Anna Viola De Matteis
Sebbene spesso sottovalutati dalla critica, i musical costituiscono uno spaccato interessante e rappresentativo dei cambiamenti socio-culturali degli Stati Uniti d’America e della loro evoluzione nel corso del ventesimo secolo. Nella musica statunitense, infatti, confluiscono i principali aspetti dell’identità socioculturale del Paese, come la questione della divisione tra le classi sociali, il problema del razzismo e della convivenza di diverse etnie, religioni e costumi. Essendo così esemplificativo per il Paese, non sorprende che il genere del musical si sia diffuso poco al di fuori degli USA e dell’Inghilterra, dove la lingua comune ne favorì la circolazione. Per questo, anche nel periodo in cui la loro popolarità era più in calo, sono rimasti più apprezzati negli USA che in Europa, confermando il loro ruolo unico nella tradizione americana.
“If in one sense the musical gets more and more self reflective at both positive and negative poles as it tries to outrun audience familiarity with its conventions, in another sense the musical does not change at all. The materials with which musical entertainment builds change across time, but the process of nostalgia for the old and mystification of the new never changes. Musicals are rerun, reissues, remade and revived.”(Feuer 1993:92)
La musica ha sempre avuto la capacità di descrivere i cambiamenti socioculturali di determinati periodi storici, ma il genere del musical in Nord America rende accessibile al grande pubblico una forma d’arte che fino ad allora era stata tutta europea. Le questioni al centro del dibattito politico e sociale trovano finalmente un modo di essere riproposte alla classe popolare attraverso canti, prosa, musica e danza, risultando così più fruibili e incoraggiando la partecipazione attiva alla vita pubblica.
Il genere sembra derivare dalla cosiddetta operetta europea, un tipo di rappresentazione teatrale nata in Francia verso la metà dell’Ottocento, che si caratterizzava per la presenza di parti cantate e ballate e altre recitate.
Le peculiarità dell’operetta sono state adattate al gusto americano, che privilegiava commedie ambientate nelle grandi città degli Stati Uniti. Nel musical sono quindi contenuti vari tipi di musica leggera, ispirati al jazz e alle opere liriche. La nascita del musical Oltreoceano si fa convenzionalmente risalire al settembre 1866, data della prima messa in scena di The Black Crook al Niblo’s Garden Theatre di New York. Un genere, quindi, nato nel ceto medio e popolare americano e che è diventato nel tempo una forma d’arte rivolta alle masse e a un pubblico eterogeneo. La sua struttura, infatti, consente a qualsiasi spettatore di seguire la storia in maniera scorrevole e più comprensibile rispetto alla prosa classica.
La popolarità dei musical è innegabile: durante l'età dell'oro di Hollywood (verso gli anni Venti – inizio anni Sessanta), ben quattro musical (West Side Story, 1961; My Fair Lady, 1964; The Sound of Music e Oliver, 1968) vinsero il premio Oscar per il miglior film. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la trama era incentrata sulla ricerca del vero amore e della felicità, con colonne sonore allegre e piene di ballate. Raramente venivano affrontate questioni più profonde, come i controversi problemi politici e sociali presenti negli USA di quegli anni. Per questo, il successo di West Side Story segna una tappa significativa nella storia del genere: per la prima volta, l’obiettivo del musical non era lo spettacolo, ma mettere in scena storie di vita verosimili, in un periodo in cui televisione e cinema viravano il gusto del pubblico verso un realismo sempre più cupo (film noir).
Tratto a sua volta dall’omonimo musical del 1957 a cura di Arthur Laurents, Stephen Sondheim e Leonard Bernstein, West Side Story (1961) incontrò il favore di pubblico e critica, tanto da vincere dieci premi Oscar su undici candidature.
Il successo del film è dovuto principalmente alla storia, ispirata alla tragedia di Romeo e Giulietta di William Shakespeare, rivisitata in modo da includere i temi caldi di allora ovvero il problema della delinquenza minorile e dei conflitti etnici tra bande, in particolare tra immigrati polacchi e portoricani. Il tutto sullo sfondo dell’Upper West Side di New York, che diventa così la città simbolo in cui si avvia il complicato processo di integrazione tuttora in corso nel paese a stelle e strisce.
Sebbene di successo, West Side Story rimane un unicum nella storia del musical, almeno fino alla messa in scena di Chicago (1975). L’incapacità dei musical di riconoscere e affrontare le questioni sociali, in una realtà che rendeva difficile credere nella spensieratezza, in cui non c’era più spazio per “entertainment for entertainment’s sake and nothing else” (Sheikh e Mahmoodi-Bakhtiari, 2014), causò un forte calo di popolarità nel pubblico e nella critica, già scettica in partenza sul loro valore artistico.
Tuttavia, il trionfo di opere come West Side Story e Chicago dimostra che il musical può essere molto di più che puro intrattenimento, anzi può scavare in profondità e affrontare questioni più serie, approfittando di un impatto emotivo più potente e immediato che i film non musicali di solito non hanno: il potere di amplificare e intensificare gli effetti psicologici sullo spettatore attraverso la musica. Basta solo questo a rivalutare in positivo il genere e, anzi, a cercare di sfruttare al massimo la sua forza comunicativa per una riflessione profonda sulla società (come nel caso di Les Misérables, 2012).
Inoltre, la popolarità dei musical in USA è rimasta nettamente superiore che nel resto dei paesi occidentali, dove invece le opere teatrali e liriche (che più si avvicinano al genere americano), sono di solito indirizzate a ceti sociali più alti. Andare a teatro, nei paesi europei, è visto come una specie di lusso riservato a facoltosi o a intellettuali. In questo senso, il musical americano segna in ogni caso una svolta importante nel rendere l’arte più accessibile, in linea con le aspirazioni di rivalsa sociale di chi partiva all’avventura nel grande e coraggioso mondo. È per questo, forse, che tuttora la tradizione dei musical è più sentita negli USA piuttosto che in Europa: rispecchia le speranze di quella generazione che è salpata alla ricerca della felicità.
Musical: un successo made in USA da Tuttoamerica.it (ultima consultazione in data: 11/08/2022)
Musical da traccani.it (ultima consultazione in data: 11/08/2022)
Sheikhha, S. a.-B., The Evolution of the Twenty-First Century Musical Film: Comparing Contemporary Hollywood Musicals to those of the Golden Age of Cinema. Avanca Cinema, p. 28 - 35, 2014
Feuer, Jane, The Hollywood Musical (2nd Edition), Indiana: Indiana University Press, 1993