Al sorriso d’april che da la tarda
Vetrata rompe e illumina la messa
Par che di greca leggiadria riarda
Il marmo funeral de la contessa.
5 Su la divota gente al suol dimessa
La voce va de l’organo gagliarda,
E sorge e tuona e mormora compressa,
E il sol dardeggia. E Nicolò riguarda.
Per la dischiusa porta la marina
10 Vedesi lungi tremolare, invia
Odori il vento, l’infiorato china
Mandorlo i rami. E tra la litania
Che invoca e prega, in umiltà divina
Da la gloria di Fedra esce Maria.
È la chiamata da le afflitte genti
Sotto le spade barbare ne’ pianti,
L’aspettata da i popoli redenti
Ne i segni a la vittoria sventolanti.
5 È il fior d’Iesse che vinceva i lenti
Verni semiti, e i petali roranti
Di lacrimosa pieta apre a i portenti
Trasfigurato ne gli elleni incanti.
Oh di che mira passïon percossa
10 Stiè l’alma a lo scultor, quando montare
Dal greco avello de le tedesche ossa,
Benigna visïon che tutto ammalia
Il ciel d’intorno, ei vide su l’altare
La nova e santa Venere d’Italia!
E da le spalle d’Ampelo a l’altare
Traversando fu visto Dïoniso
Maestoso ne l’atto con un riso
Di gioia spirital pontificare.
5 E da le forme di beltà preclare
Il verginal Ippolito diviso
Ecco i pulpiti sale, e dritto e fiso
Di sereno vigor simbolo appare.
Poi, quando il coro de le donne a l’ore
10 Del vespro in alto i canti e gli occhi ergea
De gl’incensi tra il morbido vapore,
Col vampeggiar de la mistica idea
Ne i seni a le feconde itale nuore
L’eroica bellezza discendea.
Da la foce de l’Arno e de le spente
Città d’Etruria da le sedi or liete
Di primavera, al vento d’orïente,
Navi di Pisa, sciogliete, sciogliete.
5 Come stuolo di cigni in onde chete
Avanti Febo suo signor movente,
Bianche l’azzurro Egeo soavemente,
Navi di Pisa, correte, correte.
Vien dal verde paese di Cibele
10 D’etesie mormoranti aure un conforto
Che fuga dietro sé tempo crudele;
E spirito novel di porto in porto
Aleggia e canta da le vostre vele
O terra, o ciel, o mar, Pan è risorto –.