Walt Disney e Studio Ghibli: due colossi dell’animazione a confronto

Anna Viola De Matteis

The Walt Disney Company, comunemente conosciuta come Disney, è stata senza dubbio lo studio di animazione più influente in Nord America, e in generale nell’Occidente, a partire dagli anni Venti del secolo scorso. Il suo fondatore, Walt Disney, detiene il record di premi Oscar vinti (59 candidature e 26 premi in 34 anni di carriera, ndr.). L’azienda è diventata uno dei più famosi simboli della cultura statunitense, rafforzando i valori e le pratiche culturali dell'America post-colonizzata, senza però incoraggiare il suo giovane pubblico a una riflessione critica su di essi.

Mentre le opere dei Walt Disney Studios sono tradizionalmente le più popolari e conosciute in Nord America, lo Studio Ghibli assume un ruolo simile in Giappone come studio di animazione più acclamato dalla critica. Nel 1985, grazie allo Studio Ghibli, gli anime - o film d'animazione giapponesi - si impongono come alternativa ai cartoons americani, attraverso storie che provengono dalla cultura orientale e sono adatte a tutti i tipi di pubblico. ll nome dello studio, infatti, si rifà al ghibli, vento caldo tipico del deserto proveniente da sud-est. Uno dei tre fondatori dello studio di produzione, Hayao Miyazaki, lo scelse proprio per indicare l'entusiasmo e la determinazione nel creare qualcosa di nuovo e sensazionale nel mondo dell'animazione giapponese.

Mettere a confronto i due principali colossi della produzione animata non significa solo paragonare due modi diversi di raccontare una storia, ma anche evidenziare le principali caratteristiche distintive della cultura occidentale e di quella orientale. Se i temi principali sono simili nella forma, differiscono fortemente nel contenuto, ovvero nel modo in cui vengono affrontati.

 

1. Due sistemi di valori differenti

2. La Sirenetta e Ponyo sulla Scogliera

3. Spirited Away e la critica al consumismo statunitense

4. Lo studio Ghibli conquista il pubblico occidentale

5. Bibliografia e sitografia

 

1. Due sistemi di valori differenti

Da una veloce lettura della biografia di Walt Disney emerge nella figura del cineasta il tipico esempio del workaholic americano, ossia l’imprenditore, a tratti arrivista, che si lancia in ogni tipo di attività pur di avere successo. Insomma, il classico american man guidato dal sogno americano. 

Nelle sue pellicole, 

 

“Disney ha creato l'immagine di un nuovo bambino, il bambino della globalizzazione. Il desiderio di una società che lo consuma e gli chiede di essere ma senza guidarlo, che gli chiede di staccarsi dalla famiglia per cercare la sua unità in luoghi fuori casa [...] spingendo il bambino a crescere sempre più in fretta, a cavarsela da solo (Asebey, 2011:245). 

 

Le differenze più rilevanti tra i due studi di animazione riguardano il problema della rappresentazione della donna e del diverso modo di intendere l’amore. Mentre gli stereotipi e i ruoli di genere ancorati al patriarcato persistono nella società di produzione occidentale (che presenta il coronamento del sogno romantico come unico e possibile lieto fine) la società orientale propone l’amicizia e il rispetto come la più alta e nobile forma di amore possibile.

Nel mondo delle favole Disney, c’è solo un lato o l’altro, il bene o il male, un’eroina che in realtà di eroico ha ben poco, e un lieto fine che non può prescindere da un principe azzurro. Nelle storie dello studio giapponese, al contrario, i contorni tra bene e male sono sfocati, relativi, e al posto di un matrimonio, il lieto fine coincide con la conquista di una maggiore consapevolezza e maturità per poter procedere nel lungo cammino della vita. 

Le eroine dello studio Ghibli, spesso bambine nel pieno del delicato periodo della crescita, raramente sono motivate all’azione per ricongiungersi con un ideale compagno, bensì sono guidate da valori più profondi, con l’obiettivo di suscitare negli spettatori una riflessione su ciò che conta veramente nella vita. 

Miyazaki stesso scrisse:

 

Non può esserci un lieto fine alla lotta tra gli dei e gli umani. Tuttavia, anche nel bel mezzo dell'odio e delle uccisioni ci sono cose per cui vale la pena vivere. Un incontro meraviglioso o una cosa bella possono esistere”(Miyazaki, 1995). 

 

I temi fondamentali ricorrenti, infatti, sono il rapporto con Madre Natura (Ponyo sulla scogliera (2008), Nausicaä della Valle del Vento (1984), Principessa Mononoke (1997), Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento (2010)), il periodo di transizione dall’essere bambini a diventare adulti (Spirited Away (2001), Il mio vicino Totoro (1988)) o il potere della fantasia, il tutto sulle note di splendidi accompagnamenti musicali che aiutano a trasportare il pubblico nella dimensione onirica tipica dei racconti giapponesi.

 

2. La Sirenetta e Ponyo sulla Scogliera

Prendiamo in esame due film che partono da un’idea simile, ma la sviluppano in modo del tutto differente: The Little Marmaid (in italiano, La Sirenetta, 1989) e Ponyo sulla scogliera (2008). 

Nel lungometraggio targato Disney, la giovane sirena Ariel viene caratterizzata unicamente da due elementi: la sua bellezza e la sua voce incantevole. Ariel rinuncia alla propria voce in cambio delle gambe che la renderanno in tutto e per tutto un’umana, grazie all’aiuto della malvagia Ursula. Con queste nuove vesti, Ariel potrà dichiarare il suo amore al principe Eric, per il quale aveva stipulato lo scambio. Realizzato che, senza voce, il suo amore è destinato al silenzio, la giovane si pente dello scambio. 

La sirenetta nutre un forte interesse per tutto ciò che riguarda il mondo degli umani e sembra quasi vergognarsi delle sue origini marine. Il mare è visto come un abisso in cui non si vuole tornare, mentre la terraferma (e con essa tutto ciò che concerne gli umani) è il luogo paradisiaco a cui Ariel non vede l’ora di prendere parte. Tutto ruota intorno alla ricerca del vero amore, niente riflessioni su temi quale il rispetto del mare e più in generale dell’ambiente, il problema dell’inquinamento, il rapporto complicato con le proprie origini - tutti spunti che si sarebbero ben prestati ad affiancare e arricchire la trama del film.

Ponyo sulla scogliera (2008) porta La sirenetta nel Giappone contemporaneo. Sosuke, un bimbo di cinque anni, giocando sulla spiaggia sotto casa, trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica verde.

Il mare e la natura (personificata dalla madre di Ponyo, la dea Madre del Mare, ndr) diventano così personaggi principali all’interno della storia. Questi invitano gli spettatori a riflettere sul rapporto dell’uomo con l’oceano e sull’importanza del rispetto dell’ambiente che, se scatenato, può rivendicare in una notte ciò che l’uomo ha costruito con fatica in decenni. L’amore dei due bambini è tenero, puro, infantile, più simile a un’amicizia, e Ponyo riconosce l’importanza delle proprie origini, nel momento in cui versa nell’oceano l’Acqua della Vita, la preziosa riserva dell’elisir magico di Fujimoto.

Pur nella forma di una fiaba per bambini, Ponyo sulla scogliera dovrebbe essere visto anche e soprattutto dagli adulti, quelli che più possono apprezzare la profondità del film e che più della nuova generazione sottovalutano la questione ambientale. Al contrario, La Sirenetta fallisce nel portare alla luce questi temi, rimanendo solo ed esclusivamente un film dedicato ai più piccoli.

 

3. Spirited Away e la critica al consumismo statunitense

Per descrivere il suo intento con Spirited Away (2001), Miyazaki afferma:

 

"Spesso non siamo consapevoli della ricchezza e dell'unicità del nostro patrimonio culturale - dalle storie, tradizioni, riti, ai disegni e ai racconti degli dei.  Circondati dall'alta tecnologia, i bambini stanno perdendo sempre di più le loro radici. Dobbiamo informarli della ricchezza delle nostre tradizioni"

 

Attualmente, Spirited Away rappresenta l’unico anime a essersi aggiudicato il Premio Oscar (75th Academy Awards, 2003) come Miglior film d’animazione, consacrando il regista Miyazaki come simbolo dell’animazione giapponese nel mondo occidentale. È paradossale che il film d’animazione giapponese che più critica la società consumistica americana sia stato premiato dall’Academy con il più prestigioso dei suoi premi.

Il film infatti è stato in parte inteso come una critica all'avidità e al consumismo occidentale e al suo effetto sulla cultura tradizionale giapponese. La famiglia della protagonista viaggia a bordo di un'Audi e il padre indossa vestiti in stile europeo. Miyazaki stesso ha dichiarato che i genitori di Chihiro, che si trasformano in maiali, simboleggiano il modo in cui alcuni esseri umani diventano avidi. Il protagonista maschile, Haku, è in realtà lo spirito del fiume Kohaku, interrato per poter costruirvi al suo posto dei palazzi. La critica all’ondata travolgente del capitalismo occidentale, che maltratta la natura per fini puramente economici, viene in questo modo associata alla perdita della propria identità, del legame con la propria terra natale. Kohaku, infatti, privato dalla strega Yubaba del proprio nome, è una metafora dei rischi che si corrono se ci si dimentica delle proprie origini. L’incantesimo della strega viene rotto nel momento in cui Chihiro si ricorda di essere caduta nel fiume da piccola e che il dio del fiume l’aveva riportata sana e salva sulla riva. Se il legame con la propria identità non è forte, si viene trascinati via dall’ondata dell’alienazione capitalista.

La critica ha voluto vedere in Spirited Away anche un modo di sensibilizzare gli spettatori al tema dell’ambientalismo. In particolare, si allude all'inquinamento dell'ambiente (Chihiro è costretta a tirare fuori da uno spirito del fiume un’enorme quantità di immondizia) e alla deforestazione e desertificazione indiscriminate da parte dell’essere umano, che distrugge la natura per il suo bisogno di costruire, incurante delle conseguenze che ciò avrà sull’ambiente e sugli altri esseri viventi

 

4. Lo studio Ghibli conquista il pubblico occidentale

Se quindi ancora oggi la Disney è al centro di controversie sulla rappresentazione di genere e sull’inclusività etnica, scatenando il malcontento della critica, lo Studio Ghibli al contrario diventa sempre più conosciuto e apprezzato per il suo modo unico di affrontare tematiche delicate, rendendo il prodotto godibile sia da un pubblico più giovane sia dagli adulti.

I film dello Studio Ghibli non pretendono di semplificare la realtà in bene e male, cattivi e buoni, storie d’amore e happy ending. Se per la Walt Disney il fine è solo raccontare una storia, lo Studio Ghibli riesce a proporre un modo diverso di intendere la vita, in linea con la filosofia e la tradizione orientale, senza bisogno di canzoni o balletti spettacolari, ma puntando solo ed esclusivamente sulla qualità dei suoi disegni e sulla profondità del suo messaggio.

Ad ogni modo, non è del tutto giusto mettere a confronto due pellicole tra loro non contemporanee: bisogna considerare infatti che La Sirenetta è figlia del suo tempo e di una più antica tradizione letteraria. Dall’89 fino ad oggi, la Disney ha cercato di impegnarsi a essere più inclusiva, a portare sullo schermo personaggi più rappresentativi. Si spera che la competizione tra i due studi non precluda alla Disney di trarre ispirazione dal cinema di animazione giapponese per trame, tematiche, lotte e valori, tanto attuali quanto universali.

 

5. Bibliografia e sitografia

Ponyo sulla scogliera, in studioghibli.it (data di ultima consultazione 02/04/2022)    

Asebey, A. M., “Disney en la aculturaciòn de la niñez latinoamericana” in Revista de Psicologìa Trujillo, 2011, p. 241-251.

Boyd, J. W., “Shinto Perspectives in Miyazaki's Anime Film" Spirited Away"” in Journal of Religion & Film, 2016, p. 4.

Le Blanc, M. e., Studio Ghibli: The films of Hayao Miyazaki and Isao Takahata - Third Edition, 2019

Le Van Pham, H., RESEARCH PAPER. Girl’s representation in Ghibli And Disney studio 2018 

McDonald, R., “Studio Ghibli feature films and Japanese artistic tradition” in Online Anime Journal, 2004, p. 2-3.

Monleòn Oliva, V., La lucha cinematogràfica entre oriente y occidente. Studio Ghibli versus Disney, 2020

Rendell, J. a., “Introducing Studio Ghibli” in East Asian Journal of Popular Culture, 2018, p. 5-14.

Watts, S., ““Walt Disney: Art and Politics in the American Century” in Journal of American History, 1995, p. 84–110.