A i campi che verdeggiano
Più lieti al ciel da la straniera clade
Splendi, nov’anno; esultino
Nude ne’ raggi tuoi l’itale spade.
5 A te le braccia e l’animo
De la Narenta da l’irriguo piano
E di Cettigna indomita
Dal pinifero vertice montano
Leva il Serbo; ma ’l vindice
10 Acciar non pone, che pur or gioiva
Percotendo a l’osmanico
Furore il tergo obbrobrïoso in Piva.
Te chiama il figlio d’Ellade
Sovra le tombe de’ suoi padri eretto;
15 E acceso de la memore
Speranza e d’ira l’innovato petto
Guarda a le rupi tessale
Onde Orfeo scese e il re de’ prodi Achille,
A l’Egeo sacro, a l’isole
20 Radïanti d’omeriche faville;
Guarda, e i fraterni vincoli
Rompe e l’oblique bavare dimore.
Preme, ancor preme i barbari
Di Riga il canto e di Bozzàri il core.
25 In vano in van la tunica
Del profeta guerrier tu spieghi a’ venti,
A turpe gregge l’alacre
Fe’ d’Alì chiedi in van, re dei credenti.
Ben tre fïate l’invido
30 Timor de’ regi ti campò da morte:
Lèvati omai, del Bosforo
L’onde ritenta e le asïane porte.
Lungi da noi la putrida
Stirpe cui regna il fato, e a l’infelice
35 Servaggio ed a l’immobile
Ozio e a le tombe, preda ignava, addice.
Ma non fia già che il limpido
Sol riconforti ed Elle argentea lavi
Te falso Tito sarmata,
40 Te glorïato redentor di schiavi.
Perché là su la Vistola
Tutta una plebe a Dio grida e si duole,
E il ferro entro le fauci
Tronca l’inerme priego e le parole?
45 Perché le madri accusano
Fioche ne’ pianti i siberiani esigli
E a la terra e a l’oceano
Chieggon le sparse, ohimè, tombe de’ figli?
Bella ed austera vindice
50 Su i larghi mar cammina alta una dea:
Arde di amore il nubilo
Ciel da’ suoi lumi e ’l pigro suol ricrea.
Ratta più che il fulmineo
Piè de’ polledri ucrani, eccola! l’asta
55 Incontro a lei da l’ispido
Tuo cosacco vibrata, o Czar, non basta.
È la dea che l’iberica
Donna sgomenta: in van s’abbraccia a l’ara
La peccatrice, e i lugubri
60 Odi rattizza e i fochi atri prepara.
È la dea cui discredere
Di Federico la progenie estrema
Osa e dal ciel ripetere
Lo scettro e il percussor ferro e ’l diadema:
65 Ma Dio non tempra, o misero,
Serti a i re; forza a le sue plebi infonde,
E ’l vasto grido suscita
Che di terror gli eserciti confonde.
È la dea che de’ vigili
70 Occhi circonda il sir de’ Franchi, e aspetta;
E a noi mostra i romulei
Colli e il mar d’Adria e l’ultima vendetta.
E tu ne la man parvola,
Siccome verghe in tenue fascio unite,
75 Tu vuoi di sette popoli
Stringere, Asburgo, le discordi vite?
La colpa antica ingenera
Error novi e la pena: informe attende
Ella, e il giusto giudicio
80 Provocato da gli avi in te distende.
E d’Arad e di Mantova
Si scoverchiano orribili le tombe:
S’affaccia a l’Alpi retiche
Lo spettro di Capeto e al soglio incombe.
85 Astien, astien la vergine
Man da la scure e da i lavacri orrendi,
E intemerata a i popoli
Che si drizzan a te, libertà, splendi.
Fuma a’ tuoi piè la folgore,
90 Nunzia su le tue vie va la procella,
Ma ne gli sguardi tremola
Lume gentil di mattutina stella.
Deh non voler che vïoli
Regia prora del tuo Franklin i flutti;
95 Il sangue al fin di Bròuno
Vendica, o giusta, e del servaggio i lutti.
Pianta le insegne italiche
Di Roma tua su i mal vietati spaldi,
Guida tonando a l’Adige
100 La secura virtù di Garibaldi.
E poi ne torna l’utile
Pace e a gli aratri l’oblïato onore,
L’arti che a te fioriscono
E de’ commerci aviti il lieto ardore.
105 A te cori di vergini
E di garzoni inghirlandati ogni anno
Ricondurrà; le tremole
Facce de’ padri a te sorrideranno.
E un tuo vate, la ferrea
110 D’Alceo corda quetata, in su le glebe
Dal pio travaglio floride
Leverà il canto a la fraterna plebe.