Io ’l vidi. Su l’avello iscoverchiato
Erto l’imperïal vate levosse:
Allor la sua marina Adria commosse,
E tremò de l’Italia il manco lato.
5 Qual vapor mattutino ei nel purgato
Etere surto a l’Appennino mosse:
Drizzò lo sguardo a valle, e poi calosse
Come nembo di lampi incoronato.
Sentîr l’arcana deità presente
10 Le plebi de’ mortali e sbigottita
Nel conspetto di lui tacque ogni mente:
Ma fuor de l’arche antiche al sole uscita
De’ savi e de’ guerrier la morta gente
Salutò la grand’anima redìta.
Ella ove incurva il ciel più alto l’arco
Fermossi, e ’l viso a la città distese.
Mirò l’itale insegne, e l’occhio carco
Di lacrime in un riso almo si accese.
5 Ma, come d’atro velo ombrate e offese
Vide, Quirin, la tua, la tua, San Marco,
De l’immortale amore al sen raccese
Sentì le punte, e ruppe a l’ira il varco.
– Ahi, serva Italia, di dolore ostello!
10 Ancor la lupa t’impedisce, e doma
Gli spirti tuoi domestico flagello.
Mal rechi a l’Arno la mal carca soma:
Non questo è il nido del latino augello:
Su, ribelli, e spergiuri, a Roma, a Roma –
Disse, e movea. Come ne’ turbin torti
Groppo di nubi rapide su’ venti,
De’ magnanimi eroi di vita spenti
Seguian l’ombre partite in due coorti.
5 Gli uni, in pruove di guerra anime forti,
Scendean sinistri vèr’ le adriache genti:
Oh, quando i vivi a te salvar son lenti,
Sacra Italia, per te pugnino i morti!
Gli altri, a filosofar menti divine,
10 Dietro il poeta che splendea primiero
Le famose attingean rive latine.
Quel che avvenne, non so: ma tosto, io spero,
Rifiorita d’onor su le ruine
Roma libera fia da l’adultèro.