Architectural Humanities

Nell'ultimo decennio ha preso forma, da più parti e con diverse geometrie delle discipline coinvolte, una convergenza di studi intorno ai fenomeni dell'architettura e dell'ambiente costruito, della città e dell'esperienza urbana, nonché del design e del paesaggio, ispirati alle scienze umane. In particolare, nell'originale esperienza condotta presso il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, le Architectural Humanities sono state interpretate da prospettive storiche e filosofico-estetiche, in proficuo dialogo con molti altri punti di vista, come quelli delle scienze sociali e ambientali e delle antropologie, degli studi politici e della letteratura, del cinema, delle serie televisive, della graphic novel, della fotografia.

Per quanto riguarda la Storia dell'Architettura si tratta piuttosto di chiedersi se esista un campo di ricerca-azione in cui contribuire, grazie alle conoscenze puntuali elaborate in ambito specialistico, a rendere più consapevoli, più specifici e quindi più efficaci i processi decisionali, ma più in generale le azioni legate alle politiche urbane.

In altre parole, si tratta di capire se la Storia dell'Architettura e della Città possa, senza tradire la propria metodologia scientifica, ampliare la propria azione nel campo dei saperi dotati di una dimensione operativa. Rispetto ad altri ambiti umanistici, questa riflessione risente della complessa struttura della disciplina architettonica, che è in parte pratica progettuale, in parte elaborazione analitica - storica, ma anche teorica o critica - e, anche nell'ambito della ricerca pura, duplice, poiché si riferisce tanto alla sfera umanistica quanto a quella tecnologica.

Naturalmente, per partecipare in forma non subalterna al rinnovamento di una cultura progettuale in cui la conoscenza dell'esistente è decisiva come oggetto del progetto, la Storia dell'Architettura e della Città deve compiere aggiornamenti tematici e metodologici. Uno sforzo necessario non solo per salvaguardare la disciplina stessa rispetto al "mercato" culturale, come ormai possiamo definire, per essere realisti, la doppia azione di ricerca e insegnamento, ma anche per aggiornare il ruolo sociale e politico che la storia ha sempre avuto e che richiede, forse, nuovi metodi.

Alcuni fronti utili sono aperti da tempo, come l'attenzione della Storia alla dimensione geografica dell'architettura, che oggi significa portare gli studi storici sull'architettura e sulla città nell'ambito del GIS storico. Certamente meno affermato come campo di ricerca storico-architettonica è quello che potremmo definire "storia di comunità", una ricerca, o ricerca-azione, che risponde a specifiche esigenze di conoscenza della città espresse dagli attori coinvolti nella sua trasformazione. Una ricerca storica che, rifiutando il tradizionale ruolo ancillare di analisi preliminare all'interno dei processi specialistici del progetto, si pone come pratica diffusa di conoscenza della città a disposizione dei cittadini.

Naturalmente non si tratta solo di un cambiamento o di un'integrazione di strumenti, sono necessari aggiornamenti metodologici e di prospettiva storiografica che non possono essere dati per scontati. Limitandoci qui a un primo sommario elenco: l'abbandono definitivo dell'impianto militante della storiografia sul 'moderno'; il superamento di una storiografia prevalentemente rivolta alla dimensione autoriale con un allargamento del campo di interesse alla dimensione infra-ordinaria, anonima e privata e relativi ampliamenti sul fronte delle fonti archivistiche di riferimento; un'attenzione agli studi diacronici che colga la stratificazione temporale di luoghi complessi con la volontà di estendere la cronologia alla storia corrente.

Per quanto riguarda l'Estetica, da interpretare a sua volta come disciplina di analisi critica, intervento e ricerca-azione, si tratta di attribuire a questa prospettiva un ruolo cardine nelle varie discipline che fanno della dimensione urbana e architettonica l'oggetto dei loro studi. In effetti, la letteratura nell'ambito degli studi urbani, della geografia, della filosofia, della psicologia e della sociologia della città e dell'architettura ha attinto in misura crescente alle teorie e ai concetti dell'estetica, ma non c'è stato un tentativo sostenuto ed esplicito di riflettere su cosa possa significare un'estetica del campo dell'architettura e del design in una prospettiva integrata. Una crescente letteratura, tuttavia, ha iniziato a considerare il ruolo dell'estetica nel modo in cui sperimentiamo, diamo senso, ordiniamo e riconfiguriamo la città e l'intero campo architettonico.

Le accezioni di estetica sono diverse, ma nel suo senso più generale l'estetica si riferisce alla nostra relazione sensuale con il mondo. L'estetica può riguardare le questioni del gusto, dell'arte, dell'apparenza o della bellezza, così come l'estetizzazione del mondo e la diffusione dell'estetica in tutte le sfere della nostra esperienza, come mezzo per rendere la nostra realtà quotidiana più attraente, piacevole o addirittura vendibile, ma anche la questione di ciò che può o non può essere percepito come una tecnologia di potere o un oggetto di resistenza. L'estetica è sempre presente nel modo in cui diamo senso all'ambiente costruito e a noi stessi - legata al modo in cui sperimentiamo la vita urbana dal punto di vista materiale, sociale, culturale, psicologico, politico e dell'immaginario. Per la costruzione di una prospettiva estetica all'interno delle Architectural Humanities, diventa decisivo affrontare la ricostruzione storica e teorica dei concetti della sua tradizione e il loro confronto con i problemi contemporanei, come, ad esempio, l'antropocene e il riscaldamento globale, la trasformazione digitale, le politiche urbane e la definizione dello spazio pubblico, le forme di narrazione e rappresentazione dell'esperienza, la dimensione storica della città al centro e in periferia, la mobilità urbana e l'organizzazione della vita quotidiana.