O che tra faggi e abeti erma su i campi
Smeraldini la fredda orma si stampi
Al sole del mattin puro e leggero,
O che foscheggi immobile nel giorno
5 Morente su le sparse ville intorno
A la chiesa che prega o al cimitero
Che tace, o noci de la Carnia, addio!
Erra tra i vostri rami il pensier mio
Sognando l’ombre d’un tempo che fu.
10 Non paure di morti ed in congreghe
Diavoli goffi con bizzarre streghe,
Ma del comun la rustica virtù
Accampata a l’opaca ampia frescura
Veggo ne la stagion de la pastura
15 Dopo la messa il giorno de la festa.
Il consol dice, e poste ha pria le mani
Sopra i santi segnacoli cristiani:
‒ Ecco, io parto fra voi quella foresta
D’abeti e pini ove al confin nereggia.
20 E voi trarrete la mugghiante greggia
E la belante a quelle cime là.
E voi, se l’unno o se lo slavo invade,
Eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade,
Morrete per la nostra libertà. ‒
25 Un fremito d’orgoglio empieva i petti,
Ergea le bionde teste; e de gli eletti
In su le fronti il sol grande feriva.
Ma le donne piangenti sotto i veli
Invocavan la madre alma de’ cieli.
30 Con la man tesa il console seguiva:
‒ Questo, al nome di Cristo e di Maria,
Ordino e voglio che nel popol sia. ‒
A man levata il popol dicea, Sì.
E le rosse giovenche di su ’l prato
35 Vedean passare il piccolo senato,
Brillando su gli abeti il mezzodì.