Qual sovra la profonda
Pace del glauco pelago
Uscì Venere, e l’onda
Accese e l’aer e l’isole,
5 Quando al ciel le divine
Luci alzò raccogliendo il molle crine;
Primavera beata
Su le pianure italiche
Sorride. Ogni creata
10 Cosa in vista rallegrasi:
Scherza con l’aura e il fiore
E vola nel sereno etere Amore.
Entro la chiusa stanza
Medita Amore, trovalo
15 In fragorosa danza
La giovinetta; ed integra
Cede a’ futuri affanni
L’inconsapevol cuore e i candidi anni.
D’ebrïetà possente
20 Sale dal suol che vegeta
Un senso: al cor fremente
Il mondo antico vestesi
Di novi incanti, e a’ petti
Novi palpiti chiede e novi affetti.
25 Transvolar le serene
Forme de’ sogni improvvido
L’uom ricontempla: arene
E deserto il ricingono:
La falsa imago anelo
30 Lui tragge ove più stride il verno e il gelo.
Tal, se l’alta marina
Ara e l’insonne Atlantico,
Vede, allor che ruina
La notte solitaria,
35 L’elvezio infermo il rio
Alpin ne l’onde salse, e del natio
Monte le vacche quete
Pender da i verdi pascoli,
E tra l’ombre segrete
40 Un’aspettante vergine
Cantar, molle la guancia;
Vede, ed in contro a lei nel mar si lancia,
Che sopra gli si chiude
Muto. O soavi imagini,
45 Pur d’ogni senso nude;
O d’inconsulti palpiti
Desìo profondo arcano;
Ultima gioventù del cuore umano!
Questa che deludete
50 Misera prole, o perfidi,
Quanto ha di voi pur sete!
E vi saluta reduci
Insieme al riso alterno
Onde s’attempa il vol de l’orbe eterno.
55 Culto tra i feri studi
Sacro un giorno a’ romulidi,
E di solenni ludi
Empiea sonante l’isola
Che il Tebro ad Ostia in faccia
60 Lieta di paschi e di roseti abbraccia.
Dal dì che il mese adduce
De la marina Venere
Sino a la terza luce
Già sorta a gl’incunabuli
65 Di Quirin, la gioconda
Festa correa per la fiorita sponda.
E qui belle traéno
A’ rosei tabernacoli
Donzellette cui ’l seno
70 Tra i bianchi lin moveasi
Intatto anche a gli amori.
Sotto gli astri roranti e a’ miti ardori
Del sole i verginali
Carmi intorno volavano,
75 Mentre il piacer da l’ali
Stillava ingenuo nèttare
E Terpsicore dea
Invisibil co ’l suon danze movea.
“La sposa ecco di Tereo
80 Canta tra i verdi rami,
Né par che omai del barbaro
Marito si richiami:
Più scorte note a lei
Amore insegna e più soavi omei.
85 Canta: e noi mute, o vergini,
L’udiamo. Oh quando fia
Che venga e me pur susciti
La primavera mia,
E rondine io diventi
90 Che l’allegra canzon commette a’ venti?
Già voluttade l’aere
Empie di rosei lampi:
Sentono i campi Venere,
Amor nacque ne i campi:
95 Effuso dal terreno
Lui raccolse la dea nel latteo seno.
E lo nudrîr le lacrime
D’odorati arboscelli,
E lo addormiro i gemiti
100 De l’aure e de’ ruscelli,
E lo educaro i molli
Baci de’ fiori in su gli aperti colli.
L’umor che gli astri piangono
Per la notte serena
105 Sottil corre a la nubile
Rosa di vena in vena,
Onde al zefiro sposo
Sciolga il peplo domani e il sen pomposo.
Di Cipri ella da l’ìcore
110 Nata d’Amor tra i baci
Tien gemme e fiamme e porpore,
O Ciel, da le tue faci;
E conoscente figlia
A le tue nozze il talamo invermiglia,
115 Allor che da le pendule
Nubi la maritale
Pioggia a la Terra cupida
Discende in grembo, ed ale
Nel vasto corpo i vasti
120 Feti che tu, Ciel genitor, creasti.
Dal sangue tuo l’oceano
Tra selve di coralli,
Tra le caterve cerule
E i bipedi cavalli,
125 A i liti almi del lume
Vener produsse avvolta in bianche spume.
Ed ella or del suo spirito
Le menti arde e le vene,
Del nuovo anno l’imperio
130 Procreatrice tiene,
Ed aria e terra e mare
Soave riconsiglia a sempre amare.
Da i boschi, o delia vergine,
Cedi per oggi: noi
135 Invia la diva placide
Nunzie de’ voler suoi:
Non macchi, ahimè!, ferina
Strage la selva il dì ch’ella è reina.
Essa a le ninfe il mirteo
140 Bosco d’entrare impone:
Amore a quelle aggiugnesi,
Ma l’armi pria depone.
Francate, o ninfe, il core:
Posto ha giù l’armi, è ferïato Amore.
145 La madre il volle, pavida
No il picciolin rubello
Altrui ferisca improvido.
Ma pur Cupido è bello.
Guardate, o ninfe, il core:
150 È tutto in armi, anche se nudo, Amore.
Con lui fermò nel Lazio
De’ lari idei l’esiglio,
E una laurente vergine
La dea concesse al figlio
155 D’Anchise; e quindi a Marte,
Sbigottita orfanella in chiome sparte,
Di Vesta ella dal tempio
Traea la sacerdote:
Onde il gran padre Romolo
160 E Cesare nipote;
Onde i Ramni e i Quiriti,
E tu, o Roma, signora in tutti i liti.”
Beate! e i lieti cori
Non rompea lituo barbaro,
165 Né i verecondi amori
Turbava allora il fremito
Che dal core ne preme
La tradita d’Italia ultima speme.
Nel sangue nostro i nostri
170 Campi ringiovaniscono;
E quando lento i chiostri
Del verde pian d’Insubria
Apre l’aratro e frange,
Su l’ossa rivelate un padre piange.
175 Non biondeggia superba
Da’ nostri solchi Cerere,
Ma lei calpesta acerba
L’ugna de’ rei quadrupedi;
E tu, vento sereno,
180 Scaldi a’ tiranni osceni amor nel seno.
Oh quando fia che d’armi
E monte e piano fremano
A’ rai del sol, e i carmi
Del trionfo ridestino
185 Co’ suon del prisco orgoglio
I numi addormentati in Campidoglio?
Te allor, cinti la chioma
De l’arbuscel di Venere,
Canterem, madre Roma;
190 Te del cui santo nascere
Il lieto april s’onora,
Te de la nostra gente arcana Flora.