Questo la inconscia zagaglia barbara
prostrò, spegnendo li occhi di fulgida
vita sorrisi da i fantasmi
fluttuanti ne l’azzurro immenso.
5 L’altro, di baci sazio in austriache
piume e sognante su l’albe gelide
le dïane e il rullo pugnace,
piegò come pallido giacinto.
Ambo a le madri lungi; e le morbide
10 chiome fiorenti di puerizia
pareano aspettare anche il solco
de la materna Carezza. In vece
balzâr nel buio, giovinette anime,
senza conforti; né de la patria
15 l’eloquio seguivali al passo
co’ i suon de l’amore e de la gloria.
Non questo, o fosco figlio d’Ortensia,
non questo avevi promesso al parvolo:
gli pregasti in faccia a Parigi
20 lontani i fati del re di Roma.
Vittoria e pace da Sebastopoli
sopìan co ’l rombo de l’ali candide
il piccolo: Europa ammirava:
la Colonna splendea come un faro.
25 Ma di decembre, ma di brumaio
cruento è il fango, la nebbia è perfida:
non crescono arbusti a quell’aure,
o dan frutti di cenere e tòsco.
Oh solitaria casa d’Aiaccio,
30 cui verdi e grandi le querce ombreggiano
e i poggi coronan sereni
e davanti le risuona il mare!
Ivi Letizia, bel nome italico
che omai sventura suona ne i secoli,
35 fu sposa, fu madre felice,
ahi troppo breve stagione! ed ivi,
lanciata a i troni l’ultima folgore,
date concordi leggi tra i popoli,
dovevi, o consol, ritrarti
40 fra il mare e Dio cui tu credevi.
Domestica ombra Letizia or abita
la vuota casa; non lei di Cesare
il raggio precinse: la còrsa
madre visse fra le tombe e l’are.
45 Il suo fatale da gli occhi d’aquila,
le figlie come l’aurora splendide,
frementi speranza i nepoti,
tutti giacquer, tutti a lei lontano.
Sta ne la notte la còrsa Niobe.
50 sta su la porta donde al battesimo
le uscïano i figli, e le braccia
fiera tende su ’l selvaggio mare:
e chiama, chiama, se da l’Americhe,
se di Britannia, se da l’arsa Africa
55 alcun di sua tragica prole
spinto da morte le approdi in seno.
23 Giugno 1879.