Alessandro Ferioli - Le tracce "A" dell'Esame di stato 2022

Prove ordinaria e suppletiva

 

1. Introduzione

L’esame di Stato conclusivo del corso di studi secondario di secondo grado implica alcuni ‘riti’ che si ripetono annualmente, rinnovandosi nei contenuti se non nella forma. Uno tra questi è costituito dalle immancabili controversie suscitate dalle tracce della prova scritta di Lingua e letteratura italiana. A partire dal momento stesso in cui si ‘scaricano’ le tracce, si comincia a discutere sulla scelta più o meno opportuna dei testi, ma soprattutto sulle cosiddette ‘consegne’, ossia le richieste relative alla comprensione e all’interpretazione (prima della ‘riformina’ del 2019 si dibatteva sovente anche sui singoli materiali annessi al tema per il saggio breve), talora con dispute più o meno accese, ma sempre della durata di pochi giorni (ché gli orali o le vacanze incombono), oltre che entro un perimetro di consapevolezza limitato agli addetti ai lavori (talché l’eco che ne giunge ai mass media, trasformandosi in notizia superficiale, è sempre un po’ deformante), e soprattutto in absentia della controparte (ossia dell’ignoto compilatore ministeriale, privo di diritto di replica; il che garantisce, peraltro, diritto di critica ad libitum ancor più che nelle recensioni dei ristoranti). Anche quest’anno non ha fatto eccezione, e noi, dopo aver lasciato decantare le discussioni, e dopo aver esaminato anche le tracce della sessione suppletiva, vorremmo qui proporre alcune considerazioni limitate alle proposte afferenti alla tipologia ‘A’ (analisi e interpretazione di un testo letterario italiano), tenendo conto sia delle tracce della sessione ordinaria (di seguito: S.o.) sia di quelle della sessione suppletiva (di seguito: S.s.).

 

2. Le prove ‘A’ della Sessione ordinaria.

Una prima considerazione non può prescindere dalla ‘contestualizzazione’, ossia dalla valutazione complessiva delle sette tracce proposte agli studenti. La decisione ministeriale è sempre anche una scelta ‘politica’, il cui risultato inevitabilmente condiziona i candidati nelle loro scelte. Riguardo a ciò – secondo il nostro debole parere – la prevedibilità di alcuni temi come il nesso fra clima e ambiente e il rapporto fra pandemia ed ecologia; la piattezza dell’approccio all’argomento dei social network; la genericità nella presentazione di un tema più serio come la ‘musicofilia’, a partire da un testo non ricco sul piano argomentativo e con ampi margini di sconfinamento nell’aneddotica personale, o addirittura di un tema grave come le discriminazioni ‘razziali’ del 1938, con un brano non particolarmente significativo (eccettuata la forza che gli deriva dall’essere testimonianza ancora bruciante) attinto dal libro di una pur degnissima personalità quale Liliana Segre, hanno evidentemente catturato l’attenzione di una rilevante quantità di candidati, costituendo (soprattutto i primi argomenti citati) un confortevole cantuccio ove lasciarsi guidare dalle domande di comprensione, per elaborare alcune considerazioni ormai quasi del tutto scontate. Ciò non ha, tuttavia, distolto del tutto l’interesse dalle proposte letterarie. La rilevazione sulle scelte dei candidati, relativamente alla sessione ordinaria, ha difatti registrato il 2,9% di scelte a favore del testo pascoliano e il 16,5% di opzioni (che sale a 21,5% nei licei) a favore di Nedda.[1] Facendo la somma, complessivamente si è cimentato nella tipologia ‘A’ il 19,4% dei candidati; il che è pressoché in linea con il risultato del 2019 (19,5%), il più alto degli ultimi anni, consentendoci così di ribadire – come già avevamo scritto (e il citarci per un’osservazione così banale sarà motivo di perdono da parte del lettore)[2] – che la presenza di due proposte afferenti alla tipologia ‘A’ ha indubbiamente ‘rivitalizzato’ l’analisi del testo.

Ma veniamo alle due tracce della tipologia ‘A’. Il testo S.o.A1 è una poesia di Giovanni Pascoli, tratta da Myricae: La via ferrata. Proprio su questo testo si è incentrata una critica, ampiamente rilanciata (senza approfondimento adeguato, come tradizione vuole) dagli organi di stampa: un docente avrebbe ‘scoperto’ un errore nella traccia, laddove il «femminil lamento» viene attribuito, dalla nota 3 a piè di pagina, ai fili del telegrafo anziché al treno.[3] In effetti, sin dalla pubblicazione in Myricae i critici si divisero sull’interpretazione dei primi due versi della quartina («Qual di gemiti e d’ululi rombando / cresce e dilegua femminil lamento?»), associando il ‘lamento’ chi al telegrafo (Cucchi), chi al treno (Treves e Melotti), mentre dagli anni Ottanta del Novecento la critica si è orientata stabilmente a favore dell’attribuzione del ‘lamento’ al treno (Pirotti, Traina, Ciani e Latini).[4] Sembra quindi opportuno, o per lo meno prudenziale, affermare che non di ‘errore’ marchiano della commissione ministeriale si tratti, bensì di una scelta aprioristica dell’opzione interpretativa meno accreditata, e oggi pressoché scartata dagli studiosi. Forse l’‘errore’ risiede piuttosto nell’aver inteso, con la nota 3, orientare il candidato a una ben precisa esplicazione, anziché lasciarlo libero d’intendere e spiegare nell’uno o nell’altro modo (il che non sarebbe del tutto estraneo al principio di trasfigurazione della realtà che sta alla base di questa poesia): difatti, più che rilevare la correttezza dell’esegesi, interessa forse, in una prova d’esame, far emergere la capacità del candidato di argomentare la propria interpretazione, che in tal senso può anche essere del tutto personale e non pienamente centrata, poiché in definitiva sia il fischio del treno sia la vibrazione dei fili del telegrafo «sembrano ripeterci misteriosi messaggi di dolore»[5] (e questo ‘sfondo’ andava senz’altro colto da parte del candidato, possibilmente assieme a quella sorta di ‘antidoto’ alla sofferenza e all’angoscia che, alle orecchie del poeta, è il suono dell’arpa).

Va detto, inoltre, che sembra non del tutto chiara la formulazione della terza domanda, che chiede d’individuare l’«elemento lessicale […] presente in ogni strofa della poesia» (v. 2: difila; v. 5: fila; v. 9: fili) e d’illustrarne il senso: difatti, è inevitabile pensare a un «elemento lessicale» che sia comune a tutte le strofe: come è stato giustamente osservato, «anziché pretendere dagli studenti che stabilissero un’improbabile relazione di ‘valore’ fra la via ferrata che si difila, le aeree fila e i fili di metallo si sarebbe potuto parlare del ‘tema portante’ del componimento».[6]

Infine, la richiesta relativa all’interpretazione, che è una parte ragguardevole dello svolgimento, sembra esercitare un’azione restrittiva laddove sollecita «una [...] riflessione sull’espressione di sentimenti e stati d’animo attraverso rappresentazioni della natura», mentre vi sarebbe ampio spazio anche per una trattazione (che le consegne avrebbero potuto perlomeno suggerire) sulla relazione fra natura e ‘macchinismo’ tipica della modernità, nella prospettiva di un progresso che da taluni era allora guardato con fiducia illimitata, e da altri osservato invece con diffidenza o addirittura con timore.[7]

Il testo S.o.A2 è tratto da Nedda, una novella pubblicata da Giovanni Verga su «Rivista italiana di scienze, lettere ed arti» il 15 giugno 1874, e poi stampata nello stesso anno, come estratto della rivista, in volume.[8] Confessiamo – sia detto di passata – che non siamo stati in grado di reperire il volume indicato nella traccia quale riferimento bibliografico («Giovanni Verga, Nedda. Bozzetto siciliano, Arnoldo Mondadori, Milano, 1977, pp. 40-41 e 58-59»), poiché non risulta neppure nel catalogo dell’Opac Centrale. Il testo, comunque, è conforme a quello contenuto in Vita dei campi (1897).[9]

Le nostre osservazioni si limiteranno a due aspetti. Innanzitutto, il brano proposto è in effetti un assemblaggio di tre brani, il primo dei quali è collocato all’altezza della parte iniziale del racconto, mentre gli ultimi due si trovano alla fine del racconto; il primo omissis, segnalato con […], corrisponde pertanto a un taglio di una quindicina di pagine, mentre il secondo omissis a un taglio di un solo paragrafo. Niente vieta una simile operazione, s’intende; ma includere nel testo da analizzare la descrizione della protagonista, l’agonia e la morte di Janu, nonché la rovina di Nedda dopo la nascita della bambina rischia forse di far perdere qualcosa in termini di coerenza e di visione complessiva del brano.

Inoltre rileviamo che la seconda domanda della parte di Comprensione e analisi ha suscitato un’accesa polemica da più parti, oltre a un’energica presa di posizione di Romano Luperini.[10] Questo il testo della richiesta ministeriale: «Individua nel brano i principali elementi riferibili al Verismo, di cui l’autore è stato in Italia il principale esponente». Tuttavia, dacché in Nedda «manca il requisito fondamentale del Verismo, la impersonalità», e «il linguaggio poi non è quello popolareggiante del Verismo, ma quello del tardoromanticismo nella sua variante lacrimosa e filantropica», secondo Luperini non si può attribuire tale novella al Verismo; talché richiedere al candidato di individuare gli elementi veristi sarebbe un’istigazione a dimostrare il falso. Il commento di Luperini (a caldo, peraltro) è stato molto duro, e va forse un po’ ‘smussato’ nei suoi angoli più acuti. Difatti, la domanda citata non attribuisce propriamente Nedda al Verismo, e allo stesso modo la seconda parte delle consegne, dedicata alla Interpretazione, non accenna al Verismo verghiano, bensì più genericamente al «tema degli ‘umili’», indicando semmai la giovane raccoglitrice di olive come «la prima di quelle dolenti figure di ‘vinti’ che Verga ritrarrà nei suoi romanzi». Il che appare un po’ diverso rispetto al fulcro dell’accusa di Luperini ai selezionatori ministeriali, ossia di essersi conformati alla narrazione, alquanto sorpassata, di chi vedeva in Nedda  la novella della ‘conversione’ al Verismo (una posizione esemplificata, secondo Luperini, dal manuale di Mario Pazzaglia). In altre parole, nella traccia non è scritto esplicitamente che Nedda è una novella verista.

In effetti, i manuali da tempo presentano Nedda come un bozzetto anteriore all’adesione dell’autore al Verismo, individuando lucidamente nella novella Rosso Malpelo (1878) l’avvio della stagione verista. Bastino pochi esempi. Il Bologna-Rocchi-Rossi, pur riconoscendo in Nedda «una nuova sensibilità», precisa che «la vicenda […] è offerta ai lettori borghesi con le stesse tonalità patetiche dei romanzi del ciclo mondano». Il Giunta-Grimaldi-Simonetti-Torchio, dopo aver avvertito che Nedda «potrebbe sembrare un preannuncio della poetica verista dei Malavoglia, ma non è così», spiega che «il tema è simile a quelli del Verga maturo, ma il tono e la prospettiva sono ancora quelli del romantico narratore ‘mondano’».[11] Secondo il Bruscagli-Tellini,

 

A causa dell’argomento, Nedda è stata spesso indicata come il momento della ‘conversione’ dello scrittore dai salotti mondani alla rappresentazione realistica della sua Sicilia. Ma la vicenda di Nedda appartiene al filone riformistico risorgimentale del racconto campagnolo, volto a esaltare la sana vita dei campi di contro alla corruzione cittadina e a mostrare come in mezzo alla miseria risaltino esempi di virtù.[12]

 

Così il Luperini-Cataldi-Marchiani-Marchese:

 

La scelta di personaggi e ambienti rusticani è molto importante, ma di per sé non rappresenta ancora un’adesione al Naturalismo (o Verismo). Nedda non è una novella verista, perché in essa manca del tutto l’impersonalità: anzi, l’autore, presente sin dall’inizio, interviene di continuo a difendere il proprio personaggio, con un atteggiamento costantemente moralistico.[13]

 

Peraltro anche le ultime edizioni del Pazzaglia erano esplicite, affermando che, se per molto tempo la critica aveva individuato nella novella l’origine del Verismo, «oggi si tende, invece, a limitarne l’originalità, riscontrandovi una ‘maniera’ già presente da tempo nella novella rusticale e nel populismo romantico».[14]

Anche, qui, pertanto, sembra più opportuno fermarsi, sul piano della critica ai compilatori ministeriali, alla scarsa chiarezza di formulazione della seconda domanda, che senz’altro (specialmente se letta assieme alla richiesta di Interpretazione) induce il candidato a impostare il proprio discorso esegetico eminentemente sul Verismo, ‘suggerendogli’ che l’attribuzione o meno di un testo al Verismo sia una questione meramente contenutistica (miseria, sfruttamento, eventi avversi ecc.) e facendogli perdere di vista quegli elementi che mantengono la novella ancora lontano dal Verismo: la distanza fra il narratore e l’oggetto narrato, gli interventi del narratore con il condizionale con valore dubitativo-eventuale (es.: «direi»), le ipotesi formulate dal narratore (es.: «Forse sarebbe stata bella»), i toni enfatici (es.: «quella povera figliuola raggomitolata sull’ultimo gradino della scala umana»). Ecco, dunque, il vero ‘errore’ presente nella traccia: l’approssimazione terminologica e la scarsa chiarezza, che si sarebbero potute evitare o limitare con un’espressione che stimolasse a rilevare gli aspetti narrativi ‘anticipatori’ delle tematiche veriste, e con una più puntuale collocazione cronologica della novella nel ‘cappello’ introduttivo, così da consentire, nella seconda parte delle ‘consegne’, il confronto col Ciclo dei vinti non soltanto riguardo alle storie dei personaggi (il che, diciamolo, è più proprio del primo biennio che di una prova conclusiva del corso di studi), ma anche e soprattutto sulle scelte stilistiche.

In definitiva, tenendo conto delle critiche emerse sulle tracce letterarie della Sessione ordinaria, si può affermare con una certa sicurezza che sia nella proposta S.o.A1 sia in quella S.o.A2 è risultato non pienamente centrato il primo punto delle Indicazioni generali per la formulazione delle tracce contenute nel Documento di lavoro per la preparazione delle tracce della prima prova scritta dell’Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione: «La consegna deve essere chiara, articolata, puntuale». In entrambe le proposte, inoltre, ci sembra essere mancato uno degli obiettivi chiaramente indicati nel Documento testé menzionato: «il testo andrà messo in relazione con l'esperienza formativa e personale dello studente e collocato in un orizzonte storico e culturale più ampio». Nella seconda parte del loro elaborato, infatti, i candidati avrebbero potuto affrontare, rispettivamente, in S.o.A1 il tema del ‘dominio’ della tecnologia nella contemporaneità, a partire dalla diffidenza di Pascoli, e in S.o.A2 quello dei diritti dei lavoratori e della sicurezza sui luoghi di lavoro, muovendo dalla rappresentazione delle condizioni di lavoro di Nedda e Janu e dall’infortunio occorso a quest’ultimo; in entrambi i casi, dunque, con qualche possibilità di attingere anche agli spunti forniti dall’insegnamento di Educazione civica e dalle attività di PCTO.

 

3. Le prove ‘A’ della Sessione suppletiva.

Veniamo alle proposte della tipologia ‘A’ della prova suppletiva.

La prima proposta (d’ora in poi: S.s.A1) offre ai candidati una poesia montaliana tra le meno antologizzate di Satura: Le parole. Il testo ci sembra assai correttamente introdotto da una presentazione che, opportunamente, indica l’anno di pubblicazione della raccolta e avverte che, con essa, Montale «sviluppa un nuovo corso poetico personale», testimoniando la condizione umana in un periodo di grandi e incisivi cambiamenti nella vita culturale e sociale. Le domande di Comprensione e analisi chiedono di ragionare: sui motivi per cui le parole, personificate, preferiscano gli ambienti più umili; sulle scelte lessicali e la loro coerenza col tema; sul senso dell’ultima strofa; sugli elementi caratteristici della personificazione delle parole. La parte relativa all’Interpretazione chiede di «riflettere sul tema, caro al poeta, della parola e del linguaggio poetico», con la possibilità di approfondire l’argomento anche mediante confronti con altri testi di Montale o di altri autori. Nel complesso della proposta S.s.A1 non riscontriamo, ictu oculi, alcuna stonatura, né ambiguità: tutto è chiaro, ma al contempo è lasciato al candidato ampio spazio per l’interpretazione personale. Se dovessimo esprimere una preferenza (non richiesta), indicheremmo questa proposta, sia per il testo sia per le consegne, come una fra le più ‘belle’ presentate negli ultimi anni: carica di una straordinaria freschezza e di una potenza suggestiva quasi insospettabile dietro lo stile colloquiale, essa è senz’altro una fra le proposte più appropriate per accompagnare i candidati alla conclusione del loro percorso, con l’auspicio che i giovani diplomandi rammemorino costantemente, per tutta la vita, il valore delle parole e le responsabilità connesse al loro uso.

La seconda proposta (d’ora in poi: S.s.A2) presenta un brano tratto da Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello. Premesso che un brano siffatto avrebbe meritato di essere introdotto con l’indicazione del capitolo del libro (IX, nella fattispecie), ci sembra che esso contenga molti elementi non facilmente componibili in un discorso unitario, poiché vi si tratta della dissonanza di Mattia con le condizioni meteorologiche dell’inverno, del proposito di «fissar dimora» in una città dopo un anno di ‘nomadismo’, della valenza degli oggetti nell’evocazione memoriale, con le deformazioni che essi subiscono e i sentimenti di cui si caricano. La prima domanda della Comprensione e analisi pone indubbiamente un argine al rischio di dispersione, chiedendo di focalizzare il riassunto sugli stati d’animo del protagonista. Scontata la seconda domanda («Spiega a cosa allude Adriano Meis quando si definisce ‘un uccello senza nido’ e il motivo del ‘senso penoso di precarietà’»), è invece sicuramente più interessante la terza, che chiede di analizzare i termini e le espressioni utilizzati dall’autore per descrivere la «nuova libertà» del protagonista e il suo «vagabondaggio». Sono le ultime due domande a convincerci meno, poiché, pur conservando la natura di quesiti non eludibili (e non meri spunti di riflessione), introducono concetti e temi normalmente poco trattati nella didattica. La quarta domanda («Analizza i sentimenti del protagonista alla luce della tematica del doppio, evidenziando le scelte lessicali ed espressive di Pirandello») richiede la conoscenza, anche sommaria, del concetto di Doppelgänger in letteratura, e, muovendo da quella conoscenza, l’applicazione delle relative competenze d’analisi. Non è un compito facile, e bene lo sa chi se ne è occupato professionalmente con ricerche e sondaggi sperimentali.[15] La quinta domanda («Le osservazioni sugli oggetti propongono il tema del riflesso: esamina lo stile dell’autore e le peculiarità della sua prosa evidenziando i passaggi del testo in cui tali osservazioni appaiono particolarmente convincenti»), francamente, apre la strada a considerazioni sul ‘riflesso’ che meglio si attaglierebbero allo ‘specchio’, e che, pur volendo limitare il discorso agli ‘oggetti’, presuppongono conoscenze sommarie degli studi di Jacques Lacan e di Gaston Bachelard, degli studi sul ‘doppio’, nonché di un proficuo filone della ricerca incentratosi sugli ‘oggetti’;[16] inoltre, l’invito a esaminare lessico e stile non sembra strettamente pertinente al tema del ‘riflesso’, e rischia di creare complicazioni. Siamo sicuri che il candidato ‘medio’, o addirittura bravo, possa disporre di competenze di analisi fondate su teorie normalmente non trattate a scuola? Riteniamo di no, così come riteniamo che le prove debbano essere formulate per gli studenti, e non per impressionare gli insegnanti. Del tutto centrata, invece, ci sembra la consegna relativa all’Interpretazione, che lascia ampio margine di utilizzo di spunti attinti dallo stesso Pirandello o da altri autori: «Commenta il brano proposto con particolare riferimento ai temi della libertà e del bisogno di una ‘regolare esistenza’, approfondendoli alla luce delle tue letture di altri testi pirandelliani o di altri autori della letteratura italiana del Novecento».

 

4. Considerazioni conclusive… con una proposta.

Quali considerazioni finali? Le solite, scontate e banali. Per svolgere l’analisi del testo occorre un lavoro intenso sulla ‘lingua’, che porti gli studenti a un progressivo allargamento del lessico (tale da scostarsi non di poco rispetto al discorso orale), a un uso corretto della punteggiatura in relazione al significato del discorso, a padroneggiare le più comuni risorse linguistiche (figure retoriche e connettivi), a valorizzare la ‘scoperta’ del significato simbolico e allusivo delle parole. Difatti, «scrivere bene significa anche leggere bene, non solo comprendendo parole e frasi, ma cogliendo le sfumature e le implicazioni del discorso e, eventualmente, l’intento persuasivo dell’autore».[17] Inoltre, dacché nella prima proposta di letteratura è richiesta la descrizione della struttura metrica della poesia, va da sé che gli elementi di metrica che di norma si studiano nella classe seconda (e che negli istituti tecnici e professionali si tende forse a trascurare un po’ negli anni successivi, complice anche la non centralità dello studio formale della letteratura nel piano degli studi) debbono invece costituire anche nel corso del secondo biennio e dell’ultimo anno i primi utensili di approccio con il testo. Insomma, il lavoro da fare è ancora tanto, e non va neppure disgiunto da un’analisi spassionata dei risultati delle ultime rilevazioni INVALSI e OCSE-PISA 2018[18].

Vorremmo ora avanzare, sottovoce, una proposta personale sulle tracce della tipologia ‘A’. La parte d’interpretazione richiede solitamente al candidato di stabilire confronti fra il testo proposto e altri a lui noti: nel caso di S.o.A1, ad esempio, le consegne consigliano di mettere «in relazione [la poesia] con altri componimenti di Pascoli e con aspetti significativi della sua poetica o far riferimento anche a testi di altri autori [...]». Questa è senz’altro una parte cruciale della prova di tipologia ‘A’, poiché consente di stabilire connessioni, d’inserire la poesia in un contesto, di confrontarla con altri testi letterari (in poesia e in prosa) per cogliere similarità o differenze; insomma, permette di fare risaltare lo stile o certi temi cari al poeta o ai letterati di un’epoca. Tuttavia, non pochi candidati sul punto avvertono un senso di smarrimento, poiché faticano a trovare, nella propria memoria, quei brani di poesie di altri autori che potrebbero essere utili a stabilire confronti. Siamo sinceri: anche un docente, normalmente, si affida alla propria memoria per richiamare alla mente i testi, ma poi li verifica col libro alla mano. Allo scopo di rendere più solida l’operazione di interpretazione, dunque, sarebbe a nostro avviso opportuno – e ciò proponiamo in vista di un’eventuale ‘revisione’ della struttura formale delle tracce – fornire in allegato alla traccia alcuni materiali utilizzabili facoltativamente dal candidato. Per portare un esempio, al testo S.o.A1 la traccia avrebbe potuto recare in allegato una o due poesie, per intiero o a brani, quali Alla Stazione una mattina d’autunno oppure Davanti San Guido di Giosue Carducci, Le città terribili di Gabriele d’Annunzio, La strada ferrata di Emilio Praga; o, per richiamare testi in prosa pressoché coevi, brani dal capitolo VII de Il fu Mattia Pascal di Pirandello o da La bête humaine di Émile Zola. Per il testo S.o.A2 si sarebbe potuto allegare l’incipit de I Malavoglia (il che avrebbe, forse, agevolato un confronto stilistico, portando i candidati a rilevare le sensibili differenze, nello stesso autore, fra lo stile ‘preverista’ e quello verista). Quanto da noi auspicato non è previsto dalla normativa sulla prima prova scritta, d’accordo: ma perché non riflettervi?

In conclusione, nell’analisi e nell’interpretazione di un testo acquista senso lo studio degli strumenti propri della narratologia, della metrica e della retorica; prende corpo l’applicazione sistematica negli studi letterari anche sotto il profilo storico, propria degli ultimi tre anni; si apre ai giovani quella facoltà straordinaria e quasi miracolosa di ‘leggere’ il mondo circostante e la commedia umana della vita attraverso la perspicacia e la sapienza dei grandi autori, «anime bennate» (come avrebbe detto Renato Serra) che hanno saputo rappresentare le cose da essi vedute, e inaccessibili all’occhio comune, con le più egregie mediazioni estetiche. Perciò auspichiamo che le tracce della tipologia ‘A’ assumano sempre più un ruolo centrale nella prova di Italiano conclusiva del percorso scolastico secondario di secondo grado.

 


[1] Fonte: Ministero dell’Istruzione, Url: <https://www.miur.gov.it/web/guest/-/esami-di-stato-il-21-2-ha-scelto-la-traccia-su-potenzialita-e-rischi-di-un-mondo-iperconnesso-tutti-i-dati-sulla-prima-prova> (consultato il 3 luglio 2022).

[2] Alessandro Ferioli, Incontrare un testo letterario. Le tracce A della ‘nuova’ prima prova scritta dell’esame di Stato, «Griselda, il portale della letteratura», Url: <https://site.unibo.it/griseldaonline/it/didattica/alessandro-ferioli-incontrare-testo-letterario> (consultato il 3 luglio 2022).

[3] Vedi Maturità: professore scopre un errore nella traccia su Pascoli, «Ansa», 23 giugno 2022, Url: <https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2022/06/23/maturita-professore-scopre-errore-nella-traccia-su-pascoli_2c4b60fa-9898-4e84-a1fb-bc9f070ca0b3.html> (consultato il 2 luglio 2022).

[4] Umberto Pirotti, Il Pascoli e l’Ariosto, «Studi e problemi di critica testuale», 27, 1983, pp. 173-192; Alfonso Traina, Esegesi pascoliane, «Rivista Pascoliana», V, 1993, pp. 189-194; Giovanni Pascoli, Poesie (Myricae – Canti di Castelvecchio), a cura di Ivanos Ciani, Francesca Latini, Torino, Utet, 2002, pp. 271-273. Sul tema ci si consenta di citare alcuni lavori di uno tra i massimi studiosi: Vittorio Roda, La folgore mansuefatta. Pascoli e la rivoluzione industriale, Bologna, Clueb, 1998; Idem, Pascoli prosatore e il mito della macchina, «Rivista pascoliana», 3, 1991, pp. 117-133; Idem, Fra telegrafo e treno: Pascoli e le tecniche della velocità, «Rivista pascoliana», 9, 1997, pp. 115-143; Idem, Treni pascoliani, in Sequenze novecentesche per Antonio De Lorenzi, a cura di Giampaolo Borghello, Modena, Mucchi, 1996, pp. 7-45; Idem, Un tema pascoliano: l’incontro fra cultura industriale e cultura pre-industriale, «Studi e problemi di critica testuale», 57, 1998, pp. 177-204; Idem, Pascoli e la civiltà delle macchine, in Pascoli e la cultura del Novecento, a cura di Andrea Battistini, Gianfranco Miro Gori, Clemente Mazzotta, Venezia, Marsilio, 2007, pp. 347-362.

[5] Giovanni Pascoli, Myricae, introduzione di Pier Vincenzo Mengaldo, note di Franco Melotti, 3a ed., Milano, Rizzoli, 1988, p. 192.

[6] Vedi Massimo Arcangeli, La fuorviante traccia su Pascoli, «Il Post», 23 giugno 2022, Url: <https://www.ilpost.it/massimoarcangeli/2022/06/23/la-fuorviante-traccia-su-pascoli/> (consultato il 2 luglio 2022). Vedi anche Massimo Arcangeli, Ferrovia, in Itabolario. L’Italia unita in 150 parole, a cura di Idem, Roma, Carocci, 2011, p. 108.

[7] Limitandosi al treno e alla ferrovia, segnaliamo: Remo Ceserani, Treni di carta. L'immaginario in ferrovia: l'irruzione del treno nella letteratura moderna, Genova, Marietti, 1993; Laura Ricci, Sul treno, luogo comune nella poesia del secondo Ottocento, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di Valeria Della Valle, Pietro Trifone, Roma, Salerno, 2007, pp. 131-145. Vedi anche Silverio Novelli, Treno, la via ferrata alla poesia, Url: <https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/percorsi/Percorsi_79.html> (consultato il 2 luglio 2022).

[8] Giovanni Verga, Nedda. Bozzetto siciliano, Milano, Gaetano Brigola, 1874.

[9] Giovanni Verga, Edizione nazionale delle opere di Giovanni Verga, 14: Vita dei campi, a cura di Carla Riccardi, Grassina-Bagno a Ripoli, Le Monnier, 1987, pp. 231 sgg.

[10] Romano Luperini, Ma il ministro Bianchi è rimasto al Pazzaglia?, «Laletteraturaenoi.it», 22 giugno 2022, Url: <https://laletteraturaenoi.it/2022/06/22/ma-il-ministro-bianchi-e-rimasto-al-pazzaglia/> (consultato il 2 luglio 2022).

[11] Corrado Bologna, Paola Rocchi, Giuliano Rossi, Letteratura visione del mondo. Dall’Unità d’Italia alla fine dell’Ottocento. 3A. Edizione blu, Torino, Loescher, 2020, p. 257; Claudio Giunta, Marco Grimaldi, Gianluigi Simonetti, Emilio Torchio, Lo specchio e la porta. Mille anni di letteratura. Edizione verde, 3, Novara, De Agostini scuola, 2021, p. 143.

[12] Riccardo Bruscagli, Gino Tellini, Il palazzo di Atlante. Le meraviglie della letteratura. 3A. Dall’Italia unita al primo Novecento, Torino, Loescher, 2018, p. 247.

[13] Romano Luperini, Pietro Cataldi, Lidia Marchiani, Franco Marchese, Il nuovo la scrittura e l’interpretazione. Storia della letteratura italiana nel quadro della civiltà europea. Edizione rossa, 5: Naturalismo, Simbolismo e Neoavanguardie (dal 1861 al 1925), Palermo, Palumbo, 2011, p. 169.

[14] Mario Pazzaglia, Gli autori della letteratura italiana. Dall’unificazione nazionale a oggi, Bologna, Zanichelli, 1993, p. 535.

[15] Vittorio Roda, Il doppio ‘multiplo’ nella letteratura italiana. Note e riflessioni, Pisa-Roma, Serra, 2008; Il tema del doppio nella letteratura moderna, a cura di Vittorio Roda, Bologna, Bononia University Press, 2008. Sui due autori citati: Seminari di Jacques Lacan: 1956-1959, Parma, Pratiche, 1978; Gaston Bachelard, La poetica dello spazio, Bari, Dedalo, 1975.

[16] Francesco Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura: rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Torino, Einaudi, 1993; Oggetti della letteratura italiana, a cura di Gian Mario Anselmi, Gino Ruozzi, Roma, Carocci, 2008.

[17] Luca Serianni, Leggere, scrivere, argomentare. Prove ragionate di scrittura, Roma-Bari, Laterza, 2013, p. 4.

[18] Le rilevazioni INVALSI 2022 per le classi quinte di scuola secondaria continuano a evidenziare, per le competenze di lingua italiana, da un lato una differenza tra tipologie di scuole in tutto il Paese, e dall’altro una differenza significativa fra regioni, preoccupante soprattutto per quanto riguarda la percentuale di allievi che non superano il livello 3: « Infatti, a livello nazionale, già nel 2019 solo il 64% degli allievi che terminavano il secondo ciclo d’istruzione raggiungeva risultati almeno adeguati (dal livello 3 in su). Purtroppo, in seguito alla pandemia tale quota si è ulteriormente ridotta, passando al 52% e al momento non si osserva ancora l’inversione di tendenza auspicata. Mediamente, tra il 2019 e il 2022 si perdono 12 punti percentuali nella quota di allievi che raggiungono un esito almeno adeguato nella comprensione del testo scritto. L’andamento dei risultati nei diversi indirizzi di studio conferma, senza eccezioni, ciò che si osserva a livello generale, ma soprattutto nell’istruzione tecnico-professionale la quota di allievi che raggiungono risultati almeno accettabili si ferma su valori molto bassi» (Rapporto prove INVALSI 2022, p. 91, Url: <https://invalsi-areaprove.cineca.it/index.php?get=static&pag=rapporti_invalsi>, consultato il 7 luglio 2022). I risultati delle rilevazioni OCSE-Pisa 2018 hanno confermato competenze di lettura inferiori rispetto alla media degli altri maggiori Paesi europei (476 rispetto alla media di 487), ma soprattutto hanno evidenziato divari molti ampi in riferimento sia alle tipologie di scuola sia al territorio (con uno svantaggio marcato nelle isole), registrando in sostanza un ‘peggioramento’, rispetto ai cicli del 2000 e del 2012, ancora non recuperato (Sintesi dei risultati italiani di OCSE PISA 2018, Url: <https://www.invalsi.it/invalsi/ri/pisa2018.php?page=pisa2018_it_07>, consultato il 2 luglio 2022).

 

18 luglio 2022