(II. DORICA)
Sai tu l’isola bella, a le cui rive
Manda il Ionio i fragranti ultimi baci
Nel cui sereno mar Galatea vive
E su’ monti Aci?
5 De l’ombroso pelasgo Èrice in vetta
Eterna ride ivi Afrodite e impera,
E freme tutt’amor la benedetta
Da lei costiera.
Amor fremono, amore, e colli e prati,
10 Quando la Ennea da’ raddolciti inferni
Torna co ’l fior de’ solchi a i lacrimati
Occhi materni.
Amore, amor, susurran l’acque; e Alfeo
Chiama ne’ verdi talami Aretusa
15 A i noti amplessi ed al concento acheo
L’itala musa.
Amore, amore, de’ poeti a i canti
Ricantan le cittadi, e via pe’ fòri
Dorïesi prorompono baccanti
20 Con cetre e fiori.
Ma non di Siracusa o d’Agrigento
Chied’io le torri: quivi immenso ondeggia
L’inno tebano ed ombrano ben cento
Palme la reggia.
25 La valle ov’è che i bei Nèbrodi monti
Solitaria coronano di pini,
Ove Dafni pastor dicea tra i fonti
Carmi divini?
‒ Oh di Pèlope re tenere il suolo
30 Oh non m’avvenga, o d’aurei talenti
Gran copia, e non de l’agil piede a volo
Vincere i venti!
Io vo’ da questa rupe erma cantare,
Te fra le braccia avendo e via lontano
35 Calar vedendo l’agne bianche al mare
Sicilïano. ‒
Cantava il dorio giovine felice,
E tacean gli usignoli. A quella riva,
O chiusa in un bel vel di Beatrice
40 Anima argiva,
Ti rapirò nel verso; e tra i sereni
Ozi de le campagne a mezzo il giorno,
Tacendo e rifulgendo in tutti i seni
Ciel, mare, intorno,
45 Io per te sveglierò da i colli aprichi
Le Driadi bionde sovra il piè leggero
E ammiranti a le tue forme gli antichi
Numi d’Omero.
Muoiono gli altri dèi: di Grecia i numi
50 Non sanno occaso; ei dormon ne’ materni
Tronchi e ne’ fiori, sopra i monti i fiumi
I mari eterni.
A Cristo in faccia irrigidì ne i marmi
Il puro fior di lor bellezze ignude:
55 Ne i carmi, o Lina, spira sol ne i carmi
Lor gioventude;
E, se gli evòca d’una bella il viso
Innamorato o d’un poeta il core,
Da la santa natura ei con un riso
60 Lampeggian fuore.
Ecco danzan le Driadi, e ‒ Qual etade ‒
Chieggon le Oreadi ‒ ti portò sì bella?
Da quali vieni ignote a noi contrade,
Dolce sorella?
65 Mesta cura a te siede in fra le stelle
De gli occhi. Forse ti ferì Ciprigna?
Crudel nume è Afrodite ed a le belle
Forme maligna.
Sola tra voi mortali Elena argea
70 Di nepente a gli eroi le tazze infuse;
Ma noi sappiam quanti misteri Gea
Nel sen racchiuse.
Noi coglierem per te balsami arcani
Cui lacrimâr le trasformate vite,
75 E le perle che lunge a i duri umani
Nudre Anfitrite.
Noi coglierem per te fiori animati,
Esperti de la gioia e de l’affanno:
Ei le storie d’amor de’ tempi andati
80 Ti ridiranno;
Ti ridiranno il gemer de la rosa
Che di desio su ’l tuo bel petto manca,
E gl’inni, nel tuo crin, de la fastosa
Sorella bianca.
85 Poi nosco ti addurrem ne le fulgenti
De l’ametista grotte e del cristallo,
Ove eterno le forme e gli elementi
Temprano un ballo.
T’immergerem ne i fiumi ove il concento
90 De’ cigni i cori de le Naidi aduna:
Su l’acque i fianchi tremolan d’argento
Come la luna.
Ti leverem su i gioghi al ciel vicini
Che Zeus, il padre, più benigno mira,
95 Ove d’Apollo freme entro i divini
Templi la lira.
Ivi, raccolta ne le aulenti sale
Nostre, al bell’Ila ti farem consorte,
Ila che noi rapimmo a la brumale
100 Ombra di morte. ‒
Ahi, da che tramontò la vostra etate
Vola il dolor su le terrene culle!
Questo raggio d’amor no ’l m’invidiate,
Greche fanciulle.
105 La cura ignota che il bel sen le morde
Io tergerò co ’l puro mèle ascreo,
L’addormirò co’ le tebane corde.
Se fossi Alceo,
La persona gentil ne lo spirtale
110 Fulgor de gl’inni irradïar vorrei,
Cingerle il molle crin co’ l’immortale
Fior de gli dèi,
E, mentre nel giacinto il braccio folce
E del mio lauro la protegge un ramo,
115 Chino su ’l cuore mormorarle ‒ O dolce
Signora, io v’amo. ‒