Murakami Haruki: la penna più occidentale del Giappone

Anna Viola De Matteis

Come il quasi omonimo Murakami Ryu, Murakami Haruki ha contribuito fin dai suoi esordi letterari a una nuovo modo di intendere la letteratura in Giappone che si pone da una parte a completare, dall’altra a rinnovare, quella più antica e tradizionalista già esistente. 

I protagonisti dei suoi libri prendono volontariamente le distanze dalla tradizione nipponica, traendo invece ispirazione da tutto ciò che la nuova ondata di benessere economico post-bellico aveva portato, influenzata pesantemente dal mondo occidentale, in particolar modo dagli Stati Uniti. Basti notare quante volte i suoi personaggi ordinano una Coca Cola, ascoltano un vinile, si recano in un jazz club o leggono Fitzgerald. 

L’interesse per lo scrittore per il mondo nord-americano emerge ben prima che facesse della scrittura il suo mestiere. Murakami si laurea all’Università di Tokyo con una tesi sull’idea del viaggio nel cinema americano. Appassionato di jazz, apre un bar, e solo anni dopo decide di mettersi alla prova come scrittore. Nei suoi libri si leggono innumerevoli riferimenti alla cultura pop e alle influenze letterarie e musicali con cui era cresciuto: il già citato Fitzgerald, insieme a Salinger, Carver, Chandler, Kafka, Nat King Kole, Duke Ellington, Billy Strayhorn e tanti altri. Nonostante spesso i suoi romanzi siano ambientati nel pieno della rivoluzione del ’68, Murakami fa ben presente che per lui cultura e politica americana vanno divise, potendo così prendere scetticamente le distanze da quest’ultima.

Murakami però non si limita a scrivere del Sogno Americano. Nel 1991 infatti si trasferisce negli Stati Uniti, dove diventa prima ricercatore associato e poi professore associato all’Università di Princeton. Proprio nel 1992 scrive uno dei romanzi in cui più si riflette l’influenza degli USA: la prima parte del titolo del libro South of the Border, East of the Sun, costituisce una citazione a una presunta canzone sul Messico di Nat King Kole, anche se non ci sono prove che essa sia stata di fatto registrata. 

In Giappone è visto come il più occidentale degli scrittori giapponesi, ma a differenziare davvero i suoi scritti da quelli di altri scrittori compatrioti non sono tanto i riferimenti alla cultura occidentale, quanto piuttosto lo stile di scrittura minimalista, semplice e chiaro, diretto e al tempo stesso evocativo, vicinissimo ai grandi nomi della letteratura americana più recente. A tal proposito, lo scrittore Kazuo Ishiguro dice: 

 

«Lo stile di vita dei personaggi di Haruki è molto più simile a quello dei giapponesi di oggi di quanto non possa sembrare ai lettori occidentali […] Bisogna ricordare che per un giapponese cresciuto dopo la Seconda guerra mondiale il jazz, il rock e i film di Hollywood sono familiari tanto quanto cose più tradizionali. Anzi, cose come il teatro kabuki, la cerimonia del tè e i romanzi di Kawabata gli risultano più lontani».  

 

Murakami quindi cresce in un ambiente in cui la rivoluzione culturale è già in atto e non fa altro che restituirla nei suoi romanzi: una nuova realtà, trasformata dal benessere economico, fluida e in costante evoluzione, profondamente intrisa di usanze e mode occidentali, in cui la nuova generazione di giapponesi possa finalmente riconoscersi. Lui stesso dice di non aver letto molte opere di scrittori giapponesi: fin da piccolo si è quindi avvicinato alla narrativa americana, in particolare a grandi romanzieri come Truman Capote, F. Scott Fitzgerald, Raymond Carver e J.D. Salinger, di cui, non a caso, ha tradotto diverse opere in giapponese.

Centrale nei suoi libri è il tema della musica: dal jazz americano  al pop britannico, ogni storia è accompagnata da un distinto sottofondo musicale, che assume quasi il ruolo di narratore dell’intera vicenda, fino a diventare indispensabile alla trama. I suoi personaggi si incontrano grazie alla musica, ne discutono apertamente, la descrivono e ci riflettono su, la musica li unisce e poi li allontana, per poi tirare le fila della storia. Da notare poi come molti dei suoi romanzi hanno come titolo una canzone: nel 2013 l’autore ha addirittura pubblicato Ritratti in jazz,il cui titolo riprende quello del disco di Bill Evans.

Murakami stesso ha ammesso di scrivere con la musica in sottofondo e, per quanto leggerlo con le stesse condizioni potrebbe non essere la condizione di lettura ideale per tutti, si ha davvero la sensazione che la musica, con questo suo ruolo centrale nelle pagine dei suoi libri, faccia da eco alla lettura di ogni pagina. 

E se qualcuno volesse cimentarsi con la lettura di Murakami tenendo in sottofondo la playlist dei brani da lui citati, c’è chi per diletto ha messo a punto questa raccolta e resa pubblica.

 

Fonti

Kazuo Ishiguro ha vinto il premio Nobel per la Letteratura, su ilpost.it (data di ultima consultazione: 04/01/2023)

20 Things You (Probably) Didn't Know About Haruki Murakamisu shortlist.com (data di ultima consultazione: 04/01/2023)

The Music Inside Haruki Murakami's Literary World, su soundfly.com (data di ultima consultazione: 04/01/2023)

A 3,350-Song Playlist of Music from Haruki Murakami's Personal Record Collection, su Openculture.com (data di ultima consultazione: 04/01/2023)

Haruki Murakami's vinyl collection - playlist by Masamaro Fujiki, su spotify.com (data di ultima consultazione: 04/01/2023)