Che prega il vate, il libero
Vate che prega e vuole,
Adorno in veste candida,
Vòlto al nascente sole;
5 Mentre Glicera unanime,
Cui le Grazie educaro al mite amor,
Con pia cura a i domestici
Numi il votivo altare ombra di fior?
Che a gli agi suoi rinnovino
10 Ben cento solchi i duri
Giovenchi? o ver che fervida
Vendemmia gli maturi
Dove tepe la ligure
Maremma e verna il suo paterno mar
15 E dove gli avi improvvidi
Né un avel di famiglia a lui lasciâr?
Altri il crociato orgoglio
Tra un aureo vulgo estolla,
E i vili ozi gli prosperi
20 La mal redata zolla.
A me sorrida un tenue
Lare e l’italo bacco empia il bicchier
Tra gli amici che liberi
Assentano fremendo al carme auster.
25 Non io vorrò che facili
Pieghin le orecchie altiere
I grandi al carezzevole
Suon de le mie preghiere:
Non io libare a l’aureo
30 Pluto da la febea tazza vorrò,
E non le muse indocili
Fra i lusingati prandi inebrierò.
Prego: de’ serti lirici
Se me la patria Serra
35 Degno produsse; e il fremito
Del mar tósco, e la terra
Dove in gran solitudine
L’ombra di Populonia e il nome sta,
Aspro garzone crebbero
40 Me tra i fantasmi de l’antica età;
Prego: a la sacra Italia
Suoni il mio carme, e fiero
Surga ne l’ira, vindice
Del romuleo pensiero.
45 Che se ne’ campi memori
De la clade che ancora ulta non fu
Scenda a pugnar con impeto
D’odio maturo l’itala virtù,
In me, non nato a molcere
50 Con serva man la lira,
Di tua grand’alma un’aura,
Possente Alceo, respira;
Allor che su la ferrea
Corda battendo con la man viril
55 Guatavi altero immobile
De l’aste il flutto e il vasto impeto ostil.
Rapia la nota eolia
La giovenil coorte,
Che de le spose immemore
60 Ruinava a la morte.
E tu cantavi l’isole
De’ beati ove il forte Ercol migrò
E dove aspetta Teseo
Chi la cara a la patria alma versò.
65 Ma il fior del sangue ellenico
A te d’intorno ardenti
Co’ peàna premevano
I tiranni fuggenti;
Poi ne la danza pirrica
70 Scudo a scudo battendo e piè con piè
Incoronâr le patere
Sopra la morte di Mirsilo re.
O sacri tempi! o liberi
Vati correnti in guerra,
75 Poi tra le danze e i calici
Cantanti su la terra
Salvata! Oggi una pallida
Nube di tedio e terra e ciel coprì,
E il carme è voce inutile
80 E il vate un’ombra de gli antichi dì.
Dunque posiam. Ma l’ozio
Muto non sia né vile;
Sì trascorrendo liberi
Per la stagion servile
85 Mediteremo i cantici
De le memori glorie e del disir,
Come già i padri italici,
Li sdegni e i ferri esercitando, udîr.
Salve, o mia patria! Ed arida
90 Stia questa lingua viva,
Se di te mai dimentico
Son dov’io pensi o scriva.
Tuo, santa patria, è l’impeto
Che sale a i carmi da l’acceso cor
95 E l’acre tedio e il fulgido
Telo de l’ira e l’elegia d’amor.
Folle censore e stupido
Cantor di vecchie fole
Me chiami pure, o Italia,
100 La tua diversa prole:
Adulator di trepidi
Liberti e vili sofi io non sarò.
Che se nel reo servizio
Precipitar co’l vulgo anch’io dovrò,
105 Su ’l corpo mio Gliceria
Sparga le care chiome
E ne le insonni tenebre
Chiami il mio vuoto nome,
Immaturo compongami
110 Del fratel generoso entro l’avel
La madre, ed orbo vagoli
Il padre infermo entro il deserto ostel.