Me da la turba, che d’ossequio avaro
Pasce i mal chiusi orgogli
A qual più sorga d’util fama chiaro,
Tu, solitaria musa, a vol ritogli:
5 Ma, dove del suo riso
Virtù soave irradïando veste
Bei costumi, alti sensi, opre modeste,
Ivi teco io m’affiso,
Teco m’esalto ed a l’aspetto santo
10 Rompe da la commossa anima il canto.
E già cercai con desïoso amore
Questo savio gentile,
E i pensieri affinai ne lo splendore
Che mite diffondea sua vita umìle.
15 Nel suo povero tetto
Me inesperto egli accolse e ad una ad una
Del reo mondo le piaghe e di fortuna
E ’l non mai domo affetto
Al vero al buon m’aperse: in su la pura
20 Fronte gli sorridea l’alma secura.
Ahi, con duol mi rimembra il punto quando
L’ultimo amplesso tolsi,
E de la buona imago, sospirando,
Confuso di tristezza, il piè rivolsi!
25 Redìa, su ’l volto amico
Insazïato ancor l’occhio redìa,
Qual di figliuolo che per lunga via
Si mette, e al padre antico
Guarda, pensoso del lontan ritorno,
30 Ne la fredd’ombra de l’occiduo giorno.
Pur rivederlo a sue bell’opre atteso
Mi promettea speranza,
E ne gli onesti ragionari acceso
Di fede avvalorarmi e di costanza.
35 In van: per sempre è muto
Quel di semplice eloquio inclito fabro,
Quel mite ardente intemerato labro;
E l’occhio, ahi quell’arguto
Da le assidue vigilie occhio conquiso,
40 Più non si leva a’ dolci alunni in viso.
E voi vivete, o titolati Gracchi,
E voi con doppia lingua
Ben provvedenti Bruti a’ cor vigliacchi,
E voi Caton cui libertade impingua.
45 V’approdaron, civili
Rosci, il tragico stile e l’alte spoglie!
Ma in van mentite, o istrïon, le voglie
Oblique e l’opre vili
Sott’esso il fasto de l’eretto ciglio,
50 Famosi oggetti al popolar bisbiglio.
Ei per le vie, che non de gli aurei cocchi
Ma suonan di frequente
Opera industre, o quante volte gli occhi
A sé traea del vulgo reverente!
55 Usciano in suo cammino
I vecchi salutando, ed a la prole
Con ischietti d’amor cenni e parole
Segnavanlo e al vicino:
Or di lui forse in su la stanca sera
60 Pensan con un sospiro e una preghiera.
Non un pensier, ch’io creda, a lui concede
Il vulgo che beato
Con largo fasto e misera mercede
Ne pagava i precetti e il mal sudato
65 Tempo ingombrògli. Umano
De gli anni nuovi educatore, ahi cruda
Volge l’età pur sempre, e de l’ignuda
Virtù l’esempio è in vano:
Povero fior d’atra palude in riva
70 Muor nè d’olezzi il grave aër ravviva.