E degno è ben, però ch’a te potei,
Lasso!, chinar l’ingegno integro eretto,
S’ora in gioco tu volgi, e lieto obietto
L’ire, o donna, ti sono e i dolor miei.
5 Io quel dì che mie voglie a te credei
Pur vagheggiando accuso; e strappo e getto
Tua terribile imagine dal petto
In van: tu meco, erinni mia, tu sei.
Ahi donna! ne le miti aure è il sorriso
10 Di primavera, e il sole è radïante,
E il verde pian del lume aureo s’allegra.
A me di noia, a me d’orror sembiante
È quant’io veggo; e, se nel ciel m’affiso,
De la mia cura e il divo ciel s’annegra.