And where is the body? Browsing through the integrated circuit

Per il terzo appuntamento del ciclo di incontri del Graduate Student Workshop AVEC, verrà affrontato il tema della riappropriazione del cyberspazio come luogo di esplorazione identitaria.

  • Data: 09 MAGGIO 2023  dalle 10:00 alle 18:00

  • Luogo: Aula Magna, Complesso di Santa Cristina, P.za Giorgio Morandi, 2, 40125 Bologna BO

AVEC #3

Graduate Student Workshop

10.00-18.00, 9 maggio 2023

Aula Magna, Complesso di Santa Cristina, piazzetta Morandi 2, Bologna

 

 ENGLISH VERSION BELOW

Per il terzo appuntamento del ciclo di incontri del Graduate Student Workshop AVEC, verrà affrontato il tema della riappropriazione del cyberspazio come luogo di esplorazione identitaria. Esso attinge all'immaginario fantascientifico e speculativo, per costruire un nuovo modello operativo collettivo che porti la soggettività verso una diffrazione, una proliferazione di genere e di pratiche macchiniche, corporali, immaginifiche e fabulatorie. Proxy wars, hacking, autodeterminazione anti-algoritmica: le strategie di militanza cyberfemministe sono pratiche interconnesse che si infiltrano nel cyberspazio per sovvertirne le categorie costituite, operazioni di decostruzione interna delle piattaforme tramite il loro stesso utilizzo critico, parassitario e infiltrante. Continuando a produrre significato insieme, ricostruendo la storia precedente e decostruendo le possibilità future, possiamo chiederci: quali nuove interazioni prolifiche generare tra i nostri corpi e il codice?

Le macchine, gli schermi e le tastiere che vivono attorno a noi sono figlie di macchine da guerra, protocolli strategici, sistemi di comunicazione cifrati e dispositivi militari. Nel 1943, per calcolare le tabelle balistiche di controllo dei proiettili, un gruppo di ingegneri statunitensi inventa l’ENIAC, l’Electronic Numerical Integrator and Computer, il primo computer completamente elettronico e programmabile. La macchina occupava un’intera stanza ed eseguiva 5000 calcoli al secondo, ma il suo esempio ci aiuta a concepire come l’accelerazione e l’elaborazione di dati si leghino in un rapporto di significazione tecno-sociale sempre più pressante. Cambiando radicalmente il modo in cui le soggettività accedono, modificano e giungono alle informazioni, la storia cibernetica ci pone questioni fondamentali su chi ha il diritto di partecipare alla costruzione del significato all’interno dei circuiti digitali.

Agendo contro la pervasività della narrativa militare implicata dalla preistoria tecnologica, in The Carrier Bag Theory of Fiction Ursula K. Le Guin rifiuta l’arma, la falce o la lancia come simbolo storico del primo strumento tecnologico, portando avanti invece l’immagine della borsa, il recipiente, il contenitore, come vero dispositivo che conservasse i prodotti alimentari raccolti, permettendo in questo modo la sopravvivenza della comunità. Questa storia dell’oggetto tecnologico non presenta più un singolo eroe maschile, e l’azione performata dall’oggetto non nasce dalla violenza, ma da un gesto di cura collettiva.

Eppure, le identità escluse dalla storia continuavano a lavorare da dietro i circuiti integrati, partecipando a una costruzione collettiva dei saperi in cui la tecnologia si profilava come strumento di liberazione dall’oppressione sistemica e dall’isolamento. Nel 1837 Charles Babbage aveva presentato al pubblico l’Analytical Engine, il primo prototipo di un computer meccanico. Dietro ai suoi meccanismi, tra le righe del testo di Babbage e in mezzo ai nomi dei suoi inventori maschili si trovavano le parole di Ada Lovelace, inventrice di un algoritmo per la macchina analitica, il primo programma informatico della storia, rendendola la prima programmatrice a esistere al mondo. Migliaia di soggettività non-maschili dopo di lei avrebbero partecipato a questa re-invenzione continua.

A fronte di questa reclusione di genere, l’utilizzo della tecnologia da parte di figure marginalizzate diventa un’azione sovversiva, che abbraccia la propria posizione subalterna dall’interno per poter ripensare lo spazio virtuale come passo iniziale di un processo di soggettivizzazione che possa continuare nel mondo away-fromkeyboards. Era il 1679 quando Gottfried Leibniz immaginava una lingua cifrata universale capace di rappresentare i concetti tramite le combinazioni di due numeri: 0 e 1. Il sogno innocente di una lingua comune non può però che essere un sogno assurdo, ironico. Chi sta al margine capisce i silenzi naturalizzati che si nascondono dietro le pretese di universalità di linguaggi che sono invece escludenti, di storie che sono solo parziali. Prendendo come metafora le figure degli Zero e degli Uno, Sadie Plant nel 1997 ricostruisce una storia femminile dello sviluppo tecnologico, mostrando come gli schemi di binarietà del pensiero patriarcale e moderno si ripropongono all’interno dell’architettura digitale, rivedendo nello Zero il concetto Lacaniano di donna-come-mancanza. Nelle cifre delle interazioni online e negli schemi di invisibilizzazione algoritmica si avvallano dualismi essenzialisti come uomo/macchina, natura/cultura, reale/virtuale, maschile/femminile. Abitando i confini senza incarnarli stabilmente, invece, il Cyborg teorizzato da Donna Haraway nel 1985 ci mostra una via d’uscita dai dualismi, scappando dalle concezioni totalizzanti degli interventi femminili, femministi e non-binari all’interno del codice.

La riappropriazione del cyberspazio come luogo di esplorazione identitaria attinge all'immaginario fantascientifico e speculativo per costruire un nuovo modello operativo collettivo che porti la soggettività verso una diffrazione, una proliferazione di genere e di pratiche macchiniche, corporali, immaginifiche e fabulatorie. Proxy wars, hacking, autodeterminazione anti-algoritmica: le strategie di militanza cyberfemministe sono pratiche interconnesse che si infiltrano nel cyberspazio per sovvertirne le categorie costituite, operazioni di decostruzione interna delle piattaforme tramite il loro stesso utilizzo critico, parassitario e infiltrante. Continuando a produrre significato insieme, ricostruendo la storia precedente e decostruendo le possibilità future, possiamo chiederci: quali nuove interazioni prolifiche generare tra i nostri corpi e il codice?

Key words: technology, cyberfeminism, clubbing, SF, hacking, electronic music

Programma

10.00 – 13.00

Flavia Criscione / XEN. Hyperpop, iperstizioni, performance algoritmica

Federica Timeto / Cyborg non si nasce, si diventa. Figurazioni cyborg nel pensiero femminista

Valentina Greco + Carlotta Cossutta / Smagliature digitali. Hackerare la drammaturgia da una prospettiva transfemminista

14.00-18.00

Biblioteca Italiana delle Donne / Visita guidata in biblioteca e percorsi bibliografici per un glossario cyberfemminista (in collaborazione con Sara Molho)

Greta Boldorini / Bad babes. Momenti del Cyberfemminismo in Italia negli anni Novanta

Carlotta Morselli / Anti-corpi digitali. L’hacking come strategia di sopravvivenza nel linguaggio di Kate Cooper

Genealogie del futuro X Genesia / FrenesiaClubVR: Virtual Glitching Bodies

 

comitatoavec@gmail.com

IG: @a.v.ec

--- 

ENGLISH VERSION

For the third appointment of the series of talks organized by the Graduate Student Workshop AVEC, the main theme will be the repossession of cyberspace as place for the exploration of identity. This takes from the fields of science fiction and speculative imagination to build a new collective operative model that will bring a subjectivity to a diffraction, a proliferation of gender and machinic corporal, imaginific, and fantasizing practices. Proxy wars, hacking, antialgorithmic self-determination: the strategies of cyberfeminist militancies are interconnected practices that infiltrate in the cyberspace to subvert the constituted categories, operations of internal deconstruction of platforms through their own critical, parassitarian, and infiltrating use. Continuing to produce meaning together, reconstructing the preceding history and deconstructing future possibilities, we can ask ourselves: what new prolific interaction generate between our bodies and the code?

The machines, screens and keyboards that are around us are the results of war machines, strategic protocols, coded communication systems, and military devices. In 1943, to calculate bullets’ balistic control sheets, a group of US engineers invent ENIAC, the Electronic Numerical Integrator and Computer, the first complete electronic and programmed computer. The machine filled an entire room and executed 5000 operations per second: its example helps us to conceive the acceleration and elaboration of data are tied together in a relationship of evermore pressing technosocial signification. Radically shifted the way in which subjectivities access and modify information, the cybernetic history raises fundamental questions regarding who has the right to participate in the building of meaning within the digital structures.

Fighting the pervasivity of the military narrative enstructured since the dawn of technology, in The Carrier Bag Theory of Fiction Ursula K. Le Guin refuses weapons, the scythe and the spear as the historic symbol of the first technologic instrument pleading instead for the bag, the container as the true tool that would hold the gathered food thus allowing for the survival of the community. This history of the technologic object does not present anymore a sole male hero, and the action performed by the object is not born from violence, but from a gesture of collective care.

Nonetheless, the identities excluded from history continued working from behind the integrated circuits participating in collective edification of knowledge in which technology cast the shadows of its becoming a tool of freedom from systemic oppression and isolation. In 1837 Charles Babbage had presented to the public the Analytical Engine, the first prototype of a mechanical computer. From behind its mechanism, in between lines of Babage’s text and among the names of his male inventors there lied the words of Ada Loverace, inventor of an algorithm for the analytic machine, history's first informatic programme, making her the first programmer of the world.

Faced with this gender based negligence, the employment of technology by marginalized individuals becomes a subversive action that embraces its own subordinate position from within to rethink the virtual space into the first step of a subjectivation processed which can continue to the world away-from-keyboards. It was 1679 when Gottfried Leibniz imagined a universal coded language capable of representing concepts by the simple combination of two numbers: 0 and 1. The innocent dream for a common language though cannot but be an absurd ironic dream. Those at the margin understand the normalized silences that hide behind the universality pretenses of languages that are instead excluding, of stories that are only partial. Resorting the metaphor of Zeros and Ones, in 1997 Sadie Plant rebuilds a female history of technology development, exposing how the binary schemes of the modern patriarchal thought process re-propose themselves in the digital architecture identifying the Zeros with the Lacan’s concept of woman as “not-all”, “not-whole”, “notone”. In digits of online interaction and in the schemes of algorithmic invisibilization are stacked existential dualisms such as man/machine, nature/culture, real/virtual, male/female. Inhabiting the borders without solidly embodying them, instead the Cyborg theorized by Donna Haraway in 1985 shows an exit route away from these dualisms running away from the totalizing conceptions of female, feminist, and nonbinary interventions in the code.

The repossession of cyberspace as place for the exploration of identity takes from the fields of science fiction and speculative imagination to build a new collective operative model that will bring a subjectivity to a diffraction, a proliferation of gender and machinic corporal, imaginific, and fantasizing practices. Proxy wars, hacking, antialgorithmic self-determination: the strategies of cyberfeminist militancies are interconnected practices that infiltrate in the cyberspace to subvert the constituted categories, operations of internal deconstruction of platforms through their own critical, parassitarian, and infiltrating use. Continuing to produce meaning together, reconstructing the preceding history and deconstructing future possibilities, we can ask ourselves: what new prolific interaction generate between our bodies and the code?

Key words: technology, cyberfeminism, clubbing, SF, hacking, electronic music

Programme

10 AM-1 PM

Flavia Criscione / XEN. Hyperpop, iperstizioni, performance algoritmica

Federica Timeto / Cyborg non si nasce, si diventa. Figurazioni cyborg nel pensiero femminista

Valentina Greco + Carlotta Cossutta / Smagliature digitali. Hackerare la drammaturgia da una prospettiva transfemminista

2 PM-6 PM

Biblioteca Italiana delle Donne / Visita guidata in biblioteca e percorsi bibliografici per un glossario cyberfemminista (in collaborazione con Sara Molho)

Greta Boldorini / Bad babes. Momenti del Cyberfemminismo in Italia negli anni Novanta

Carlotta Morselli / Anti-corpi digitali. L’hacking come strategia di sopravvivenza nel linguaggio di Kate Cooper

Genealogie del futuro X Genesia / FrenesiaClubVR: Virtual Glitching Bodies

 

comitatoavec@gmail.com

IG: @a.v.ec