I giorni e le compagnie di Eve Babitz

Pushpanjali Dallari

Eve Babitz ha avuto Stravinskji come padrino, giocato nuda a scacchi con Duchamp e fatto sesso con Harrison Ford e Jim Morrison. Ha preso fuoco a causa di una sigaretta, ha disegnato la copertina dell’album dei Buffalo Springs del 1967 Buffalo Springs Again e scritto per Rolling Stones. La vita di questa autrice è riassumibile in istanti folgoranti: se accostati gli uni agli altri restituiscono tuttavia solo in parte un’immagine accurata di una donna che è stata al tempo stesso un’artista, una scrittrice e una party girl.

 

1. Origini e influenze famigliari

2. I vent'anni di una It-Girl

3. Slow Days, Fast Company

4. Los Angeles come musa

 

 

1. Origini e influenze famigliari

Eve Babitz nasce il 13 maggio 1943 a Los Angeles in una famiglia in cui le radici ebree e russe paterne incontrano le origini canadesi materne. La madre Mae è un’artista e dipinge per hobby le case vittoriane che sorgono lungo i boulevards della città. Il padre Sol è un violinista classico che dopo aver studiato a Berlino e suonato per la Los Angeles Philarmonic all’epoca della nascita di Eve lavora per la 20th Century Fox.

Nel corso della sua carriera, Sol Babitz intreccia numerose amicizie prestigiose (Babitz, 1974): la più nota è senza dubbio quella con Igor Stravinskij e la moglie Vera - lo stesso Stravinskij che, da padrino, offre a Eve scotch quando lei ha soltanto tredici anni. Episodio che, a ben guardare, risulta emblematico di una giovinezza decisamente differente da quella di altre autrici statunitensi appartenenti alla medio-borghesia americana: basti pensare all’adolescenza di Sylvia Plath (Plath, 1963), caratterizzata da una rigorosa disciplina autoimposta e da una altrettanto vorace ambizione. Anni ricchi di successi e riconoscimento accademici, a discapito di forme di divertimento più private.

Proprio negli scritti di Sylvia Plath (su tutti, La campana di vetro) è ben rappresentato il dilemma della classica ragazza americana dell’epoca, divisa tra il desiderio di spassarsela e la necessità sociale di mantenere una reputazione verginale. Al contrario, non vi è traccia di un tale dissidio nella teenager Eve, che è sì frequentatrice assidua della Hollywood Library e lettrice appassionata di Proust e Virginia Woolf, ma è altrettanto determinata a non perdersi una festa e a godersi la compagnia degli uomini (più maturi e, a volte, anche pericolosi, come Johnny Stompanato, la nota guardia del corpo del gangster Mickey Cohen).

Questa configurazione dicotomica diventerà un leitmotiv della vita di Eve Babitz: da una parte, la irriverente party girl che consuma sostanze stupefacenti - eccezion fatta per l’eroina, che la spaventa (ha visto troppa gente morirne, ndr.); dall’altra, la scrittrice talentuosa capace di attirare le attenzioni di Joan Didion e Joseph Heller.

 

2. I vent'anni di una It-Girl

Tuttavia, se è facile far coesistere sull’agenda una festa e una lettura impegnata, molto meno lo è farsi prendere sul serio a livello intellettuale quando si è una donna attraente e incline alla vita mondana, anche dai propri amici, e Eve Babitz lo scoprirà a sue spese.

I vent’anni trascorrono per lei nel segno dell’irrequietezza: fa festa, conosce uomini, disegna cover degli album musicali. Grazie a una foto di Julian Wasser divenuta famosa conosciamo l’episodio (I used to be Charming, 2019) in cui, per vendicarsi di Walter Hopps, gallerista trentenne sposato di cui è l’amante, si fa immortalare mentre, nuda, è intenta a giocare una partita a scacchi con Marcel Duchamp, in occasione di una retrospettiva organizzata presso il museo d’arte di Pasadena da Hopps stesso.

In uno dei tanti tentativi di diventare adulta a ventotto anni si trasferisce a San Francisco. Il rapporto con la città natale è però troppo viscerale e dopo pochi mesi finisce inevitabilmente per farvi ritorno.

La scrittura rappresenta un punto di svolta: pur specificando di essere un’artista e non una scrittrice (Babitz, 1974:4), inizia a mettere su carta e in ordine la sua vita fino a quel momento: aneddoti intimi si intrecciano a resoconti di una Los Angeles decadente. Il risultato è un romanzo confessionale, un brillante esempio di autofiction: Eve’s Hollywood (1974). Negli anni successivi Eve Babitz si dedica anche alla fiction, producendo romanzi quali L.A. Woman (1982), o Sex and Rage (1979). A dispetto del genere a cui appartengono, queste opere conservano un fondo comune, a livello stilistico e contenutistico. Innanzitutto, le protagoniste ricordano l’autrice, che sia lei a parlare in prima persona o un alter ego letterario chiamato Jacaranda o Sophie. In secondo luogo, lo stile, minimal ma sofisticato, in cui un agile fraseggio si fa portatore di immagini icastiche. Infine, impossibile non notare come il vero cuore semantico di questi lavori sia la città di Los Angeles, sprofondata in un romantico declino e sempre più preda di affaristi e costruttori.

Interrogata a novembre del 2024 da Pandora Sykes nella sua newsletter Books+Bits a proposito di un confronto tra le opere di Joan Didion ed Eve Babitz, la giornalista Lili Anolik ha risposto che, pur essendo stata Didion autrice più prolifica e costante, non ha mai scritto un capolavoro come Slow Days, Fast Company.

 

3. Slow Days, Fast Company

Pubblicato nel 1977, dopo Eve’s Hollywood, il testo Slow Days, Fast Company a livello formale costituisce una raccolta di articoli sulla stessa linea del libro precedente, in cui l’autobiografia incontra un reportage personale e aneddotico, presentandosi come un’opera-mosaico in cui i singoli tasselli sono al tempo stesso articoli e racconti.

Questi articoli/racconti sono intervallati da prefazioni che, lungi dall’essere dirette a un generico lettore, si rivolgono all’uomo di cui Eve è innamorata (e di cui non verrà mai svelata l’identità). La lettura si snoda quindi su due binari paralleli: uno in cui l’autrice ci descrive un particolare evento o luogo; un altro in cui si rivolge all’uomo amato che - scopriamo - spesso si è trovato nei luoghi e agli eventi narrati.

 

4. Los Angeles come musa 

Al centro, quindi, sempre Los Angeles e la West Coast: dal racconto del flirt con un attore di telenovelas al resoconto di una giornata a Palm Springs; dall’incursione nella cittadina di Bakersfield per assistere al raccolto e visitare un ammiratore, fino all’incontro con una Janis Joplin ormai obnubilata dalle droghe. Apparentemente slegati tra loro, questi articoli rappresentano non solo lo stile di Eve Babitz nella sua forma più smagliante, ma espongono anche il rapporto che l’autrice californiana intrattiene con la propria scrittura (Babitz, 1977:20):

 

«Io non riesco ad avere una traccia da seguire fino alla fine e a fare un romanzo lineare. Io non riesco [...] a fermare i turbini di improvviso nonsenso che si sollevano. Ma forse, mettendo insieme tutti i dettagli, verrà fuori una certa cadenza e senso del luogo, e l'integrità dello spazio vuoto con figure occasionali nel paesaggio potrà essere compresa comodamente e appieno, per quanto veloci siano le amicizie».

 

È anche a causa di questi "turbini di nonsenso" che conferiscono ai suoi testi una patina di frammentarietà se Eve Babitz è stata a lungo un'autrice di culto, ma senza mai raggiungere la fama presso il grande pubblico né ottenere lo status di intellettuale di cui ha goduto Joan Didion, altra grande scrittrice californiana.

A lungo, Eve Babitz è stata considerata una sorta di nota a piè di pagina della California degli anni Settanta, un'autrice di nicchia, un feticcio losangelino: in un articolo pubblicato su Vanity Fair la giornalista Lili Anolik la definisce "il segreto meglio conservato della città".

Proprio ad Anolik e al suo articolo si deve la svolta nella ricezione di Babitz presso il lettore americano: complici le ristampe delle sue opere, il suo nome si è, in pochi anni, affermato a livello nazionale e internazionale.

Alcune tappe di questa sorprendente ascesa sono la repentina apparizione dei suoi libri sui profili Instagram di celebrity come Kendall Jenner, o il panel dedicatole nel 2018 con la partecipazione della giornalista del New Yorker Jia Tolentino.

Tuttavia, non dovremmo dimenticare che Eve Babitz non è stata solo una formidabile cantrice della città di Los Angeles, una festaiola impenitente e una musa per il genio (maschile) altrui: è stata anche e soprattutto una scrittrice. 


Fonti

Anolik, Lili. Hollywood’s Eve, 2019

Babitz, Eve. Eve’s Hollywood, 1974

Babitz, Eve. Slow Days, Fast Company, 1977

Pandora Sykes, Joan Didion Eve Babitz + the writerly personality, 2024 su pandorasykes.substack.com (data di ultima consultazione: 13/04/25)

Muse and Writer Eve Babitz Looks Back at Her Former Wild Life, su Vanity Fair (data di ultima consultazione: 13/04/25)


Foto

Foto 1 da Esquire.com (data di ultima consultazione: 13/04/25)

Foto 2 da London Review of Books (data di ultima consultazione: 13/04/25)