Ogni anno, allor che lugubre
L’ora de la sconfitta
Di Mentana su’ memori
Colli volando va,
5 I colli e i pian trasalgono
E fieramente dritta
Su i nomentani tumuli
La morta schiera sta.
Non son nefandi scheletri;
10 Sono alte forme e belle,
Cui roseo dal crepuscolo
Ondeggia intorno un vel:
Per le ferite ridono
Pie le virginee stelle,
15 Lievi a le chiome avvolgonsi
Le nuvole del ciel.
− Or che le madri gemono
Sovra gl’insonni letti,
Or che le spose sognano
20 Il nostro spento amor,
Noi rileviam dal Tartaro
I bianchi infranti petti,
Per salutarti, o Italia,
Per rivederti ancor.
25 Qual ne l’incerto tramite
Gittava il cavaliero
Il verde manto serico
De la sua donna al piè,
Per te gittammo l’anima
30 Ridenti al fato nero;
E tu pur vivi immemore
Di chi morìa per te.
Ad altri, o dolce Italia,
Doni i sorrisi tuoi;
35 Ma i morti non obliano
Ciò che più in vita amâr;
Ma Roma è nostra, i vindici
Del nome suo siam noi:
Voliam su ’l Campidoglio,
40 Voliamo a trionfar. −
Va come fósca nuvola
La morta compagnia,
E al suo passare un fremito
Gl’itali petti assal;
45 Ne le auree veglie tacciono
La luce e l’armonia,
E sordo il tuon rimormora
Su l’alto Quirinal.
Ma i cavalier d’industria,
50 Che a la città di Gracco
Trasser le pance nitide
E l’inclita viltà,
Dicon − Se il tempo brontola,
Finiam d’empire il sacco;
55 Poi venga anche il diluvio;
Sarà quel che sarà. −
4 nov. 1872.