Alessandro Ferioli – Verga: una proposta di unità di apprendimento (UdA)

 

1. Una proposta di unità di apprendimento su Verga

 

Considerata l’importanza delle unità di apprendimento (UdA) nella programmazione, al punto che la progettazione di un’UdA è centrale anche nelle attività dei recenti corsi abilitanti all’insegnamento, vorremmo proporne una avente come oggetto un argomento di Lingua e letteratura italiana. Avvertiamo tuttavia che chi scrive, pur tenendo in seria considerazione gli orientamenti correnti in materia di didattica delle competenze, non si sente vincolato alle ‘mode’ correnti, e cercherà di trovare un equilibrio fra scuola ‘delle competenze’ e scuola ‘dei saperi disciplinari’, privilegiando l’aspetto della formazione della persona e dello sviluppo della sua ‘libertà’ attraverso la cultura, concepita come patrimonio delle cognizioni e delle esperienze acquisite attraverso lo studio.

L’UdA – intesa negli istituti professionali come «insieme autonomamente significativo di competenze, abilità e conoscenze in cui è organizzato il percorso formativo» (art. 2 del decreto interministeriale n. 92 del 24 maggio 2018) – può essere presa come occasione per lo svolgimento di un’attività didattica che, oltre a trattare un movimento o un autore e la sua opera, preveda, attraverso l’assegnazione di un compito ‘di realtà’ o ‘autentico’, e con il coinvolgimento di più discipline, un agire in situazione, finalizzato alla realizzazione di un ‘prodotto’.[1] Seguendo uno spunto fornito da Lévinas, secondo cui la struttura essenziale e primaria della soggettività è la responsabilità, che si attiva per interpello esterno rivolto all’individuo e a nessun altro,[2] potremmo dire che il compito ‘di realtà’ o ‘autentico’ può concorrere a provocare la ‘risposta’ a quella chiamata, in vista del riconoscimento dell’unicità del soggetto e in funzione di un modo di essere adulto nel mondo. Cosicché, posto di immaginare due poli distinti e distanti ai quali collochiamo idealmente in uno l’autore con la sua opera e nell’altro lo studente-lettore, nel corso dell’attività didattica relativa alle conoscenze e alle abilità l’insegnante deve portare gli studenti verso il polo dell’autore e dell’opera, compiendo una rigorosa opera di storicizzazione conforme ai risultati della ricerca più matura, mentre durante l’attività relativa allo sviluppo delle competenze l’autore e l’opera vengono condotti verso il polo dello studente, che in quanto lettore è pienamente autorizzato a mettere in gioco la propria creatività per l’esecuzione di un ‘prodotto’, così da passare da una visione statica a una dinamica, da una astratta a una situata.[3]

Non vanno tuttavia mai perduti di vista, a nostro avviso, i fini dell’educazione letteraria, i quali soltanto in minima parte si sostanziano nel compito ‘di realtà’ o ‘autentico’. In questa prospettiva ci sembra che lo studio di Verga sia cruciale nell'evidenziare da un lato i nodi che legano il sistema letterario italiano con gli eventi della prima Italia unita e con i problemi posti dalla modernità, e dall'altro nel definire il passaggio dall'Ottocento al Novecento riguardo a temi rilevanti, come la rappresentazione del vero, e a forme di scrittura innovative: pertanto si tratta di un autore che, per risalto nel ‘canone’ scolastico e per ampiezza della sperimentazione letteraria (diremmo più ampiamente artistica), ben si presta quale oggetto di un’UdA.

Si potrà osservare, e obiettare, facilmente che in questa proposta di UdA il ruolo centrale è riservato alla letteratura anziché alle tecnologie utili per sviluppare il ‘prodotto’: ciò si deve al fatto che riteniamo che il fulcro delle ore di Lingua e letteratura italiana debba essere la cultura umanistica, mentre la tecnologia a nostro giudizio va considerata piuttosto come uno strumento al servizio delle scienze umane, utile per perseguire fini rientranti nella ‘terza missione’, non un fine in sé. A dispetto delle competenze ‘in situazione’, la scuola può quindi ancora essere un luogo dove intelligenza e senso critico si danno la mano, come è proprio della civiltà occidentale, senza finalità pratiche contingenti, ma avendo di mira la ricerca di qualcosa di degno e ‘alto’.[4]

 

2. Lo studio dell’autore e dell’opera

 

Per quanto riguarda la descrizione/analisi del contesto classe, ipotizziamo una classe quinta di un liceo (opzione indifferente) costituita da una ventina di alunni, con la presenza di uno studente in situazione di disabilità non di tipo cognitivo, uno studente segnalato per DSA, e uno studente con PDP BES per ansia. Relativamente ai prerequisiti, le seguenti conoscenze e abilità devono darsi per acquisite già nel primo biennio, e ulteriormente consolidate nel secondo biennio:

  • conoscenza dei fondamenti di narratologia, e relativo lessico;
  • conoscenza dei caratteri del teatro e delle tecniche teatrali basilari, e relativo lessico;
  • conoscenza dei generi letterari e delle loro specificità (specialmente il romanzo, la novella e il teatro);
  • capacità di comprendere un testo letterario nei suoi snodi narrativi e di riassumerlo.

Siccome niente va dato per scontato, il docente si riserva di accertare in modo informale il possesso dei prerequisiti, attraverso domande disseminate nel corso delle lezioni, ed eventualmente chiarire concetti sfuggiti alla memoria degli studenti. Relativamente alle abilità da sviluppare, possiamo indicare le seguenti:

  • contestualizzare un testo letterario;
  • individuare il tema di un testo letterario, ed eventualmente la posizione dell’autore su un problema di carattere generale;
  • individuare la struttura narrativa di un testo, con le caratteristiche stilistiche e retoriche.

Le competenze relative all’asse linguistico-letterario da sviluppare possono essere le seguenti:

  • ricostruire forme della cultura e della civiltà in cui l’autore è situato, mettendo in relazione storia politico-sociale, idee e letteratura;
  • cogliere i tratti caratteristici di un autore attraverso le sue opere (anche nelle analogie e nelle differenze rispetto ad altri autori);
  • ricostruire lo sviluppo diacronico di un genere letterario (il realismo) entro un determinato arco temporale, individuando caratteristiche costanti e mutamenti nel tempo;
  • saper svolgere la prima prova scritta dell’esame di Stato;
  • sviluppare il gusto per la lettura come appagamento di bisogni personali, nonché quale mezzo di scoperta e interpretazione di sé e del mondo circostante.

Per quanto riguarda gli obiettivi delle lezioni, va detto che esse fanno parte integrante dell’UdA, e – oseremmo dire – ne costituiscono il fulcro. Va difatti rimarcato che l’attività didattica finalizzata allo studio dell’autore non soltanto è preliminare alla realizzazione del ‘prodotto’, ma è quella che in definitiva conferisce struttura e sostanza all’insegnamento letterario, e concorre a costruire la cultura letteraria degli studenti. In relazione alle Indicazioni nazionali, si intende quindi:

  • storicizzare la posizione di Verga nel contesto sociale del suo tempo e nella storia letteraria italiana ed europea, evidenziando il suo ruolo di autore che marca le innovazioni nel passaggio dall’Ottocento al Novecento, sia nell’anticipazione del dissidio del personaggio-‘inetto’, sia nella definizione di una lingua che esprime la complessità contemporanea;
  • sviluppare l’abilità di analizzare i testi letterari anche sotto il profilo linguistico, per riconoscere che un grande autore ha un proprio inconfondibile ‘stile’, che è la ‘voce’ con cui egli ‘parla’ al lettore (da ciò si sviluppa la capacità di esprimere giudizi di valore).[5]

Quelle citate – lo si sarà notato – sono ovviamente le Indicazioni per i licei. Invece le Linee guida per gli istituti tecnici sono alquanto più generali; talché, nel caso dell’insegnamento della letteratura, anche nei tecnici (ove oggi si rischia seriamente di perdere in cultura a favore di derive aziendalistiche svincolate da reali prospettive formative e occupazionali) possono essere tenute in seria considerazione, per un orientamento didattico autorevole, le indicazioni fornite per i licei.

Venendo ai contenuti disciplinari (conoscenze), essi possono essere strutturati in quattro parti, nel modo seguente:

  • Elementi biografici di Verga e rassegna delle sue opere.
  • Panoramica dell’evoluzione della poetica di Verga, anche in relazione al contesto culturale, dai primi romanzi ‘mondani’ alla scelta contenutistica di Nedda (1874), sino alla pubblicazione di Vita dei campi (1880) e de I Malavoglia (1881), focalizzando il passaggio di Verga dalla posizione di narratore tradizionale a quella di scrittore verista attraverso una continua sperimentazione: lo scopo è di mettere in luce da un lato gli elementi costitutivi del verismo verghiano, e dall’altro l’originalità di Verga (e quindi del Verismo italiano) rispetto al Naturalismo francese.
  • Esame di testi, sui quali verificare, precisare e approfondire i caratteri contenutistici e formali del Verga verista: incipit di Rosso Malpelo; Prefazione a L’amante di Gramigna; Prefazione de I Malavoglia.
  • Studio di testi: le novelle Rosso Malpelo, Tentazione!, Libertà; I Malavoglia: dai capp. I, IX e XV; Mastro-don Gesualdo: dalla parte quarta, cap. V; dall’opera teatrale Cavalleria rusticana.

I contenuti relativi alla biografia e alla poetica possono essere presentati attraverso la cosiddetta lezione ‘frontale’, che, a dispetto delle ‘nuove’ strategie, dimostra ancora molta vitalità, e non perché i docenti siano ‘tradizionalisti’, bensì perché essa è efficace e sviluppa negli studenti abilità di comprensione, verifica ed elaborazione, nonché di redazione di appunti.[6] Riguardo alla biografia dell’autore,[7] va ricordata l’osservazione di Gino Tellini, secondo cui «l’esplorazione biografica, purché accortamente orientata, può risultare utile per approfondire la personalità di uno scrittore e per meglio soppesare il significato dei suoi testi», poiché la connessione fra geografia, storia, esperienze di vita e arte spiega la sostanza di un’opera che si nutre della vita, oltre – e prima ancora – che della letteratura. A proposito di Verga, Tellini cita due aneddoti illuminanti per meglio cogliere il legame fra personalità e soluzioni formali dello scrittore catanese, ossia la sua partecipazione alla Messa da requiem di Verdi in onore di Manzoni e il momento della morte dello stesso Verga nel resoconto di De Roberto, per i quali rimandiamo al saggio dello studioso.[8] Nella biografia verghiana sembra inoltre quantomai opportuno porre nel debito rilievo da un lato il soggiorno di Verga a Milano, per le frequentazioni e gli stimoli allo sperimentalismo,[9] e dall’altro l’incontro con Zola a Parigi nel 1882.

Nella presentazione dei contenuti della poetica si può mettere in evidenza il rapporto con il Naturalismo e soprattutto con Zola, il cui Assommoir (1877) dovette peraltro fornire a Verga qualche spunto per l’adeguamento della voce narrante al livello dei personaggi (Rosso Malpelo è dell’anno dopo). Con Zola lo scrittore siciliano condivideva anche il determinismo e i concetti di milieu, race e moment espressi da Hippolyte Taine, nonostante l’approccio verghiano sia di natura non tanto ‘scientifica’, come invece intendeva essere l’oggettività zoliana, quanto piuttosto antropologica. È indiscutibile che il Verga verista si manifesta compiutamente con Rosso Malpelo, mentre la novella Nedda (1874), a dispetto di quanto sembrava suggerire una proposta contenuta nelle tracce d’esame di Stato del 2022,[10] non è più che indicativa di una sensibilità nuova e diversa rispetto alla produzione precedente. Ma soprattutto vanno rilevati due aspetti dell’originalità verghiana. In primo luogo l’evocazione (ma senza mitizzazione) del mondo provinciale, in stretta correlazione con il porsi dell’autore in dissenso con la società borghese del suo tempo, la quale nello stesso anno 1881 di pubblicazione de I Malavoglia esaltava, nel Gran ballo Excelsior di Manzotti e Marenco, un progresso privo di etica e incurante dei «deboli che restano per via»: la posizione conflittuale di Verga è netta già dalla prefazione a Eva, che Bruscagli e Tellini, nella loro antologia, richiamano puntualmente, proponendone un ampio stralcio.[11] In secondo luogo nella elaborazione di quel linguaggio che Luigi Russo, alle origini del discorso critico sull’autore, chiamò il siciliano trascendentale, e che diviene la ‘voce narrante’ appartenente a quello stesso mondo rappresentato, confusa fra i personaggi in azione e plausibile per l’intera durata della narrazione. Tuttavia, se l’espressione del Russo rimane ancor oggi suggestiva, bisogna dire che indagini successive hanno illuminato ulteriormente la sperimentazione linguistica verghiana, trovando uno spunto importante nel Contini, che scriveva che «il Verga ha tanti linguaggi quanti sono gli strati ch’egli indaga, e li gestisce in parallelo»,[12] ed esiti recenti, come vedremo, ancor più puntuali. Ci sembra quindi che i nodi dell’originalità di Verga ruotino ancora intorno al narratore e al linguaggio. Per quanto concerne il ‘narratore anonimo popolare’, con il relativo artificio della regressione, Andrea Manganaro ha analizzato soprattutto il rifiuto verghiano di giudicare, che non è reticenza dell’autore, bensì strategia per far risaltare sia il giudizio della collettività e dell’autorità che detiene il ‘potere’, sia la moltiplicazione dei punti di vista, che esprimono valutazioni e valori diversi, talora antitetici, in corrispondenza con lo svanire nell’autore della «identificazione nel processo unitario, la fiducia nelle ‘magnifiche sorti’ del ‘progresso’ e la certezza nelle distinzioni dei valori».[13] Relativamente al linguaggio, secondo gli studi più maturi di Gabriella Alfieri Verga si è fatto «traduttore e interprete dei suoi personaggi per il pubblico dell’Italia umbertina, il cui standard era l’italiano-fiorentino post manzoniano», esprimendo il sentire dei suoi personaggi da un lato con l’italiano regionale dei capolavori, e dall’altro con l’italiano ‘chiaroscurale’ dei testi intimisti o delle sequenze poetiche dei capolavori, con il risultato di alimentare il dialogo linguistico fra le diverse componenti regionali e i vari gruppi e strati sociali, dando così l’abbrivo verso la modernità.[14] Ne è derivata quella che la Alfieri ha chiamato ‘etnificazione’ del linguaggio, ossia l’istanza verghiana di «riprodurre, rappresentare, stilizzare il parlato popolare, innestare nella lingua letteraria tratti di cultura popolare».[15] Sempre secondo la studiosa:

 

«In definitiva Verga elabora nei capolavori della maturità un italiano che definirei ‘interregionale’, e che risulta da una complessa strategia per cui dialetto primario (siciliano) e dialetto secondario (toscano), rinforzati occasionalmente da altri dialetti (milanese ecc.), si fondono nell’etnificazione pre- e post-malavogliesca fino a creare una “popolarità” universale e interscambiabile per ogni realtà geoculturale. Verga trasfondeva così ai propri personaggi un linguaggio verosimile e di respiro nazionale, su cui si erano innestate le varietà regionali con cui lo scrittore via via si era confrontato nel suo vissuto linguistico: toscano (amici e la prima compagna); milanese (amici intellettuali); piemontese (amici e le altre due sue compagne), in parte veneto (altri amici).

Con questa soluzione ha creato un italiano sostanziato di regionalità, ma vivamente mimetico del linguaggio dei suoi parlanti popolari e nel contempo accessibile ai lettori dell’Italia postunitaria che in varie forme utilizzavano l’italiano regionale e potevano perciò riconoscersi in quella nuova modalità di rappresentare il parlato in letteratura.»[16]

 

Non va trascurato come l’opera di Verga, prevalentemente improntata al realismo, coesista storicamente con altre e diverse esperienze, come quella del Decadentismo, e che forse l’esperienza di raccordo fra quest’ultimo e la formazione dello scrittore catanese è la Scapigliatura. Tutto ciò suggerisce di superare la tendenza degli studenti a organizzare una preparazione per compartimenti stagni, agendo sul «principio non tanto della differenziazione quanto della concomitanza».[17]

Nella terza parte, relativa all’esame di brevi testi al fine di meglio definire la poetica verghiana, ci si propone di ricavare dai brani stessi, insieme agli studenti, gli elementi innovativi della narrativa verista verghiana, dal ‘narratore anonimo popolare’ al discorso indiretto libero: soluzioni che introducono il lettore a una molteplicità di punti di vista di altrettanti personaggi e al contempo sollevano l’autore (almeno all’apparenza) dal porsi come intellettuale giudicante davanti alle vicende narrate. Ciò può avvenire proficuamente nell’esame isolato dei primi tre paragrafi di Rosso Malpelo, nei quali si riscontrano in sequenza: il racconto del narratore anonimo popolare, con l’artificio della regressione (ossia, per dirla con Spitzer, la scelta «di raccontare gli avvenimenti come si riflettono nei cervelli e nei cuori dei suoi personaggi»);[18] il punto di vista della madre; il punto di vista del ‘padrone’. In parte attraverso poche ‘etichette’ collocate dall’insegnante, e in parte con ulteriori osservazioni degli studenti

Allegato 1 – incipit di Rosso Malpelo

è agevole dapprima rilevare gli elementi linguistici che nel primo paragrafo segnalano il narratore popolare («si chiamava», anziché «era chiamato»; espressioni come «un fior di birbone»; connettivi come «perché», «siccome», «sicché», che esprimono rapporti di causa-effetto e consecutivi, a marcare l’ineluttabilità di quanto affermato); poi, attraverso due diversi discorsi indiretti liberi (che gli studenti devono riconoscere) è possibile riscontrare lo ‘scivolamento’ appena percettibile verso il punto di vista della madre (su cui l’inferenza del lettore potrà formulare diverse ipotesi: quell’atroce sospetto che Malpelo non le versi per intiero il salario da lui guadagnato viene detto tra sé, o spiattellato con malagrazia in faccia a Malpelo, oppure ancora confidato all’altra figlia che poi gli «faceva la ricevuta a scapaccioni»?); e successivamente il passaggio al punto di vista del ‘padrone’ (il quale, interrogato per verifica dell’ammontare del salario di Malpelo, dopo essersi appellato addirittura alla propria coscienza, a giustificazione della scarsa retribuzione denigra il ragazzino sul piano morale, avvalendosi di un lessico becero ma colorito, come dimostra la similitudine del ‘cane rognoso’ e la metafora dell’‘accarezzare coi piedi’). Una volta chiarito il procedimento, per quanto riguarda la Prefazione a L’amante di Gramigna e la Prefazione de I Malavoglia non tedieremo con osservazioni che i colleghi sanno fare meglio noi, limitandoci a osservare che la seconda (la cui rilevanza è tale da giustificare la definizione di Branciforti di «testo canonico del verismo»)[19] può essere esaminata utilmente sia dal punto di vista della critica delle varianti (è sempre opportuno mostrare agli studenti il lavoro concreto del filologo, pur senza pretendere che essi diventino ‘piccoli filologi’) sia dal punto di vista della sua portata ideologica.

La quarta parte, ossia quella relativa alla lettura e analisi di testi, è in effetti un contenitore che può essere riempito attingendo a diverse opere verghiane. In linea di massima ci sentiamo di sostenere che vada riaffermata la centralità del testo; o, per meglio dirla con le parole di Luperini, la «centralità della lettura», formula che mette in rilievo «il momento della partecipazione interpretante, grazie al quale gli studenti diventano protagonisti dell’insegnamento».[20] Lo scopo è quello di fare della classe una «comunità ermeneutica» dove l’insegnante da un lato s’interroga assieme agli studenti sul senso e sul valore dei testi, e dall’altro spinge gli studenti a problematizzare passato e presente, rendendo la classe, attraverso il confronto di interpretazioni, prefigurazione di una più ampia comunità democratica.[21] Seguendo avvertimenti provenienti dalle più recenti esperienze di didattica, l’azione d’interpretazione di un testo, con il suo conseguente inserimento nell’orizzonte di senso del lettore, può essere agevolata anche da un’attività di letto-scrittura (in questo caso, da svolgere in DDI all’interno delle classi virtuali, in orario extrascolastico);[22] difatti,

 

«per comprendere una poesia o un racconto o un romanzo non bastano i suggerimenti critici ex cathedra e manualistici, ma occorre che il lettore se ne riappropri attraverso il personale corpo a corpo con il testo e il confronto dialogico con i compagni. Intorno ai testi, attraverso afasie, false partenze, abbagli e slanci intuitivi, prende forma una sperimentazione interpretante individuale e collettiva, all'interno della quale la scrittura – anche in forma digitale condivisa sulle piattaforme di e-learning – può accreditarsi quale medium ‘sociale’ rispetto all'obiettivo comune.»[23]

 

Spieghiamo brevemente le ragioni della nostra proposta antologica minima. È di tutta evidenza l’importanza di Rosso Malpelo sia per la comprensione dello stile di Vita dei campi (la Motta ha parlato di «scritto-narrato»), sia come accusa verso lo sfruttamento minorile, in linea con alcune proposte di legge di quel periodo e, purtroppo, come problema ancora attuale. Il che crea un curioso contrappunto fra le intenzioni dell’autore, che al contrario di Zola non credeva nella trasformazione della società e non s’impegnò in battaglie sociali, e la realtà di una letteratura che era, ed è tuttora, di denuncia; e, al contempo, chiarisce forse meglio il rapporto fra Verga e la realtà: se lo scrittore muove dal ‘documento’, il racconto non è un ‘documento’ esso stesso, bensì è costruzione letteraria. Nel testo difatti, per dirla con Luperini,

 

«non può sfuggire una lunga serie di aspetti negativi che non solo denunciano le condizioni disumane del lavoro nelle miniere, ma ne sottolineano il carattere animalesco e insensato. La storia di Rosso, del padre mastro Misciu, di Ranocchio è storia di sopraffazioni e di inganni subiti per la prepotenza del padrone (basti ricordare il cottimo accettato dal padre di Rosso), ed è segnata dalla presenza continua del pericolo, da omicidi bianchi e da altri incidenti sul lavoro e da malattie (come la tubercolosi di Ranocchio) provocate dalla durezza delle condizioni lavorative e dall'abbrutimento che ne deriva.»[24]

 

Talché, sempre secondo la lettura di Luperini, l’unico riscatto da tale situazione è la morte, giacché tanto il lavoro è alienante (anche nel caso di uomini ‘di successo’ come Mazzarò e Gesualdo) quanto l’esistenza umana è insensata. La novella Tentazione!, inclusa in Drammi intimi (1884), propone nella crudezza tipica del realismo un caso di stupro avvenuto nei sobborghi di Milano: tanto per l’indagine sul proletariato urbano lombardo già avviata in Per le vie, e affrontata con una ricerca stilistica adeguata al contesto e ai personaggi (il colore locale è dato dai prenomi dei personaggi e da brevi locuzioni dialettali), quanto per l’ancora attuale emergenza provocata dalla violenza contro le donne, anche questa novella può fornire spunti per la comprensione dell’autore e per l’inserimento dello stesso nell’orizzonte di senso della contemporaneità.[25] La novella Libertà, contenuta in Novelle rusticane, è ispirata ai fatti di Bronte del 1860, che costituivano una ferita ancora aperta all’epoca in cui l’autore scriveva, e sulla quale meditare. Da essa traspare l’atteggiamento dello scrittore davanti alla complessità, che si traduce artisticamente da un lato nella rappresentazione ‘manzoniana’ di una folla irrazionale e feroce, capace di sfogare la propria atavica rabbia anche su persone deboli, e dall’altro l’emergere di elementi di oggettiva responsabilità della classe dirigente, al punto da rendere comprensibile la ricerca di ‘giustizia’ da parte del popolo. Da ciò si ricava una sfiducia nella storia d’Italia che ritornerà più compiutamente nel primo grande romanzo verista; ma soprattutto resta controversa la posizione di Verga rispetto alla violenza. La novella apre molteplici possibilità di letture, in particolare in parallelo con Il sorriso dell’ignoto marinaio di Consolo, mentre l’interpretazione sciasciana può essere motivo di riflessione sul rapporto fra letteratura e fedeltà storica.[26]

Da I Malavoglia ci sembra doveroso leggere un ampio stralcio dal cap. I. In particolare va messa in evidenza la strategia verghiana di ‘illusione’ del vero, esaminando da un lato le sfumature con cui l’autore crea e fa agire il ‘narratore anonimo’, e dall’altro l’originale modalità di presentazione dei personaggi della famiglia Toscano, di ciascuno dei quali viene delineata una sintetica ma pregnante caratteristica peculiare, mettendoli faccia a faccia con il lettore, «senza messa in scena, semplicemente, naturalmente», come del resto Verga chiosava nella celebre lettera a Capuana del 25 febbraio 1881; l’uno e l’altro aspetto a confermare che l’adesione dell’autore al vero è in realtà frutto di un raffinato artificio, o per dirla con un’espressione usata dallo stesso Verga in una lettera a Capuana del 14 marzo 1879, una «ricostruzione intellettuale».[27] Dipoi proporremmo un brano dal cap. IX, dove giunge in paese la notizia della battaglia navale di Lissa raccontata dai due marinai reduci – quindi dalla viva voce popolare e non per mezzo di una digressione storica – e dove l’annuncio della morte di Luca provoca una contrapposizione fra la popolazione del villaggio e la famiglia Toscano: è qui la grande storia a irrompere nella piccola storia famigliare, manifestando il pessimismo dello scrittore non solo verso una società dominata dalla ‘lotta per la vita’, ma anche nei confronti della realizzazione politica dell’Italia unita, che rappresenta un mondo a sé, basato su proprie logiche ed estraneo a quello degli abitanti di Aci Trezza, il cui orizzonte è circoscritto ai propri bisogni materiali e ai propri interessi economici. Sicché, per dirla con Stefano Jossa,

 

«tanto I Malavoglia quanto Mastro-don Gesualdo sono prima di tutto dei romanzi storici. Qui è una delle chiavi per capire il loro significato sul piano simbolico: una storia d’Italia che non sia la storia degli entusiasmi e dei successi di una generazione vincente, ma che sappia rendere conto anche degli opportunismi, delle meschinità, dei sogni alimentati dalla retorica nazionalistica e delle violenze nascoste dietro le passioni politiche».[28]

 

Infine inseriremmo nell’ideale antologia un brano dal cap. XV, quello col ritorno di ‘Ntoni alla casa del nespolo, e del suo addio definitivo ad Alessi e Mena, la cui importanza per la comprensione dell’intera opera, e a conferma della sua complessità, è attestata dalle diverse e contrastanti letture, secondo che si metta l’accento sulla sacralità della famiglia violata dal giovane ‘Ntoni, sicché «l’errore di uno solo segna la catastrofe di tutta una famiglia» (Russo) o sul distacco definitivo dal mondo arcaico alla volta della modernità (Luperini).[29] Proporremmo inoltre la conclusione di Mastro-don Gesualdo (parte quarta, cap. V), che mette in rilievo il fallimento del protagonista: un fallimento esistenziale, soprattutto, ché l’ossessione individualistica per l’accumulazione di beni e per l’ascesi sociale gli ha impedito di costruire un rapporto autentico con la figlia.[30] Un brano da Cavalleria rusticana, nella sua versione teatrale, può efficacemente rendere ragione del Verga autore di teatro, e al contempo di quella continua azione di transcodifica dei temi da un genere all’altro che è caratteristica della sua opera. Del resto già Contini, nella sua Letteratura dell’Italia unita, includeva una novella ‘milanese’ e ampi brani da Cavalleria rusticana.[31]

A conclusione della trattazione, a nostro avviso è opportuno cercare di gettare un ponte fra Verga e il Novecento, riconoscendo come il personaggio verghiano – secondo l’angolatura da cui lo si guarda, e che sarà sempre imperfetta e un po’ arbitraria: ‘perdente’, ‘vinto dalla vita’ o ‘dissociato’, oseremmo quasi dire ‘inetto’ – anticipi un ‘modello’ che avrà sviluppi notevoli nelle opere di Pirandello e di Svevo, e soprattutto si ponga quale personaggio in cui bene e male convivono, senza conclusioni consolatorie.[32] I due casi più eclatanti di ‘dissociati’ sono senz’altro quelli del giovane ‘Ntoni e di Gesualdo Motta: il primo vinto per aver aspirato al cambiamento personale, ma anche per aver violato la norma che obbliga alla fedeltà agli affetti e alla tradizione, autoescludendosi dal focolare; il secondo per avere azzeccato tutte le mosse in tema di affari, come non pochi uomini di successo, ma perdendo tragicamente sul fronte dei sentimenti. Ha ragione Zinato quando afferma, guardando da una prospettiva diacronica, che

 

La percezione degli studenti rispetto al percorso di storia letteraria che si costruisce insieme a loro a partire dal secondo biennio di scuola superiore comincia a prendere forma per lo più nel corso dell’ultimo anno, quando diventano più maturi, consapevoli, curiosi. In quinta l’orizzonte otto-novecentesco da esplorare, ossia quello che permette di conoscere le espressioni letterarie della modernità, è sentito come più prossimo e sintonico. Nel contempo, le linee di continuità o di rottura tra periodi e autori possono essere ricostruite e tracciate: sette secoli di storia letteraria si ricompongono in una mappa mentale che trova finalmente le sue coordinate.[33]

 

Se vogliamo dunque tirare i fili di una tradizione letteraria, possiamo considerare due aspetti caratterizzanti di Verga, ossia l’essere uomo ‘dentro’ e assieme ‘contro’ ai tempi, e l’essere uno sperimentatore nella sintassi e nel lessico, come un collegamento che rimandi direttamente alla figura e all’opera di Dante. In questo senso «Verga non è scrittore che offra facili evasioni o immagini consolatorie, ma è uno scrittore scomodo, aspro, sgradevole, che urta il lettore e stimola la riflessione critica».[34]

Oltre a leggere i classici, però, è importante scriverne, poiché la promozione della scrittura a partire da essi riporta «la letteratura, e più in generale l’arte del discorso, alla sua reale dimensione di complessità, in cui produzione e fruizione sono di fatto inscindibili».[35] Pertanto ben vengano eventuali esperienze di scrittura finalizzata all’interpretazione e alla rielaborazione dell’opera verghiana.

Le verifiche scritte previste sono le seguenti:

  • Una verifica riguardante contenuti e abilità. Si può prevedere una prova semistrutturata con testi inclusi, con adattamento per studenti in situazione di DSA secondo la segnalazione ai sensi della legge 170/2010 (in linea di massima: 10'-15’ in più di tempo, uso di mappa concettuale limitata alle parole-chiave; riduzione del numero delle domande del 20%) e misure per i BES secondo il bisogno specifico (dato il bisogno ipotizzato supra, ossia ansia, si prevedono tempi più lunghi, senza adattamenti e senza mappe, il cui uso, in assenza di un disturbo specifico dell’apprendimento certificato, è soltanto dannoso). La scheda di correzione e valutazione, previamente illustrata e pubblicata sul registro elettronico, prevede una versione adattata per alunni in situazione di DSA, cui viene comunicata riservatamente. Essa può prevedere un punteggio per ciascuna risposta esatta o soddisfacente (ad esempio 0,40 pt. per ciascuna risposta esatta in una batteria di 25 quesiti) o una valutazione complessiva.

 

Allegato 2 – scheda di valutazione

 

  • La prova si articola in 25 quesiti, in parte a domanda aperta e in parte a risposta multipla, da svolgere in 50’ (formattazione per DSA: font Bianconero con dimensioni 12 pt., interlinea 1,5).
  • Un compito in classe secondo le tipologie della 1a prova scritta dell’esame di Stato: tipologia A (Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano) con un testo rilevante di Verga, possibilmente non incluso fra quelli studiati nel corso delle lezioni (nell’esempio di prova proporremmo l’incipit di Mastro-don Gesualdo); tipologia B: da riservare ad altri argomenti, in raccordo con altre discipline del corso di studio; tipologia C (Riflessione critica su temi di attualità) con uno spunto tratto da un testo di Verga.

 

Allegato 3 – Prova scritta

 

Non sono previsti adattamenti. Per la prova sono assegnate 4 ore (formattazione: font Bianconero con dimensioni 12 pt., interlinea 1,15). Per gli studenti in situazione di DSA si prevede la dispensa dall’uso del corsivo, o l’impiego del pc. La scheda di correzione e valutazione della prova secondo le tipologie dell’esame di Stato è normalmente dipartimentale, con adattamento per studenti in situazione di DSA nella parte relativa a ortografia e morfosintassi, secondo la segnalazione (ma non si escludono ulteriori adattamenti sulla base dei contenuti del certificato o delle evidenze riscontrate dall’insegnante).

 

3. Un compito ‘autentico’: la realizzazione di un calendario-strenna dedicato a Verga

 

Tra la finalità di un’UdA spicca quella di trattare un tema sviluppando al contempo competenze che concorrano a mettere in grado gli studenti di affrontare, in futuro, situazioni di vita e di lavoro in autonomia. Così si esprime Simone Giusti:

 

L’approccio centrato sulle competenze [...] procede dall’individuazione, negoziale e condivisa da numerosi attori sociali, delle competenze ritenute fondamentali in ciascuna fase del processo formativo, a partire dal momento cruciale dell’uscita dall’obbligo scolastico. Per capire che cosa debba garantire la scuola a quella persona, ci si domanda quali siano le situazioni di vita e di lavoro in cui ciascun cittadino si troverà ad agire, cercando di individuare che cosa debba essere in grado di fare in modo autonomo e, quindi, quali sono le risorse – tra cui vanno considerate anche le conoscenze – che egli dovrà mobilitare per poter compiere quelle azioni.[36]

 

Immaginiamo che il compito consista nella realizzazione di un ‘prodotto’, e che questo sia un calendario-strenna dedicato a Verga, strutturato in sezioni corrispondenti ai mesi dell’anno, magari nell’ambito di un progetto pluriennale di edizione di calendari-strenna dedicati di volta in volta ad autori della letteratura, a filosofi, a scienziati o artisti, secondo scelte non necessariamente legate a celebrazioni di anniversari, ma motivate piuttosto dalla rilevanza del personaggio e dalla spinta a portare la cultura all’esterno dell’istituto scolastico (terza missione) per consolidare le relazioni nel territorio e nelle sedi internazionali. Esso potrà essere stampato ricorrendo a una sottoscrizione (altri dicono crowfunding) e poi messo in vendita per sovvenzionare l'acquisto di libri per studenti bisognosi, od offerto in dono ad autorità locali e interlocutori abituali. Questa proposta è intenzionalmente incentrata su un’attività semplice e amena, tenuto conto da un lato che una maggiore difficoltà non comporterebbe necessariamente un più ampio sviluppo di competenze, e dall’altro che la parte più impegnativa dell’UdA, in termini di tempo e di energie, dovrebbe a nostro giudizio consistere nello studio dell’autore e della sua opera. L’esperienza di realizzazione di un ‘prodotto’ si presta comunque a favorire lo sviluppo di alcune delle competenze-chiave per l’apprendimento permanente individuate nella Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018.[37] Fra le otto competenze indicate nella Raccomandazione, le seguenti sette sono più o meno coinvolte nella nostra proposta di UdA (con la sola esclusione della competenza scientifica):

  • competenza alfabetica funzionale (uso corretto della lingua italiana);
  • competenza multilinguistica (nella realizzazione del ‘prodotto’ è impiegata anche una lingua straniera);
  • competenza digitale (produzione e presentazione di un calendario con l'uso di strumenti e programmi informatici);
  • competenza personale, sociale e capacità d’imparare a imparare (ciascuno compie ricerche e porta un contributo nel gruppo);
  • competenza in materia di cittadinanza (collaborazione nello svolgimento, collegamento con le finalità dell’insegnamento di Educazione civica);
  • competenza imprenditoriale (risoluzione di problemi nel corso dello svolgimento del compito);
  • competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali (realizzazione del 'prodotto').

Se la classe conta 20 alunni, si possono costituire sei gruppi di lavoro di tre elementi ciascuno e un gruppo di due alunni (questi ultimi possono esercitare, in alternativa, un ruolo di supervisione e coordinamento fra gli altri gruppi). Possiamo prevedere di avere a disposizione aule corredate di vocabolari, dizionari dei sinonimi/contrari e bibliotechina, con i banchi disposti ‘a isola’ per consentire il lavoro di gruppo, e la disponibilità di un laboratorio d’informatica. Inoltre mettiamo in conto di disporre di LIM/Dashboard e di un tablet per ciascun gruppo nella fase di compito autentico (programmi: Canva, Publisher o altri).

I tempi complessivi dell’UdA possono essere all’incirca i seguenti:

  • Periodo: tra la seconda metà di ottobre e la fine di novembre.
  • Monte ore complessivo: 25 ore (di cui 6 di attività extrascolastica).
  • Contenuti disciplinari: n. 7 ore di lezione partecipata + 1 ora di verifica sui contenuti.
  • Compito ‘autentico’: n. 6,5 ore nell'orario curricolare + n. 6 ore in orario extracurricolare, così distribuite: n. 1 ora per la presentazione del lavoro, la costituzione dei gruppi (in base anche alla propensione degli studenti per le diverse attività) e l’organizzazione del lavoro con i tempi (cronoprogramma); n. 3,5 ore in orario scolastico + n. 5 ore in orario extrascolastico per lo svolgimento del lavoro per gruppi, in parte a scuola e in parte in orario extrascolastico in DDI ai sensi del D.M. 89/2020; n. 2 ore per la restituzione (riunione per revisione generale, assemblaggio e definizione finale del calendario); n. 1 ora in orario extrascolastico per la presentazione in modalità multimediale, nell’ambito di un evento di rilevanza pubblica (open day, conferenza stampa ecc.).
  • Verifica: prova scritta tip. A/C dell'esame di Stato (n. 4 ore).
  • Questionario da somministrare agli studenti per la rubrica metacognitiva di valutazione delle competenze (n. 0,5 ore).

S’intende che lo svolgimento del compito ‘autentico’, in quanto interdisciplinare, non può gravare esclusivamente sulle ore di Lingua e letteratura italiana, ma deve svolgersi anche in ore di altre discipline, come Informatica, Storia, Lingua e civiltà Inglese (o altra lingua), Storia dell’arte (se presente) ecc.. Pertanto la programmazione dell’UdA, pur avendo un contenuto spiccatamente letterario, dovrebbe essere di natura collegiale. La situazione ideale (ma solo teorica, temiamo) sarebbe forse quella in cui, dopo che l’insegnante di Lingua e letteratura italiana ha fornito alcuni strumenti di ordine generale, gli studenti lavorano in autonomia rivolgendosi ai docenti delle diverse discipline per discutere sui contenuti da inserire nel calendario e sulle difficoltà che di volta in volta si presentano.

Di seguito indichiamo alcuni esempi di compiti specifici finalizzati alla cura tematica delle pagine del calendario, da assegnare ai gruppi (una pagina di calendario per ogni mese dell’anno). L’assegnazione può avvenire dietro proposta dei gruppi stessi (e in questo caso prende corpo la responsabilità di scegliere, ovvero dirigersi verso) oppure può essere casuale (così da far emergere la responsabilità del confronto con qualcosa che viene incontro). Questi, dunque, sono alcuni possibili temi, definiti in forma sintetica e accompagnati da un riferimento bibliografico in nota:

  1. presentazione generale di Verga: vita e/o opere.
  2. intervista ‘impossibile’ con l’autore o un suo personaggio, secondo il modello del noto programma televisivo della Rai (1974-1975).[38]
  3. Verga e l'Europa: l'opera dell’autore si raccorda al Naturalismo (Zola, Maupassant, i de Goncourt).[39]
  4. Verga e altri veristi: l'opera dell’autore è inquadrata nell'ambito del Verismo, con presentazione di autori veristi e circostanti (Capuana, De Roberto, Zena, De Marchi, Pratesi, Fucini, Serao, Deledda ecc.).[40]
  5. La Sicilia di Verga: brevi descrizioni tratte da Inchiesta in Sicilia di Franchetti e Sonnino.[41]
  6. Verga fotografo: una passione dello scrittore, collaterale alla scrittura, funge da documento della realtà.[42]
  7. Un’opera-mondo (secondo la definizione di Franco Moretti)[43]: sintesi de I Malavoglia.
  8. Riscrittura d'un brano noto cambiando ‘voce’ o punto di vista.
  9. Calco o parodia di brani famosi di testi teatrali (ad esempio Cavalleria rusticana).[44]
  10. Verga nel cinema: si può dedicare la pagina al cinema sceneggiato e prodotto dallo stesso Verga, o al cinema che a Verga si è ispirato, come ad esempio La terra trema di Luchino Visconti (1948).
  11. Verga nella iconografia: pensiamo in particolare a spunti dall’edizione Treves 1897 di Vita dei campi, corredata delle illustrazioni di Arnaldo Ferraguti, e a una recente interpretazione a fumetti, due sforzi che testimoniano entrambi, in forme diverse e a una grande distanza di tempo, la ricerca di un linguaggio visivo capace di ‘raccontare’ per immagini le novelle verghiane.[45]
  12. Traduzioni in lingua straniera, per offrire la strenna nell'ambito di uno scambio internazionale: l’apporto in lingua straniera può sostanziarsi nella realizzazione di un’intera pagina del calendario-strenna in lingua, oppure in brevi riassunti in lingua straniera presenti in ciascuna pagina, per illustrarne il contenuto, o anche in traduzioni di passi verghiani significativi.[46]

Si tratta quindi di utilizzare il ‘prodotto’ per focalizzare l’attenzione su aspetti particolari dell’uomo e dell’opera, approfondendoli e comunicandoli all’esterno in una visione unitaria. Va detto che oggi i manuali spesso offrono spunti di grande utilità. Se prendiamo in esame la passione di Verga per la fotografia, ad esempio, l’antologia di Bologna-Rocchi-Rossi, oltre a riprodurre alcune foto significative, è molto chiara nella contestualizzazione:

 

Verga comincia a occuparsi di fotografia su consiglio degli amici Luigi Capuana e Federico De Roberto, rivelandosi un pioniere in Italia: non solo scatta le foto, ma le sviluppa e stampa personalmente, sperimentando varie tecniche e corredandole di annotazioni critiche. Egli diventa un fotografo dilettante assai attivo e inizialmente la sua passione si presenta come un ulteriore strumento per la preparazione dei romanzi: oltre a parenti e amici, sono fissati sulle lastre il mondo dei contadini e i luoghi della terra natale, alla ricerca della verità del documento umano più che di finalità estetiche o etnologiche.[47]

 

Anche per quanto concerne il cinema il campo d’indagine è proficuo, poiché Verga accettò che suoi testi fossero ridotti a sceneggiature cinematografiche, poi si mise egli stesso in quella che chiamava «questa manipolazione culinaria delle cose mie»,[48] e dal 1916 fu socio della Silentium Film, una società cinematografica con sede in Milano, per la quale scrisse diversi soggetti, con sceneggiatura e didascalie. Da un lato l’evidente interesse legato a facili guadagni, e dall’altro la curiosità di sperimentare nuovi linguaggi, e con essi la trasposizione delle stesse storie secondo diversi codici espressivi acconci all’immagine in movimento, portarono lo scrittore catanese a occuparsi molto del ‘grande schermo’, da lui considerato come una forma d’arte.[49] Non è ovviamente possibile entrare qui nel dettaglio di tutti gli aspetti dell’opera verghiana menzionati; né del resto saremmo disposti a farlo, nella certezza che i colleghi insegnanti, nella pratica didattica, sappiano fare meglio di noi.

Per quanto concerne la valutazione del compito ‘autentico’, la nostra preferenza va a una valutazione semplice ed essenziale. Tuttavia, per mettere in risalto l’attività giudicante del docente nei diversi momenti dello svolgimento del compito, per quanto attiene l’azione collettiva e l’apporto individuale di ciascuno studente, proponiamo in allegato alcune possibili schede per l’osservazione e la valutazione nelle diverse fasi del compito ‘autentico’: una rubrica di processo per le osservazioni sistematiche delle attività; una rubrica di prodotto per la valutazione del risultato; una rubrica metacognitiva per rilevare la capacità degli studenti di documentare e valutare il proprio lavoro; una scheda per la valutazione del ‘diario di bordo’ e/o dell’autovalutazione degli studenti vedi

Allegato 4 – Schede di valutazione

 

E con queste – come avrebbe detto Azzeccagarbugli – «ce n’è della roba». Anche troppa.

 

 

Bologna, 11 giugno 2025

 


 

[1]    Possiamo considerare le competenze, in linea di massima, come la «comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia» (Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente (eqf), Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Lussemburgo 2009, p. 11, cons. il 31 gennaio 2025).

[2]    Emmanuel Lévinas, Etica e infinito. Dialoghi con Philippe Nemo, a cura di Franco Riva, Roma, Castelvecchi, 2014, p. 93 passim.

[3]    Andrea Manganaro, Insegnamento della letteratura e didattica per competenze, tra scuola e università, in La didattica della letteratura nella scuola delle competenze, a cura di Giuseppe Langella, Pisa, ETS, 2014, pp. 65-80. Sulle competenze in generale vedi: Michele Pellerey, Le competenze individuali e il Portfolio, Firenze, La Nuova Italia, 2004; Philippe Perrenoud, Costruire competenze a partire dalla scuola, Roma, Anicia, 2010; Mario Castoldi, Progettare per competenze, Roma, Carocci, 2013.

[4]    Sui rischi di una ‘deriva digitale’ vedi Lorenzo Tomasin, L'impronta digitale. Cultura umanistica e tecnologia, Roma, Carocci, 2017.

[5]    Vedi le Indicazioni nazionali per i licei (sito MUR, cons. il 31 gennaio 2025).

[6]    In questo senso si esprime anche Roberto Carnero, Il bel viaggio. Insegnare letteratura alla generazione Z, Firenze-Milano, Giunti/Bompiani, 2020, p. 194. Bisognerebbe del resto precisare che nessuna lezione scolastica è ‘frontale’, nel senso di ‘unidirezionale’: tale può essere la comunicazione a un convegno accademico, o una conferenza a un vasto pubblico nello stile di Alessandro Barbero; ma mai una lezione, che presuppone invece l’esserci, l’interagire con la parola e con lo sguardo, il giungere assieme a una verifica probatoria (nel nostro caso: sui testi letterari) di quanto detto dall’insegnante.

[7]    Sulla vita: Gabriella Alfieri, Verga, Roma, Salerno, 2016. Sulla poetica: Pierluigi Pellini, Verga, Bologna, Il Mulino, 2012. Per la critica: Leggere Verga. Antologia della critica verghiana, a cura di Paolo Pullega, Bologna, Zanichelli, 1975; Gorizio Viti, Verga verista, Firenze, Le Monnier, 1983. Vedi anche: Vittorio Roda, L’età del positivismo e del decadentismo, in Guida allo studio della letteratura italiana, a cura di Emilio Pasquini, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 451-455; Mario Puppo, Giorgio Baroni, Manuale critico-bibliografico per lo studio della letteratura italiana, 4a ed., Torino, SEI, 1994.

[8]    Gino Tellini, Le biografie degli autori, in Didattica della letteratura italiana. Riflessioni e proposte applicative, a cura di Gino Ruozzi, Gino Tellini, Firenze, ADI-Le Monnier Università-Mondadori education, 2020, pp. 73-85: 73.

[9]    Marianna Villa, Verga a scuola: proposte didattiche e nuove prospettive, «Griselda online – il portale di letteratura», 28 febbraio 2023 (cons. il 31 gennaio 2025).

[10]  Per la discussione intorno alla controversa traccia su Nedda vedi Alessandro Ferioli, Le tracce "A" dell'Esame di stato 2022. Prove ordinaria e suppletiva, «Griselda online – il portale di letteratura», 18 luglio 2022 (cons. il 31 gennaio 2025).

[11]  Riccardo Bruscagli, Gino Tellini, Il palazzo di Atlante. Le meraviglie della letteratura, 3A: Dall’Italia Unita al primo Novecento, Firenze, D’Anna, 2018, p. 245. Tale scelta è stata spiegata in Gino Tellini, Verga in classe: nell’officina di un manuale scolastico, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XV (2022), pp. 21-32. Va detto che la Prefazione a Eva era riportata anche nel manuale di Baldi, secondo cui essa «documenta lo spirito e il tono dei romanzi preveristi di Verga, che sono molto vicini al clima della cultura scapigliata» (Guido Baldi et alii, Dal testo alla storia, dalla storia al testo, vol. 3/1B: la Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo, Milano, Paravia, 2003, p. 270-271: 271). Vedi anche Nicolò Mineo, Società politica e ideologia nell’opera del Verga. Dal romanzo storico al verismo, «Annali della Fondazione Verga», II (1985), pp. 5-120.

[12]  Gianfranco Contini, Letteratura dell'Italia unita: 1861-1968, Firenze, Sansoni, 1994, p. 142.

[13]  Andrea Manganaro, Giovanni Verga cent’anni dopo: il potere di chi giudica, lo straniamento, e la sua “terza via”, «Italica», 99, 2 (2022), pp. 222-240 (la cit. a p. 225). La definizione della ‘regressione’ si deve a Guido Baldi, L'artificio della regressione: tecnica narrativa e ideologia nel Verga verista, Napoli, Liguori, 1980.

[14]  La cit. da Gabriella Alfieri, Verga «costruttore di lingua»: l’italiano dei capolavori veristi e l’italiano contemporaneo, relazione al Convegno internazionale di studi “Verga oggi”, Firenze 24-25 novembre 2022 (https://www.youtube.com/watch?v=xnJRKrlUsbM). Sulla lingua di Verga: Gabriella Alfieri, Lo scompiglio linguistico di Verga tra antidialettalità, agrammaticalità ed etnificazione, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XVII (2024), pp. 69-92; Alessandra Santi, La lingua del Verga tra grammatica e stilistica: scritto e parlato nei “Malavoglia”, «Annali della Fondazione Verga», n.s., 1 (2008), pp. 41-92; Daria Motta, La lingua fusa: la prosa di Vita dei campi dal parlato popolare allo scritto-narrato, Acireale, Bonanno, 2011; Fabio Ruggiano, Lingua e stile, in Verga e il Verismo, a cura di Giorgio Forni, Roma, Carocci, 2022, pp. 231-243.

[15]  G. Alfieri, Lo scompiglio linguistico di Verga, cit., pp. 84-85.

[16]  Ivi, p. 90.

[17]  Remo Ceserani, Guida allo studio della letteratura, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 362.

[18]  Interpretazioni di Verga, a cura di Romano Luperini, Roma, Savelli, 1975, p. 27; Guida alla lettura di Verga, a cura di Isabella Gherarducci, Enrico Ghidetti, Scandicci, La Nuova Italia, 1994, p. 260.

[19]  Francesco Branciforti, La prefazione dei Malavoglia, «Annali della Fondazione Verga», I (1984), pp. 7-39: 7.

[20]  Romano Luperini, Insegnare la letteratura oggi, 5a ed., San Cesario di Lecce, Manni, 2013, pp. 80-81.

[21]  Ivi, pp. 91-95.

[22]  Quando scriviamo di attività da svolgere in DDI in orario extrascolastico corre l’obbligo di precisare che non tutti gli studenti dispongono, in ambito domestico, delle dotazioni strumentali per elaborare contenuti digitali. Pertanto, per evitare un mortificante divario e favorire l’inclusione, bisognerebbe o fornire le dotazioni in comodato d’uso, oppure prevedere l’utilizzo delle dotazioni soltanto a scuola, in ogni caso fornendo a scuola le competenze d’impiego delle dotazioni e dei programmi.

[23]  Claudia Mizzotti, Lucia Olini, Carla Sclarandis, Leggere per scrivere, scrivere per leggere, in Didattica della letteratura italiana. Riflessioni e proposte applicative, cit., pp. 185-197: 187.

[24]  Romano Luperini, Verga moderno, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 76. Per una lettura della novella: Raffaele Sirri, Lettura di Rosso Malpelo, «Annali della Fondazione Verga», XVII (2000), pp. 161-175; Gabriella Macrì, La miniera nel naturalismo, nel verismo e nell’ithografia: Germinal di Zola, Rosso Malpelo di Verga e Le conseguenze della vecchia storia di Viziinòs, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XVI (2023), pp. 191-208.

[25]  Giuseppe Lo Castro, Il mistero della violenza: “Tentazione!” di Verga e il racconto di stupro, «Oblio», I, 2-3, pp. 22-35; Lina Grossi, Tentazione!” di Giovanni Verga e l'attualità della violenza sulla donna, «Insegnare», 21 giugno 2023 (cons. il 31 gennaio 2025).

[26]  Nicolò Mineo, Per una rilettura di Libertà di Giovanni Verga, «Annali della Fondazione Verga», n.s., X (2017), pp. 63-101; Guido Baldi, Il sorriso dell’Ignoto marinaio e l’ipotesto di Libertà, «Italianistica», 42, 3 (2013), pp. 21-31; Giuseppe Traina, Un’idea di Verga in Sciascia, Bufalino e Consolo, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XI (2018), pp. 273-284; Leonardo Sciascia, Verga e la libertà, in Idem, La corda pazza. Scrittori e cose della Sicilia, Torino, Einaudi, 1982.

[27]  Giovanni Verga, Lettere a Luigi Capuana, a cura di Gino Raya, Firenze, Le Monnier, 1975. Vedi: I Malavoglia, Atti del Congresso internazionale di studi, Catania, 26-28 novembre 1981, 2 voll., Catania, Fondazione Verga, 1982; Teresa Poggi Salani, La “forma” dei Malavoglia, «Annali della Fondazione Verga», III (1986), pp. 121-162; Gino Tellini, L'invenzione della realtà. Studi verghiani, Pisa, Nistri-Lischi, 1993; Alberto Asor Rosa, I Malavoglia di Giovanni Verga, in Idem, Letteratura italiana. Le opere, vol. 3: Dall’Ottocento al Novecento, 1995, Torino, Einaudi, 1995, pp. 733-877; Alessio Baldini, I Malavoglia e il progetto dei Vinti, in Verga e il Verismo, cit., pp. 115-145.

[28]  Stefano Jossa, L'Italia letteraria, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 118. Si rimanda alle pp. 101-150 per un percorso sul tema della storia nella letteratura italiana.

[29]  Luigi Russo, Introduzione, in Giovanni Verga, Opere, a cura di Luigi Russo, Milano-Napoli, Ricciardi, 1968, pp. VII-XXVIII: XIII (vedi anche pp. XXI-XXIV); Romano Luperini, Conclusione sui temi del Convegno: a proposito della religione della famiglia, in Famiglia e società nell'opera di G. Verga. Atti del Convegno nazionale, Perugia, 25-26-27 ottobre 1989, a cura di Norberto Cacciaglia, Ada Neiger, Renzo Pavese, Firenze, Olschki, 1991, pp 207-213.

[30]  Romano Luperini, Strategie narrative nell’ultimo capitolo del Mastro-don Gesualdo, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XVII (2024), pp. 25-30.

[31]  G. Contini, Letteratura dell'Italia unita, cit., pp. 139-181.

[32]  Gino Tellini, Verga e il Novecento, in Verga e il Verismo, cit., pp. 277-289.

[33]  Insegnare letteratura. Teorie e pratiche per una didattica indocile, a cura di Emanuele Zinato, Laterza, ed. elettronica, 05/10/2022, cap. 2.3.

[34]  G. Baldi et alii, Dal testo alla storia, dalla storia al testo, cit., p. 261.

[35]  Marianna Marrucci, Valentina Tinacci, Scrivere per leggere. La scrittura creativa e la didattica, Civitella in Val di Chiana, Zona, 2011, p. 80.

[36]  Simone Giusti, Letteratura e competenze: una questione didattica, in Per una letteratura delle competenze, a cura di Natascia Tonelli, Torino, Loescher, 2013, pp. 83-93: 90.

[37]  Vedi il testo della Raccomandazione del Consiglio dell’UE in data 22 maggio 2018 (cons. il 31 gennaio 2025).

[38]  I testi furono raccolti in Alberto Arbasino et alii, Le interviste impossibili, Milano, Bompiani, 1975. Più di recente il ‘genere’ è stato ripreso da Stefano Cristante, L'intervista è impossibile. Dialoghi immaginari con i classici, Neviano, Musicaos Editore, ediz. elettronica, 2020.

[39]  Pierluigi Pellini, Naturalismo e verismo, Scandicci, La nuova Italia, 1998.

[40]  Verga e il Verismo, a cura di Giorgio Forni, Roma, Carocci, 2022.

[41]  Leopoldo Franchetti, Sidney Sonnino, Inchiesta in Sicilia, Firenze, Vallecchi, 1974.

[42]  Verga fotografo, a cura di Giovanni Garra Agosta, Catania, Maimone, 1991.

[43]  La definizione di opera-mondo è in Franco Moretti, Opere mondo. Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent'anni di solitudine, Torino, Einaudi, 1994.

[44]  Luisa Mirone, La riscrittura parodica a scuola, in Le competenze dell’italiano, a cura di Natascia Tonelli, Torino, Loescher, 2016, pp. 115-124.

[45]  Per le illustrazioni di Vita dei campi: Stefania Stefanelli, Testo narrativo e testo visivo in Vita dei campi 1897, «Annali della Fondazione Verga», XVII (2000), pp. 285-318. Per un confronto con le illustrazioni della ‘quarantana’ dei Promessi sposi – la cui vicenda può essere in parte paragonata a quella delle illustrazioni di Vita dei campi, sia per lo stretto rapporto fra l’artista e lo scrittore, sia per la stretta correlazione, in quella edizione, fra testo e immagine – qualche spunto può venire da Alessandro Ferioli, Guardare “I Promessi sposi” a 150 anni dalla morte di Manzoni, «Libro Aperto – Annali Romagna ed Emilia 2024», suppl. 1 al n. 115 di «Libro Aperto», XLIV (XXIX), 2024, pp. 118-124. Per i fumetti: Fabia Mustica, Giovanni Verga: cinque novelle a fumetti, Leonforte, Siké, 2018.

[46]  Su un esercizio di traduzione, svolto in ambito accademico, ma ricco di spunti didattici ed esegetici, vedi Tullio Pagano, Tradurre per capire Giovanni Verga, «Annali della Fondazione Verga», n.s., XIII (2020), pp. 235-251.

[47]  Corrado Bologna, Paola Rocchi, Giuliano Rossi, Letteratura visione del mondo. Dall’Unità d’Italia alla fine dell’Ottocento. 3A. Edizione blu, Torino, Loescher, 2020, p. 271.

[48]  Lettera a Dina di Sordevolo, 25 aprile 1912 (Giovanni Verga, Lettere a Dina, a cura di Gino Raya, Roma, Ciranna, 1963).

[49]  Per una filmografia: Davide Guglielmino, Verga e il cinema: un connubio amore-odio, Centro Studi Aci-Trezza, 20 novembre 2022 (cons. il 31 gennaio 2025). È appena il caso di ricordare che Pirandello ambientò nel mondo del cinema il romanzo Si gira! (1916), poi ripubblicato come Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1924).