A te, porgente su l’argenteo Sile
Le braccia a l’avo da l’opima cuna,
Ne la festante ilarità senile
Parve la vita accorrere con una
5 Marïonetta in mano. Al sol d’aprile
Te fuggente la logica importuna
Presago accolse il comico navile
Veleggiando la tacita laguna.
E Florindi e Lindori e Pantaloni
10 Fûr la famiglia tua: d’entro i suoi scialli
Rosaura ti dicea – Bon dì, putelo –.
Fumavan su la tolda i maccheroni,
Su l’albero le scimmie e i pappagalli
Garrìan. Su l’Adria ridea grande il cielo.
Fortuna e vita girano il lor vario
Stil. Quando Marte del suo ferreo stampo
Italia offusca e al tuon de’ bronzi e al lampo
Fa di battaglia le città scenario,
5 Tu, da le mani del ladron sicario
Tragedo uscendo con sereno scampo,
Conduci a mendicar di campo in campo
L’eroica cecità di Belisario.
Oh errante con la moglie entro gli oscuri
10 Guadi e i passi dubbiosi ed i tremanti
Perigli de la notte, ecco il mattino!
Dal mondo de la luna ecco Arlecchino
Al brigadier di Spagna, e in note e canti
Maria Teresa a gli Ussari e a’ Panduri.
Ecco, e tra i palchi onde l’oligarchia
Sputa in platea, Venezia, ecco da questo
Povero allegro venturier modesto
A te la scena popolar si cria.
5 La commedia de l’arte si dormia
Ebra vecchiarda; ed ei con un suo gesto
Le spiccò su dal fianco disonesto
La giovinetta verità giulìa.
Poi tra i Baffi accosciati ne’ bordelli
Ed i Farsetti lividi al leggìo
10 Da le gondole trasse e da’ campielli
La sanità plebea.... Tutto vanìo
Come uno stormo di migranti augelli
Senza gloria né pan. Venezia, addio!
Deh come grige pesano le brume
Su Lutezia che il verno discolora,
Mentre ancor de l’ottobre al dolce lume
Ride San Marco ed il Canal s’indora!
5 Ed ei pur di su ’l memore volume
Al suo passato risorride ancora,
E la vita e la scena ed il costume
Di cordïal giocondità rinfiora.
Ahi, la tragedia, orribil visïone,
10 Al gran comico autor chiude l’etate!
Cadde: e Venezia non vide finire
Piagnucolando come donna Cate,
E di palagio, come Pantalone
Dal reo Lelio cacciato, il doge uscire.