Sorgono e in agili file dilungano
gl’immani ed ardui steli marmorei,
e ne la tenebra sacra somigliano
di giganti un esercito
5 che guerra mediti con l’invisibile:
le arcate salgono chete, si slanciano
quindi a vol rapide, poi si riabbracciano
prone per l’alto e pendule.
Ne la discordia così de gli uomini
10 di fra i barbarici tumulti salgono
a Dio gli aneliti di solinghe anime
che in lui si ricongiungono.
Io non Dio chieggovi, steli marmorei,
arcate aeree: tremo, ma vigile
15 al suon d’un cognito passo che piccolo
i solenni echi suscita.
È Lidia, e volgesi: lente nel volgersi
le chiome lucide mi si disegnano,
e amore e il pallido viso fuggevoli
20 tra il nero velo arridono.
Anch’ei, tra ‘l dubbio giorno d’un gotico
tempio avvolgendosi, l’Alighier, trepido
cercò l’imagine di Dio nel gemmeo
pallore d’una femina.
25 Sott’esso il candido vel, de la vergine
la fronte limpida fulgea ne l’estasi,
mentre fra nuvoli d’incenso fervide
le litanie saliano;
salian co’ murmuri molli, co’ fremiti
30 lieti saliano d’un vol di tortore,
e poi con l’ululo di turbe misere
che al ciel le braccia tendono.
Mandava l’organo pe’ cupi spazii
sospiri e strepiti: da l’arche candide
35 parea che l’anime de’ consanguinei
sotterra rispondessero.
Ma da le mitiche vette di Fiesole
tra le pie storie pe’ vetri roseo
guardava Apolline: su l’altar massimo
40 impallidiano i cerei.
E Dante ascendere tra inni d’angeli
la tósca vergine transfigurantesi
vedea, sentiasi sotto i piè ruggere
rossi d’inferno i baratri.
45 Non io le angeliche glorie né i dèmoni,
io veggo un fievole baglior che tremola
per l’umid’aere: freddo crepuscolo
fascia di tedio l’anima.
Addio, semitico nume! Continua
50 ne’ tuoi misterii la morte domina.
O inaccessibile re de gli spiriti,
tuoi templi il sole escludono.
Cruciato martire tu cruci gli uomini,
tu di tristizia l’aer contamini:
55 ma i cieli splendono, ma i campi ridono,
ma d’amore lampeggiano
gli occhi di Lidia. Vederti, o Lidia,
vorrei tra un candido coro di vergini
danzando cingere l’ara d’Apolline
60 alta ne’ rosei vesperi
raggiante in pario marmo tra i lauri,
versare anemoni da le man, gioia
da gli occhi fulgidi, dal labbro armonico
un inno di Bacchilide.
9-12 Marzo 1876.