Rossella Cipro
Federico García Lorca è ancora oggi uno degli intellettuali di lingua spagnola più apprezzati a livello internazionale. Fiore all’occhiello della Generazione del ’27, fu poeta, letterato, drammaturgo, musicista, con una spiccata passione per l’arte e il disegno.
Pregno delle influenze del modernismo spagnolo e del simbolismo francese, creò nuove forme e nuove immagini poetiche, tentando sempre di rinnovare il verso e la canzone della tradizione spagnola classica e barocca. Tra le sue opere più significative si ricordano le raccolte poetiche del Romancero Gitano (1928) e Poema del Cante Jondo (1931), insieme alle opere teatrali che decretarono, più di tutte le altre, la sua fama come drammaturgo: Mariana Pineda (1927) e Bodas de Sangre (1933).
Nel 1929 viaggiò per la prima volta fuori dalla Spagna dirigendosi verso il Nuovo Mondo in compagnia di Fernando de los Ríos. La caotica New York travolse la sua sensibilità e fu la fonte di una delle raccolte più surrealiste del poeta granadino, che unisce immagini visionarie a una critica feroce nei confronti di un mondo che pone la velocità e l’artificio al di sopra della natura e dell’umanità. La raccolta Poeta en Nueva York (1940) vede la luce quattro anni dopo la morte del poeta, fucilato dalle forze nazionaliste di Francisco Franco la notte tra il 18 e il 19 agosto 1936.
Il 25 Giugno 1929, l’Olympic su cui è imbarcato Federico García Lorca arrivò a New York. Ad aspettarlo al molo per dargli il benvenuto c’era tutta una schiera di amici, intellettuali e giornalisti, tra cui Ángel del Río, Gabriel García Maroto, León Felipe e José Camprubí. Durante i nove mesi passati nella grande metropoli, alloggiò nel campus della Columbia University, dove si iscrisse a un corso d’inglese per stranieri, che però non lo aiutò (l’inglese gli fu sempre ostico, ndr.). Tra cene, spettacoli teatrali e conferenze, Lorca ebbe la possibilità di immergersi nella vita caotica e variopinta di una città, a suo parere, tra le più attrattive e moderne del mondo.
New York, già nel 1929, era il simbolo per eccellenza della modernità, soprattutto grazie al cinema e in particolare al film Metropolis (1927) di Fritz Lang, di cui Lorca era probabilmente a conoscenza. L’immaginario del nuovo mondo moderno precedeva l’esperienza diretta e si scontrava con la percezione reale degli enormi grattacieli e del costante rumore di motori e clacson che sfrecciavano tra luminarie e cartelloni pubblicitari. Significativa fu la visita di Federico al palazzo della Borsa in Wall Street, dove assistette allo spettacolo del denaro del mondo, e dove tra grida, corridoi e ascensori, si compiva la battaglia della moltitudine per i soldi:
“Es el espectáculo del dinero del mundo en todo su esplendor, su desenfreno y su crueldad. Sería inútil que yo pretendiera expresar el inmenso tumulto de voces, gritos, carreras, ascensores, en la punzante y dionisíaca exaltación de la moneda. […] Es aquí donde yo he tenido una idea clara de [que] es una muchedumbre luchando por el dinero. Se trata de una verdadera guerra internacional con una leve huella de cortesía. […]” (Gibson, 2016:385)
Quando, mesi dopo, assistette al crollo della Borsa che mise in ginocchio l’economia globale, restò profondamente sconvolto dalla disperazione della folla che riempiva le strade della metropoli. Tra le grida e i pianti, ricordò di aver visto il cadavere di un uomo che si era lanciato dal sedicesimo piano di un hotel. Tale devastazione umana lo scosse, trasformando il suo turbamento in materia poetica. Così nacque il componimento “Danza de la muerte” (Lorca, 2015:194):
“El mascarón bailará entre columnas de sangre y de números,
entre huracanes de oro y gemidos de obreros parados
que aullarán, noche oscura, por tu tiempo sin luces.
¡Oh salvaje Norteamérica! ¡Oh impúdica! ¡Oh salvaje!
¡Tendida en la frontera de la nieve!”
Le colonne di sangue e numeri citati nel componimento sono proprio quei palazzi dall’alto dei quali pochi uomini in elegantissimi abiti decidono le sorti di migliaia di persone, nella frenesia del loro lavoro da business men.
Pian piano New York si tinse di nuove sfumature e consapevolezze: le strade colme di gente di ogni provenienza ed etnia (che gli ricordavano la sua Andalusia) e di musiche afroamericane simili al cante jondo, facevano da sfondo a una vita di stenti e sofferenze, non tanto diversa dall'Europa.
New York è stata una città che ha scavato profondamente nell'anima di Federico García Lorca durante il suo soggiorno negli Stati Uniti tra il 1929 e il 1930. La metropoli, con la sua frenetica vitalità e la sua ricchezza culturale, agì su Lorca come un catalizzatore, trasformando la sua visione del mondo e influenzando la sua produzione artistica. New York non era solo un luogo fisico, ma un'esperienza totale, una fusione di stimoli visivi, sonori ed emotivi che hanno lasciato un'impronta indelebile nella sua poesia.
L'energia caotica della città si è riversata nelle opere di Lorca accentuando quella tensione costante tra la tradizione e l’avanguardia che ha da sempre fatto parte della sua poetica. New York, con la sua diversità culturale e sociale, ha offerto al poeta ulteriori spunti per esplorare le contraddizioni e le tensioni della società moderna: le strade affollate, i quartieri cosmopoliti, i ritmi frenetici della vita urbana si sono trasformati in versi carichi di emozione e significato.
Quando ad agosto 1929 si concesse una gita fuori porta nel Vermont, poi a Bushnellsville e infine a Gardnertown, prima di tornare nella “giungla di cemento della metropoli” (Gibson, 2016:403), gli apparve più forte il contrasto con la natura: il rumore del vento nelle foreste e lo sciabordio dei corsi d’acqua, insieme al canto degli uccelli, non avevano niente a che vedere con i suoni caotici e meccanici della Grande Mela. Anche la luce della luna, invisibile attraverso gli imponenti grattacieli, in questo paragone, si riprese la sua dimensione.
La metropoli non ha influenzato solo il contenuto delle opere di Lorca, ma anche il loro stile e la loro forma: il suo linguaggio poetico si arricchì di nuove sfumature e tonalità. Le immagini vivide della città si sono riflesse nelle metafore ardite e nelle descrizioni vibranti che caratterizzano molte delle sue poesie. Un esempio particolare si può trovare nella poesia “La aurora” (Lorca, 2015:209), dove gli elementi naturali sono sottoposti a una sorta di metamorfosi:
"La aurora de Nueva York tiene
cuatro columnas de cieno
y un huracán de negras palomas,
que chapotean las aguas podridas.”
Le colonne di fumo annunciano un’aurora oscura che geme sulle immense scale. La luce è sepolta da catene e rumori in un’impudica sfida di scienza senza radici e per le strade c’è gente che vacilla insonne, come appena uscita da un naufragio di sangue: il naufragio di sangue che è l’inesorabile modernità. Si può concludere che New York sia entrata nell'anima di Federico García Lorca aiutandolo a raggiungere quella maturità artistica che ricercava fortemente.
La sua fuga negli Stati Uniti gli servì a prendersi una pausa da una situazione che in Spagna era diventata pesante per un uomo tanto sensibile. Al suo amico Philip Cummings, con cui passò alcuni giorni nel Vermont, affidò un pacchetto di lettere, dove denunciava severamente amici e persone a lui vicine che stavano facendo di tutto per rovinarlo, per mettere fine alla sua poesia e per impedire che diventasse famoso, e gli chiese di bruciare tutto nel caso non avesse mai più ricevuto sue notizie o se gli fosse accaduto qualcosa. Cummings, nel 1961, aprì questo pacchetto di cinquantuno lettere manoscritte e, mosso da un sentimento di lealtà nei confronti del suo grande amico, le diede alle fiamme.
Non sapremo mai per certo chi o cosa turbasse il cuore di Federico García Lorca prima che si imbarcasse per il suo viaggio negli Stati Uniti. Tutto quello che possiamo intuire è racchiuso nello scrigno del suo verso poetico, nella critica feroce ai soprusi e alle ingiustizie, nelle immagini impregnate di morte, disgusto, terrore e pietà, in paesaggi popolati di cimiteri, ospedali e moli, dove pazienti moribondi e marinai ubriachi avanzavano barcollando sotto la luna, e dove l’alternanza di tempi verbali riflette l’inquietudine che gli ha ispirato quei versi.
Quella di Lorca nella Grande Mela è stata anche una riscoperta e una definitiva accettazione della sua sessualità, o meglio, della sua omosessualità, rifiutando la convenzione che l’amore eterosessuale, la riproduzione della specie e l’armonizzazione dei contrari fossero l’unico desiderio possibile (Lorca, 2011:158):
“Equivocar el camino
es llegar a la mujer,
la mujer que no teme la luz,
la mujer que mata dos gallos en un segundo,
la luz que no teme a los gallos
y los gallos que no saben cantar sobre la nieve."
Gibson, Ian, Vida, pasión y muerte de Federico García Lorca. 1898-1936, Barcelona, Debolsillo, 2016
García Lorca, Federico, Poeta en Nueva York. Prímera edición del original fijada y anotada por Andrew A. Anderson, Barcelona, Galaxia Gutenberg, 2015
García Lorca, Federico, Poeta en Nueva York, Barcelona, Austral, 2011
Portale Federico García Lorca su cervantesvirtual.com (data ultima consultazione: 07/05/2024)
Foto da fernandovicente.es (data ultima consultazione: 24/05/2024)