Io d’Italia dal cuor tra impeti d’inni balzai
quando l’Alpi di barbari snebbiarono
e su ‘l populeo Po pe ’l verde paese i carrocci
tutte le trombe reduci suonavano.
5 Memore sospirai sorgendo e la fronte io piegai
su le ruine e su le tombe. Irnerio
curvo tra i gran volumi sedeva e di Roma la grande
lento parlava al palvesato popolo.
Bello di maggio il dì ch’io vidi su ’l ponte di Reno
10 passar la gloria libera del popolo,
sangue di Svevia, e te chinare la bionda cervice
a l’ondeggiante rossa croce italica.
Triste mese di maggio, che intorno al bel corpo d’Imelda
cozzâr le spade de i fratelli e corsero
15 lunghi quaranta giorni le furie civili crollando
tra ’l vasto sangue l’ardue torri in polvere.
Dante vid’io levar la giovine fronte a guardarci,
e, come su noi passano le nuvole,
vidi su lui passar fantasmi e fantasmi ed intorno
20 premergli tutti i secoli d’Italia.
Sotto vidimi il papa venir con l’imperatore
l’un a l’altro impalmati; ed oh me misera,
in suo giudicio Dio non volle che io ruinassi
su Carlo quinto e su Clemente settimo!
23 Settembre 1889 (1872?).