Martina Ori
John Dewey esercitò una profonda influenza pedagogica, filosofica, sociale, culturale e politica nel proprio Paese; questo lo rese una delle figure chiavi dei cambiamenti avvenuti negli Stati Uniti nel corso del XX secolo.
John Dewey nacque il 20 ottobre 1859 a Burlington, nello stato del Vermont. Nel 1875 si iscrisse all’Università del Vermont dove studiò filosofia, sotto la guida di H.P. Torrey e di J. Marsh e conseguì il bachelor degree. Successivamente nel 1882 si recò a Baltimora presso la John Hopkins University come graduate student, ed ebbe come maestri G.S. Morris, S. Hall e C.S. Pierce. In questo periodo ricevette una formazione fortemente influenzata sia dal neohegelismo, dovuta al contatto con Morris, sia dal pragmatismo, data da Pierce, uno dei fondatori di questa corrente. Questi studiosi rivestirono un importante ruolo nel suo pensiero e nelle sue opere future di maggior successo.
Conseguito il dottorato di filosofia nel 1884, sotto proposta del Morris stesso, iniziò la sua carriera di insegnamento presso l’Università del Michigan in qualità di instructor in philosophy. Durante il periodo del suo insediamento nel 1894 all’Università di Chicago come professor of philosophy e chairman del Dipartimento di Filosofia, Psicologia e Pedagogia, Dewey cominciò a interessarsi di questioni educative. Fu proprio a Chicago che nel 1896 avviò il noto esperimento della “scuola-laboratorio”, uno dei primi esempi di scuola attiva, fino al suo trasferimento alla Columbia University nel 1904. Sempre a Chicago, elaborò i principi dello “strumentalismo” insieme alla collaborazione di G.H. Mead e altri, fondando così una linea di pensiero logico-filosofico meglio conosciuta con il nome di “Scuola di Chicago”.
Tra il 1904 al 1929 insegnò a New York presso la Columbia University e fu proprio in questo periodo che Dewey si concentrò sugli studi filosofici senza abbandonare la sua attività e riflessione pedagogica. In quegli anni, infatti, scrisse quello che restò alla storia come il principale scritto pedagogico di Dewey, Democrazia e educazione (1916). Sempre durante il periodo del suo insegnamento alla Columbia University, Dewey raggiunse il suo massimo interessamento ai problemi sociali e internazionali; ne sono d’esempio i suoi viaggi in Cina e Giappone (1918-1922), in Turchia (1924), in Messico (1926), in Russia (1928) e a Edimburgo (1929). Il contatto con realtà politiche e culturali diverse dalla propria lo spinse a credere che fosse necessario mettere in atto un forte cambiamento politico-sociale della democrazia americana. A settant’anni, nel 1929, si ritirerà dall’insegnamento accademico, pur rimanendo attivo in ambito politico- sociale. Proprio per questo, nel 1937 venne chiamato a presiedere la commissione di inchiesta sulle accuse contro Lev Trotsky nei processi di Mosca, dichiarandolo innocente. Scrisse inoltre diversi articoli su giornali, riviste e libri sempre inerenti agli avvenimenti politico-americani ed internazionali, come le denunce sulle purghe staliniane, e schierarsi tra gli interventisti durante la Seconda guerra mondiale (come già aveva fatto nella prima). Morì nel 1952 nella sua casa a New York.
Nel 1897, Dewey pubblicò Il mio credo pedagogico, uno degli scritti più significativi e famosi in ambito pedagogico del Novecento. Il libro si basava sulla riflessione fatta da Dewey sulla scuola-laboratorio da lui fondata nel 1896 e diretta insieme a colleghi e studenti dell’Università di Chicago.
La scuola-laboratorio fu una delle prime scuole attive che vennero poi a formarsi durante tutto il secolo scorso (in Italia il caso più celebre è quello delle scuole montessoriane). Questa si basava sull’esigenza di aiutare l’alunno a formare la sua personalità attraverso la sua occupazione in lavori manuali, con l’aiuto dell’insegnante e interagendo coi compagni. La scuola, pertanto, aveva il compito primario di guidare l’allievo a diventare l’educatore di se stesso, dimostrando che l’insegnamento non è prerogativa esclusiva dell’insegnante e puramente nozionistico. L’insegnamento e l’approccio dell’insegnante vanno ritagliati su misura tenendo in considerazione le reali necessità dell’alunno.
Dewey e colleghi hanno valutato che la caratteristica peculiare di un educatore dovrebbe essere l’osservazione costante e accurata. Infatti, le caratteristiche che ciascuno di noi mostra sin da piccolo sono delle abilità innate, che se stimolate e sviluppate nel modo giusto, anche grazie agli educatori, possono essere la chiave di volta per arricchire la comunità in cui viviamo. In tal senso, è importante fare delle considerazioni sull’ambiente in cui l’alunno si muove, manifestando i suoi interessi. Per questo Dewey introdusse il lavoro manuale: il fare, il contatto diretto, stimolano la conoscenza del bambino e allo stesso tempo permettono di prendere coscienza di sé sviluppare le doti che da grande gli permetteranno di adattarsi ai cambiamenti della società industriale del tempo.
Il progetto fu una vera e propria rivoluzione pedagogica, non solo per l’aver messo al centro del metodo di apprendimento l’allievo, ma anche per la dirigenza stessa della scuola-laboratorio. Tra i 24 membri del corpo insegnante (provenienti anche dall’estero) solo 4 erano uomini, il resto erano donne. Tra queste c’era Ella Young, collega di Dewey nella Facoltà di Pedagogia di Chicago e ispettrice scolastica della città, alla quale dedicò il libro Come pensiamo nel 1910. Un’altra donna con la quale il filosofo strinse rapporti di amicizia e collaborazione durante il periodo della scuola-laboratorio fu Jane Addams, fondatrice della Hull House, uno dei primi centri di rieducazione sociali degli Stati Uniti. Queste figure femminili, insieme a Alice Chipman, moglie di Dewey, contribuirono ad aumentare nel corso degli anni la sua fiducia nelle capacità umane e sociali della donna e tutto quello che riguardasse la sfera della libera attività femminile.
Il progetto di Chicago può essere considerato forse la prima Parents and Teachers Association d’America: la scuola era sostenuta economicamente dai genitori degli alunni e da una associazione di volontari nata per supportare il progetto. Questa associazione era composta da genitori di ragazzi che non frequentavano la scuola o da amici degli insegnanti, che si unirono con lo scopo di facilitare il funzionamento dell’ambiente educativo.
Quando il saggio Democrazia e educazione venne pubblicato nel 1916 negli Stati Uniti (in Italia verrà tradotto solo nel 1949) fu una vera e propria fucilata alla pedagogia e alla scuola tradizionale. La sua importanza si è successivamente trascinata per tutto il ventesimo secolo influenzando il dibattito politico-pedagogico non solo negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo occidentale.
Nel saggio Dewey sosteneva che il rapporto tra sistema democratico e modello pedagogico era così stretto da procedere parallelamente: una democrazia può ritenersi tale nel momento in cui ha un sistema educativo che crea individui liberi e critici: quest’ultimo è funzionale nel momento in cui rende gli individui capaci di confrontarsi, co-costruire e migliorare costantemente le regole per un buon funzionamento della comunità. La comunità così intesa altri non è che una piccola rappresentazione della società in cui dovranno poi inserirsi una volta adulti.
Il nuovo modo di intendere la relazione tra scuola e società, si è scontrato con i regimi totalitari e ipernazionalisti che si stavano creando all’alba della prima guerra mondiale e negli Stati Uniti con le concezioni conservatrici e/o burocratiche della scuola.
Tutt’oggi la concezione politico-pedagogica di Dewey è ampio argomento di discussione e critica negli Stati Uniti, che continuano a mantenere un sistema scolastico improntato su quello tradizionale. Torneranno ad affacciarsi sulla scena attuale delle scuole e degli approcci rivoluzionari come la scuola-laboratorio nel secolo scorso? Si potrà entrare in dialogo o rompere con il sistema tradizionale, per recuperare e valorizzare i potenziali del singolo e creare una società che li metta in risalto per uscirne più ricca?
Dewey J. (2004), Democrazia e educazione, Firenze: La Nuova Italia.
Dewey J. (1965), Il mio credo pedagogico: antologia di scritti sull’educazione, Firenze: La Nuova Italia.
Dewey J. (1963), Esperienza e educazione, Firenze: La Nuova Italia.
Foto 1 da Moralia Blog (data di ultima consultazione: 02/08/2021)
Foto 2 da gabriellagiudici.it (data di ultima consultazione: 02/08/2021)