla provincia. Risulterà opportuno partire da alcune precisazioni lessicali: che cosa è periferia? che cosa è invece provincia? Dopo aver chiarito le caratteristiche dell’uno e dell’altro spazio, sempre in relazione con la grande città, la metropoli, che in questo caso è rappresentata dal capoluogo lombardo, potrà essere utile richiamare quali cambiamenti aveva subìto la società nel momento storico che fa da sfondo ai romanzi presi in considerazione, che sono La vita agra di Luciano Bianciardi e la raccolta dei tre libri su Vigevano di Lucio Mastronardi: Il calzolaio di Vigevano, Il maestro di Vigevano e Il meridionale di Vigevano. La selezione di questi romanzi permette di accostarsi a testi che hanno molto in comune: oltre alla pubblicazione quasi simultanea[4], infatti, le vicende che raccontano sono ambientate nella loro contemporaneità e spesso, con finalità di denuncia e riflessione politico-sociale, rispecchiano e portano alla luce le contraddizioni della società; condividono anche tratti di autobiografismo molto evidenti, che accentuano la presenza dello spazio e dell’ambientazione, e, infine, hanno ispirato la trasposizione cinematografica delle storie che raccontano[5], consegnandoci l’opportunità di affidare anche alla settima arte il compito di mostrarci i luoghi scenario delle vicende (la periferia milanese di Bianciardi e la provincia, rappresentata dalla cittadina di Vigevano, protagonista dei romanzi di Mastronardi). Quest’ultima possibilità è una ricchezza importante per il viaggio che si propone agli studenti, in quanto rappresenta una fonte preziosissima per l’analisi spaziale ma anche storica: i film mostreranno gli scorci di Milano e Vigevano come erano all’epoca, ma anche tanti oggetti e convenzioni che la maggior parte degli adolescenti di oggi non ha probabilmente mai incontrato sulla sua strada; in aggiunta, il materiale audio-visivo può servire come strumento compensativo per gli studenti con bisogni educativi speciali legati al linguaggio: le difficoltà della lettura possono infatti essere ridotte attraverso la visione dei lungometraggi per renderne la fruizione meno ostica.
La lettura dei testi e la loro decodifica restano il nucleo centrale del percorso, che vedrà l’insegnante insistere sul commento dei passi più significativi ai fini di un’analisi pluridisciplinare. Di seguito se ne indicano alcuni che possono servire da spunto.
Nei romanzi di Mastronardi ci sono numerosissime descrizioni del lavoro artigianale, ma, in particolare nel Calzolaio, queste poche righe che vengono riportate di seguito mostrano come il cambiamento del lavoro, la sua evoluzione, stesse cambiando nel profondo anche la società:
I Sala avevano in posta settantamila lire sacramentate franchino su franco. Mario poteva tentare finalmente di diventare padrone e che padrone! Fittarsi un salone, metterci macchinari di prima mano, la giunteria, il finissaggio, e arredarsi l’ufficio. L’avanzo tenerlo come fondo che non si sa mai![6]
Alle ambizioni dell’operaio vigevanese che sogna di diventare padrone, possiamo affiancare il quadro che Bianciardi fa di un altro tipo di lavoro: non più quello artigianale e industriale ma il lavoro di ufficio nel settore dei servizi, da collocare nella grande città, a Milano:
Il metodo del successo consiste in larga misura nel sollevamento della polvere. È come certe ali al gioco del calcio, in serie C, che ai margini del campo, vicino alla bandierina dribblano se medesime sei, sette volte, e mandano in visibilio il pubblico sprovveduto. Il gol non viene, ma intanto l’ala ha svolto, come suol dirsi, larga mole di lavoro. Così bisogna fare nelle aziende di terziario e quartario, che oltre tutto ripeto, non hanno nessun gol da segnare, nessuna meta da raggiungere[7].
Tra le mutazioni della società dovute alla mutazione del lavoro, dei bisogni e della condizione dell’italiano medio negli anni Sessanta, si annovera anche la prima grande migrazione dalle regioni del Sud Italia a quelle del Nord, dove, appunto, si trovavano le maggiori fabbriche e nuove opportunità.[8] Si propone qui la lettura di un brano tratto dal Meridionale di Vigevano che esemplifica bene le difficoltà e le frustrazioni della condizione dell’emigrato, che addirittura prova vergogna per il nome del suo paese d’origine:
Adesso io dirò il nome del mio paese. La telefonista lo scriverà su quel foglietto di blocchetto giallo. Fra poco in un silenzio teso la telefonista dirà il nome del mio paese… […] Fissavo le mani grassocce della telefonista. Le ginocchia mi si piegarono; sbatterono contro la parete del banco, con un rumore sordo che solo io ho sentito[9].
Questi sono solo alcuni dei numerosi spunti presenti nei romanzi, che, a seguito di una lettura guidata, potranno essere condivisi e commentati in classe. Sarà il docente a selezionare quelli più importanti per la direzione che vuole dare al proprio percorso e a decidere quanto tempo dedicare all’analisi in classe.
Le strade da intraprendere sono molteplici: si può privilegiare lo sguardo da flâneur di Antonio Mombelli
protagonista del Maestro di Vigevano, oppure scegliere alcuni elementi del centro cittadino che svolgono il ruolo di catalizzatore sociale per la provincia e, spesso, sono teatro di importanti svolte narrative nei romanzi considerati, come la piazza o i caffè
Anche la metropoli milanese, tratteggiata nella Vita agra, offre brani utilissimi per poter comprendere, ad esempio, le differenze tra centro e periferia percepite negli anni Sessanta
e riflettere sulla società di quel momento storico. Infine, la scelta dovrebbe ricadere e includere quei brani perfettamente geocentrati, e quindi del tutto rappresentativi dello spirito del percorso, che troviamo sia all’inizio nel romanzo di Bianciardi con la descrizione del complesso di Brera
che in apertura della prima opera su Vigevano di Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano, dove al lettore viene proposta una particolare lezione di storia e toponomastica locale
Per concludere l’esperienza, si propone la visione di un breve filmato presente su YouTube al link
https://www.youtube.com/watch?v=Q6qPPNc5Uuc
che ritrae entrambi gli autori in viaggio su un tram di Milano per un evento culturale. Il breve spezzone vuole essere lo spunto per un esercizio conclusivo da assegnare agli studenti come compito di realtà o un approfondimento da fare in classe con l’uso della rete. Si vuole porre ora il focus su un elemento significativo sia per l’analisi geografica che per quella storica: i trasporti. Il tram è un simbolo di Milano ed è presente anche nelle riflessioni dei protagonisti dei romanzi in lettura[10], ma è anche il mezzo che avvicina la periferia al centro città e che quindi può rappresentare, come tutti i trasporti, un importante miglioramento nella vita quotidiana. Si chiederà quindi di svolgere un breve ricerca su come sono stati implementati i trasporti nella città di Milano e nella sua area metropolitana, fino a notare se anche nella vicina provincia pavese, dove si trova Vigevano, esistono comodi collegamenti con la metropoli. Questo esercizio didattico conclusivo mostrerà il progresso raggiunto in questi ultimi settant’anni e, per gli indirizzi tecnico-scientifici, potrà rappresentare un interessante collegamento con gli altri assi culturali che più difficilmente riescono a essere intersecati con le materie umanistiche.
[1] B. Westphal, Geocritica. Reale Finzione Spazio, Armando, Roma, 2009, pag. 39.
[2] La teoria geocritica di Westphal prevede che i referenti spaziali analizzati siano il frutto della fatica creativa dell’autore, per questo motivo le analisi geocentrate tendono a privilegiare opere finzionali e a non considerare affatto materiali come guide turistiche o testi dalla retorica pubblicitaria; si farà certamente presente questa caratteristica agli studenti in sede di spiegazione ma, dovendo adattare l’esperienza alle tempistiche e alle esigenze didattiche e, in particolare, alle competenze di ragazzi che frequentano la scuola secondaria di secondo grado, si ritiene opportuno l’adattamento del compito assegnato come esempio a queste ultime, limitandolo alla breve descrizione del proprio territorio. Si sottolinea che, con la possibilità di inserire nel percorso alcune ore di laboratorio di scrittura creativa o momenti di produzione scritta con la guida e l’affiancamento dell’insegnante, sarebbe ancora più interessante e geocritico proporre questo stesso esercizio con la consegna di redigere un racconto ambientato nel proprio territorio.
[3] B. Westphal, La geocritica, un approccio globale agli spazi letterari, in F. Sorrentino (a cura di), Il senso dello spazio. Lo spatial turn nei metodi e nelle teorie letterarie, Armando, Roma, 2010, p. 123.
[4] La vita agra esce nel 1962 per Rizzoli, mentre la trilogia vigevanese debutta nel 1959 con l’uscita del Calzolaio sulle pagine della rivista «Il Menabò» e si conclude nel 1964 con la stampa del Meridionale tra le novità della casa editrice Einaudi.
[5] Nel 1963 esce nelle sale Il maestro di Vigevano diretto da Elio Petri e sceneggiato da Mastronardi stesso, che vede nei panni del protagonista, il maestro Antonio Mombelli, un indimenticabile Alberto Sordi, mentre solo un anno più tardi vede la luce un adattamento della Vita agra, per la regia di Carlo Lizzani. Il protagonista del film è Ugo Tognazzi, nei panni dell’alter-ego dell’autore, Luciano Bianchi.
[6] L. Mastronardi, Il calzolaio di Vigevano, Einaudi, Torino,1994, p. 232.
[7] L. Bianciardi, La vita agra, Feltrinelli, Milano, 2013.
[8] Questo aspetto mette particolarmente in risalto le potenzialità pluridisciplinari dell’opera letteraria, che può fungere da snodo per mettere in gioco contenuti, e quindi conoscenze, ma anche abilità e competenze che abitualmente vengono considerate prerogativa di altre discipline. Il macroargomento dell’emigrazione interna nell’Italia del boom economico è infatti presente in tutti i libri di testo di storia di quinta superiore, dove viene richiamato con grafici e statistiche. I brani del Meridionale possono fungere in questo caso da «documento storico» da affiancare ad articoli di giornali, pagine sociologiche e/o antropologiche, video d’epoca, permettendo al docente di restituire in maniera vivida agli studenti un fenomeno del secondo Novecento che è fondamentale per comprendere il tessuto sociale dell’Italia attuale, ma che, nella narrazione contemporanea è quasi dimenticato a favore del più noto flusso di immigrazione estera. In tal senso si può comprendere come la lettura di autori considerati minori del Novecento consenta di fornire agli studenti strumenti critici che consegnano loro un maggior numero di chiavi di interpretazione della realtà: tutto ciò diventa spendibile anche scolasticamente, si pensi ad esempio alla possibilità di affrontare in maniera originale una traccia della Prima Prova dell’Esame di Stato.
[9] L. Mastronardi, Il meridionale di Vigevano, Einaudi editore, Torino ediz. 1994, p. 389.
[10] «Ogni giorno io trascorrevo in tram almeno un’ora e mezzo. Bene, chi non sa può forse credere che, viaggiando su quel mezzo pubblico quarantacinque ore ogni mese, in capo all’anno uno debba avere fatto centinaia di conoscenze, decine di amicizie. Per esempio, quelli che per ragioni di lavoro prendono ogni giorno l’accelerato fra Follonica e il paese mio, li vedrete salutare dal finestrino casellanti e capistazione, preoccuparsi se a Giuncarico non sale, come ogni mattina, il Maraccini, e poi domandare perché e come sta ai conoscenti. Il conduttore nemmeno chiede più il biglietto, caso mai si ferma un momento, ti si siede accanto, accetta una sigaretta, s’informa se andrai anche tu a ballare Braccagni, il sabato. […] Qui no. Ogni mattina la gita in tram è un viaggio in compagnia di estranei che non si parlano, anzi di nemici che si odiano. C’è anche un cartello che vieta le discussioni al personale e minaccia l’articolo 344 del codice, contro l’ingiuria nei suoi confronti. Così la gente subisce spaurita e silenziosa i rabbuffi gutturali del bigliettaio, che sollecita continuo e insistente di andare avanti, come facevano un tempo le zie dei casini, e dosa parsimoniosamente l’apertura delle porte automatiche, e si richiama quando necessario al regolamento. «Siamo passibili di sanzioni disciplinari», precisa. Il conducente siede cupo e serio, pronto col piede sul campanello, quando sulla strada si pari un veicolo o un pedone. Il bigliettaio sta dietro, sollecito ai rabbuffi dei viaggiatori e al dosaggio della porta automatica. La gente li rispetta e li teme e li odia, e del resto odia tutto il suo prossimo. È difficile riconoscere una faccia, anche se fai tutti i giorni, per anni la solita linea. Questo anche perché si somigliano tutti, i passeggeri del tram», L. Bianciardi, La vita agra, cit., p. 106-107.
28 ottobre 2022