NELL’EPIDEMIA DIFTERICA
Quando a le nostre case la diva severa discende,
da lungi il rombo de la volante s’ode,
e l’ombra de l’ala che gelida gelida avanza
diffonde intorno lugubre silenzïo.
5 Sotto la venïente ripiegano gli uomini il capo,
ma i sen feminei rompono in aneliti.
Tale de gli alti boschi, se luglio il turbine addensa,
non corre un fremito per le virenti cime:
immobili quasi per brivido gli alberi stanno,
10 e solo il rivo roco s’ode gemere.
Entra ella, e passa, e tocca; e senza pur volgersi atterra
gli arbusti lieti di lor rame giovani;
miete le bionde spiche, strappa anche i grappoli verdi,
coglie le spose pie, le verginette vaghe
15 ed i fanciulli: rosei tra l’ala nera ei le braccia
al sole a i giuochi tendono e sorridono.
Ahi tristi case dove tu innanzi a’ vólti de’ padri,
pallida muta diva, spegni le vite nuove!
Ivi non più le stanze sonanti di risi e di festa
20 o di bisbigli, come nidi d’augelli a maggio:
ivi non più il rumore de gli anni lieti crescenti,
non de gli amor le cure, non d’Imeneo le danze:
invecchian ivi ne l’ombra i superstiti, al rombo
del tuo ritorno teso l’orecchio, o dea.
27 Giugno 1875.