(FESTA DI GIOVANI E DI FANCIULLE)
I DUE CORI
Ne la stagion che il ciel co’ le feconde
Piogge nel grembo de la madre antica
Scende e l’eterna amica
Co’ vegetanti palpiti risponde,
5 E gemiti e sospiri e arcani accenti
Volan su’ molli venti
E la festa e il clamor de gl’imenei
Nel canto è de gli augei;
Quando, de le foreste al lento giorno,
10 Accennando del vertice ondeggiante,
Fremon d’amor le piante,
E un fresco effluvio va su l’aure intorno;
Quando al sol nuovo di pudico ardore
Dal verde letto fuore
15 S’invermiglia la rosa, ed il suo duolo
Canta a lei l’usignuolo;
Su la tepida sera e con la stanca
Luna che sorge e va tra gli odorati
Vapor benigna e i prati
20 Arsi rintégra e i verdi monti imbianca,
Tu a l’opre de la vita a le tue leggi
La giovin coppia reggi
E guida, o sacra, o veneranda, o pura
Madre e diva, natura.
PRIMO SEMICORO DI GIOVANI
25 Qual nel roseo mattin lene si solve
Lucida visïone e come stella
Di sua bianca facella
Segna cadendo a l’alta notte il velo,
La fanciulla trasvola. Oh chi del cielo
30 La pace e il riso ne’ begli occhi infuse?
Chi tanta circonfuse
Gloria di raggi a la gentil persona?
Tenebra e gelo, ov’ella n’abbandona,
Contragge l’aer e i cuor; ma seco adduce
35 L’ardore ella e la luce,
E sotto il bianco piè fiorisce aprile;
E l’aure e l’acque e i fior con voce umìle
Mormoran di sommessi amor richiami,
E più dolce tra i rami
40 Corre la melodia di primavera.
Quasi canzon lontana in su la sera
Ne i lidi antichi de la patria udita
Onde fu la partita
Grave e n’arride in cor dolce il ritorno,
45 Suona la voce sua. Ben venga il giorno
Che di novelli sensi una vaghezza
Colori sua bellezza,
Come il sol primo adolescente fiore,
E là si svegli dove or dorme amore.
SECONDO SEMICORO DI GIOVANI
50 Allor risponde ad ogni offesa – amore –
Dante con viso d’umiltà vestito;
E ne l’alto infinito
Come in sua regïon s’affisa e mira;
Ed un rombo di bianche ali l’aggira;
55 E pur tra il fumo de l’italiche ire
Scender vede e salire,
Quasi pioggia di manna, angeli al cielo.
Allor contempla il Buonarroti anelo,
E sovra il marmo combattuto posa
60 Lento la man rugosa
Dinanzi al folgorar di due pupille.
Ma tu, Sanzio gentil, tante faville
Giungi a’ tuoi chiusi ed immortali ardori,
Quante pe’ bei colori
65 Chiedi a la terra e al ciel forme divine.
Ahi troppo amico di tua morte! al fine,
Come arboscel che d’una rupe orrenda
Avido si protenda
A ber la luce e il sol, tu langui e spiri.
70 Tale, ove pieghi de’ begli occhi i giri
Costei cui donna il vulgo e Beatrice
Chiama il poeta, indìce
Lor fati a l’alme, e sovra l’arte regna,
Di bellezza e d’amor vivente insegna.
I DUE CORI
75 Così pronta e leggera
Per tempeste di mari
La rondinella a i cari
Liti e al suo nido affretta,
Che il ciel mite l’aspetta – e primavera,
80 Come voli tra’ fiori
Tu al cupido marito;
E tal cervo ferito
Tende a montano rivo,
Qual ei tutto giulivo – a i dati amori.
85 Tu togli, amor possente,
La vergine al suo tetto,
Tu lei togli a l’aspetto
E al bacio lacrimato
De l’uno e l’altro amato – suo parente;
90 A novo ostel la guidi,
Ad altre cure e sante;
E al consecrato amante
Lei timida e vogliosa
Doni moglie, e pietosa – amica fidi:
95 Onde poi si rinnova
La socïal famiglia;
Dove, se amor consiglia
Al vero al buono al retto,
Virtù fiorisce e affetto – in bella prova.
100 Fanciulla, or t’abbi in core
Pur tra’ pensier più cari,
Che de’ pudichi lari
In te posa la fede,
Che del costume siede – in te il valore.
105 Tu lasci i primi gigli,
E cambi a più gentile
Questo tuo stato umìle;
E il saprai quando intorno
Ti fioriranno un giorno – i dolci figli.
PRIMO SEMICORO DI FANCIULLE
110 Qual chi de l’esser suo toccò la cima
Tranquilla e glorïosa ella ne viene:
Diffuso ha per le gene
E nella fronte di letizia il lume.
Attende; e poi, qual con le aperte piume
115 Colomba al pigolar de la covata,
Ella corre beata
E d’amor radïante a un picciol letto.
Denuda, o vereconda, il casto petto:
Dischiudi, o bella, il tuo più santo riso:
120 Il pargoletto affiso
Ne la tua vista i novi affetti impari.
A te co’ l riso egli risponda, i cari
Occhi parlino a te. Sveglia co’ l senso
Nel picciol cor l’immenso
125 Intendimento de la vita umana.
O de le semplicette alme sovrana,
O pia de’ novi cuori informatrice,
La steril Beatrice
Ceda a te, fior d’ogni terrena cosa.
130 Talamo e cuna è l’ara tua: l’ascosa
Corrispondenza è quivi, onde si cria
Quell’eterna armonia
Che de’ petti domati in fondo aggiunge
E la famiglia a la città congiunge.
SECONDO SEMICORO DI FANCIULLE
135 Allor, perché da le sue case lunge
Voli di servitude il dì nefando,
Cade l’eroe pugnando,
E ne la luce de i cantor rivive;
E contro l’Asia, che di forme Achive
140 Ornar vuole a’ tiranni il gineceo,
Suona su per l’Egeo
Il peana e la sacra ira d’Atene.
Sorge de i re contro le voglie oscene
Il gran giuro di Bruto, e su le spoglie
145 De la pudica moglie
Libertate a la lor fuga sorride.
Tremi le squille ancora e l’omicide
Sicule furie qual porrà la mano
Dominatore strano
150 Su le donne de’ vinti, o le vendette
De i secreti pugnali. A noi permette
Altri l’età miglior vóti e speranze,
Se de le molli usanze
Vinca le oblique insidie integra l’alma
155 Or vienne, o giovinetta: or, palma a palma
Stretta co ’l tuo fedele, entra d’amore
Nel tempio: ma il pudore
Che la vergin tingea de la sua rosa
Non si scompagni da la nova sposa.
I DUE CORI
160 O te felice, o sopra
Il nostro infermo stato
Te cara al ciel! beato
Il letto de’ tuoi amori,
S’ombra de’ propri fiori – avvien che ’l copra.
165 Ma in cor ti sieda impresso
Ch’ogni piacer più caro
Ti tornerà in amaro
Senza i baci e gli accenti
De’ pargoli innocenti – e il puro amplesso.
170 Ahi, la non degna sposa
Ch’odia di madre il nome
Stolta e crudele! Come
Talento reo la sprona,
A danze si abbandona – furïosa.
175 E in tanto, o empia!, langue
Su mercenario petto
Il caro pargoletto,
E d’altrui baci impara
Disconoscenza amara – del suo sangue.
180 Ma, quando di restia
Vecchiezza il corpo offeso
Sente de gli anni il peso,
A lei non per soave
Cura figlial men grave – è l’età ria.
185 Muore; e non di sua prole
Il pianto e il bacio estremo
Non il vale supremo
La misera conforta:
Questo natura porta – ed il ciel vuole.
190 Ma tu più saggia il fiore
D’ogni piacer ritrova
In questa cura nova.
Così nel bel disio