Tu cui reina il cieco Erebo tiene
E Arcadia in terra cacciatrice t’ama,
Ma in ciel de l’Ore il biondo stuol ti chiama
Bella Selene;
5 Ora che i bianchi corridor del lento
Freno tu tempri e regni su la diva
Notte, m’ascolta; se da noi t’arriva
Prego o lamento.
Non tra quest’ombre io la vendetta affretto
10 Già meditata; il casto raggio odiando,
Non io prorompo a invadere co’l brando
Cognato petto.
Io amo: e Cintia, l’espugnata al fine
Cintia superba, a’ novi amor si rende;
15 E, dubitosa, del notturno scende
Orto al confine.
Che tu nel carro de la luna stai
Intemerata come il ciel cui reggi,
Che dea severa te d’amor le leggi
20 Non piegâr mai,
Cantano i vati: ma non sempre varia
De’ prometìdi su le brevi paci
Vegli, ma in terra ti detragge a i baci
Giovin di Caria.
25 Allor l’ambrosia i tuoi cavalli erranti
Pascono, l’aere alto silenzio ingombra,
E te lodando mesconsi per l’ombra
Sacra gli amanti.
Or, bella diva, or vela il tuo splendore:
30 Corri pe’ templi aerei tacente:
Me Amor precede, e rompe la cedente
Tenebra Amore.
Tu passi e splendi: sotto il vivo raggio
Ride il giardino in ogni lato aperto:
35 Io tra li sguardi curïosi incerto
Fermo il viaggio.
Ah falsa dea! va’ su’ misteri orrendi
De’ druidi a correr sanguinosa, ascolta
L’emonie voci, e da le maghe svolta
40 Ne l’orgie scendi.
E già scendesti da l’argentea biga
Ostie d’umani e d’ospiti a mirare
Su l’aspra riva cui l’aquilonare
Flutto castiga:
45 Più rea che quando il fior del disonesto
Eburneo corpo abbandonasti a Pane,
Calda d’amore a le donate lane,
Fredda pe ’l resto.
Oh ben ti tolse il gran senno odïerno
50 E biga e soglio. Un vano idolo or sei;
E anch’io ti spregio, e torno a’ patrii dèi
Vate moderno.