Alessandro Ferioli - Incontrare un testo letterario

Le tracce A della ‘nuova’ prima prova scritta dell’esame di Stato

Come è noto, dall’anno scolastico 2018-2019 sono state modificate le caratteristiche formali della prima prova scritta dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione. Vale la pena, quindi, di riflettere sulle tracce della tipologia A – quella contenente il testo letterario – assegnate sia alla sessione ordinaria sia alla sessione suppletiva, per ricavarne gli elementi utili a un’opportuna curvatura didattica. Ciò s’impone anche tenuto conto che la tipologia A, pur non presentando novità di particolare rilievo, quest’anno, anche per il fatto di offrire due tracce, ha indubbiamente rivitalizzato l’analisi del testo (difatti le due tracce A, nella sessione ordinaria, sono state scelte dal 19,5% dei candidati)[1].

È quasi superfluo discutere sulla validità della ‘visione’ soprastante alle scelte ministeriali, dal momento che sono stati proposti – molto opportunamente – testi appartenenti a generi diversi (poesia e romanzo) e ad ambiti cronologici differenti (prima e seconda metà del Novecento), e che, nondimeno, si è trattato di testi di due grandi autori. Uno di questi autori – Giuseppe Ungaretti – è sempre presente nei programmi didattici, e la poesia contenuta nella traccia, Risvegli (d’ora innanzi A1), sarà senz’altro poco nota, ma è agevolmente contestualizzabile, pur se non svolta nel corso delle lezioni, in base ad altre studiate, poiché è rappresentativa della poetica de Il porto sepolto e di più temi cari all’autore. L’unico rammarico, semmai, è per l’impaginazione della poesia su due colonne, una soluzione che mal si concilia con la pregnanza della parola ungarettiana anche in relazione alla pagina bianca. L’altro autore – Leonardo Sciascia – è ormai un classico verso cui la nazione ha ancora molti debiti da saldare, e il brano tratto dal romanzo Il giorno della civetta (d’ora innanzi A2) è purtroppo a tutt’oggi d’incalzante attualità.[2] Per avere un’idea più precisa degli orientamenti ministeriali, è utile tener conto anche dei testi proposti nelle tracce della sessione suppletiva: il primo (di seguito: As1) è una poesia di Umberto Saba, Donna, significativamente introdotta, al contrario di A1, da alcune informazioni sull’autore e sul testo (segno, forse, che il MIUR dubita che Saba compaia regolarmente nei programmi di letteratura italiana delle quinte classi?); il secondo, invece, è un brano da Jeli il pastore di Giovanni Verga, la cui notorietà dovrebbe essere scontata, ma che, in effetti, in molte antologie risulta oggi assente. La scelta delle due poesie conferma l’intenzione del MIUR di non ancorarsi a un ideale ‘canone’ scolastico, preferendo piuttosto andare a caccia di testi meno divulgati, ma facilmente interpretabili alla luce di altri svolti nel corso delle lezioni; questo è, parimenti, un invito ai docenti a superare la ‘solita’ scelta di testi proposta dall’antologia, per dare spazio anche alle poesie del loro canone personale.

Riguardo alla tipologia A, il primo aspetto generale da rilevare è che la presenza di due tracce consente più facilmente d’incontrare il favore degli studenti, riducendo le probabilità di allontanarli dalla prova di letteratura a causa di un testo poco confacente a gusti personali e preparazione specifica di chi punta molto su questa tipologia. Tale soluzione, per quanto agevoli il candidato, impone comunque (come tutte le opzioni della vita) una certa responsabilità di questo davanti alla traccia prescelta, sia nel caso di un testo inserito nel programma, nel qual caso la commissione si attenderà una preparazione del candidato conveniente, sia nel caso di un testo non letto in aula, nel qual caso la commissione non dovrà a ogni modo disporsi ad accettare uno svolgimento purchessia. Il secondo aspetto da rimarcare pertiene alla scansione del programma didattico del triennio, poiché se i testi proposti in sede d’esame di Stato appartengono al periodo dall'Unità a oggi, occorrerebbe compiere uno sforzo per trattare Manzoni e Leopardi nella quarta classe, allo scopo, appunto, di dedicarsi poi interamente, in quinta, al periodo postunitario. Un terzo aspetto che va tenuto presente nella didattica è l’opzione che si pone allo studente di «rispondere punto per punto oppure costruire un unico discorso che comprenda le risposte alle domande proposte»: si tratta di due modalità diverse di organizzare il testo, ma che non devono escludere, oltre alla cura nella coesione generale dell’elaborato sul piano grammaticale, anche la coerenza sul piano semantico. Pertanto ritengo che quest’ultimo aspetto debba sempre essere oggetto di valutazione dell’elaborato nel suo complesso.

Venendo a un esame più puntuale delle tracce, osserviamo innanzitutto che la prima parte delle indicazioni di svolgimento è costituita da ‘comprensione e analisi’: questi sono due termini strettamente congiunti, poiché l’analisi è funzionale alla comprensione e non può esservi analisi utile se, al contempo, non vi è anche comprensione. Al proposito va rilevata l’importanza del riassunto nella ‘nuova’ tipologia A: infatti, è stato richiesto per la poesia A1 di «sintetizza[re] i principali temi»; per la prosa A2 di «sintetizza[re] il contenuto del brano»; e per la poesia As1 di «presenta[re] sinteticamente il contenuto della poesia».[3] Il riassunto, dunque, dà subito la misura della capacità dello studente di comprendere il testo, di coglierne gli aspetti informativi salienti e riproporli in forma linguisticamente corretta ed efficace. Per questo motivo Luca Serianni sostiene che il riassunto «dovrebbe essere abituale per i ragazzi dai 12 ai 17 anni, diciamo dalla seconda classe della scuola media alla quarta della secondaria superiore».[4] È necessario che il riassunto sia scritto in italiano standard, inteso come lingua media, neutra, non influenzata da eventuali vocaboli gergali o dialettali presenti nel testo letterario; inoltre è bene trasformare la prima persona in terza persona, riportare in forma indiretta i discorsi diretti e, in linea di massima, servirsi del tempo presente del verbo. Il riassunto, difatti, implica anche un’operazione di ‘riscrittura’: quindi il docente dovrebbe apprezzare, nella valutazione, la capacità dello studente di prendere le giuste distanze dal testo esaminato attraverso un’adeguata riformulazione lessicale e sintattica (con l’uso di subordinate e relativi connettivi). Come sappiamo, un esercizio possibile nella didattica consiste nella redazione di più riassunti di diversa lunghezza, allo scopo di enucleare, a mano a mano che si procede verso la forma più essenziale, quanto è davvero rilevante nel testo di partenza.

Per quanto concerne l’analisi vera e propria, direi che in linea di massima nella didattica si impongano due principi. Il primo principio è che le soluzioni tecniche adottate dall’autore dipendono senza dubbio dalle sue intenzioni; tuttavia, scrittori e testi hanno sempre una collocazione storica che non va trascurata, pena il rischio di incorrere nell’anacronismo. Il secondo è che le stesse soluzioni vanno considerate tenendo presente il testo per intero. Occorre perciò attuare stabilmente una didattica che metta gli studenti in grado di analizzare il testo con gli strumenti adeguati, allestendo un’ideale ‘cassetta degli attrezzi’ che soccorra – sempre – al bisogno. Per quanto riguarda la poesia, per l’analisi del testo bisogna conoscere gli elementi fondamentali di metrica (versi, strofe, rime), in relazione anche ai diversi generi e alle scelte degli autori. Delle figure retoriche ritengo che nel corso del triennio, come prosecuzione del lavoro svolto nella seconda classe, si dovrebbe consolidare la conoscenza almeno di una quindicina fra le più frequenti, abituando gli studenti non soltanto a riconoscerle nella frase, ma soprattutto ad apprezzarle nel testo poetico. Il fatto che l’analisi sia complementare alla comprensione, e tenuto conto che le domande poste dalla traccia sono sostanzialmente poche, rafforza la convinzione che l’analisi del testo poetico non possa limitarsi all’aspetto tecnico, ma debba estendersi alle emozioni e sensazioni suscitate nel lettore e ai molteplici significati evocati oltre a quello meramente letterale.

Per l’analisi del testo narrativo è necessario non dimenticare le nozioni di narratologia: paratassi/ipotassi, caratteristiche dei personaggi (le classiche funzioni secondo Vladimir Propp, le relazioni nel ‘sistema’ dei personaggi, la descrizione nei suoi diversi aspetti, staticità/dinamicità), caratteristiche del narratore (interno/esterno, palese/nascosto), focalizzazione, tecniche del discorso ecc., rappresentazione di luoghi/ambienti. Va perciò incentivato, e adeguatamente valutato, l’impiego della corretta terminologia appartenente alla retorica e alla narratologia. Ciò, tuttavia, può non bastare. Difatti, nel caso del brano proposto in A2, il dialogo è costituito tanto di parole quanto del famoso ‘non detto’ tipico del codice mafioso (carico di allusività evocativa, e supportato da una mimica, tipicamente teatrale o cinematografica, che è facile intuire), cosicché la scena rappresenta in realtà un dialogo ‘mancato’, e diviene il terreno per un’analisi ben più approfondita:

 

un’analisi del testo da condurre come un’indagine poliziesca, cercando cioè gli indizi rivelatori dello scontro di mentalità, di opposte volontà, e spiegandoli, attraverso la funzione metalinguistica, possibilmente allargata a quella meta-letteraria.[5]

 

In entrambi i casi, comunque, le consegne riguardanti la comprensione e l’analisi vanno viste altresì come un’utile guida alla lettura, poiché esse hanno inevitabilmente la funzione di indirizzare l’attenzione del candidato su alcuni snodi narrativi o effetti retorici del testo. Per affrontare le tracce, inoltre, s’impone una specifica attività che miri sostanzialmente a due finalità: 1) realizzare un progressivo allargamento del lessico personale degli studenti, da rafforzare mediante la capacità di ricerca nel vocabolario delle diverse accezioni e sfumature di un lemma; 2) sviluppare la capacità d’individuare le parole-chiave e inserire le parole omogenee sulla base del significato in un campo semantico.[6] A conferma del fatto che l’esercizio della parola non è un tema puramente scolastico o letterario, è stato più volte rimarcato il legame stretto fra la competenza lessicale e i diritti e doveri di cittadino:

 

Il numero di parole conosciute e usate è direttamente proporzionale al grado di sviluppo della democrazia e dell’uguaglianza delle possibilità. Poche parole e poche idee, poche possibilità e poca democrazia; più sono le parole che si conoscono, più ricca è la discussione politica e, con essa, la vita democratica.[7]


Venendo alla seconda parte delle indicazioni (‘interpretazione’), e con riferimento alle due tracce proposte, direi che sia evidente come entrambe costituiscano una sollecitazione nei confronti del candidato, affinché questi riempia di significato e attualizzi il testo letterario con l’inferenza personale. Insomma, se nella prima parte delle indicazioni il testo è al centro, nella seconda al centro viene posto il candidato nella sua attività ermeneutica. Il dramma dell’individuo solo con sé stesso davanti alla carneficina bellica (non soltanto la Grande guerra), evocato da A1, ha investito militari e civili di tutte le nazioni europee, lasciando in molti individui e nelle loro famiglie ferite spirituali grondanti sangue – al punto da far scaturire quella disperata domanda su Dio, presente in Risvegli – e continua a costituire l’esperienza di non poche popolazioni sul pianeta. Lo squallido mercimonio degli appalti pubblici, trattato in A2, costituisce a tutt’oggi un’emergenza etica ed economica nel nostro Paese, che invischia le imprese in un complesso legame con la criminalità; un legame intessuto di ricatti subiti e di vantaggi strappati, che rende più difficile, e tutt’altro che ‘ragionevole’, affidarsi alla giustizia, dando luogo a un’omertà interessata (forse è anche per questo che la scelta ministeriale si è concentrata sul dialogo fra il capitano Bellodi e Giuseppe Colasberna, anziché su altri più noti del romanzo).

Anche le due proposte per la sessione suppletiva portano con sé un forte aggancio con l’attualità. La traccia As1, difatti, mettendo al centro la donna, si inserisce in quel filone della poesia d’amore (alla maniera di Saba, s’intende) che è un vanto della poesia italiana e intorno al quale è stata costruita la letteratura italiana delle origini,[8] e al contempo richiama l’attenzione su un soggetto contro cui ancora oggi, purtroppo, si accanisce la violenza di certi uomini; mentre la traccia As2 tratta (limitatamente al brano estrapolato) il tema delle differenze sociali, con le diverse opportunità a esse connesse (le quali poi sono alla base di privilegi molto più ampi della mera ricchezza), e delle conseguenze della mancanza di istruzione, sollecitando a riflettere su come la scuola possa contribuire a rimuovere ostacoli e a superare le differenze.

Quindi tutte le tracce hanno, in fin dei conti, mantenuto la ‘promessa’ di consentire un’interazione fra il testo e l’orizzonte formativo ed esistenziale dei candidati, nel rispetto di quanto scriveva Walter Benjamin: «Il vero metodo per renderci presenti le cose è rappresentarle nel nostro spazio […] Non siamo noi a trasferirci in loro, ma loro ad entrare nella nostra vita».[9] Individuare collegamenti e relazioni è, del resto, una delle otto competenze chiave di cittadinanza definite dal D.M. 139/2007. È perciò importante, nella didattica, non limitare gli studenti all’analisi del testo, ma sollecitarli a riflettere anche in modo libero, purché con affermazioni articolate e motivate, nella consapevolezza che l’interpretazione è sempre aperta e problematica, ma non fantasiosa o irragionevole. Pertanto serve una didattica aperta all’attualità e ai grandi temi di rilevanza mondiale, o tipici della nostra società, nella convinzione che la migliore letteratura ha un contenuto etico (al quale concorrono tutte le discipline) che ci aiuta a riconoscere la ‘verità’ nella vita reale. Viene da chiedersi se l’Educazione civica, riproposta con la Legge 20 agosto 2019, n. 92, ci soccorrerà in tal senso; certamente non bisogna cessare di promuovere la lettura sistematica del quotidiano e di qualche rivista.

Aggiungerei un’altra considerazione. La traccia A1 chiama in causa «altre forme d’arte del Novecento», mentre la traccia A2 allude genericamente a «tante narrazioni letterarie, dall’Ottocento fino ai nostri giorni, e anche cinematografiche, che parlano in modo esplicito di organizzazioni criminali, o più in generale di rapporti di potere, soprusi e ingiustizie all’interno della società». Pertanto, oltre a stimolare un’apertura ai grandi temi, sembra quanto mai opportuno anche esercitare gli studenti a confrontare il testo da analizzare non soltanto con ulteriori testi (dello stesso autore o di altri), ma anche con opere appartenenti a differenti espressioni artistiche. Ciò significa realizzare una mappa della cultura nella quale le grandi opere letterarie, artistiche e musicali possano essere collocate sotto il profilo storico, quello geografico e quello dell’appartenenza culturale, rilevando similitudini e diversità.[10] Questa è l’occasione per inserire autori di altre letterature – secondo la magistrale lezione di Remo Ceserani, ancora non del tutto acquisita nella scuola – e di smontare l’approccio cronologico per affrontare trasversalmente temi e generi. Per costruire una ‘mappa’ della cultura – senza velleità di completezza – sembra utile dedicare per ogni anno del triennio, quand’anche ciò comporti una riduzione del numero degli autori o dei testi in programma, almeno una decina di ore complessive a connessioni con la storia dell’arte (come può mancare Giotto nel tempo di Dante?), alla musica (come può mancare Verdi quando si tratta l’Ottocento?) o alla filosofia (come può mancare Bergson quando si tratta Ungaretti?), magari avvalendosi dell’apporto dei docenti assunti con la legge 107/2015 e ancora non impiegati nelle sedi di servizio in modo confacente alle loro competenze. Inoltre non va trascurato il cinema, sia per i continui scambi ‘bidirezionali’ con la letteratura che esso ha intrattenuto sin dalle origini, sia perché esso può trovarsi, più facilmente rispetto ad altre forme espressive, nell’orizzonte conoscitivo degli studenti. Certamente, il tempo a disposizione del docente di materie letterarie non è illimitato (anzi); proprio per questo, è forse giunto il momento di riflettere con molta attenzione quando, in sede di consiglio di classe, si vota riguardo a progetti, da svolgere in orario curricolare, la cui utilità non è sempre evidente (e mai si paleserà), ed è parimenti giunto il momento di ‘difendere’ le ore di Lingua e letteratura italiana dall’erosione a opera di mille altre attività.

Per quanto concerne le riflessioni personali del candidato, nella didattica bisogna abituare i giovani a non temere di esprimere sé stessi, ma piuttosto a motivare adeguatamente le proprie affermazioni – o (perché no?) i giudizi di valore – tenendo conto anche di possibili argomentazioni contrarie e di più punti di vista. L’incontro con un testo è un’esperienza che investe intimamente il lettore, e talvolta stabilisce un rapporto singolare e irripetibile fra quest’ultimo, il testo e il suo autore. Non si devono porre, quindi, limiti alla soggettività e al coinvolgimento emotivo del candidato, mantenendo tuttavia come basi di riferimento per la valutazione la pertinenza delle considerazioni rispetto al messaggio del testo e la presenza di motivazioni a supporto. Secondo Romano Luperini, «concepire l’interpretazione del passato come una costruzione significa ricostruire il contesto intorno al testo e poi riportare il testo fra noi».[11] Occorrerebbe dunque abituare gli studenti a saper ‘guardare’ al testo con le categorie mentali del tempo in cui esso è stato prodotto, ma senza dimenticare che questioni complesse ci interrogano oggi con la stessa forza con cui interrogavano i nostri avi un secolo o un secolo e mezzo fa. Ciò va considerato entro i dovuti limiti, poiché nel caso di un brano estrapolato da un romanzo mai letto, o di una poesia di un autore ignoto al candidato, difficilmente quest’ultimo può dimostrare le competenze proprie del lettore di secondo livello, ossia quel lettore che vuol sapere ‘come’ le cose sono state raccontate e se il testo, sotto l’aspetto estetico, abbia due o più sensi oltre alla mera storia; né, tantomeno, ci si può attendere ragionevolmente il riconoscimento dell’intertestualità attraverso le citazioni, più o meno palesi (il double coding).[12] Tuttavia la spinta all’interpretazione può diventare l’antidoto al problema principale della didattica odierna, appesantita dal fatto che i testi letterari appaiono ai giovani lontani e superati. La valorizzazione di un testo in prospettiva attuale, quindi, può fornire in prima battuta una rinnovata motivazione alla sua lettura, e in un secondo tempo un motivo per concepire con maggiore discernimento quella che Giulio Ferroni ha chiamato «la necessità della storia letteraria», ossia la presenza di una storia che «si muove sotto ogni interpretazione, agisce nella riflessione sui testi e sulle opere, anche quando non è esplicitamente presente, quando è assente o addirittura negata.[13]

Da quanto s’è visto, insomma, se l’aspetto della ‘nuova’ tipologia A non differisce molto dalle precedenti caratteristiche formali, la finalità sostanziale è alquanto diversa, poiché investe il controllo linguistico nella concezione più ampia. Allo stesso modo, la valutazione implica la presa d’atto di questi cambiamenti:

 

i criteri per la valutazione, comuni e specifici per le singole tipologie, […] hanno indicatori che richiederanno un generale ripensamento sulla competenza da considerare: non più una prima prova intesa come prevalentemente di scrittura, ma veramente di lingua nel senso più alto e completo.[14]


Per concludere, tante sono le attività e le strategie didattiche attuate dai docenti di Lingua e letteratura italiana per mettere i loro studenti di fronte alla prova di ‘analisi e interpretazione’ del testo letterario in modo proficuo, creando ‘occasioni’ non soltanto di accertamento tecnico e culturale, bensì civile nel senso più lato: sarebbe forse opportuno documentare adeguatamente tale didattica – con le scelte compiute, i punti di forza e di debolezza – nel cosiddetto ‘documento del 15 maggio’, allo scopo di agevolare le commissioni ad apprezzare e valutare tutto quanto di positivo è stato fatto, e soprattutto a misurare col buon senso educativo la preparazione effettiva dei candidati.

 

Note:

 

[1] Il dato registrato nel 2019 è, per la tipologia A, il più alto degli ultimi anni: 9% nel 2014-15; 6,2% nel 2015-16; 12,4% nel 2016-17; 18,5% nel 2017-18.

[2] Un testo di Sciascia, tratto dal racconto Il lungo viaggio, che fa parte della seconda raccolta di racconti dell’autore, intitolata Il mare colore del vino (1973), compariva nelle tracce della sessione suppletiva 2018. Ricordo che l’ex ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, pochi giorni prima di rassegnare le dimissioni fece redigere una Nota ministeriale prot. n. 25184, in data 23 dicembre 2019, in cui si invitava a creare, in tutti i percorsi di scuola secondaria di secondo grado, «situazioni di studio, di ricerca e di confronto didattico […] che abbiano come riferimento anche gli Autori meridionali e le Autrici». La stessa nota, ancor prima della sua diffusione, fu presentata dal ministro come «una circolare di correzione delle Indicazioni nazionali per i licei» per inserire nel canone autori «nati in regioni del Sud Italia» e autrici, gli uni e le altre sinora «non adeguatamente rappresentati» (V. Passeri, L’ultimo blitz: a scuola tornino i poeti del Sud, «Quotidiano nazionale», 28 dicembre 2019).

[3] Soltanto per la prosa As2 non è stato richiesto il riassunto.

[4] L. Serianni, L’ora d’italiano. Scuola e materie umanistiche, Roma-Bari, Laterza, 2010, p. 51.

[5] R. Cavaliere, Proposta A2. L’attualità di Sciascia e la coscienza dei giovani maturandi, «Nuova Secondaria», xxxvii, 4, 2019, pp. 56-59: 59.

[6] L. De Simone, Il lessico: una sfida per tutti gli insegnanti, «Fare l’insegnante», i, 2, 2018, pp. 44-45. Per attività didattiche sul lessico, restano importanti gli spunti contenuti nel saggio di C. De Santis, C. Panzieri, Il lessico, in F. Frasnedi, Yahis Martari, Chiara Panzieri (a cura di), La lingua per un maestro. “Vedere” la lingua: per insegnare, per capire, per crescere, Milano, Angeli, 2005, pp. 167-187.

[7] G. Napolitano, G. Zagrebelsky, L'esercizio della democrazia, Torino, Codice, 2010, p. 47.

[8] «Nel caso del discorso d’amore, […] la tradizione letteraria è entrata nell’immaginario collettivo e nel patrimonio popolare: fiore all’occhiello, ma anche senso di appartenenza, attraverso segni riconoscibili e comuni a tutti» (S. Jossa, L'Italia letteraria, Bologna, il Mulino, 2006, p. 152).

[9] W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX secolo. I passages di Parigi, a cura di R. Tiedemann, Torino, Einaudi, 1986, pp. 270-271.

[10] G. Armellini, La letteratura in classe. L’educazione letteraria e il mestiere dell'insegnante, Milano, Unicopli, 2008, pp. 28-29 passim.

[11] R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, San Cesario di Lecce, Manni, 2013, p. 122.

[12] U. Eco, Livelli di lettura, in A. Casadei (a cura di), Spazi e confini del romanzo. Narrative tra Novecento e Duemila, Bologna, Pendragon, 2002, pp. 27-41.

[13] G. Ferroni, Prima lezione di letteratura italiana, Roma-Bari, Laterza, 2009 cap. 12 necessità della storia letteraria.

[14] B. Barattelli, Quali novità per la prima prova dell’esame di Stato 2019?, «Nuova Secondaria», xxxvi, 4, 2018, pp. 46-49: 47.