Divinatrice d’altre genti indaghe
Barbari flutti la britanna prora
Là dove l’indo pelago colora
L’ultime plaghe:
5 Artici ghiacci a’ liberi navili 5
Vietino indarno i bene invasi mari,
E ’l fero lito d’Orenoco impari
Culti civili:
Frema natura, e i combattuti arcani
10 Ceda a l’intenta chimica pupilla:
Fulminea voli elettrica scintilla
Per gli oceàni:
Umana industria in divo lume avvolta
Spezzi il mistero e le sognate porte,
15 E minacciando insultino a la morte
Galvani e Volta:
Che val, se in vizi pallidi feconda
Del lento morbo suo l’età si gode
E colpe antiche di moderna lode
20 Orna e circonda?
Odi sonare i facili profeti
Con larga bocca e Cristo ed evangelo,
Odi rapiti in santo ardor di cielo
Sofi e poeti
25 Vaticinanti – Da l’avita asprezza
Nel mitic’oro il docil tempo riede:
Del lauro antico degnamente erede
La giovinezza
Già de la patria medita l’onore:
30 Gli anni volanti interroga la speme:
Guatan placati al bello italo seme
Gloria e valore. –
Oh non di forza un secol guasto allieta
Sillogismo di mistica sofia,
35 Non clamor di tribuni e non follia
D’ebro poeta.
Putre fluisce, e ne le sue sorgive
Livida già la vita: da le prime
Cune l’inerzia noi caduche opprime
40 Genti mal vive.
Quando virtude con fuggenti piume
Sprezza la terra e chiede altro sentiero,
L’ardor del buono e lo splendor del vero
Rado s’alluma,
45 Languido il cor gli spirti suoi più belli
Ammorza e stagna torbida la mente,
Speme si vela e disdegnosamente
Guarda a gli avelli.
O padri antichi, a’ vostri petti degno
50 Culto eran patria e libertà; verace 50
Vita agitava l’anima capace
E il forte ingegno.
Pii documenti di civil costume,
Opre gentili, e amore intellettivo
55 Del buon del vero del decente, e vivo
D’esempi lume
Vedeano i figli ne la sacra etate
De’ genitori e ne’ pudichi lari;
E sobri uscìeno cittadini cari
60 Ne la cittate.
Crescean nel lieto strepito frequente
De le officine, gioventù severa,
Forte le membra, indomita ed intera
L’alma e la mente.
65 Durar nel ferro il giovin corpo altiero,
Vegliar le notti gelide, ed immoti
Prostrare a morte libera devoti
Marte straniero,
Fûr loro studi. Poi con man trattando,
70 Con trïonfale mano, e lane e sete,
Appesi a la domestica parete
L’asta ed il brando,
A le pie mogli dissero le dure
Fortune de le pugne, ulte le offese
75 Ne le barbare torme al pian distese,
E le paure
De le regie consorti e gli anelanti
Sogni su ’l fato del signor. Pietose
De i dolori non suoi piangean le spose
80 Memori pianti.
Ma il figliuoletto, le domate squadre
Seco pensando ed il clamor di guerra,
Con occhio ingordo riguardò da terra
L’armi del padre;
85 E crebbe fero giovinetto, spene
Cara a la patria e forza di sua gente.
Bello di gioventù, d’armi lucente,
Ei viene, ei viene.
Suonano i campi sotto il gran cavallo
90 Che altero agita in corso onda di chiome:
Fuggon le schiere e pavide il suo nome
Gridan nel vallo.
Chi fia che tenti quel novel lione?
Morte de la sua vista esce e paura.
95 Ei passa, e pianta su le vinte mura
Il gonfalone.
Or tòsco a i figli è il prepotente canto
E il docil guizzo de’ seguaci moti
Onde vergogna passerà a i nepoti
100 D’Ellsler il vanto.
Vile ed infame chi annebbiò il pudico
Fior de’ tuoi sensi ne’ frementi balli,
O giovinetta, e stimolò de’ falli
Il germe antico!
105 E maledetta la procace nota
Ch’alto ti scuote il bel virgineo petto
E che nel foco del segreto affetto
Tinge la gota!
Gioite, o padri; e a l’alma ed a la mente
110 Galliche fole di peccar mezzane
Ésca porgete. Da le carte insane
Surga sapiente,
Surga e proceda l’erudita e bella
Vostra Lucrezia a gl’itali mariti,
115 Pura accrescendo a i sacri rami aviti
Fronda novella.
Ma non di tal vasello uscia l’antico
Guerrier, che a sciolte redini, feroce,
Premea de l’asta infensa e de la voce
120 Te, Federico.
O di cor peregrina e di favella
E di vesti e di vizi, o in odio a’ numi
E a gli avi ed a la patria, or che presumi,
Stirpe rubella?
125 Sgombra di te la sacra terra; o in fondo
Putrida giaci dal tuo morbo sfatta,
E i vanti posa e la superbia matta,
Favola al mondo.
Oh, poi ch’avverso è il fato ed a noi giova
130 L’oblio perenne e i gravi pesi e l’onte,
Rompa su d’oltre mare e d’oltre monte
Barbarie nova!
Frughin de gli avi ne le tombe sante
Con le spade ne’ figli insanguinate,
135 E calpestin le sacre al vento date
Ossa di Dante.