Adderall addicted: l'epidemia di una generazione

Cristina Apuzzo

Il documentario Netflix Hai preso le pillole? (2018) porta alla luce una tendenza che, negli Stati Uniti, è pericolosamente in crescita, ovvero l'abuso di farmaci stimolanti come l'Adderall e il Ritalin.

Secondo una delle leggende metropolitane più diffuse del nostro tempo, gli esseri umani utilizzerebbero soltanto il 10% del loro cervello. Il restante 90% sarebbe un mondo inesplorato di possibilità che, se miracolosamente sbloccate, permetterebbero di raggiungere nuove soglie di intelligenza e abilità al limite dell’umano. È tutto falso, ovviamente, ma l’idea è di per sé affascinante e negli anni ha alimentato la fantasia anche del cinema.

Pensiamo, ad esempio, al film Limitless (2011), in cui uno scrittore in crisi scopre improvvisamente le potenzialità nascoste della sua mente assumendo una pillola miracolosa. Sarebbe la realizzazione di un sogno se pillole del genere esistessero nella realtà, ma, almeno per il momento, sembra soltanto fantascienza. O quasi, perché, di fatto, esistono già delle pillole che danno a chi li assume l’impressione di essere immediatamente più intelligenti.

È di questo che si occupa Hai preso le pillole?. Le pillole cui il titolo si riferisce sono farmaci a base di anfetamina, diffusissimi in America e adoperati generalmente per il trattamento dell’ADHD, acronimo che sta per Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Il più diffuso tra questi è l'Adderall. Per i soggetti affetti da ADHD, concentrarsi per lunghi periodi su singole attività è difficile o addirittura impossibile, ma diventa possibile grazie a farmaci come l'Adderall, che funzionano agendo sul sistema nervoso e favorendo la concentrazione.

Per quanti soffrono del disturbo, quindi, l'Adderall è un alleato potentissimo perché consente di vivere una vita normale laddove il disturbo la renderebbe molto difficoltosa. Ma per altri, ed è su questi che si concentra il documentario, è una vera e propria droga di cui spesso si abusa per avere una marcia in più e accrescere la propria produttività.

C’è chi parla di una vera e propria epidemia di Adderall e, drammaticità a parte, in America l’utilizzo di Adderall è oggi di fatto ai suoi massimi storici, superando addirittura il picco degli anni Sessanta in cui il consumo di anfetamina non era ancora pienamente regolato e quindi frequentissimo. Oggi le regolamentazioni ci sono, ma sono facili da aggirare. Senza contare che, come il documentario sottolinea, spesso si arriva troppo frettolosamente a una diagnosi di ADHD, diagnosticando distrazioni che non necessariamente costituiscono un disturbo neurologico.

I college americani, in particolare, sono pieni di Adderall. Stando alle parole dei molti studenti intervistati nel documentario, non c’è nessuno che non prenda o che non abbia preso l'Adderall almeno una volta nel corso della propria carriera accademica. Ottenerlo è facile, perché il più delle volte non è neanche strettamente necessario avere la ricetta medica o aver ricevuto una diagnosi di ADHD, come vorrebbe la prassi, perché nei campus c’è spesso un vero e proprio spaccio di farmaci di questo tipo.

Ma non si tratta di droghe ricreative, assunte dai giovani per divertirsi. Nel documentario, il Dott. Anjan Chatterjee, Professore di Neurologia all’Università della Pennsylvania, commenta così questa tendenza: 

 

“Quando ero all’università le persone assumevano droghe per evadere, ora lo fanno per non farsi escludere. E questo lo dice lunga sulla nostra cultura odierna”. 


A spingere molti studenti a prendere l'Adderall sembra infatti essere un intero sistema, fatto di ritmi spesso serrati, obiettivi troppo ambiziosi e, soprattutto, competizione sfrenata. E il problema non finisce con l’università. A intervenire nel documentario sono anche lavoratori di ambiti diversissimi, dagli sportivi agli ingegneri informatici ai manager.

L'Adderall offre a ciascuno di loro l’opportunità, o l’illusione, di poter oltrepassare i propri limiti e di rimanere intensamente concentrati per ore e ore, sostenendo spesso ritmi che sarebbero normalmente impensabili. La stanchezza, la distrazione, la lentezza o la diversità di apprendimento diventano tutti ostacoli all’unico grande imperativo: la produttività. Il tutto sempre in nome di un sistema che tende a livellare le differenze, forzando tutti indifferentemente in ritmi pensati per pochi e penalizzando chi agisce, pensa o studia in modo diverso.

L'Adderall aiuta a sconfiggere la paura di rimanere indietro. Ma la domanda è: a quale costo? Innanzitutto a livello fisico, perché assumere stimolanti per lunghi periodi può causare l'aumento della pressione sanguigna, problemi cardiovascolari e alterazioni dell'umore. Ma è la psicologia di chi assume stimolanti a risentirne di più.

Molti intervistati raccontano di essere talmente assuefatti all’effetto ‘intelligente’ provocato dall’ Adderall da non riuscire più a farne a meno, e a sentire di non poter rendere appieno senza aver prima assunto qualche pillola. Affidarsi soltanto alle proprie forze e alla propria mente, troppo lenta e spesso distratta, è un rischio che ben pochi decidono di correre, specialmente se la posta in gioco è alta.

Più che un’epidemia di Adderall, Hai preso le pillole? racconta l’epidemia di un’ansia generazionale, che è quella di rimanere indietro, di non essere all’altezza. A cambiare, forse, non dovrebbe tanto essere la vendita di stimolanti, che sono di fatto soltanto l’effetto del problema, ma l’intero sistema che li ha resi in America così indispensabili.

 

Bibliografia e sitografia

Klayman Alison, Hai preso le pillole?, (2018)

ADHD, wikipedia.org (Ultima data di consultazione 28/08/21)

 

Foto 1 da nytimes.com (Ultima data di consultazione 28/08/21)

Foto 2 da superando.it (Ultima data di consultazione 28/08/21)

Foto 3 da poker.gioconews.it (Ultima data di consultazione 28/08/21)

Foto 4 da ilfaroonline.it (Ultima data di consultazione 28/08/21)